[Redditolavoro] DOVE VA AL GRECIA?

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Mon Jun 20 15:38:53 CEST 2011


 DOVE VA LA GRECIA? Articolo di Marco Ferrando

(19 Giugno 2011)



La Grecia è l'epicentro della crisi economica e politica europea. L'enorme
debito pubblico del paese, amplificato dalla crisi internazionale, tiene in
scacco la finanza europea e le stesse strutture comunitarie, precipitando
tutte le loro contraddizioni.

*IRRAZIONALITA' E PARASSITISMO DEL CAPITALE: LA QUESTIONE DEL DEBITO
PUBBLICO *

Il carattere irrazionale e parassitario del capitalismo è illustrato dalla
crisi greca meglio che da qualsiasi manuale. Cos'è il “debito pubblico”
greco? E' la massiccia esposizione delle banche francesi e tedesche
nell'acquisto e detenzione di titoli di stato ellenici.  Ciò significa che
lo Stato greco è tenuto a pagare una massa ingente di interessi ai banchieri
tedeschi e francesi. E siccome la finanza tedesca è il cuore della finanza
europea, la solvibilità della Grecia diventa questione continentale e
mondiale. Un default della Grecia avrebbe un potenziale effetto domino ben
superiore alla relativa marginalità economica di quel paese.

Ma per pagare un crescente debito pubblico ai banchieri tedeschi e francesi,
la Grecia deve finanziarsi. Come? Continuando a vendere titoli pubblici ai
propri strozzini. Il che significa che per pagare il debito pubblico, la
Grecia deve alimentare il proprio debito pubblico. E più il debito pubblico
cresce, più i banchieri francesi e tedeschi pretendono tassi di interesse
più alti come condizione di un acquisto “rischioso”: “Aumenta il mio
rischio? Allora mi devi pagare di più”. Ciò che oggi ha spinto i titoli di
Stato greci ad un saggio d'interesse record del 18%!. Ma più salgono gli
interessi da pagare agli strozzini, più aumenta il debito pubblico.. lungo
una spirale inarrestabile.

Da qui il cosiddetto “aiuto” europeo e mondiale alla Grecia. In cosa
consiste l'”aiuto”? Nell'acquistare titoli di Stato greci con risorse
pubbliche, messe a disposizione da U.E. e Fondo monetario, per consentire
alla Grecia di continuare a pagare i banchieri francesi e tedeschi. Ma qui
nasce un forte contrasto tra il governo tedesco e la BCE. Come rispondere al
rischio reale di un default greco? La signora Merkel non sa più come
spiegare ai suoi stessi elettori che devono continuare a fare sacrifici per
consentire alla Grecia di salvare i banchieri tedeschi, già poco amati. E
quindi pone come condizione di nuovi “aiuti” alla Grecia il coinvolgimento
nel rischio delle banche private, che dovrebbero accollarsi parte degli
oneri . La BCE è contraria perchè la deresponsabilizzazione degli Stati, e a
maggior ragione della Germania, nel sostegno alla Grecia, sancirebbe di
fatto il riconoscimento di un suo default, e quindi potrebbe svalutare con
un effetto a catena i titoli di stato detenuti dalle banche con effetti
incontrollabili.

*LO STROZZINAGGIO FINANZIARIO CONTRO I LAVORATORI GRECI *

Non sappiamo come si risolverà il contenzioso. Sappiamo invece benissimo il
costo sociale di questa mostruosa rapina per i lavoratori greci ed europei.
Perchè la condizione ultimativa che tutti i banchieri strozzini e i loro
Stati pongono  alla Grecia, per continuare a comprare i suoi titoli di Stato
( e quindi oliare la corda dell'impiccagione) è il drastico e progressivo
abbattimento della sua spesa sociale e delle condizioni di vita  dei
lavoratori, dei pensionati, dei giovani greci.

