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<br><br><hr id="stopSpelling"><strong>Ne abbiamo pieni i coglioni</strong><br><p style="text-align: justify;">
<strong>Lettera aperta a politici e criminali</strong><br>
di <a _mce_href="http://es.wikipedia.org/wiki/Javier_Sicilia" href="http://es.wikipedia.org/wiki/Javier_Sicilia">Javier Sicilia</a><br>
<br>
<a _mce_href="http://www.proceso.com.mx/rv/modHome/detalleExclusiva/89858" href="http://www.proceso.com.mx/rv/modHome/detalleExclusiva/89858">dalla rivista messicana Proceso, 3 aprile 2011</a><br>
<br>
Il
brutale assassinio di mio figlio Juan Francisco, di Julio César Romero
Jaime, di Luis Antonio Romero Jaime e di Gabriel Anejo Escalera, si
somma ai tanti altri ragazzi e ragazze che sono stati assassinati allo
stesso modo in lungo e in largo per il paese a causa non solo della
guerra scatenata dal governo di Calderón contro il crimine organizzato,
ma anche dalla putrefazione del cuore che si è impossessata della mal
chiamata classe politica e della classe criminale, che ha rotto i suoi
codici d’onore.<br>
<br>
Non voglio, in questa lettera, parlarvi delle virtù di mio figlio, che
erano immense, né di quelle degli altri ragazzi che ho visto fiorire al
suo fianco, studiando, giocando, amando, crescendo, per servire, come
tanti altri ragazzi questo paese che voi avete lacerato. Parlare di
questo servirebbe solo a commuovere ciò che già di per sé commuove il
cuore della cittadinanza fino all’indignazione. Non voglio nemmeno
parlare del dolore della mia famiglia e della famiglia di ciascuno dei
ragazzi distrutti. Per quel dolore non ci sono parole –solo la poesia
può avvicinarsi un po’, e voi non sapete niente di poesia-. Quello che
oggi voglio dirvi a partire da quelle vite mutilate, da quel dolore che
non ha nome perché è frutto di ciò che non appartiene alla natura –la
morte di un figlio è sempre innaturale e per questo non ha nome: allora
non si è né orfano né vedovo, si è semplicemente e dolorosamente
niente-, da quelle vite mutilate, ripeto, da quella sofferenza, da
quell’indignazione che quelle morti hanno provocato, è che semplicemente
ne abbiamo pieni i coglioni.<br>
<br>
Ne abbiamo pieni i coglioni di voi, politici –e quando dico politici non
mi riferisco a nessuno in particolare, ma a una buona parte di voi,
inclusi quelli che compongono i partiti-, perché con le vostre lotte
per il potere avete fatto a pezzi il tessuto della nazione, perché in
mezzo a questa guerra mal impostata, mal condotta, mal digerita, questa
guerra che ha messo il paese in uno stato di emergenza, siete stati
incapaci –a causa della vostra meschinità, dei vostri conflitti, del
vostro miserabile strillare, della vostra lotta per il potere- di creare
i consensi di cui necessita la nazione per trovare l’unità senza la
quale questo paese non avrà via d’uscita; ne abbiamo pieni i coglioni,
perché la corruzione delle istituzioni giudiziarie genera la complicità
con il crimine e la sua impunità; perché in mezzo a questa corruzione
che mostra il fallimento dello Stato, ogni cittadino di questo paese è
stato ridotto a quello che il filosofo Giorgio Agamben ha chiamato, in
greco, <em>zoe</em>: la vita non protetta, la vita di un animale, di un
essere che può essere violentato, sequestrato, vessato e assassinato
impunemente; ne abbiamo pieni i coglioni perché sapete immaginare solo
violenza, armi, offesa e con ciò un profondo disprezzo per l'educazione,
la cultura e le opportunità di lavoro onesto e buono, che è ciò che
rende le nazioni buone; ne abbiamo pieni i coglioni perché questa
immaginazione ristretta sta permettendo che i nostri ragazzi, i nostri
figli, non solo vengano assassinati ma anche, poi, criminalizzati,
trasformati falsamente in colpevoli per soddisfare il carattere di
quella immaginazione; ne abbiamo pieni i coglioni perché un'altra parte
dei nostri ragazzi, a causa dell'assenza di un buon piano di governo,
non hanno possibilità di istruirsi, di trovare un lavoro dignitoso e,
gettati nelle periferie, sono facili reclute per il crimine organizzato e
la violenza; ne abbiamo pieni i coglioni perché a causa di tutto questo
la cittadinanza ha perso fiducia nei governanti, nei corpi di polizia,
nell'Esercito e ha paura e soffre; ne abbiamo pieni i coglioni perché
l'unica cosa che vi interessa, oltre ad un potere impotente utile solo
ad amministrare la disgrazia, è il denaro, l'istigazione alla
competizione, alla vostra fottuta “competitività” e al consumo
smisurato, che sono sinonimi di violenza.<br>
<br>
Ne abbiamo pieni i coglioni di voi, criminali, della vostra violenza,
della perdita di rispettabilità, della vostra crudeltà, del vostro
non-senso.<br>
Anticamente voi avevate codici d'onore. Non eravate così crudeli nei
vostri regolamenti di conti e non toccavate né i cittadini né le loro
famiglie. Adesso non fate distinzioni. La vostra violenza non può essere
