[Redditolavoro] Fw: SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.113 DEL 08/08/12

bastamortesullavoro@domeus.it cobasta at libero.it
Thu Aug 9 08:18:53 CEST 2012



newsletter n.113 del 08/08/12 di "Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights
!".



In questo numero:

-         Intervista a Samanta di Persio (autrice di "Morti bianche")

-         ILVA di Taranto, 1982-2012: 30 anni di sentenze su polveri e
diossina

-         Delega di funzioni e responsabilità del datore in materia di
sicurezza

-         Le nuove regole che disciplinano la trasmissione dei dati sanitari
e di rischio dei lavoratori e delle lavoratrici

-         Accordi formazione: chiarimenti per lavorare meglio e bene

-         Il radon uccide

-         Alte temperature e lavoro

-         I rischi delle radiazioni ottiche naturali



Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.



La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.



L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:

"Marco Spezia - sp-mail at libero.it"

DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !



Marco Spezia

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO



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INTERVISTA A SAMANTA DI PERSIO (AUTRICE DI "MORTI BIANCHE")



Da Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it

7 agosto 2012 13:45



SICUREZZA SUL LAVORO: INTERVISTA A SAMANTA DI PERSIO

4 DOMANDE SU SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO E INADEGUATEZZA DEL SINDACATO.

L'INDIGNAZIONE NON BASTA. RACCONTIAMO LE STORIE DELLE VITTIME DI INFORTUNI
SUL LAVORO



SONO TRASCORSI ALCUNI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DI "MORTI BIANCHE" (PROPOSTO
E RIFIUTATO DA VARIE CASE EDITRICI ED INFINE EDITO DA CASALEGGIO ASSOCIATI)
COSA E' CAMBIATO IN QUESTI ANNI?

Ho iniziato a scrivere "Morti Bianche" nel 2007 perché mi sono chiesta cosa
accadesse ad una famiglia dopo aver perso un familiare o dopo un incidente
invalidante. Iniziai a raccogliere testimonianze prima dell'infortunio della
Thyssen Krupp.

Forse questa tragedia segna un confine: dopo la morte dei sette operai i
mass media per occuparsi di infortuni sul lavoro attendono che ci siano
delle vere e proprie stragi. Basta ricordare le donne di Barletta, in questo
caso ci fu anche l'indignazione perché lavoravano a nero e per 4 euro l'ora.

Ebbene sì, in questo Paese è la norma soprattutto in tempi di crisi. Capii
in fretta che dietro un infortunio c'è il peggio dell'Italia. Assunzioni
fatte il giorno dell'incidente, ma il lavoratore era impiegato da mesi in
azienda. Sistemi di sicurezza tolti per velocizzare la produzione e poi
quando ci scappa il morto nessuno viene punito, anzi a volte viene
condannato il capro espiatorio.

Altre volte i reati si prescrivono perché gli avvocati spesso sono attratti
dai soldi come nel caso di Franca Mulas che ha perso a distanza di quindici
mesi prima il figlio e poi il marito, lavoravano entrambi per la stessa
azienda e non è stato condannato nessuno per via della prescrizione.

Altre volte i sindacati non svolgono il loro compito, non tutelano i
lavoratori, non li informano dei loro diritti. Si è innescato un processo
individualista e questo ha portato alla disgregazione sociale e di fatto non
importa a nessuno se ogni anno muoiono oltre mille persone sul lavoro, di
conseguenza è difficile farsi pubblicare un libro che tratti un argomento
così scomodo.

In realtà in quattro anni è cambiato poco, questa è una materia che non
interessa a chi governa, del resto le campagne elettorali vengono finanziate
dalle grandi imprese.

Il legislatore come potrebbe pensare una legge che vada a ledere il suo
sponsor?

In più abbiamo avuto al governo un imprenditore che non ha mai chiarito come
sia diventato un grande, però abbiamo perfettamente capito che lui, il suo
staff e l'opposizione silente, hanno divorato questo Paese.

IN "MORTI BIANCHE" RACCOGLI VARIE TESTIMONIANZE DI MORTI SUL LAVORO. CI FAI
ALCUNI ESEMPI?

Il libro è un vero e proprio diario dal mondo del lavoro, lascio parlare i
protagonisti.

Raccontano dell'Ilva che uccide perché nell'esecuzione dei lavori oggi c'è
una grande fretta e lavorano insieme varie ditte in subappalto, ognuna di
loro ha un compito, ma non comunicano fra di loro questo genere una
situazione dove è facile che avvengano degli infortuni.

Raccontano delle Ferrovie, treni pericolosi per chi ci lavora ma anche per i
passeggeri: ad esempio le "porte killer" che si chiudono ed hanno procurato
molte invalidità.

Raccontano di imprenditori che hanno messo ragazzi a lavorare senza un
minimo di formazione: Matteo Valenti è morto bruciato in un laboratorio di
cere; Anthony Forsythe è morto perché aveva un contratto in scadenza e non
poteva dire di no; Andrea Gagliardoni è morto perché erano stati tolti dal
macchinario 3 dei 3 sistemi di sicurezza; Luca Cardinale è morto a 15 anni e
la madre non si è mai rassegnata all'ingiustizia.

Il proprietario della Umbria Oli, Giorgio Del Papa ha chiesto il
risarcimento di 35 milioni di euro (la mancata produzione) ai familiari
delle 4 vittime.

1.200 MORTI L'ANNO PER INCIDENTI SUL LAVORO, I SINDACATI SONO IN PERENNE
RITARDO SULLE TEMATICHE INERENTI LA SALUTE E LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI
LAVORO.

I sindacati non sono in ritardo, semplicemente la loro presenza si avverte
poco.

Oggi i lavoratori si sentono soli, spesso sono stati traditi dagli stessi
operai sindacalizzati.

Ruggero Toffolutti, Mirko Fiorona avevano paura di alcuni macchinari, si
sono rivolti ai loro colleghi e quando c'è stato l'infortunio mortale questi
hanno taciuto.

Il vero problema è l'omertà. Il vero problema è il ricatto a cui tutti i
lavoratori sono sottoposti perché chi chiede il rispetto dei propri diritti
oggi viene licenziato senza giri di parole ed il sindacato fa poco, anzi
spesso sono loro a far desistere i lavoratori da una vertenza.

Se ognuno adempiesse al proprio compito le cose potrebbero andare
diversamente.

CHE COSA FARE IN CONCRETO A TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI
LAVORO?

Oggi l'indignazione è poca ed a volte ci si accontenta di un discorso del
Presidente della Repubblica chiaramente non risolutivo.