L'ultimo anno ha rappresentato per la classe operaia e la gioventù greca la
più pesante retrocessione sociale del dopoguerra. Taglio secco degli
stipendi pubblici, aumento delle tasse dirette e indirette, riduzione delle
pensioni, soppressione di sussidi e prestazioni, aumento verticale dell'età
pensionabile, liberalizzazione dei licenziamenti nel settore privato e nei
servizi pubblici. Il governo del “socialista” Papandreu ha offerto ai
banchieri europei lo scalpo dei lavoratori greci, per poter continuare a
indebitare i lavoratori greci presso i banchieri europei.
Ma siccome la cura da cavallo non ha raggiunto lo scopo ( ed anzi ha
concorso ad una nuova recessione interna , con  la conseguente crescita
della percentuale di debito), Papandreu vara oggi un'ulteriore stangata. Che
non solo appesantisce ed aggrava le misure antipopolari già intraprese, su
dettato della finanza internazionale, ma estende a dismisura il processo di
privatizzazioni. La Grecia è in svendita. Porti, aeroporti, autostrade,
acquedotti, telecomunicazioni, energia, gas, persino le lotterie nazionali,
sono messi all'asta. E gli acquirenti sono spesso- guarda caso- aziende e
banche europee creditrici. Con un ruolo di punta delle aziende tedesche (
Deutsche TeleKom acquista a prezzi stracciati le telecomunicazioni greche),
ma anche italiane (il gruppo Atlantia è in corsa per autostrade e
acquedotti), e persino cinesi ( in particolare nel settore portuale). Pur di
far soldi e pagare gli strozzini, il governo greco svende agli strozzini i
beni della Grecia. Col plauso della borghesia nazionale greca ed in
particolare delle sue banche, anch'esse acquirenti dei titoli di Stato ,
anch'esse partecipi del bottino delle privatizzazioni.

*LA CRISI POLITICA SI APPROFONDISCE *

La rapina del secolo tuttavia non è politicamente indolore. Il governo
Papandreu, che aveva retto la prima fase della crisi, vede ora precipitare
il suo consenso sociale. Il PASOK in particolare è investito da una crisi
profonda, con defezioni parlamentari, abbandoni, forti divisioni interne. Il
restringimento numerico della maggioranza parlamentare, già risicatissima (
155 deputati su 300), ha indotto Papandreu, sotto pressione internazionale,
a invocare un governo di “solidarietà nazionale” per varare la nuova stretta
sociale. Ma la vecchia destra reazionaria di “Nuova Democrazia” ha respinto
la proposta, per far cuocere il Pasok nel suo brodo e cercare di
rimpiazzarlo alle prossime elezioni.
In questo quadro , un governo in condizioni disperate ha due soli punti
d'appoggio. Il primo è la finanza europea e la crisi europea: tutti i
governi europei sorreggono Papandreu così come i creditori sorreggono i
propri esattori e gabellieri. Il secondo è l'opportunismo dei gruppi
dirigenti della sinistra greca: che di fronte alla più grave crisi del
Paese, sono del tutto incapaci anche solo di perseguire una via d'uscita
indipendente.
E questo è il vero punto cruciale.

*L'ASCESA DEL MOVIMENTO DI MASSA DEI LAVORATORI E DELLA GIOVENTU' *

La classe lavoratrice e le masse popolari greche non hanno subito
passivamente la propria spoliazione. L'ultimo anno e mezzo ha registrato una
forte ascesa delle lotte di massa, prevalentemente concentrate nel settore
pubblico e nei servizi. In particolare una nuova generazione di lavoratori,
di studenti, di precari, di disoccupati (la disoccupazione è ormai al 15%)
ha invaso lo scenario sociale e politico, col ricorso ripetuto all'azione
diretta e radicale, contro il governo e il padronato, in una dinamica di
scontro diffuso con lo Stato e il suo apparato repressivo. Si sono
moltiplicate in tutta la Grecia- a partire da Atene- esperienze di assemblee
popolari, occupazioni di uffici pubblici,  comitati di lotta a difesa di
posti di lavoro e servizi minacciati. La piazza del Parlamento greco è
diventata il luogo principe delle manifestazioni di rabbia contro “ladri e
corrotti”. L'irruzione sulla scena del movimento giovanile degli “indignati”
e il suo assedio del Parlamento, su richiamo dell'esperienza spagnola,
assume nel contesto greco un peso maggiore che in Spagna. La parola
d'ordine” Pane, sapere, libertà”- che fu la bandiera della sollevazione
popolare contro la dittatura dei colonnelli greci nel 1973- è
significativamente rieccheggiata in piazza Syntagma sulla bocca di decine di
migliaia di giovani. Non a caso la questione dell'”ordine pubblico” in
Grecia , di come preservarlo (o restaurarlo), è in cima alle preoccupazioni
borghesi, non solo ad Atene. Il rischio di “contagio” in Europa del
“radicalismo greco” è oggetto di dibattito pubblico nei circoli dominanti
del vecchio continente. Tanto più a fronte delle ulteriori terapie d'urto
commissionate contro il popolo greco.

