[Redditolavoro] Fw: [Tavolo4flat] parlano le operaie della tacconi
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Wed Jul 25 07:11:17 CEST 2012
Domanda Quando è nata la Tacconi sud e quanti operai e operaie c'erano?
Risposta La Tacconi sud nasce nel 1991, una fabbrica di 4000 mq di capannone
interamente finanziati dalla cassa del mezzogiorno. Parte del personale
proveniva da
un laboratorio sempre di proprietà del nostro datore di lavoro che fa parte
di un
gruppo più ampio, si chiamano i fratelli Sacchi di Pavia da sempre nelle
fornitore
militari e negli abiti da lavoro. La storia della Tacconi sud quindi inizia
con parte
di personale del vecchio laboratorio e i contratti a termine di formazione
con cui
sono entrata anch' io.
Quando sei entrata?
Sono entrata 19 anni fa avevo 21 anni ero molto giovane.
Quanti dipendenti c erano allora, quante operaie?
Eravamo 60 dipendenti, abbiamo raggiunto anche punte di 100 dipendenti
durante alcune
commesse perché si ricorreva spesso ai contratti a termine per portare
avanti le
grosse commesse.
Questa situazione di 60 dipendenti è andata avanti fino a che anno?
Il declino sostanzialmente è iniziato 15 anni fa con una prima riduzione del
personale. Ricordo che ero appena stata eletta in RSU e il mio primo tavolo
è stata
una cassa integrazione ordinaria ma si cercava di far agganciare qualcuno
alla
pensione, una prassi usata per affrontare le difficoltà e dare a qualcuno la
possibilità di andare in pensione. Da allora sistematicamente la crisi del
tessile
era conclamata.
Stiamo parlando circa del '95 dove c'è stato un dimezzamento del personale
Sì, e ci siamo attestati prima ai 31 dipendenti e dopo definitivamente a 29
In quell'occasione sei stata per la prima volta eletta RSU, come fu siglato
l'accordo, che ricordo hai?
Io ho questo ricordo, la sensazione che allora sembrava un piccolo
intervento per
tamponare un emorragia non grave ma andando avanti sostanzialmente si è
conclamata un
emorragia inarrestabile fermata con un cerottino stavamo sempre lì con il
cerottino,
tamponavamo inutilmente.
In altre parole stai dicendo che non avevate afferrato la gravità della
situazione?
No, inizialmente anche nel tessile c'era una crisi che i sindacati avevano
annunciato, ma una crisi così nera così grave come poi si è rilevata nel
tempo,
questa percezione non c'era.
Come siete arrivate ad oggi, a essere di fatto fuori dalla fabbrica?
L'attuale situazione parte da lontano e per affrontare la crisi non è che in
campo
non abbiamo messo niente, abbiamo affrontato la riconversione anche di
produzione
perché siamo passati dal fare le divise cucite a macchina e abbiamo
imparato l
incollaggio con le bi componenti. Abbiamo iniziato un altro lavoro, ci
siamo rimesse
in gioco abbiamo fatto formazione. Abbiamo accettato la sfida della crisi
rispondendo
con la nuova formazione, quella determinazione iniziale che ci ha permesso
di
riconvertire la produzione.
Siete passate da una produzione che era soprattutto di tipo militare ad una
produzione di tipo civile, se non ho capito male?
Sì
Chi erano i committenti?
Lavoravamo soprattutto per la protezione civile, per il ministero
dell'ambiente.
Abbiamo fatto le tende dei terremotati prima dell'Umbria e poi di tante
altre
commesse. Tante commesse del ministero per l'ambiente con le barriere che
arginano le
chiazze di petrolio. Abbiamo lavorato in particolare anche per la croce
rossa,
abbiamo fatto ospedali da campo uno di questi è in Afghanistan; insomma per
questo
stabilimento sono passate tante e tante commesse ministeriali o comunque di
stato
Poi la crisi si è manifestata in maniera drammatica?