Si sta arrivando a toccare il fondo. Ormai i piccoli imprenditori, gli
artigiani si stanno suicidando perché lo stato non lascia alternative alla
chiusura.

I grandi se ne sono andati da un pezzo perché nessuno ha fatto opposizione,
anzi poi gli fanno vendere i prodotti ai disoccupati italiani.

I lavoratori rimangono senza lavoro e in questo modo si incentiva il
sommerso.

I sindacati hanno grandi responsabilità, le contrattazioni le hanno portate
a casa loro, perché non hanno mai chiesto il conto alle grandi imprese su
come utilizzassero i finanziamenti pubblici?

Ad esempio la Fiat è un'impresa che nel corso del tempo ha sempre minacciato
chiusura per mancanza di competitività, perché gli operai costano troppo,
questa ha sempre ricevuto finanziamenti.

I vari manager prendono 5/6/7 milioni l'anno di stipendio, com'è possibile
se l'azienda urla crisi da decenni?

Perché lo stato non ha mai verificato come venisse speso il proprio denaro?

Parlando con lavoratori e con imprenditori molti mi dicono che l'unica via
d'uscita non è pacifica, questo dovrebbe far riflettere la nostra classe
dirigente (politica, sindacale) che dovrebbe rendersi conto che è ora di
cambiare mestiere.



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ILVA DI TARANTO, 1982-2012: 30 ANNI DI SENTENZE SU POLVERI E DIOSSINA



Da: http://www.articolo21.org



"La prima sentenza di condanna dell'Ilva per lo spargimento di polveri
minerali sulla città é del 1982. La emise un pretore di Taranto, Franco
Sebastio, ora a capo della Procura ionica. Ma i 32 anni trascorsi da quella
prima sentenza sino al sequestro degli impianti dell'area a caldo del
Siderurgico, il 26 luglio scorso, sono costellati da pronunciamenti e
disposizioni della magistratura che lanciano allarmi o puniscono i presunti
responsabili dell'inquinamento di Taranto". Così esordisce il dettagliato
focus dell'agenzia Ansa pubblicato ieri.

La stessa inchiesta che ha portato al sequestro, senza facoltà d'uso, degli
impianti e all'arresto di una parte dei vertici Ilva, indagine nata alla
fine del 2009, riunisce tre procedimenti penali che si sono incrociati negli
ultimi anni: quello sull'abbattimento di animali risultati contaminati dalla
diossina, un altro contenente relazioni dell'Arpa e alcuni esposti, e infine
un terzo basato sulle denunce di oltre un centinaio di famiglie del rione
Tamburi, a ridosso del Siderurgico, che lamentavano problemi di salute e il
danneggiamento delle loro case per colpa delle polveri minerali che si
depositavano su muri e balconi.

Ma già in una sentenza del 19 gennaio 1998 la Corte di Cassazione scriveva
che é stata raggiunta "la prova certa del nesso di causalità materiale tra
le modalità di svolgimento dell'attività produttiva e il fenomeno dello
spolverio", nonché "del consapevole mancato apprestamento di misure
effettivamente idonee ad evitare la situazione di pericolo per l'incolumità
pubblica".

In quel pronunciamento l'Ilva era stata citata in giudizio dal titolare di
una serra di fiori situata a 500 metri dal Siderurgico e danneggiata
irrimediabilmente dalla quantità eccessiva di polveri minerali fuoriuscite
dallo stabilimento siderurgico.

Il 7 dicembre 2000, in una lettera inviata a governo, prefetto, Regione
Puglia, presidente della Provincia e sindaco di Taranto, la Procura ionica
lanciò un allarme indicando che dalle inchieste in corso emergeva "una grave
situazione di inquinamento atmosferico" in città e nei territori limitrofi.

La Procura sottolineò in quella lettera un drammatico paradosso: le polveri
minerali rilevate nel quartiere Tamburi di Taranto "risultano maggiori di
quelle rilevate all'interno di una zona industriale quale quella del parco
materiali del cementificio Cementir"; dunque, un quartiere cittadino
risultava più inquinato di un grande sito industriale. Nella lettera si
aggiungeva che "l'esigenza di tutelare posti di lavoro in una terra che vive
ancora drammaticamente fenomeni di sottoccupazione e disoccupazione é ben
nota a chi scrive che se ne fa anche carico", ma si ricordava anche ai
destinatari che "la tutela dei posti di lavoro non può prescindere dal
rispetto della salute degli operai e degli abitanti della città di Taranto e
dei comuni limitrofi e dell'ambiente".

E nel 2007 l'allora giudice monocratico del tribunale, Martino Rosati,
condannò, tra gli altri, Emilio Riva a tre anni di reclusione e l'ex
direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso a due anni e otto
mesi, "per aver omesso di adottare le misure idonee ad evitare che le
batterie delle cokerie, ormai obsolete, disperdessero nei luoghi di lavoro e
nelle aree circostanti fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione in modo da
'prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali".

Le batterie 3-4-5-6 delle cokerie erano state sequestrate nel 2001 su
disposizione della magistratura, alcune di queste vennero completamente
ricostruite. Ma il primo allarme era stato lanciato nel 1996, un anno dopo
l'avvento del gruppo Riva al Siderurgico: il dipartimento di prevenzione
della ASL TA 1 scriveva, dopo un'ispezione nelle cokerie, che c'era
"rilevante presenza di idrocarburi policiclici aromatici, sostanze
cancerogene derivanti dai processi di distillazione del carbon fossile".

All'epoca, precisava la ASL, erano 629 i lavoratori, tra dipendenti Ilva e
delle ditte d'appalto, ad essere "particolarmente esposti" e quindi a
rischiare di contrarre malattie gravi.



6 agosto 2012



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DELEGA DI FUNZIONI E RESPONSABILITA' DEL DATORE IN MATERIA DI SICUREZZA



Da Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it

30 luglio 2012 09:02



Con sentenza n. 25359/2012, la III Sezione penale della Cassazione ha
affermato che l'accettazione documentabile da parte del delegato è un
requisito indispensabile per la delega, a quest'ultimo, di funzioni in
materia di sicurezza sul lavoro.

La Suprema Corte ha specificato che il datore di lavoro non si può
considerare esente da responsabilità qualora non dimostri la presenza di
questo elemento che renda valido il trasferimento di funzioni in capo al
delegato.

