[Redditolavoro] LE VERE RAGIONI DELL'ITALIA IN GUERRA.

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Sat Mar 19 23:10:22 CET 2011


 LE VERE RAGIONI DELL'ITALIA IN GUERRA.
IL PD SALVA BERLUSCONI NEL NOME DEL SOSTEGNO ALLA GUERRA.
LE SINISTRE ROMPANO CON TUTTI I PARTITI DI GUERRA, E SI MOBILINO UNITE
CONTRO DI ESSA.
NON UN SOLDO PER LA GUERRA LIBICA.

(19 Marzo 2011)

LE VERE RAGIONI DELL'ITALIA IN GUERRA.
IL PD SALVA BERLUSCONI NEL NOME DEL SOSTEGNO ALLA GUERRA.
LE SINISTRE ROMPANO CON TUTTI I PARTITI DI GUERRA, E SI MOBILINO UNITE
CONTRO DI ESSA.
NON UN SOLDO PER LA GUERRA LIBICA.

Il Presidente Napolitano ha fatto sfoggio della sua migliore ipocrisia
presentando l'ingresso dell'Italia in guerra come sostegno al “Risorgimento
arabo”.

Il risorgimento arabo in Tunisia, Egitto, Libia si è levato esattamente
CONTRO i regimi dispotici che tutti i governi italiani hanno sostenuto,
economicamente e politicamente, facendo con essi i migliori affari. USA e UE
continuano a sostenere contro il risorgimento arabo la dittatura saudita, la
monarchia del Bahrein, la brutale repressione del regime Yemenita, a
esclusiva difesa delle proprie posizioni militari e strategiche nella
regione. Nella stessa Libia il “democratico” occidente si è ben guardato dal
rifornire di armi il “risorgimento libico”, di cui non si fida,
privilegiando invece il proprio diretto ingresso in guerra coi propri
bombardieri.

Il fine dell'imperialismo è molto chiaro, anche nei suoi tentennamenti e
contraddizioni. Le vecchie potenze coloniali di Francia ed Inghilterra
cercano di recuperare a suon di bombe un proprio spazio economico e politico
nel Maghreb, in diretta competizione col capitalismo italiano ( a partire
dalla Libia). L'imperialismo italiano, sino a ieri complice diretto del
regime di Gheddafi e dei suoi crimini, si è prontamente allineato, dopo vari
zig zag, alla missione di guerra al solo scopo di prenotarsi un posto al
sole nella ripartizione delle zone di influenza nel Maghreb, e di difendere
dalle insidie degli “alleati” concorrenti le sue attuali posizioni ( a
partire dai pozzi petroliferi in Libia). La posta in gioco non è solamente
il controllo politico sulla Libia postGheddafi ( dove vi sarà uno
sgomitamento tra “alleati” nella ridefinizione delle zone petrolifere), ma
la spartizione dei nuovi equilibri politici nell'intera regione araba,
scossa dalle rivoluzioni popolari. Il fine comune dell'imperialismo, in ogni
caso, è acquisire direttamente sul campo leve di intervento e
condizionamento politico sui rivolgimenti in corso, bloccare la loro
ulteriore espansione, far argine ad ogni loro possibile sviluppo in
direzione antimperialista ed anticapitalista. I bombardieri sono solo i
veicoli di queste operazioni imperialiste.

Parallelamente, la guerra diventa, ancora una volta, una illuminante cartina
di tornasole della politica italiana. Il PD e la UDC non solo hanno
rivendicato e votato in prima fila la spedizione di guerra, rimproverando a
Berlusconi tentennamenti e ritardi; ma hanno salvato con questo il governo
Berlusconi dalle contraddizioni della sua maggioranza, garantendo in un
colpo solo la partecipazione italiana alla guerra e il governo più
reazionario del dopoguerra: e dunque la continuità della sua politica
bonapartista, delle sue minacce ai diritti costituzionali, della sua
offensiva antioperaia e antipopolare. “E' stato un atto di responsabilità”
gridano inorgogliti, con sorriso tricolore, i capi del PD. E' vero. Un atto
di responsabilità verso gli interessi dell'Eni, degli industriali e
banchieri italiani ( tanto esposti nel Maghreb), delle gerarchie militari,
delle istituzioni dell'imperialismo internazionale ( dall'Onu alla Nato). Un
atto che conferma una volta di più, se ve ne era bisogno, l'organica
appartenenza del PD al campo della borghesia italiana e dei suoi interessi
imperialisti.

Ora tutte le sinistre sono chiamate dai fatti a conclusioni coerenti. Non si
può essere contro la guerra e al tempo stesso continuare ad allearsi coi
partiti di guerra. Non si può essere contro la guerra e continuare a
rivendicare l'Alleanza “democratica” con partiti di guerra (con tanto di
sostegno esterno a un suo eventuale governo). Occorre scegliere. Pena la
conferma di un intollerabile doppio binario tra le parole e i fatti.

Quanto a noi, continueremo con coerenza sulla nostra rotta. Assumeremo la
lotta per il ritiro dell'Italia dalla guerra all'interno della nostra più
vasta campagna nazionale per la cacciata del governo Berlusconi ( “Fare come
in Tunisia e in Egitto”): denunciando ovunque il salvataggio del governo da
parte del PD nel nome della guerra, e dunque sbugiardando la falsità della
demagogia antiberlusconiana delle opposizioni parlamentari liberali. Al
tempo stesso, e proprio per questo, svilupperemo con più forza la necessità
di una aperta rottura col PD, ad ogni livello, da parte di tutte le sinistre
politiche , sindacali, di movimento, quale condizione necessaria per
liberare un'opposizione radicale e di massa a Berlusconi e al suo governo,
capace di vincere. Infine combineremo tutto questo col pieno sostegno alla
rivoluzione araba e alla sua propagazione, contro ogni ingerenza
dell'imperialismo, a partire dall'imperialismo italiano: ad un secolo esatto
dalla spedizione coloniale di Giolitti in Libia, diremo come allora “Non un
soldo per la guerra libica”,”No alla guerra tricolore”.

*MARCO FERRANDO
*

*Portavoce nazionale del*

*PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
*
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