In maniera drammatica è iniziata 5 ani fa, entravamo ed uscivamo dalla cassa
integrazione. Ripeto però eravamo appena da poco partiti con il nuovo lavoro
e quindi
avevamo delle difficoltà che erano di carattere proprio tecnico e quindi non
erano
ancora arrivati i frutti di questa nuova operazione. Quando forse eravamo
approdati
ad un buon prodotto, perché se hai visto la tenda insomma si tratta di un
prodotto di
qualità e lì è arrivata la crisi internazionale, sopra già le spalle di
questa
situazione in aggiunta ad una crisi di liquidità che già il datore di lavoro
soffriva
perché le commesse fatte per lo stato non venivano pagate e questo ci ha
messo in
ginocchio
Il problema è di liquidità o di mancanze di commesse?
il problema è di liquidità non è di mancanza di commesse, perché in realtà
ripeto
eravamo già avviati per questo lavoro, qui il problema era la liquidità,
noi eravamo
magari pronti a fare un lavoro ma a causa delle insolvenze del nostro datore
di
lavoro presso i fornitori, mi riferisco al tessuto per fare le tende, noi
non
partivamo perché non avevamo il materiale, cioè paradossalmente avevamo le
commesse
ma non eravamo in grado di assolverle. Con la cassa integrazione un po'
dentro e un
po' fuori tiravamo avanti ma non era possibile però iniziare un lavoro
senza che
finisse per esempio il materiale, sempre per cattiva gestione.
Quand'è che arrivata la botta finale, quando il padrone ha deciso di
comunicarvi
che lo stabilimento chiudeva?
Ritengo che la decisione sia stata presa perché il nostro datore di lavoro
grazie
anche a tutta una serie di cose che si possono fare in questo paese cioè in
Italia
non è proibito delocalizzare. Il disegno è stato lungo, la Tacconi nord per
capirci
che è la fabbrica che girava a noi le commesse questi anni a livello
amministrativo,
i fratelli Sacchi hanno preparato una ricerca a lungo termine che tagliasse
i ponti
con la Tacconi sud. La Tacconi sud si è svegliata nel novembre del 2010 che
aveva un
debito con la Tacconi nord di svariate migliaia di euro. Cioè
paradossalmente l'unica
unità che aveva lavorato cioè la Tacconi Sud era insolvente presso lo stesso
datore
di lavoro che era colui che si autogirava le commesse, c'era questo giro.
Quanti dipendenti ha la Tacconi nord?
La Tacconi nord ha un centinaio di dipendenti ma non ha questa produzione,
ha una
produzione di altro genere tessile ma è soprattutto uffici, marketing,
l'unità
produttiva era qui a Latina.
Voi operaie non avete mai preso contatti con i dipendenti della Tacconi
nord.?
No, all'inizio non abbiamo avuto dei contatti. Avevo l'idea che si stesse
preparando una polpetta avvelenata, perché ripeto non era la prima che
facevamo una
cassa integrazione straordinaria entrando ed uscendo per lavorare con le
commesse
dentro e quando siamo arrivati agli inizi di dicembre che hanno iniziato a
non fare
più nemmeno le buste paga, eravamo arrivati a tollerare il ritardo di 10
giorni per
il pagamento dello stipendio e per la cassa integrazione che doveva
anticiparci il
datore di lavoro, eravamo arrivati alla tolleranza non perché siamo scemi ma
semplicemente perché non c'è uno strumento legale e veloce che possa
intervenire in
tempi così brevi e quindi tolleravamo questo ritardo pur di non creare
situazioni che
potessero ricadere su di noi perché magari congelavano il conto in banca e
non ci
pagavano gli stipendi. Quando siamo arrivati agli inizi di dicembre con
questa
situazione in cui non ci davano nemmeno le buste paga io ho cominciato a
telefonare
alla Tacconi nord e alle altre rappresentanze sindacali per capire che cosa
stava
succedendo e ho intuito tutta l'operazione, cioè che alle RSU o alle
rappresentanze
all'interno di quella fabbrica avevano promesso un'altra soluzione cioè la
Protex un
azienda ex novo che nasce con tutto un consiglio di amministrazione non
riconducibile
né a Tacconi nord né a Tacconi sud, con una parte del personale trasferita
là. Mentre
un'altra parte forse in pensione. Le RSU della Tacconi Nord non si sono
mossi, è
chiaro che i territoriali avranno detto alle RSU come tante volte ho dovuto
ascoltare anch'io: bè stiamo fermi, loro stanno a casa loro noi stiamo a
casa nostra,
la logica è: ne salviamo 100 e 29 si possono sacrificare.
In pratica loro hanno cercato ognuno di difendere i propri colleghi?
Sì hanno assecondato le cose.
Io mi sono sentita da sola, noi ci siamo sentite da sole.