A seguire il testo della sentenza, pubblicato sul sito della Direzione
Provinciale del Lavoro di Modena:

http://www.dplmodena.it/index.htm



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

Dott. MARINI Luigi - Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. (OMISSIS), del (OMISSIS);

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. LUCA
RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha
concluso per l'inammissibilità del ricorso;

udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna per il delitto di
cui all'articolo 590 c.p. e connessi reati contravvenzionali, proposta da
(OMISSIS), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma,
inaudita attera parte, ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per
essere i reati estinti per intervenuta prescrizione che, con sentenza del 16
gennaio 2009, é stata annullata dalla Quarta Sezione penale di questa Corte.

Giudicando in sede di rinvio, il Tribunale di Roma, ritenendo che dagli atti
contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito al fascicolo
processuale unitamente alla documentazione prodotta dal difensore, non
emergesse l'estraneità dell'imputato ai reati contestati ed evidenziata, in
particolare, la inefficacia delle deleghe di funzioni rilasciate
dall'imputato ad altri soggetti, ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti dello stesso, ai sensi dell'articolo 531 c.p.p., per prescrizione
dei reati contestati.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione
alla ritenuta inefficacia delle deleghe di funzioni, richiamando i requisiti
di validità individuati dalla giurisprudenza ed osservando che, tra questi,
non sarebbe compreso quello dell'accettazione da parte del soggetto
delegato.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta, invece, l'omessa valutazione,
ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., della documentazione prodotta e,
segnatamente, dell'organigramma della società di cui l'imputato era
amministratore delegato all'epoca dei fatti, trattandosi di prove che, se
adeguatamente considerate, avrebbero dimostrato l'assenza di responsabilità
per i fatti addebitatigli. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso é inammissibile.

Occorre in primo luogo rilevare come il giudice del merito abbia
correttamente richiamato una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte
(SS.UU. n.35490, 15 settembre 2009) la quale, dirimendo un precedente
contrasto giurisprudenziale; ha tra l'altro affermato che la pronuncia
assolutoria a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, é consentita al
giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non
contestabile, le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la
commissione del medesimo da parte dell'imputato e a sua rilevanza penale, in
modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento
ed appartenga, pertanto, più al concetto di "constatazione", ossia di
percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento".

Precisano ulteriormente le Sezioni Unite che l'"evidenza" richiesta dal
menzionato articolo 129 c.p.p., comma 2, "presuppone la manifestazione di
una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni
dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato,
concretizzandosi così addirittura in qualcosa di più di quanto la legge
richiede per l'assoluzione ampia".

A tale condivisibile principio si é dunque adeguato il giudice del merito
dopo aver rilevato, con accertamento in fatto, che, dall'esame dei contenuti
del fascicolo del Pubblico Ministero, acquisito agli atti e della
documentazione prodotta dalla difesa, non vi era spazio per una pronuncia
assolutoria con formula piena.

5. La soluzione adottata appare dunque del tutto corretta, perché conforme
all'indirizzo interpretativo suggerito dal massimo organo nomofilattico.

Il giudice, oltre ad esprimere un giudizio complessivo sulla rilevanza
dell'intero corredo probatorio, ha poi ritenuto di specificare come, in modo
particolare, dall'esame degli atti risultasse dubbia l'efficacia delle
deleghe rilasciate dall'imputato a terzi con riferimento alle funzioni
concernenti i fatti oggetto di imputazione.

Viene così stigmatizzata l'unilateralità che contraddistingue detti atti e
la mancanza di qualsivoglia forma d accettazione da parte dei soggetti
delegati, rilevando che tale situazione impedisce di escludere la
responsabilità dell'imputato.

Tale assunto viene contestato in ricorso, ravvisando l'errore di diritto
conseguente ad una errata considerazione dei requisiti richiesti per la
validità della delega di funzioni, ma non coglie nel segno.

6. Come é noto, la particolarità della delega di funzioni é data dalla
mancanza di una specifica previsione normativa e dalla rilevanza che essa
assume con riferimento alle attività delle imprese, specie se di notevoli
dimensioni.

Ciò ha determinato la necessità di individuare la possibilità, per il
titolare dell'impresa, di trasferire ad altri soggetti alcuni obblighi
dall'inosservanza dei quali potrebbe derivare una responsabilità penale ed
ai quali egli potrebbe essere impossibilitato ad adempiere personalmente. A
tale esigenza si contrappone, altresì, quella di evitare che, attraverso lo
strumento della delega, anche il soggetto che possa soddisfare l'obbligo
giuridico impostogli dalla legge abbia la possibilità di non adempiervi,
sfuggendo le conseguenti responsabilità attraverso un indebito trasferimento
delle sue funzioni a terzi.

La necessità di impedire un improprio utilizzo della delega di funzioni ha
indotto la giurisprudenza ad elaborare, nel tempo, un accurata ricognizione
dei requisiti richiesti per la validità della stessa e tra questi,
contrariamente a quanto affermato in ricorso, vi é senz'altro anche
l'accettazione da parte del delegato.

Si é infatti ripetutamente affermato, proprio con riferimento alla materia
antinfortunistica, che l'atto di delega deve essere espresso, inequivoco e
certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie
cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che
abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il
datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi,
concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (così Sez. 4,
n.38425, 22 novembre 2006. V. anche Sez. 4, n.37470, 2 ottobre 2003, citata
anche in ricorso; Sez. 4, n.9343, 25 agosto 2000; Sez. 4, n. 12413, 30
ottobre 1999; Sez. 2, n.9994, 20 settembre 1994; Sez. 4, n.1760, 23 febbraio
1993; Sez. 4, n.104, 11 gennaio 1990).

7. La correttezza della decisione impugnata non viene intaccata neppure
dalle argomentazioni svolte nel secondo motivo di ricorso.

Come si é già detto, il giudice del merito, peraltro dando atto del fatto
che l'imputato non ha comunque rinunciato alla prescrizione, ha operato una
valutazione globale del compendio probatorio, comprensivo quindi anche della
documentazione prodotta dalla difesa, espressamente menzionata.

Nell'ambito di tale apprezzamento, correttamente effettuato entro il
contenuto ambito definito dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, il
giudice ha quindi dato sufficientemente atto di aver considerato il valore
probatorio individuale di ciascun elemento offerto alla sua attenzione e non
aveva alcun obbligo di addentrarsi in ulteriori verifiche in assenza di una
prova evidente e incontrovertibile dell'innocenza dell'imputato che
consentisse al proscioglimento nel merito di prevalere sulla causa di
estinzione del reato.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia
ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) -
consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento,
in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata,
di euro1,000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.