*IL RUOLO CONSERVATORE DELLE DIREZIONI POLITICHE E SINDACALI *

Ma proprio questo scenario di potenzialità dirompenti misura il ruolo
conservatore degli apparati dirigenti del movimento operaio greco.

Il Pasok, primo gestore della politica di aggressione sociale, è ovviamente
nel mirino della protesta popolare. Ma proprio per questo ha cercato e cerca
di usare i propri canali sindacali o la propria influenza nei sindacati per
“rappresentare” parte della protesta, addomesticarla, e quindi incanalarla
su un binario morto: quello della “pressione” sul governo..del Pasok,
secondo un abile gioco delle parti, tipico della socialdemocrazia. Gli
scioperi promossi dal sindacato GSEE, a forte influenza socialista, hanno
svolto esattamente questo ruolo: fornire alle masse un canale di sfogatoio,
far defluire la rabbia,  disinnescare ogni rischio di esplosione concentrata
di massa. Cercando così di salvare il governo Papandreu e il capitalismo
greco. La recente integrazione nel governo di un dirigente socialista “di
sinistra” (Venizelos), critico di Papandreu, vuole coprire il governo a
sinistra sul versante sindacale, per meglio consentire la nuova mazzata
antipopolare.

A sinistra del Pasok, l'aggregazione Syriza- riferimento greco del PRC e
della Sinistra Europea- svolge un ruolo di “socialdemocrazia di sinistra”
 in rapporto ai “movimenti”, in particolare giovanili. Il governo l'ha
definito “un partito di bulli e di teppisti”( Panglos, vicepresidente del
governo). In realtà si tratta della riedizione greca del bertinottismo
italiano di 10 anni fa, stile Genova. La sua enfasi ideologica
“movimentista” convive con una politica di contenimento e subordinazione
delle spinte più radicali dei movimenti stessi:  teorizzando ad esempio il
principio della “non violenza” di fronte alla violenza repressiva dello
Stato, contro ogni pratica di autodifesa di massa. Ma soprattutto è
chiarificatore il suo programma: un programma di “ricontrattazione del
debito pubblico greco” con le istituzioni finanziarie europee; che
significherebbe “contrattare” la rapina e spoliazione dei lavoratori e dei
giovani greci con i loro strozzini. La parola d'ordine riformista e
illusoria di un'”Europa sociale e democratica” in ambito capitalistico,
appare così per quello che è: la subordinazione “critica” ma rassegnata al
capitalismo europeo, alla sua Unione, alla sua crisi, alle sue controriforme
sociali.

In forme diverse, la politica del KKE ( Partito Comunista greco) e del suo
sindacato ( PAME) svolge un ruolo complementare. Chi ha illusioni nello
stalinismo greco (anche in Italia) è bene apra gli occhi.
Il KKE contesta apertamente e con un linguaggio radicale la politica di
Papandreu, così come  denuncia con parole vibranti la  “rapina” della U.E.
Il suo “anticapitalismo” ideologico è a prova di bomba. Ma la sua linea
d'azione  concorre a disarmare il movimento reale delle masse: da un lato la
moltiplicazione di scioperi generali una tantum, scaglionati nel tempo, in
contrapposizione ad ogni proposta di sciopero generale prolungato;
dall'altro una linea costantemente separatista e autocentrata nelle
manifestazioni di massa e nelle azioni di lotta ( manifestazioni di partito/
sindacato fiancheggiatore sempre distinte e distanti dalle manifestazioni e
azioni degli altri soggetti) in una logica di contrapposizione al fronte
unico di classe. Infine il costante ricorso al più vergognoso armamentario
stalinista contro il radicalismo di lotta della gioventù ribelle: definita e
denunciata come massa di provocatori prezzolati, e più volte aggredita dai
propri servizi d'ordine di partito, col pubblico plauso del Pasok e del
governo.