Noi quando ci siamo guardate in faccia davanti a sto cancello e abbiamo
capito che
non saremmo più rientrate in questa fabbrica è scattato il nostro "se non
ora
quando?" L' abbiamo occupata !
Qual è stato il meccanismo decisionale che ha preceduto l' occupazione?
Paradossalmente le donne forse hanno un'altra modalità rispetto agli uomini.
Quando lo ha proposto il nostro segretario di fare un azione forte di
occupare lo
stabilimento noi ci siamo subito rese conto che avevamo di fronte persone
che avevano
bambini piccoli, colleghe che hanno figli disabili, altre che hanno padri
malati.
Perché le donne in questo paese hanno una doppia occupazione: si occupano
della
famiglia e lavorano. E quindi io mi sono resa conto che avevo davanti a me
delle
persone che comunque non erano in grado di mantenere un presidio giorno e
notte, però
la forza di molte donne sta in questo, cioè noi non ce lo siamo mai detto ad
alta
voce come avrebbero fatto le migliori arringhe sindacali, noi non ce lo
siamo dette
ad alta voce. Non c'è stato un momento in cui ci siamo dette lo facciamo;
quel giorno
siamo entrate in fabbrica, dovevamo fare un assemblea per questa faccenda io
mi sono
seduta, ho cominciato a scrivere il verbale, ho detto:"scrivo assemblea
permanente? "
e tutte mi hanno fatto sì con la testa, non hanno nemmeno risposto con la
voce, l
attimo dopo abbiamo messo giù i turni e siamo qui da 40 giorni.
In occupazione quanti turni fate ?
I turni si decidono settimana per settimana, delle volte abbiamo delle
situazioni
come l'evento di Anno Zero che ha stravolto i turni settimanali.
Abbiamo avuto un ondata di influenza che ci ha messo in difficoltà alcune di
noi sono
venute più volte. Alcune di noi fanno solo la notte come me che non ho
figli,
insomma cerchiamo di venirci incontro quelle con i figli stanno a casa la
notte e
vengono di giorno.
Avete avuto problemi di sicurezza?
Hanno tentato la forzatura del presidio un giovedì di febbraio, il tre
febbraio hanno
tentato la forzatura del presidio perché il datore di lavoro voleva vendere
del
materiale, noi non vogliamo impedire che la vendita del materiale di
magazzino crei
delle opportunità di lavoro altrove, assolutamente no!
Abbiamo impedito che uscisse il camion carico di merce, sono arrivati i
carabinieri,
le forze dell' ordine e la digos. Ci sono stati momenti di tensione ma noi
siamo
rimaste sempre calme.
La merce è rimasta in magazzino.
Ora fate questo presidi, qual è l obiettivo che avete?
L'obiettivo è quello che venga immediatamente nominata un amministrazione
controllata, un liquidatore nominato da terzi insomma qualcuno che possa
anche
vendere il materiale del magazzino a chi fosse interessato e iniziare a
liquidare
noi.
Abbiamo depositato un istanza di fallimento perché purtroppo le insolvenze
sono
grosse.
Ci sono di media dai 20 ai 35 anni di liquidazione e noi dobbiamo mettere al
sicuro i
sacrifici di una vita perciò abbiamo depositato l'atto fallimentare. Il
giudice è
stato nominato per giugno e stiamo facendo pressione presso il prefetto,
presso
tutte le istituzioni affinché venga anticipata quest'ordinanza.
Avete pensato di chiedere un sequestro cautelativo?
Sono tutte azioni che ripeto noi rimandiamo alle persone che devono
rappresentarci..con le istituzioni, io mi rifiuto di pensare che io da RSU
me devo
andare a studiare il diritto del lavoro perché posso m'immagino che ci sia
dall'altra parte una qualche istituzione che venga incontro a questa
situazione.
Sappiamo di aver commesso un reato e di stare dentro una proprietà privata
ma vorrei
che qualcuno mi venisse incontro per quello che ritengo sia giusto: le
spettanze che
i lavoratori attendono e la liquidazione.
Con la fine della cassa per il mezzogiorno decine se non centinaia,
Goodyear, la
Nexans, la Alcoa ecc, tante fabbriche grandi e piccole hanno chiuso nell'
area
pontina. In un anno il numero delle ore di cassa integrazione nel Lazio è
più che
raddoppiato ..il problema grosso è che finora con i personaggi che ci sono
sul campo
non si è salvato un posto di lavoro, tu non pensi che gli operai in
qualche
maniera dovrebbero ad affrontare loro stessi questo problema? come possono
fare?