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LE NUOVE REGOLE CHE DISCIPLINANO LA TRASMISSIONE DEI DATI SANITARI E DI
RISCHIO DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI



Da Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it

28 luglio 2012 00:30



Il Ministero della Salute, congiuntamente al Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, hanno pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26
luglio 2012, il Decreto 9 luglio 2012.

Questa nuova legge regola e disciplina le modalità di trasmissione delle
informazioni inerenti a dati sanitari e di rischio dei lavoratori, proprio
come previsto dall'articolo 40 del "Testo Unico in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" (D.Lgs.81/08) .

Il Decreto contiene i dati della cartella sanitaria e di rischio, tenuta sia
su supporto cartaceo che informatico, che va a modificare l'Allegato 3A del
D.Lgs.81/08.

Ecco il testo tratto dal sito della Direzione Provinciale del Lavoro di
Modena:

http://www.dplmodena.it/index.htm



MINISTERO DELLA SALUTE

DECRETO 9 luglio 2012

Contenuti e modalità di trasmissione delle informazioni relative ai dati
aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, ai sensi dell'articolo 40
del decreto legislativo 81/2008 in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro.

IL MINISTRO DELLA SALUTE

di concerto con

IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

Visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive
modificazioni ed integrazioni, recante: "Attuazione dell'art. 1 della legge
3 agosto 2007, n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro";

Visto, in particolare, l'art. 40 del predetto decreto legislativo n. 81 del
2008 il quale prevede:

al comma 1 che entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di
riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via
telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate
evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e
di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il
modello in allegato 3B;

al comma 2 che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano
trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende
sanitarie locali, all'ISPESL;

al comma 2-bis che con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, sono definiti, secondo criteri di semplicità e certezza, i
contenuti degli allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione delle
informazioni di cui al comma 1. Gli obblighi di redazione e trasmissione
relativi alle informazioni di cui al comma 1 decorrono dalla data di entrata
in vigore del decreto di cui al primo periodo;

Vista la legge 13 novembre 2009, n. 172, recante: "Istituzione del Ministero
della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di
Stato", ed, in particolare, l'art. 1, comma 3, il quale ha trasferito al
Ministero della salute, tra l'altro, le funzioni spettanti allo Stato in
materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro, già attribuite al
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ai sensi del
decreto legge 16 maggio 2008, n. 85;

Visto il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante: "Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica",
convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ed, in
particolare, l'art. 7, comma 1, il quale prevede la soppressione dell'ISPESL
e la contestuale attribuzione delle relative funzioni all'INAIL sotto la
vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero
della salute;

Considerata la necessità di individuare, secondo quanto previsto dal
predetto art. 40, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008, i
contenuti degli allegati 3A e 3B e le modalità di trasmissione dei dati di
cui al comma 1 del citato art. 40, nel rispetto dei criteri di semplicità e
certezza;

Acquisita l'Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella
seduta del 15 marzo 2012 (Rep. Atti n.64/CSR);

DECRETA

Art. 1 - Finalità del decreto

1. Il presente decreto definisce i nuovi contenuti degli allegati 3A e 3B e
le modalità di trasmissione delle informazioni di cui al comma 1 dell'art.
40 del Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81.

Art. 2 - Contenuti della cartella sanitaria e di rischio

1. I contenuti della cartella sanitaria e di rischio, tenuta sia su supporto
cartaceo che informatico, sono specificati nell'allegato I del presente
decreto recante la modifica dell' Allegato 3A del decreto legislativo 9
aprile 2008 n. 81.

2. I contenuti previsti nell'allegato I sopra richiamato sono da
considerarsi come informazioni minime della cartella sanitaria e di rischio.

3. Il medico competente risponde della raccolta, dell'aggiornamento e della
custodia delle informazioni di cui al periodo che precede. Per la mancata
fornitura da parte del datore di lavoro delle informazioni di propria
esclusiva pertinenza non può essere imputata alcuna responsabilità al medico
competente che le abbia richieste.

Art. 3 - Contenuti e modalità di trasmissione dei dati aggregati e di
rischio dei lavoratori

1. I contenuti delle informazioni da comunicare ai sensi del comma 1
dell'art. 40 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, relative ai dati
aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza
sanitaria, sono specificati nell'allegato II del presente decreto, recante
le modifiche dell'allegato 3B del richiamato decreto legislativo.

2. La trasmissione dei dati utilizzabili a fini epidemiologici, di cui al
comma che precede deve essere effettuata dal medico competente entro il
primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento, salvo quanto
previsto dal successivo art. 4.

3. La trasmissione dei dati di cui ai commi 1 e 2 che precedono deve essere
effettuata unicamente in via telematica.

Art. 4 - Disposizioni transitorie e entrata in vigore

1. Al fine di consentire una valutazione approfondita della rispondenza
delle previsioni del presente decreto a criteri di semplicità e certezza
nella raccolta e delle modalità di trasmissione delle informazioni, e'
individuato un periodo transitorio di mesi 12 a far data dall'entrata in
vigore del presente decreto per la sperimentazione delle disposizioni
previste.

2. Unicamente con riferimento al periodo di sperimentazione di cui al
precedente comma, il termine per la trasmissione delle informazioni di cui
all'allegato 3B, così come modificato nell'allegato II del presente decreto,
scade il 30 giugno 2013.

3. Al termine del periodo di sperimentazione di cui precedente comma,
sentite le associazioni scientifiche del settore, potranno essere adottate
con successivi decreti modifiche relative ai contenuti degli allegati 3A e
3B e alle modalità di trasmissione dei dati di cui al comma I dell'art. 40,
comma 1.

4. Per la durata del periodo transitorio di sperimentazione, con riferimento
a possibili difficoltà di raccolta e trasmissione telematica delle
informazioni di cui al comma 1 dell'art. 40, la sanzione di cui all'art. 58,
comma 1, lettera e), e' sospesa sino al termine della sperimentazione di cui
al comma che precede.

5. Il presente decreto entra in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale.

Roma, 9 luglio 2012

Il Ministro della salute

Balduzzi

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Fornero



Il Testo completo del Decreto Ministeriale, comprensivo dell' Allegato I del
Decreto stesso è scaricabile all' indirizzo:

www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/0FCD9C6B-A353-4BB9-BAAF-C4A3A3FFD625/0/20120709_DI.pdf



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ACCORDI FORMAZIONE: CHIARIMENTI PER LAVORARE MEGLIO E BENE



Da PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2913 di giovedì 02 agosto 2012


Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012: le linee applicative degli accordi
del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori, dirigenti, preposti e
datori di lavoro.

