[Redditolavoro] un caso strano a genova

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Thu Jul 7 07:43:22 CEST 2016


Americano indagato per terrorismo: a Genova l’ombra dello spionaggio






Genova - L’uomo che si è mischiato fra i turisti di ritorno da Tunisi ha qualcosa di strano e non è solo l’accento. Mostra ai poliziotti un passaporto americano, che ne certifica la nascita nello Stato del Rhode Island, eppure non parla una parola di inglese. Da un secondo documento, appoggiato sul sedile posterioredella sua auto, viene fuori che invece sarebbe originario della Libia. Per questo gli agenti lo arrestano nel porto di Genova, con l’accusa di aver falsificato l’identità. Ma questo è solo l’inizio d’una storia che si annuncia molto più complicata. 

Troppi telefoni e dossier 

A non tornare in questa vicenda sono tanti altri elementi. A cominciare dal ritrovamento, sulla stessa macchina, di cinque telefoni (tra cui un iPhone e un palmare) e sette schede sim contenenti numeri tunisini, libici ed europei. A cosa servivano? Poi c’è un secondo particolare che contribuisce a ingarbugliare le cose: pochi giorni dopo il fermo, in Procura si fa vivo un emissario del consolato statunitense di Milano, per dire che Mohammed Al Maqtouf Alkurghaly Siraj, 36 anni, è davvero un cittadino Usa. Com’è possibile allora, si domandano gli investigatori, che un diverso documento dica che è nato a Zawiya, alle porte di Tripoli? Il punto fermo delle indagini è la nuova accusa messa nero su bianco dal sostituto procuratore Federico Manotti e dal Gruppo d’investigazione criminalità organizzata della Finanza (Gico): associazione finalizzata al terrorismo internazionale. 

Un’ipotesi legata alla discrepanza, non chiarita fino a questo momento, sul luogo di nascita e sul contenuto definito «interessante» dei suoi pc; elementi che consentono, in virtù delle nuove norme varate dopo gli attentati a Charlie Hebdo del gennaio 2015, di contestare il sospetto di terrorismo. E però tra le ipotesi prese in considerazione c’è anche quella che l’uomo, fermato il 24 maggio inizialmente solo per i presunti documenti taroccati, possa essere un agente segreto. Possibilità su cui, per evidenti ragioni, difficilmente potrebbero arrivare conferme ufficiali. Dopo aver passato un primo periodo in carcere, i giudici hanno accolto l’istanza presentata dai legali Paola De Santis e Lina Armonia, e hanno messo Alkurghaly ai domiciliari. 

Seppur le sue giustificazioni rimangano agli occhi di chi indaga quantomeno nebulose: «Sono nato negli Stati Uniti e mi sono trasferito in Libia quando avevo tre anni, per questo non parlo inglese». Come si spiega allora il diverso luogo di nascita indicato sui passaporti? Non si sa. È inoltre interessante notare la data di emissione dei due documenti, entrambi piuttosto recenti: quello americano risulta emesso il 22 maggio 2007; quello libico il 24 marzo 2015, in piena guerra civile tra le varie fazioni che si contendono il Paese dove un tempo spadroneggiava Gheddafi.

«Sono commerciante d’auto» 

C’è, infine, un ultimo interrogativo: qual era lo scopo del viaggio in Italia? Alkurghaly Siraj viene fermato su un traghetto partito da Tunisi e sostiene che la sua destinazione finale fosse la Germania: «Viaggio in Libia perché lavoro nella compravendita di pezzi di ricambio di auto». La stessa professione dichiarata, a inizio anno, da altri tre libici fermati con il sospetto di far parte d’ una rete di trafficanti-finanziatori della jihad. Sia davvero un commerciante, una spia o un fondamentalista, per i pm ci sono troppe stranezze. E adesso scatta l’accusa di associazione terroristica.


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