Credo che bisogna fare una riflessione proprio sul modo come si perde il
lavoro.
Dov'è che la tragedia perde la finalità di tragedia? quando è ricoperta di
zucchero,
no? allora a noi adesso ci ricopriranno di zucchero per un po'.
L' ammortizzatore sociale è diventata la glassa di zucchero che ti farà
svegliare tra
cinque anni quando sei fuori di tutto e ti rendi conto..cioè realizzi..oddio
e adesso
che cosa faccio? Questa consapevolezza non è immediata perché secondo me
l uscita
è appunto diluita nel tempo e quindi non c'è la maturazione da parte degli
operai
coinvolti.
Dovremmo mettere insieme le esperienze, mettere insieme i saperi, ma
facciamo fatica
a farlo, a mio avviso non c'è ancora una dimensione di questo tipo perché
paradossalmente ciò che ci protegge ci acceca e ci rende deboli. Quello che
dicevi
tu.la consapevolezza di aver perso il posto di lavoro dovrebbe essere il la
che fa
scattare quest'altra cosa.no secondo me non si è arrivati..
La riflessione che facevi prima mi sembra importante, giustamente dicevi
che in
tutte queste esperienze dell' area pontina per gli operai il percorso è
stato
ugualei: prima di tutto dividere il fronte tra chi se ne va in pensione,
chi prende
lo scivolo, chi va in cassa integrazione; poi a seconda gli anni lavorati
prendi la
cassa integrazione, l'età anagrafica eccetera. Queste esperienze dovrebbero
servire
a difendere gli operai ? Ma chi ha interesse a farlo? Forse i partiti
politici?
Allo stato attuale della politica sicuramente no..fanno festini!
Vero, ma la realtà è molto dura, abbiamo la maggiore industria italiana,
la Fiat
che dice agli operai: volete il lavoro? Ve lo do ma alle mie condizioni
altrimenti
vado all' estero.
Le mie condizioni sono: limitato diritto di sciopero, 18 turni settimanali,
vuol dire
che tu non hai più sabato e domenica,abolizione delle pause, aumento dei
ritmi di
lavoro, se vai in malattia non ti pago e tu sai bene per esperienza che
qualsiasi
cosa che passa in Fiat passerà prima o poi nel resto dei rapporti
industriali in
Italia. ? Di fronte a uno che ti dice: tu vuoi mangiare? Se vuoi mangiare
accetti
quello che ti dico io se non lo accetti io me ne vado e tu non mangi più!
Di fronte a una cosa del genere come ti difendi?
guarda io rispetto a questa cosa ti dico sinceramente come la penso io credo
che il
modello di rappresentanza sindacale italiano così come si è strutturata nell
800 con
società del mutuo soccorso perché era il mutuo soccorso dei lavoratori
eccetera
questo modo di rappresentare non è più adatto è finito è chiuso è
storicamente
chiuso ma non storicamente nel senso perché so finite le classi come
qualcuno
ipotizza..no il problema non è questo il problema è un altro è che noi siamo
di
fronte ad una trasformazione .noi siamo di fronte a un evoluzione del
capitalismo.
Credo che non si può scendere al di sotto di certe questioni mi pare logico
e
dall'altra quello che si offre come contropartita è questo niente..è quello
che
dicevamo prima.. qual è la contropartita di uno che sta a perde il posto di
lavoro?
non firmare la cassa integrazione? cioè voglio dire la chiamiamo scelta?
La vogliamo chiamare scelta?
Pensi che non i sia alternativa?
No, non è che non c'è alternativa il problema è organizzativo, un problema
organizzativo perché non possiamo lasciare la questione in mano a Fiom o
Fim, alle
sigle così come sono nella libera rappresentanza.
.Non penso che nella storia le cose siano sempre nate perché tutti sapevano
cosa
fare, ci sono delle condizioni particolari e c'è chi fa una lettura corretta
dei
tempi. Credo che sia questo quello che possa aggregare per compiere un
qualcosa, per
creare una rete.
Voglio dire accadono delle cose, accadono contemporaneamente con le stesse
modalità
con le stesse elaborazioni di pensiero e c'è qualcuno che legge i tempi.
Spero che questo qualcuno che legge i tempi ci sia da qualche parte.
A cura dei compagni e simpatizzanti di AsLO Lazio Marzo 2011
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