A cura di Rocco Vitale.

Dopo sette mesi, finalmente, la conferenza Stato Regioni del 25 luglio 2012
ha approvato le linee guida di adeguamento degli accordi del 21 dicembre
dello scorso anno.

Ogni chiarimento è utile per evitare confusioni tanto più che, in questo
caso, viene evidenziato come queste linee guida sono utili, non solo agli
operatori ma, anche agli organi di vigilanza con le indicazioni essenziali
per l'organizzazione, la realizzazione e la verifica di attività formative
pienamente coerenti con la vigente normativa.

Un passo in avanti con velocità ridotta. Oltre 200 giorni sono passati per
approvare un documento semplice, utile e senza conflitti tra le parti.
Significa che i meccanismi di formulazione e di approvazione e condivisione
di testi e documenti presentano, sicuramente, problemi di non funzionamento
e di macchinosità amministrativa non più corrispondenti alla realtà dei
tempi. La necessità di operare con serietà, semplicità (che non vuol dire
semplicismo), agevolando i processi e non burocratizzandoli ancora di più
non sono ancora entrati nell'ottica di chi opera nel campo della sicurezza
sul lavoro.

Vogliano leggere questi ulteriori adeguamenti nel quadro della
semplificazione e tali li consideriamo e non come un ulteriore fardello di
adempimenti amministrativi che poco e nulla hanno a che vedere con una buona
e corretta formazione.

Semplificazione dovrebbe essere la chiave di lettura di queste linee guida:
ovvero contribuendo a risolvere dubbi ed incertezze gli operatori, a tutti i
livelli, ne dovrebbero trarre elementi utili a svolgere azioni concrete di
sicurezza e non solo meri adempimenti amministrativi.

Purtroppo, la realtà, non è cosi. Prendiamo ad esempio l'irrisolvibile
questione della cosiddetta "collaborazione" con gli Organismi paritetici.
Fin dall'Accordo Stato Regioni e poi in queste recenti linee guida viene
sottolineato come gli organizzatori dei corsi per attuare la collaborazione
possano semplicemente inviare una mail agli organismi paritetici. Orbene si
assiste che al posto di sviluppare queste indicazioni, alcuni organismi, ne
hanno burocratizzato all'inverosimile questo aspetto invitando a compilare
formulare di 4 o 5 pagine (alla faccia della semplificazione!) chiedendo
ogni volta sempre gli stessi dati anagrafici, litanie e liturgie da vecchio
catasto!

Vediamo le novità interpretative più salienti delle linee guida.

ENTRATA IN VIGORE

Al fine di dissipare la confusione creatasi negli Accordi del 21 dicembre
2011 laddove si indicava per un verso "data di approvazione" ed in altra
parte "data di pubblicazione", ricordando che, da sempre, tutte le leggi o
norme pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (salvo diversa
disposizione) entrano in vigore 15 giorni dopo la loro pubblicazione, il
nuovo Accordo prevede che la data  di entrata in vigore è quella dell'11
gennaio 2012.

Tale indicazione è importante poiché da questa data ne discendono scadenze
ed adempimenti:

-         l'aggiornamento quinquennale deve essere svolto entro l'11 gennaio
2012;

-         il termine per lo svolgimento dei corsi per Dirigenti e Preposti è
il 11 luglio 2013;

-         i termini per lo svolgimento dei corsi, applicando le norme prima
dell'entrata in vigore dell'Accordo del 21 dicembre 2011 sono scadute l'11
luglio 2012 per i Datori di Lavoro (RSPP) mentre per lavoratori, dirigenti e
preposti scadono l'11 gennaio 2013.

COLLABORAZIONE DEGLI ORGANISMI PARITETICI ALLA FORMAZIONE

Dal complesso della esposizione, che richiama con chiarezza le precedenti
circolari ministeriali e la semplice indicazione prevista dall'Accordo Stato
Regioni del 21 dicembre 2011 se ne ricava una lettura che, ancora una volta,
riguarda aspetti meramente formali che poco o nulla hanno a che vedere con
la sostanzialità effettiva della formazione.

Del resto non poteva essere altrimenti visto che la "non collaborazione" non
comporta nessuna sanzione e le Linee Guida  ricordano come la legge "non
impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con
gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a
conoscenza della volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che
essi possano, se del caso, svolgere efficacemente la funzione che il "testo
unico" attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo.

Queste condizioni, ovvero la "collaborazione" funziona unicamente quando
siano presenti alcune condizioni:

-         gli Organismi paritetici, per essere reali, devono essere
costituiti da associazioni sindacali di datori di lavoro e lavoratori che
siano comparativamente più rappresentative a livello nazionale ed essere
presenti nel territorio e settore;

-         il territorio di riferimento è quello provinciale; se non è
prevista la struttura a livello provinciale si può individuare a livello
regionale e nel caso in cui manchi la struttura sia a livello provinciale
che a livello regionale ci si può rivolgere, solo per coloro che intendano
farlo, senza obbligo, al livello nazionale, ma, in questo caso,  non ha
nessun valore la "collaborazione";

-         gli Organismi paritetici devono svolgere una vera e propria
attività di "supporto" alle aziende (e non siano quindi semplici sedi di
ricevimento di mail);

-         se l'azienda ha più sedi il territorio da considerare è quello
della sede legale dell'azienda;

-         gli Organismi paritetici possono svolgere, di fatto, una duplice
funzione: essere soggetti organizzatori di corsi di formazione ed allo
stesso tempo soggetti della cosiddetta "collaborazione" (prima o poi se gli
stessi Organismi non ne daranno una chiara e limpida applicazione saranno
loro stessi ad essere palesemente in "conflitto di interesse");

-         le Linee Guida ricordano come la formazione deve essere fatta
necessariamente con o da un Organismo paritetico in quanto il datore di
lavoro può decidere in completa autonomia scegliendo il soggetto formatore a
suo piacimento;

-         anche nei casi in cui l'Organismo paritetico dia delle
informazioni resta nelle facoltà del datore di lavoro se eseguirle,
applicarle o procedere direttamente: si ribadisce che in più punti le Linee
interpretative prevedono indicazioni operative per gli Organi di Vigilanza,
che, dunque, non potranno più contestare attestati senza indicazioni
inerenti i Paritetici;

-         gli Organismi paritetici, che pure sono autorizzati a svolgere
corsi di formazione, non possono procedere ad alcun "accreditamento" della
formazione svolta da altri enti di formazione; pertanto, sono assolutamente
validi gli attestati senza timbro/firma di "paritetici": qualora gli stessi
Organismi Paritetici sostengono di dover validare e/o accreditare attesati e
corsi commettono un'azione illecita;

-         il datore di lavoro può delegare l'ente di formazione a contattare
direttamente l'Organismo paritetico;

-         la richiesta di collaborazione può essere inviata anche tramite
semplice posta elettronica.

