[Ezln-it] Lettera aperta a politici e criminali di Javier Sicilia

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Sun Apr 10 17:52:29 CEST 2011




Ne abbiamo pieni i coglioni

Lettera aperta a politici e criminali

di Javier Sicilia



dalla rivista messicana Proceso, 3 aprile 2011



Il
 brutale assassinio di mio figlio Juan Francisco, di Julio César Romero 
Jaime, di Luis Antonio Romero Jaime e di Gabriel Anejo Escalera, si 
somma ai tanti altri ragazzi e ragazze che sono stati assassinati allo 
stesso modo in lungo e in largo per il paese a causa non solo della 
guerra scatenata dal governo di Calderón contro il crimine organizzato, 
ma anche dalla putrefazione del cuore che si è impossessata della mal 
chiamata classe politica e della classe criminale, che ha rotto i suoi 
codici d’onore.



Non voglio, in questa lettera, parlarvi delle virtù di mio figlio, che 
erano immense, né di quelle degli altri ragazzi che ho visto fiorire al 
suo fianco, studiando, giocando, amando, crescendo, per servire, come 
tanti altri ragazzi questo paese che voi avete lacerato. Parlare di 
questo servirebbe solo a commuovere ciò che già di per sé commuove il 
cuore della cittadinanza fino all’indignazione. Non voglio nemmeno 
parlare del dolore della mia famiglia e della famiglia di ciascuno dei 
ragazzi distrutti. Per quel dolore non ci sono parole –solo la poesia 
può avvicinarsi un po’, e voi non sapete niente di poesia-. Quello che 
oggi voglio dirvi a partire da quelle vite mutilate, da quel dolore che 
non ha nome perché è frutto di ciò che non appartiene alla natura –la 
morte di un figlio è sempre innaturale e per questo non ha nome: allora 
non si è né orfano né vedovo, si è semplicemente e dolorosamente 
niente-, da quelle vite mutilate, ripeto, da quella sofferenza, da 
quell’indignazione che quelle morti hanno provocato, è che semplicemente
 ne abbiamo pieni i coglioni.



Ne abbiamo pieni i coglioni di voi, politici –e quando dico politici non
 mi riferisco a nessuno in particolare, ma a una buona parte di voi, 
inclusi quelli che compongono i partiti-,  perché con le vostre lotte 
per il potere avete fatto a pezzi il tessuto della nazione, perché in 
mezzo a questa guerra mal impostata, mal condotta, mal digerita, questa 
guerra che ha messo il paese in uno stato di emergenza, siete stati 
incapaci –a causa della vostra meschinità, dei vostri conflitti, del 
vostro miserabile strillare, della vostra lotta per il potere- di creare
 i consensi di cui necessita la nazione per trovare l’unità senza la 
quale questo paese non avrà via d’uscita; ne abbiamo pieni i coglioni, 
perché la corruzione delle istituzioni giudiziarie genera la complicità 
con il crimine e la sua impunità; perché in mezzo a questa corruzione 
che mostra il fallimento dello Stato, ogni cittadino di questo paese è 
stato ridotto a quello che il filosofo Giorgio Agamben ha chiamato, in 
greco, zoe: la vita non protetta, la vita di un animale, di un 
essere che può essere violentato, sequestrato, vessato e assassinato 
impunemente; ne abbiamo pieni i coglioni perché sapete immaginare solo 
violenza, armi, offesa e con ciò un profondo disprezzo per l'educazione,
 la cultura e le opportunità di lavoro onesto e buono, che è ciò che 
rende le nazioni buone; ne abbiamo pieni i coglioni perché questa 
immaginazione ristretta sta permettendo che i nostri ragazzi, i nostri 
figli, non solo vengano assassinati ma anche, poi, criminalizzati, 
trasformati falsamente in colpevoli per soddisfare il carattere di 
quella immaginazione; ne abbiamo pieni i coglioni perché un'altra parte 
dei nostri ragazzi, a causa dell'assenza di un buon piano di governo, 
non hanno possibilità di istruirsi, di trovare un lavoro dignitoso e, 
gettati nelle periferie, sono facili reclute per il crimine organizzato e
 la violenza; ne abbiamo pieni i coglioni perché a causa di tutto questo
 la cittadinanza ha perso fiducia nei governanti, nei corpi di polizia, 
nell'Esercito e ha paura e soffre; ne abbiamo pieni i coglioni perché 
l'unica cosa che vi interessa, oltre ad un potere impotente utile solo 
ad amministrare la disgrazia, è il denaro, l'istigazione alla 
competizione, alla vostra fottuta “competitività” e al consumo 
smisurato, che sono sinonimi di violenza.



Ne abbiamo pieni i coglioni di voi, criminali, della vostra violenza, 
della perdita di rispettabilità, della vostra crudeltà, del vostro 
non-senso.

