[Redditolavoro] Dal PRC al PCL

Partito Comunista dei Lavoratori pclavoratoribologna at gmail.com
Wed Jul 1 00:39:00 CEST 2015


Dal PRC al PCL


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Il PRC di San Marzano passa integralmente al Partito Comunista dei
Lavoratori per continuare la propria battaglia contro la deriva riformista,
per un partito rivoluzionario.

Il circolo del PRC di San Marzano (TA) ha scelto di passare al Partito
Comunista dei Lavoratori. Si tratta della seconda sezione in ordine di
grandezza della Federazione di Taranto. La scelta è stata unanime, e ha
coinvolto tutti i 41 compagni del circolo.

Questa scelta non è stata improvvisa né improvvisata. Rappresenta l'esito
di un lunga battaglia politica combattuta dal circolo a partire dal 2010
contro la linea riformista nazionale di Paolo Ferrero e la sua traduzione
sul territorio tarantino. Ma anche lo sbocco del confronto politico
diretto, per un anno, tra questi compagni , la segreteria nazionale del
PCL, la nuova sezione locale del PCL che nel frattempo si era costituita
nella città di Taranto, anch'essa proveniente dal PRC.

L'adesione avvenuta può ora rappresentare un ulteriore fattore di
polarizzazione attorno al PCL di altri compagni dispersi dalla crisi del
PRC tarantino. E forse anche un fattore di incoraggiamento a compiere un
analogo passo per tanti compagni del PRC in giro per l'Italia che vivono da
tempo con comprensibile sofferenza la deriva politica e il cupio dissolvi
del proprio partito, e che rischiano purtroppo la demotivazione,
l'abbandono passivo, il ritorno a casa.

Ai nostri nuovi compagni di San Marzano va il saluto e l'abbraccio di tutto
il PCL.
Partito Comunista dei LavoratoriNASCE A BARI UNA SEZIONE DEL PCL

Uno spettro si aggira per la Puglia: lo spettro del Partito Comunista dei
Lavoratori.

A seguito di un processo di progressivo radicamento in Puglia, con la
nascita di due nuove sedi nella provincia di Taranto, nasce anche a Bari
una sezione del Partito Comunista dei Lavoratori, nella quale sono
confluiti diversi compagni provenienti dalle fallimentari esperienze dei
partiti socialdemocratici italiani, in particolare Rifondazione Comunista e
SEL.

A Bari la nascita di un partito marxista rivoluzionario assume un
significato molto particolare, essendo questa la terra dove, dieci anni fa,
Nichi Vendola, leader di uno dei partiti della “sinistra radicale”, si
imponeva come governatore delle Puglie e veniva acclamato da masse di
lavoratori festanti che, invano, riponevano in lui la speranza di un futuro
meno incerto. A bilancio di questa decennale e fallimentare esperienza
riformista, il totale asservimento al modo di produzione capitalistico del
sistema di potere politico della sinistra radicale, da SEL a
PRC-Federazione della Sinistra, ha drammaticamente contribuito
all'abbassamento del livello di coscienza della classe operaia e contadina
pugliese, gran parte della quale, peraltro, pesantemente devastata dalla
crisi economica europea e ormai per lo più sottoproletarizzata. Il recente
successo elettorale, in terra di Puglia, del leghista Salvini e la scarsa
affluenza elettorale sono, in gran parte, ascrivibili al tradimento delle
speranze suscitate nella classe operaia dall'affermazione di una sinistra
che era radicale solo nei simboli e negli intenti, non certo nei fatti.
Le grandi capacità oratorie di Vendola avevano infatti destato speranze e
illusioni nell'immaginario sia della classe operaia pugliese che di tanti
compagni e compagne che, in buona fede, militavano in SEL e Rifondazione
Comunista. Tuttavia, con l'attuazione delle politiche regionali, il vero
contenuto della proposta politica del centrosinistra pugliese, totalmente
subalterno rispetto agli interessi delle classi dominanti, si è ben presto
svelato in tutta la sua tragica inconsistenza. La continua concertazione
delle sorti e della salute degli operai dell'ILVA attraverso relazioni
amicali tra Vendola e i padroni della fabbrica è il paradigma della
sudditanza della cosiddetta sinistra radicale ai voleri della classe
padronale.
Nell'ambito di questa parabola discendente, negli ultimi anni si è
addirittura osservato uno spostamento ulteriore verso destra di SEL,
culminato con la firma, a ridosso delle elezioni politiche del 2013, del
programma PD di Bersani che imponeva il mantenimento dei patti di stabilità
lacrime e sangue dettati dal capitalismo finanziario europeo.
Esattamente in modo antitetico rispetto alla narrazione poetica del leader
di SEL, tutta la cosiddetta sinistra radicale pugliese, da SEL a PRC, si è
dunque completamente accodata alle richieste del capitalismo italiano di
imponenti tagli alla spesa pubblica, con l'unico vero obiettivo, ovviamente
non dichiarato, di mantenere le poltrone nei vari governi locali e
nazionali. Persino alle ultime elezioni regionali pugliesi sia SEL che PCDI
hanno sostenuto il candidato del PD Emiliano alla guida della regione,
mentre, contemporaneamente, criticavano le politiche di Renzi a livello
nazionale.
In Puglia, a pagare il salatissimo conto della narrazione vendoliana sono
state principalmente le classi meno abbienti, con la sottoproletarizzazione
di consistenti pezzi di classe operaia e un generale impoverimento del ceto
medio. In questi anni i cittadini pugliesi hanno assistito impotenti alla
chiusura di decine di ospedali pubblici, al costo esorbitante dei servizi
sanitari e all'incremento dei tempi di attesa (mesi o addirittura anni) per
le visite specialistiche nei rimasugli di sanità pubblica sopravvissuta.
Tutto questo mentre i soldi pubblici venivano utilizzati per continuare a
finanziare la sanità privata.
Le politiche delle giunte comunali baresi di centro sinistra, guidate prima
da Emiliano e poi da Decaro non sono state in grado, peraltro, di attutire
l'impatto della crisi economica, sicché i livelli di disoccupazione nella
città di Bari hanno toccato punte record del 18%, con livelli di
disoccupazione di oltre il 40% nella popolazione giovanile, in un quadro di
progressiva deindustrializzazione.
Nel contempo le condizioni di vita nelle campagne della provincia barese
sono rimaste inalterate nella loro struttura feudale, con un sistema di
bracciantato agricolo sottopagato e vessato dal più bieco caporalato.
Persino sul versante dei diritti umani, li' dove la narrazione vendoliana
aveva raggiunto vette inarrivabili, il fallimento delle politiche
solidaristiche della buona e bella borghesia barese è sotto gli occhi di
tutti. A chiunque capitasse di fare un giro in città, salterebbe subito
agli occhi il contrasto tra i bellissimi e lussuosi palazzi antichi del
centro murattiano barese e la ghettizzazione di oltre 200 migranti in una
lercia tendopoli, fredda di inverno e maleodorante d'estate, nel limitrofo
“quartiere libertà”. Per non parlare deL CIE posto alla periferia della
città, vero e proprio lager dove vengono segregati in condizioni disumane
centinaia di diseredati, scappati dalle guerre e dalle carestie africane.