Da ultimo si puntualizza come il Ministero del Lavoro non provvede ad alcun
"accreditamento" degli Organismi paritetici, né riconosce alcuna capacità di
rappresentanza.

Allo stesso tempo, è chiaro come, in più punti, le Linee interpretative
prevedono indicazioni operative per gli Organi di Vigilanza, che, dunque,
non potranno più contestare attestati senza indicazioni inerenti i
Paritetici.

FORMAZIONE IN MODALITÀ E-LEARNING

L'Allegato I degli Accordi non presenta difficoltà di applicazione. Utili
sono i chiarimenti riguardano il tutor che non si configura in una sua
costante presenza quanto, piuttosto, la sua disponibilità a intervenire, con
modalità e tempi predefiniti che devono essere chiari e visibili nella
piattaforma.

DISCIPLINA TRANSITORIA E RICONOSCIMENTO DELLA FORMAZIONE PREGRESSA

Le linee guida non contengono nessuna novità ma puntuali precisazioni su
come valutare e calcolare tempi e ore della formazione svolta.

Viene in particolar modo chiarito che i Dirigenti che hanno già svolto una
formazione con i contenuti previsti all'articolo 3 del D.M.16/01/97 o con i
contenuti del Modulo A per ASPP/RSPP, anche se di durata inferiore, non è
tenuto a frequentare il corso di formazione di cui all'Accordo.

In ogni caso dirigenti e preposti possono completare il percorso formativo
entro l'11 luglio 2013.

AGGIORNAMENTO DELLA FORMAZIONE

Nel ribadire che l'obbligo di aggiornamento può essere ottemperato in una
unica occasione o preferibilmente distribuito nel quinquennio, che per i
soggetti già formati alla data di pubblicazione degli accordi, cadrà sempre
l'11 gennaio 2017.

Le linee guida indicano che per Lavoratori, Preposti e Dirigenti con
l'obbligo di 6 ore di aggiornamento quinquennali che una parte non superiore
ad 1/3 del percorso di aggiornamento (pari a 2 ore) possa essere validamente
svolta anche per mezzo della partecipazione a convegni o seminari e che
prevedano una verifica finale di apprendimento. In relazione alla restante
parte del percorso di aggiornamento, pari a 4 ore, essa dovrà comunque
essere svolta con un numero massimo di partecipanti pari a 35 unità per ogni
corso.

Per quanto riguarda, invece, gli RSPP valgono le regole dell'Accordo per gli
RSPP/ASPP (26 gennaio 2006) e pertanto non è ammessa nessuna tipologia
formativa per mezzo di partecipazione a convegni o seminari.

Anche per quanto riguarda l'Accordo relativo ai Datori di Lavoro per lo
svolgimento diretto del Servizio di Prevenzione valgono le medesime regole
dell'Accordo per gli RSPP/ASPP (26 gennaio 2006) e pertanto, come per gli
RSPP/ASPP, non è ammessa nessuna tipologia formativa per mezzo di
partecipazione a convegni o seminari.

LA FORMAZIONE DEL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Le Linee guida prevedono una prossima revisione dell' Accordo del 26 gennaio
2006 al fine di non creare disparità di trattamento per situazioni analoghe.



Le linee applicative del 25 luglio 2012 relative all' Accordo Stato Regioni
del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori, dirigenti, preposti e
datori di lavoro sono scaricabili all'indirizzo:

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/D05005A5-B135-423B-870A-7475A7FE79B5/0/Linee_applicative_formazione_26062012.pdf



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IL RADON UCCIDE



Da Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it

25 luglio 2012 17:00



Ogni  anno il radon uccide 3.000 persone in tutta Italia.

La causa? Il cancro polmonare per la cancerogenicità di questo gas incolore,
inodore, insapore, presente in tutta la crosta terrestre. Pericoloso quando
si deposita all'interno delle abitazioni; anzi letale.

Non solo i cittadini, ma spesso addirittura gli stessi Comuni, possono non
essere a conoscenza del fatto che nel proprio territorio sono state
effettuate misurazioni per verificare la presenza del radon, un gas
cancerogeno, incolore, inodore e insapore.

Ma i vari comuni hanno eseguito un rilevamento e quali sono i valori
riscontrati con le misurazioni?

Il radon è un gas radioattivo, può risultare cancerogeno se inalato, in
quanto emettitore di particelle alfa. La principale fonte di questo gas
risulta essere il terreno (altre fonti possono essere in misura minore i
materiali di costruzione, specialmente se di origine vulcanica come il tufo
o i graniti e l'acqua), dal quale fuoriesce e si disperde nell'ambiente,
accumulandosi in locali chiusi ove diventa pericoloso.

Si stima che sia la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di
sigaretta, ed alcuni studi evidenziano sinergie fra le due cause

Per saperne di più:

http://www.bologna.enea.it/attivita/labmonit.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Radon



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ALTE TEMPERATURE E LAVORO



Da Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it

2 agosto 2012 17:21



Programmare il lavoro in modo che le attività particolarmente faticose siano
svolte in orari con temperature più favorevoli, garantire acqua e sali
minerali nei luoghi di lavoro, mettere a disposizione dei mezzi di
protezione individuali, prevedere ripetute pause durante il lavoro.

Dovrebbero essere disposizioni giornaliere da impartire alle
aziende/cooperative che operano nell'agricoltura, nell'industria, nel
terziario e in qualunque altra attività lavorativa.

Ma queste norme di buon lavoro sono regolarmente disattese e provocano ogni
anno infortuni, malattie e morti che costano in termini economici più del
profitto perduto con qualche pausa per bere e riposarsi.

Ogni anno è sempre la stessa storia, in agricoltura i migranti sono
sprovvisti di cappelli e dispositivi di protezione individuale, l'acqua non
è gratuita e a disposizione di tutti/e, ma spesso a pagamento, a prezzi
esorbitanti che alleggersicono una paga oraria già bassa, spesso inferiore
ai minimi contrattuali, senza copertura previdenziale e infortunistica.

