[Redditolavoro] risposta al professor ichino

CobasSindacatodiClasse cobasta at libero.it
Sun Feb 5 08:03:41 CET 2012


Leggendo l'articolo del Professor Ichino, pubblicato sul Corriere della Sera 
lo scorso 15 settembre, ci è venuta in mente l'ipotesi in cui la Sig.ra 
Irene incontri il Sig. Buonaventura e i due si scambino le reciproche 
esperienze. Quest'ultimo inizierebbe a raccontarle della sua attività di 
posteggiatore in un'azienda con circa 120 dipendenti, che gestiva diversi 
parcheggi in una grande città e nella relativa provincia. Il Sig. 
Buonaventura era l'addetto ai ticket: la sua attività consisteva nel 
consegnare e ritirare i biglietti agli utenti oltre a versare gli importi 
corrispondenti. Tale lavoro veniva svolto per otto ore al giorno sempre all'aperto, 
d'estate sotto il sole cocente e d'inverno  cercando di resistere alla 
nebbia e al freddo. A un certo punto il sig. Buonaventura iniziò a chiedere, 
con insistenza quasi quotidiana, che gli  venissero concessi una sedia e un 
ombrellone sotto cui ripararsi. L'azienda, per tutta risposta,  lo 
licenziava per giusta causa. Recatosi dall'avvocato, quest'ultimo cercava di 
rassicurarlo che sarebbe stato reintegrato nei suoi diritti. Di fronte a 
precise domande, però, inspiegabilmente, l'avvocato  non dava contezza di 
quali fossero esattamente questi "diritti".

Dopo qualche mese, l'avvocato si trova col suo cliente davanti al Giudice 
del lavoro e durante l'udienza dall'esterno dell'aula  si sente il Sig. 
Buonaventura che ad alta voce esclama. "Ma via, non siamo mica al mercato!"

Ma perché il posteggiatore si è abbandonato a questa imprecazione?

In realtà i fatti sono semplici. Nel tentativo di conciliazione, il Giudice, 
come prescritto dall'art. 420 c.p.c., aveva invitato le parti a trovare una 
soluzione conciliativa. In quella sede era emersa la richiesta del 
dipendente di essere riammesso al servizio, paventando l'applicazione dell'art. 
18 dello Statuto dei lavoratori., ipotesi rispetto alla quale l'azienda 
aveva risposto che lo avrebbero sì riammesso al lavoro, ma in una città 
della provincia a 95 km di distanza e praticamente non raggiungibile 
giornalmente con i mezzi pubblici. Poiché il malcapitato posteggiatore  non 
aveva né la macchina né la patente, si era dovuto indirizzare la 
conciliazione, come regolarmente accade, verso ipotesi risarcitorie, ovvero 
prevedendo che l'azienda riconoscesse un indennizzo al dipendente in 
sostituzione del posto di lavoro. Il problema a quel punto era stabilire 
quale fosse il "valore" del posto di lavoro. Ed in questo frangente, nella 
baraonda di cifre azzardate dagli avvocati, dal Giudice e dalle parti 
personalmente, si era giunti all'esclamazione del povero, ma forse assennato 
Buonaventura.

Non vi diciamo com'è finita la causa, ma siamo sicuri che nei parcheggi 
gestiti da quell'azienda non lo incontrerete più. Nella realtà, nonostante l'art. 
18 dello Statuto dei Lavoratori, ogni avvocato che si sia occupato 
assiduamente di diritto del lavoro sa bene che, pur a fronte di 
licenziamenti dichiarati illegittimi dall'autorità giudiziaria, i dipendenti 
che vengono effettivamente reintegrati nelle aziende si possono contare 
sulle dita di una mano. Il problema quindi del rapporto tra azienda e 
lavoratore va ben al di là dell'art. 18, che nella realtà di oggi non 
costituisce alcun deterrente né ai licenziamenti né alle assunzioni.  Forse 
il percorso verso un mercato del lavoro che voglia essere effettivamente 
competitivo e garantista è più lungo e destinato a coinvolgere un'effettiva 
rappresentanza delle parti sociali in un dialogo che - ci auguriamo - possa 
essere davvero costruttivo per tutti.


Avv. Mirco Rizzoglio


Avv. Marisa Marraffino



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