nominata perché, al pari del dolore e della sofferenza che provocate,
non ha nemmeno un nome o un senso. Avete perso perfino la dignità
nell'ammazzare. Siete diventati codardi come i miserabili <em>Sonderkommandos</em>
nazisti che ammazzavano, senza alcun senso appartenente all'umano,
bambini, ragazzi e ragazze, donne, uomini e anziani, cioè, innocenti. Ne
abbiamo pieni i coglioni perché la vostra violenza è diventata
disumana, non animale -gli animali non fanno quello che fate voi- ma
sub-umana, demoniaca, imbecille. Ne abbiamo pieni i coglioni perché
nella vostra sete di potere e di ricchezza umiliate i nostri figli e
distruggete e producete paura e spavento.<br>
<br>
Voi, “signori” politici, e voi “, “signori” criminali -tra virgolette
perché questo appellativo si rivolge alla gente rispettabile-, state
umiliando la nazione con le vostre mancanze, con le vostre contese e le
vostre azioni. La morte di mio figlio Juan Francisco ha sollevato la
solidarietà e il grido di indignazione -che la mia famiglia ed io
ringraziamo dal profondo dei nostri cuori- della cittadinanza e dei
mezzi di informazione. Questa indignazione riporta di nuovo alle nostre
orecchie quella azzeccatissima frase che Martí diresse ai governanti:
“Se non ce la fate, rinunciate”. Riportandola alle nostre orecchie -dopo
le migliaia di cadaveri anonimi e non anonimi che ci portiamo alle
spalle, cioè, tanti innocenti assassinati e umiliati-, quella frase deve
essere accompagnata da grandi mobilitazioni cittadine che li
obblighino, in questi tempi di emergenza nazionale, a unirsi per creare
un'agenda nazionale che tenga unita la nazione e crei uno stato di reale
governabilità. Le reti cittadine di Morelos stanno convocando una
manifestazione nazionale mercoledì 6 aprile che partirà alle 5 del
pomeriggio dal monumento della <em>Paloma de la Paz</em> e che arriverà
al Palazzo di Governo, chiedendo giustizia e pace. <br></p><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Se noi cittadini non
ci uniamo ad essa e non la replichiamo in tutte le città, in tutti i
municipi o nelle delegazioni del paese, se non siamo capaci di fare
questo per obbligare voi, “signori” politici, a governare con giustizia e
dignità e voi, “signori” criminali, a tornare ai vostri codici d'onore e
a limitare la vostra ferocia, la spirale di violenza che avete generato
ci porterà ad una strada di orrore senza ritorno. Se voi, “signori”
politici, non governate bene e non prendete sul serio il fatto che
stiamo vivendo in uno stato d'emergenza nazionale che richiede la vostra
unità, e voi, “signori” criminali, non limitate la vostre azioni,
finirete per trionfare e avere il potere, ma governerete o regnerete
sopra una montagna di ossa e di esseri terrorizzati e distrutti
nell'anima. Un sogno che nessuno di noi vi invidia.<br>
Non c'è vita, scriveva Albert Camus, senza convinzione e senza pace, e
la storia del Messico di oggi conosce solamente l'intimidazione, la
sofferenza, la sfiducia e il timore che un giorno un altro figlio o
un'altra figlia di qualsiasi altra famiglia venga umiliato e massacrato;
sa che quello che ci chiedete è che la morte, come sta già succedendo
oggi, diventi una questione di statistiche e di amministrazione a cui
tutti dobbiamo abituarci.<br>
</p><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Perché non vogliamo questo, mercoledì prossimo usciremo in strada;
perché non vogliamo un altro ragazzo, un altro nostro figlio
assassinato, le reti cittadine di Morelos stanno chiamando all'unità
nazionale cittadina che dobbiamo mantenere viva per spezzare la paura e
l'isolamento che con la vostra incapacità, “signori” politici, e con la
vostra crudeltà, “signori” criminali, volete metterci nel corpo e
nell'anima.<br>
</p><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Ricordo, a questo proposito, alcuni versi di Bertolt Brecht quando
l'orrore nazista, cioè, l'orrore dell'installazione del crimine nella
vita quotidiana di una nazione, si stava manifestando: “Un giorno
vennero a prendere i negri e non dissi niente; un altro giorno vennero a
prendere gli ebrei e non dissi niente; un giorno vennero a prendere me
(o uno dei miei figli) e non ebbi niente da dire”. Oggi, dopo aver
sopportato tanti crimini, quando il corpo fatto a pezzi di mio figlio e
dei suoi amici ha fatto mobilitare di nuovo la cittadinanza e i mezzi di
informazioni, dobbiamo parlare con i nostri corpi, il nostro camminare,
il nostro grido di indignazione affinché i versi di Brecht non
diventino realtà nel nostro paese.<br>
</p><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">Inoltre credo che sia necessario ridare dignità a questa nazione.</p><p style="text-align: justify;"><br></p><p style="text-align: justify;">(traduzione a cura di rebeldefc@autistici.org)<br></p>                                            </body>
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