Il datore di lavoro dovrebbe acquistare dell'acqua (chiedere sali minerali
oltre all'acqua sarebbe troppo?) o predisporre libero accesso all' acqua
potabile  in ogni capannone, ma queste avvertenze sono il più delle volte
non rispettate.

Invitiamo a contattare il nostro sportello sicurezza che rimarrà attivo
anche nel mese di agosto:

mail: confcobaspisa at alice.it

cellulare: 349 84 94 727

e invitiamo i lavoratori e le lavoratrici a segnalare i problemi anche in
forma anonima al numero verde della ASL.

Nel frattempo alcune avvertenze pratiche e l'invito a svegliare i delegati
sindacali che troppe volte dimenticano come la difesa della salute e della
sicurezza vanno di pari passo alla tutela del potere di acquisto di salari
spinti sempre più in basso.

-         Bere molta acqua (almeno 2 litri al giorno) a temperatura non
eccessivamente bassa. La temperatura ideale di una bibita è attorno ai 10
gradi. In particolare gli anziani devono prestare particolare attenzione
perché con l´età avanzata diminuisce lo stimolo della sete e concreto
diventa il rischio di disidratazione.

-         Evitare di bere alcolici, caffè, bevande gassate o zuccherate.
L´assunzione di bevande alcoliche deprime i centri nervosi e stimola la
diuresi, condizioni entrambe sfavorevoli alla dispersione di calore.

-         Mangiare molta frutta e verdure; fare pasti leggeri, preferendo
pasta e carboidrati a carne e formaggi fermentati.

-         Evitare di uscire tra le 12 e le 17. Queste non solo sono le ore
più calde della giornata ma sono anche quelle caratterizzate dai livelli più
elevati di ozono, in questa fascia oraria bisogna organizzare il lavoro per
evitare le operazioni più gravose e faticose.

-         Vestirsi con abiti leggeri, di colore chiaro, non aderenti, di
cotone, lino o comunque fibre naturali. Assicurarsi che i familiari malati o
costretti a letto o anziani non siano troppo vestiti.

-         Usare tende o chiudere le imposte nelle ore più calde; limitare
l´uso del forno e dei fornelli, che possono contribuire ad aumentare la
temperatura in casa.

-         Evitare il flusso diretto di ventilatori o condizionatori e le
correnti d'aria.

-         Non lasciare mai nessuno, neanche per brevi periodi, in macchine
parcheggiate al sole.

-         Fare bagni o docce con acqua tiepida.

-         Consultare il proprio medico prima di assumere integratori di sali
minerali, se si assumono farmaci in maniera regolare.

-         Se la casa è rinfrescata con i climatizzatori, è importante
pulirne i filtri periodicamente (sono un ricettacolo di polveri e batteri) e
regolare la temperatura a 25-27 ºC, e comunque non troppo più bassa rispetto
a quella esterna, in modo da evitare bruschi sbalzi di temperatura, spesso
causa di malesseri.

-         Se si è affetti da diabete o ipertensione o da altre patologie che
implicano l´assunzione continua di farmaci, consultare il medico per
conoscere eventuali reazioni che possono essere provocate dalla combinazione
caldo/farmaco o sole/farmaco.

-         Stare il più possibile con altre persone, non lavorare da soli e
senza un sistema elettronico che permetta di segnalare eventuali malori.

-         Passare più tempo possibile in ambienti con aria condizionata
(negozi, o altri luoghi pubblici climatizzati), impianti che devono essere
monitorati e ispezionati per evitare il rischio di inquinamento
biologico(spesso dovuto alla mancata pulizia dei filtri e alla diffusione di
salmonella).



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I RISCHI DELLE RADIAZIONI OTTICHE NATURALI



Da PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

Anno 14 - numero 2813 di lunedì 12 marzo 2012



Informazioni per conoscere e prevenire il rischio relativo all'esposizione
alle radiazioni ottiche naturali. Le definizioni, le attività più a rischio,
i parametri e i valori per la valutazione, la normativa e i soggetti più
sensibili al rischio UV solare

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PuntoSicuro ha presentato in questi mesi informazioni su diversi agenti
fisici, informazioni tratte dal portale web "PAF - Portale Agenti Fisici",
realizzato dal Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento di Prevenzione
dell' Azienda Sanitaria USL 7 Siena .

Dopo aver parlato di rischio rumore, di rischio vibrazione al sistema
mano-braccio e al corpo, dei rischi correlati ai campi elettromagnetici e
alle radiazioni ottiche artificiali, ci soffermiamo sui rischi derivanti
dall'esposizione a radiazioni ottiche naturali.

Il portale ricorda che le più autorevoli organizzazioni internazionali
(ICNIRP, ILO, WHO) e nazionali (Istituto Superiore si Sanità) preposte alla
tutela della salute e della sicurezza  e gli  studi epidemiologici condotti
in ambito internazionale concordano nel considerare la radiazione
ultravioletta solare un rischio di natura professionale per tutti i
lavoratori che lavorano all'aperto (lavoratori outdoor). Un rischio da
valutare e prevenire  alla stregua di tutti gli altri rischi (chimici,
fisici, biologici) presenti nell'ambiente di lavoro. In particolare per tali
lavoratori sono da tempo individuate  e caratterizzate molte patologie
fotoindotte, i cui organi bersaglio sono pelle ed  occhi. La principale
patologia fotoindotta è senz'altro il cancro della pelle.

Sul portale, che vi invitiamo a visionare, sono riportate diverse tabelle
con l'elenco delle attività che possono comportare rischio di esposizione a
radiazione UV solare.

Queste, ad esempio, le attività considerate ad elevato rischio di
esposizione:

-         lavorazioni agricolo/forestali;

-         floricoltura e giardinaggio;

-         bagnini;

-         istruttori di sport all'aperto;

-         edilizia e cantieristica stradale/ferroviaria/navale;

-         lavorazioni in cave e miniere a cielo aperto;

-         pesca e lavori a bordo di imbarcazioni, ormeggiatori, attività
portuali;

-         addetti alle attività di ricerca e stoccaggio idrocarburi liquidi
e gassosi nel territorio, nel mare e nelle piattaforme continentali".

Riguardo alla valutazione del Rischio UV Solare e ai parametri di
valutazione del rischio e valori limite, il portale indica che la quantità
utilizzata ai fini protezionistici per quantificare il rischio di insorgenza
di danno per patologie fotoindotte della pelle è l' "Esposizione radiante
efficace" o "Dose efficace" (Heff) ottenuta dall'integrale dell'irradianza
spettrale ponderata con uno spettro d'azione relativo al rischio di
induzione dell'eritema.