Chi conosce le tristi vicende dei partiti socialdemocratici europei del
900, tuttavia, non rimane affatto sorpreso dalla totale incapacità della
“sinistra radicale” pugliese di avviare un progetto di trasformazione della
società a favore delle classi meno abbienti. Al contrario, la parabola
discendente della “sinistra radicale” pugliese è l'ulteriore conferma, se
ve ne fosse bisogno, che l'unica sinistra in grado di trasformare in senso
socialista la società deve necessariamente opporsi ad ogni accordo di
potere con i partiti della borghesia. L'unica sinistra che può operare una
positiva trasformazione delle condizioni di vita dei lavoratori non può
cioè pensare di conciliare gli interessi dei lavoratori con quelli dei
padroni. I fatti pugliesi dimostrano, per l'ennesima volta, che
l'indipendenza politica del movimento operaio è l'unica strada per un
cambiamento positivo nelle condizioni di vita dei lavoratori. Solo
l'abbattimento del sistema dei profitti e la nascita di un governo dei
lavoratori può consentire una trasformazione verso migliori condizioni di
vita dell'umanità.
Ed è esattamente questa la ragione per la quale nasce, si costruisce e si
va a radicare a Bari, come precedentemente in tutta Italia, una
significativa e combattiva presenza del PCL, l'unico partito che non ha mai
accettato logiche di subalternità rispetto ai partiti della borghesia e si
è sempre speso in difesa degli interessi degli sfruttati. Ed è
particolarmente significativo che tanti compagni delusi, provenienti dalle
esperienze di SEL e Rifondazione Comunista, abbiano abbandonato le
illusioni riformiste e contribuito alla formazione del PCL a Bari.
La nascita di una sezione del PCL a Bari costituisce dunque una
straordinaria occasione di ricomposizione di una identità comunista per
tanti compagni, giovani e meno giovani, che in buona fede avevano invano
riposto in SEL o in quel che resta di Rifondazione Comunista le loro
speranze di trasformazione radicale della società.
A partire da un programma di inequivocabile rottura con il sistema
capitalistico e di indipendenza di classe nasce quindi anche a Bari,
finalmente, una casa comune dei comunisti, democratica e non settaria, che
vuole rappresentare il punto di incontro e di confronto di migliaia di
operai, contadini, studenti, lavoratori, disoccupati, migranti e
diseredati, con il fine di sviluppare un progetto di rottura con le classi
dominanti e una trasformazione socialista della società italiana.
L'invito a partecipare, controcorrente, all'elaborazione di un progetto
comunista nel PCL di Bari, nell'ambito dei principi del marxismo
rivoluzionario, è rivolto in particolare sia a quei compagni baresi
profondamente delusi dalle politiche trasformiste delle dirigenze nazionali
e locali di PRC e di SEL, che a tutta la galassia giovanile delle
organizzazioni studentesche e dei gruppi autonomi della sinistra, con lo
scopo di formare avanguardie che sappiano operare nelle laceranti
contraddizioni del capitalismo e contribuire al suo abbattimento.
Salvatore de Lorenzo- PCL BariPartito Comunista dei Lavoratori


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