Certo, il KKE ha beneficiato elettoralmente della crisi del Pasok e della
sua politica governativa. Ma il suo programma si riduce all'uscita del
capitalismo greco dalla U.E in una logica di riforma dell'economia
nazionale. Il fine ultimo del KKE, al di là dei proclami, è  l'
autoconservazione del proprio apparato e ruolo politico dentro le
istituzioni dello stato borghese. Contro ogni reale prospettiva
rivoluzionaria.

A sinistra della socialdemocrazia e dello stalinismo è presente una
eterogenea aggregazione centrista ( Antarsia), divisa al suo interno tra
diverse opzioni programmatiche ( contrattazione del debito o suo
annullamento?) e politiche ( “partito o movimento”?).E' la cosiddetta “unità
dei comunisti” in salsa greca: un cartello elettorale, una commedia politica
degli equivoci senza futuro. Il cui ruolo nelle lotte è sicuramente
“antagonista”, ma fuori da ogni prospettiva strategica di alternativa di
potere.

*LA PROPOSTA ALTERNATIVA DEL EEK: IL POTERE AI LAVORATORI, QUALE UNICA
SOLUZIONE *

Nella sua piena autonomia politica, solo lo EEK- sezione greca del
Coordinamento per la Rifondazione della 4° Internazionale- sviluppa un
intervento di massa  e una proposta programmatica all'altezza della
radicalità della crisi greca.
Il suo programma rivendica apertamente la rivoluzione sociale  quale unica
vera risposta alla crisi capitalista e alla sua rapina: solo un governo dei
lavoratori che annulli il debito pubblico verso le banche creditrici,
interne e internazionali, e  nazionalizzi, sotto controllo dei lavoratori,
l'intero sistema bancario, può salvare il popolo greco dalla rovina sociale;
solo la prospettiva di un Europa socialista ( Stati Uniti Socialisti
d'Europa) che liberi il vecchio continente dalla dittatura degli industriali
e delle banche, può offrire un futuro diverso alle giovani generazioni
europee.
Questo è il programma che distingue EEK dal resto della sinistra greca. Ed è
il programma che indirizza il suo intervento di massa: costruzione del più
ampio fronte unico di classe nel movimento di lotta dei lavoratori e dei
giovani contro il settarismo burocratico del KKE; ma al tempo stesso
proposta di sciopero generale prolungato, mirato a bloccare la Grecia e
rovesciare il governo; sviluppo e unificazione dell'autorganizzazione
operaia e popolare; incoraggiamento e organizzazione dell'autodifesa di
massa contro l'apparato dello stato; rifiuto di ogni subordinazione al
feticcio istituzionale di una “democrazia” borghese, sempre più privata
oltretutto di ogni parvenza di sovranità. In ogni lotta parziale, in ogni
piega del movimento, lo EEK pone la prospettiva del potere come questione
decisiva: quale classe comanda in Grecia ( e in Europa), i lavoratori o i
banchieri, la maggioranza della società o una minoranza dei capitalisti?
Questo è il nodo che non si può né rimuovere, né archiviare. Sviluppare la
coscienza dei lavoratori e dei giovani verso la comprensione di questa
verità è l'essenza della politica rivoluzionaria. In Grecia come in Italia.

Lo EEK è ancora un piccolo partito, che non può oggi esercitare una
direzione alternativa del movimento di massa. Ma è un partito che registra
una forte crescita tra i lavoratori e i giovani. Sviluppa una crescente
visibilità nell'azione di massa. Dispone di militanti e  quadri
sperimentati, con indubbio prestigio a sinistra. Non a caso è stato più
volte nel mirino della repressione governativa e poliziesca, subendo
isteriche campagne intimidatrici da parte dei giornali del Pasok e della
destra. Ciò che vi è di più coraggioso e generoso nel movimento operaio
greco si concentra in questo piccolo partito rivoluzionario. Il cui sviluppo
misurerà, in ultima analisi, fortune e prospettive storiche della
rivoluzione greca, al di là della dinamica contingente degli avvenimenti
attuali.

Di certo, il PCL dà e darà ai propri compagni greci tutto il sostegno e la
solidarietà di cui sarà capace.  Sulla base di un comune programma e di una
comune politica.

*PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI*

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Sez. prov. di Bologna

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