E lo spettro di azione per induzione di eritema è stato standardizzato dalla
CIE (Commission International d'Eclairage), e viene correntemente impiegato
anche come curva di ponderazione per altre patologie della pelle
fotoindotte, quali i tumori cutanei.

In particolare la Dose Minima per l'Eritema (MED) viene impiegata per
descrivere le potenzialità della radiazione UV nell'indurre la formazione
dell'eritema e 1 MED viene definita come la dose di UV efficace in grado di
provocare un arrossamento percettibile della pelle umana non precedentemente
esposta al sole. Tuttavia le persone non sono ugualmente sensibili alla
radiazione UV a causa delle differenti capacità di autodifesa della pelle
(pigmentazione). Nel portale è presente una tabella per consultare i valori
di MED per differenti tipi di pelle secondo le norme DIN-5050.

Il portale ricorda poi che l'Indice UV è un indice che basandosi sulla
posizione del sole, sulla nuvolosità prevista, sull'altitudine, sui dati
dell'ozono, predice l'intensità della radiazione ultravioletta solare
giornalmente. La scala dell'indice UV va da un minimo di 1 ad un massimo di
12, più l'indice è alto, più forte è l'intensità degli UV.

Riguardo agli aspetti normativi della protezione dei lavoratori outdoor nei
confronti della radiazione solare,  il portale sottolinea che benché la
"radiazione solare" sia classificata dalla IARC nel gruppo 1 di
cancerogenesi (sufficiente evidenza di cancerogenicità per l'uomo) e pur
costituendo un fattore di rischio per tutte le attività outdoor, essa  non è
stata inserita nell'elenco degli Agenti cancerogeni e mutageni del Decreto
legislativo 81/2008.

Pur essendo le radiazioni UV solari escluse dal campo di applicazione
specifico del titolo VIII capo V del Testo Unico, va comunque sottolineato
che l'articolo 181, comma 1 del Testo Unico specifica che la valutazione del
rischio di tutti gli agenti fisici deve essere tale da identificare e
adottare le opportune misure di prevenzione e protezione facendo particolare
riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi.

E il D.Lgs. 81/2008 prevede tra le misure generali di tutela l'eliminazione
dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso
tecnico e, ove ciò non è possibile, la loro riduzione al minimo. Prevede
inoltre che datore di lavoro, dirigente e preposto debbano richiedere
l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle
disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi di
protezione collettivi ed individuali messi a loro disposizione (e infatti il
datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di
protezione) e  sancisce l'obbligo da parte dei lavoratori di osservare le
disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e
dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale.

Nel portale si fa anche riferimento al Decreto del 27 Aprile 2004 Ministero
del Lavoro e della Previdenza sociale, che inserisce i tumori cutanei nella
lista delle malattie professionali con obbligo  di denuncia, e al D.M. 9
aprile 2008 "Nuove Tabelle delle Malattie Professionali nell'Industria e
nell'Agricoltura".

Riguardo alla prevenzione e protezione dal rischio UV Solare bisogna tener
conto che tale rischio è strettamente collegato - oltre che
all'esposizione - anche ai fattori individuali, per cui l'attuazione delle
misure di tutela conseguenti la valutazione dell'esposizione va effettuata
lavoratore per lavoratore in relazione anche ai dati personali (fototipo,
farmaci, patologie), e lavorativi (presenza di agenti foto sensibilizzanti)
in stretta collaborazione con il medico competente. In particolare i
lavoratori outdoor, ad esempio in agricoltura, nel comparto pesca e nella
cantieristica, sono spesso esposti ad alcune delle sostanze foto
sensibilizzanti (sul portale è presente una tabella relativa a tali
sostanze).

Un'altra tabella è relativa al fototipo che mostra come la pelle reagisce
all'esposizione al sole (in base al colore della pelle, dei capelli, alla
comparsa di eritemi e all'attitudine ad abbronzarsi).

Rimandando ad un futuro articolo l'approfondimento sulle misure di
prevenzione e sui dispositivi di protezione, concludiamo questa disamina
riportando una lista di soggetti particolarmente sensibili al rischio UV
Solare:

-         donne in gravidanza: per quanto disposto agli artt.28 e 183 del
DLgs.81/08 nonché all'art.11 del DLgs.151/01, in assenza di sicure
informazioni reperibili nella letteratura scientifica, sarà cura del Medico
Competente valutare l'eventuale adozione di cautele specifiche; particolare
attenzione va riservata alla possibile azione sinergica di condizioni
microclimatiche e radiazione UV;

-         albini e individui di fototipo 1-2;

-         i portatori di malattie del collagene (Sclerodermia e Lupus
Eritematoso nelle sue varie forme, dermatomiosite, poliartrite nodosa,
sindrome di Wegener, sindrome antifosfolipidi, ecc.); tra le dermatosi
esacerbate dalla luce è ben noto il comportamento del Lupus eritematoso
discoide: il suo peggioramento consequenziale all'esposizione al sole è un
fenomeno temibile, anche in funzione di un possibile viraggio verso la forma
sistemica indotta dalla foto esposizione;

-         i soggetti in trattamento cronico o ciclico con farmaci
fotosensibilizzanti (quali ad esempio: antibiotici come le tetracicline ed i
fluorochinolonici; antinfiammatori non steroidei come l'ibuprofene ed il
naprossene; diuretici come la furosemide; ipoglicemizzanti come la
sulfonilurea; psoraleni; acido retinoico; acido aminolevulinico,
neurolettici come le fenotiazine; antiaritmici come l'amiodarone):
rimandiamo i nostri lettori alla lettura della tabella sul portale relativa
agli agenti foto sensibilizzanti (ICNIRP 2007);

-         i soggetti affetti da alterazioni dell'iride (colobomi, aniridie)
e della pupilla (midriasi, pupilla tonica);

-         i soggetti portatori di drusen (corpi colloidi) per esposizioni a
luce blu (nel caso di elevata luce visibile riflessa: lavorazioni outdoor a
mare o su neve/ghiaccio/marmo);

-         lavoratori che abbiano lesioni cutanee maligne o pre-maligne;

-         lavoratori affetti da patologie cutanee fotoindotte o
fotoaggravate, per esposizioni a radiazioni UV: queste patologie comprendono
quadri assai rari come lo xeroderma pigmentoso, accanto ad altri molto
comuni come la dermatite polimorfa solare.



Il link web al Portale Agenti Fisici è:

http://www.portaleagentifisici.it/index.php




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