[Redditolavoro] I lavoratori immigrati lottano per tutta la classe operaia

clochard spartacok at alice.it
Sat Nov 27 20:19:25 CET 2010


----- Original Message ----- 
From: "gigi.f2005" <gigi.f2005 at libero.it>



 

I lavoratori immigrati lottano per tutta la classe operaia 





  
In tutta Europa padroni e governi borghesi di ogni colore attaccano le condizioni di vita dei lavoratori, perché aumentare lo sfruttamento della classe operaia è l'unica via che hanno a disposizione per tenere ancora in piedi l'economia capitalistica, inesorabilmente avviata al tracollo.
Affinché questi attacchi si compiano con successo la borghesia cerca con ogni mezzo di dividere la classe operaia.

Il razzismo, fomentato con una cinica e vile campagna dai media, è un'arma dei padroni per dividere i lavoratori, esattamente come il lavoro precario, la cessione di rami d'azienda a ditte esterne, la frattura fra vecchi operai "garantiti" e giovani privi di qualsiasi protezione e previdenza, la concorrenza fra lavoratori di diverse aziende o stabilimenti ottenuta grazie al progressivo smantellamento della contrattazione nazionale, la contrapposizione fra i lavoratori del pubblico impiego e quelli delle aziende private.

Più i lavoratori immigrati sono abbandonati a se stessi dai lavoratori italiani, più sono deboli e ricattabili di fronte al padrone, più sono costretti per vivere ad accettare salari e condizioni di lavoro sempre peggiori, più si accresce la concorrenza al ribasso fra lavoratori. La vera lotta della classe operaia coincide con la difesa della sua parte più debole: in questo modo i lavoratori relativamente meno sfruttati difendono innanzitutto se stessi dalla concorrenza al ribasso dei lavoratori più ricattabili.

È nell'interesse di tutta la classe operaia lottare per liberare i lavoratori immigrati dalla minaccia della perdita del permesso di soggiorno in caso di licenziamento e per l'estensione dei diritti di cittadinanza alle loro famiglie. Esattamente come è nell'interesse di tutti i lavoratori combattere il ricatto della disoccupazione lottando uniti - occupati e disoccupati - per la riduzione dell'orario di lavoro e per il salario integrale ai lavoratori licenziati; impedire l'ingresso in fabbrica o in cantiere di ditte in appalto che impiegano lavoratori con salari e condizioni peggiori; impedire l'assunzione di lavoratori con contratti precari e peggiorativi; difendere il contratto nazionale di categoria.

Tutti questi semplici e sani principi della lotta di classe sono stati calpestati dai sindacati di regime: CGIL-CISL-UIL-UGL hanno attuato con Stato e padroni una tattica che ha visto prima l'attacco alle condizioni di precari, immigrati, giovani, dipendenti di piccole aziende, e subito dopo quello ad una ultima ristretta cerchia d'operai "garantiti", ottenendo così la sconfitta dell'insieme della classe operaia.

La CGIL ha accettato la "regolarizzazione" del precariato così come ha abbandonato gli immigrati "irregolari". Al di là dei comunicati retorici e moralisti, nei fatti, cioè nei pochi e innocui scioperi da essa proclamati, la rivendicazione dell'estensione dei diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati è ignorata. Ugualmente la CGIL ha abbandonato i metalmeccanici in lotta a difesa del contratto nazionale, non proclamando lo sciopero generale fin dal referendum di Pomigliano, ed anzi dando indicazione di voto analoga a quella di CISL e UIL.

Per difendersi dagli effetti della crisi e dai sempre più pesanti attacchi padronali, la classe lavoratrice ha bisogno di un vero Sindacato di classe che, partendo dalle lotte di reparto, azienda e categoria, indirizzi e prepari i lavoratori alla mobilitazione unita nello sciopero generale, della durata necessaria e con obiettivi chiari: contro i licenziamenti, per un salario di disoccupazione adeguato al costo della vita, per la difesa del contratto nazionale, per i diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati e alle loro famiglie, per la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Questi sono gli obiettivi di tutta la storia del movimento operaio, sono impostati secondo il principio che difendere la classe operaia significa eliminare la concorrenza al ribasso fra lavoratori - compresi immigrati e disoccupati - e sono perseguibili solo con un movimento generale, organizzato e diretto da un vero sindacato di classe.

La ricostruzione di questo sindacato è perciò un problema ineludibile per tutta la classe operaia. Essa oggi può passare attraverso la unificazione del sindacalismo di base, che da anni lotta fra mille difficoltà contro padroni e sindacati di regime, abbracciando senza riserve la causa dei lavoratori immigrati come una causa di tutta i lavoratori. Ma questa unificazione non può avvenire che "dal basso", vincendo il settarismo e il politicantismo delle attuali dirigenze. È dovere quindi dei lavoratori e dei delegati più combattivi e coscienti di tutti i sindacati di base organizzarsi nelle rispettive strutture e battersi contro il danno gravissimo recato dall'attuale frazionamento del sindacalismo di base.

Il razzismo non è una malattia da cui il capitalismo possa guarire. Combattere il razzismo con l'anti-razzismo, sul piano astratto della morale e del rispetto delle culture, non solo è impotente ma è dannoso, perché non colpisce nessuna delle sue basi materiali. La vera e sola lotta anti-razzista è la lotta di classe, perché unifica i lavoratori al di sopra delle razze e delle nazionalità, e perché li indirizza al superamento del capitalismo verso la società comunista, una società libera dalla schiavitù del lavoro salariato, unica base materiale possibile dell'estinzione dello sfruttamento, del razzismo e di ogni altra ideologia reazionaria di questa società sempre più anti-storica e inumana.



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