Anticamente voi avevate codici d'onore. Non eravate così crudeli nei 
vostri regolamenti di conti e non toccavate né i cittadini né le loro 
famiglie. Adesso non fate distinzioni. La vostra violenza non può essere
 nominata perché, al pari del dolore e della sofferenza che provocate, 
non ha nemmeno un nome o un senso. Avete perso perfino la dignità 
nell'ammazzare. Siete diventati codardi come i miserabili Sonderkommandos
 nazisti che ammazzavano, senza alcun senso appartenente all'umano, 
bambini, ragazzi e ragazze, donne, uomini e anziani, cioè, innocenti. Ne
 abbiamo pieni i coglioni perché la vostra violenza è diventata 
disumana, non animale -gli animali non fanno quello che fate voi- ma 
sub-umana, demoniaca, imbecille. Ne abbiamo pieni i coglioni perché 
nella vostra sete di potere e di ricchezza umiliate i nostri figli e 
distruggete e producete paura e spavento.



Voi, “signori” politici, e voi “, “signori” criminali -tra virgolette 
perché questo appellativo si rivolge alla gente rispettabile-, state 
umiliando la nazione con le vostre mancanze, con le vostre contese e le 
vostre azioni. La morte di mio figlio Juan Francisco ha sollevato la 
solidarietà e il grido di indignazione -che la mia famiglia ed io 
ringraziamo dal profondo dei nostri cuori- della cittadinanza e dei 
mezzi di informazione. Questa indignazione riporta di nuovo alle nostre 
orecchie quella azzeccatissima frase che Martí diresse ai governanti: 
“Se non ce la fate, rinunciate”. Riportandola alle nostre orecchie -dopo
 le migliaia di cadaveri anonimi e non anonimi che ci portiamo alle 
spalle, cioè, tanti innocenti assassinati e umiliati-, quella frase deve
 essere accompagnata da grandi mobilitazioni cittadine che li 
obblighino, in questi tempi di emergenza nazionale, a unirsi per creare 
un'agenda nazionale che tenga unita la nazione e crei uno stato di reale
 governabilità. Le reti cittadine di Morelos stanno convocando una 
manifestazione nazionale mercoledì 6 aprile che partirà alle 5 del 
pomeriggio dal monumento della Paloma de la Paz e che arriverà 
al Palazzo di  Governo, chiedendo giustizia e pace. 

Se noi cittadini non
 ci uniamo ad essa e non la replichiamo in tutte le città, in tutti i 
municipi o nelle delegazioni del paese, se non siamo capaci di fare 
questo per obbligare voi, “signori” politici, a governare con giustizia e
 dignità e voi, “signori” criminali, a tornare ai vostri codici d'onore e
 a limitare la vostra ferocia, la spirale di violenza che avete generato
 ci porterà ad una strada di orrore senza ritorno. Se voi, “signori” 
politici, non governate bene e non prendete sul serio il fatto che 
stiamo vivendo in uno stato d'emergenza nazionale che richiede la vostra
 unità, e voi, “signori” criminali, non limitate la vostre azioni, 
finirete per trionfare e avere il potere, ma governerete o regnerete 
sopra una montagna di ossa e di esseri terrorizzati e distrutti 
nell'anima. Un sogno che nessuno di noi vi invidia.

Non c'è vita, scriveva Albert Camus, senza convinzione e senza pace, e 
la storia del Messico di oggi conosce solamente l'intimidazione, la 
sofferenza, la sfiducia e il timore che un giorno un altro figlio o 
un'altra figlia di qualsiasi altra famiglia venga umiliato e massacrato;
 sa che quello che ci chiedete è che la morte, come sta già succedendo 
oggi, diventi una questione di statistiche e di amministrazione a cui 
tutti dobbiamo abituarci.


Perché non vogliamo questo, mercoledì prossimo usciremo in strada; 
perché non vogliamo un altro ragazzo, un altro nostro figlio 
assassinato, le reti cittadine di Morelos stanno chiamando all'unità 
nazionale cittadina che dobbiamo mantenere viva per spezzare la paura e 
l'isolamento che con la vostra incapacità, “signori” politici, e con la 
vostra crudeltà, “signori” criminali, volete metterci nel corpo e 
nell'anima.


Ricordo, a questo proposito, alcuni versi di Bertolt Brecht quando 
l'orrore nazista, cioè, l'orrore dell'installazione del crimine nella 
vita quotidiana di una nazione, si stava manifestando: “Un giorno 
vennero a prendere i negri e non dissi niente; un altro giorno vennero a
 prendere gli ebrei e non dissi niente; un giorno vennero a prendere me 
(o uno dei miei figli) e non ebbi niente da dire”. Oggi, dopo aver 
sopportato tanti crimini, quando il corpo fatto a pezzi di mio figlio e 
dei suoi amici ha fatto mobilitare di nuovo la cittadinanza e i mezzi di
 informazioni, dobbiamo parlare con i nostri corpi, il nostro camminare,
 il nostro grido di indignazione affinché i versi di Brecht non 
diventino realtà nel nostro paese.


Inoltre credo che sia necessario ridare dignità a questa nazione.
(traduzione a cura di rebeldefc at autistici.org)
 		 	   		  
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