[Redditolavoro] 'A munnezza a Napoli: follicolo purulento su di un organismo cancerogeno allo stato comatoso
clochard
spartacok at alice.it
Sat Nov 27 21:18:01 CET 2010
Ottimo pezzo del comunista internazionalista Michele Castaldo su Napoli e la
munnezza. Linguaggio e concetti sono ovviamente quelli della sua scuola, ma
credo sia un'utile lettura per la maggior parte delle compagne e dei
compagni.
enrico
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Terzigno: alcune questioni
Di ritorno dalla manifestazione di Terzigno di sabato 30 ottobre contro l'apertura
di una nuova
discarica e la chiusura di quella di Sari, vien da riflettere alcune
questioni:
a) Una mobilitazione proletaria, cioè di lavoratori e lavoratrici.
b) Una coordinazione di più comuni.
c) Un coinvolgimento di tematiche ed obiettivi impensabili fino ad alcuni
anni fa.
d) Lo stato, uno stato di un paese imperialista, che è costretto ad
arretrare.
e) Un arretramento che predispone ad un ingigantirsi della questione
rifiuti.
f) Con il tricolore contro il tricolore.
g) Rosari e manganelli.
h) Quale il soggetto che s'avanza.
i) Vecchio e nuovo proletariato.
Diecimila i manifestanti, forse più, forse meno, non è questo l'aspetto più
importante, ma i
fattori che sottostanno a questo tipo di mobilitazione ci danno una sorta di
anticipazione del
modo di delinearsi dello scontro in alcune aree come quella napoletana o del
sud d'Italia. Non
si tratta di una "presa di coscienza", come in molti si affannano a
sostenere, ma del punto di
arrivo di un certo modo di funzionare di un Sistema Sociale che nell'area
vesuviana, a Napoli,
nel sud dell'Italia, in un anello debole dell'Europa, comincia a
manifestarsi quale follicolo purulento
di un corpo in putrefazione.
Le arroganti - quanto obbligate - dichiarazioni degli organi di governo non
hanno minimamente
scalfito la volontà di lotta degli abitanti della zona giunti ad un punto di
esasperazione
senza precedenza. "Useremo la forza" era stato il grido di battaglia di
Berlusconi e di Maroni.
Hanno dovuto fare vergognosamente retromarcia. La lotta paga.
Certo, si sposta su Giugliano, il tentativo di smaltire i rifiuti "in pochi
giorni" parola
dell'onnipotente Silvio Berlusconi ed invece si riapre un altro fronte di
lotta, il governo è costretto
ad arretrare e la questione va assumendo i caratteri di una catastrofe.
a) Una mobilitazione di lavoratori e lavoratrici. Casalinghe e operaie di
ogni età, una
mobilitazione popolare, non con la caratterizzazione di rivendicazioni
salariali, normative
e cosi via, ma una lotta per la salute, per il riappropriarsi del territorio
ritenuto a
giusta ragione proprio, cioè della comunità popolare, dei più deboli, in una
parola dei
proletari di quelli che di proprio hanno la famiglia e pochissime altre
cose. E' il nuovo
e moderno proletariato della metropoli imperialista che il Sistema del
Capitale spinge
sempre più in un degrado complessivo della sua condizione sia di vita
lavorativa che
sociale ed extralavorativa. Basta e avanza per capire che siamo di fronte a
fenomeni
sociali completamente diversi dall'epoca del nascente capitalismo o dal suo
poderoso
sviluppo. Un nuovo e ben più potente proletariato posto nella condizione di
dover affrontare
tutte insieme le questioni, indipendentemente da quel che individualmente
pensano le singole persone. I pensieri individuali sono privi di gambe, le
necessità dei
fattori oggettivi determinati danno gambe vere ai "pensieri" reali.
b) Una coordinazione di proletari di più comuni. Ovvero l'essere trascinati
ad un impegno
congiunto contro un fenomeno devastante del territorio, è uno straordinario
passo
in avanti rispetto al senso del minimo sforzo individuale regnante nelle
singole persone.
Il Sistema del Capitale fa e disfa, oggi, a differenza degli anni addietro
spinge
un'intera area geografica - quella alle falde del Vesuvio - a insorgere
insieme per la
difesa della salute e del proprio territorio. E' la base della rivoluzione
Comunista, nel
senso di un'intera Comunità che si allarma e si allerta, uno straordinario
fattore di
proiezione verso un futuro non necessariamente barbaro.
c) Un coinvolgimento di tematiche ed obiettivi impensabili fino ad alcuni
anni fa.
Eravamo abituati a vedere lottare singole comunità di province come Pianura,
Acerra,
Giugliano ecc. isolate da tutto il resto del comprensorio ed innanzitutto
isolate dalla
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metropoli della città di Napoli. A Terzigno c'è un salto di qualità, c'è una
polarizzazione
gravitazionale di più comuni dell'area con delegazioni che arrivano dai
comuni
più lontani, di fiammelle accese a tener viva e desta la necessità di una
lotta comune
contro l'invadenza dell'immondizia e con essa della malasalute. E' un primo
importantissimo
passo, ma il senso di marcia è quello giusto.
d) Lo stato, uno stato di un paese imperialista, che è costretto ad
arretrare. Diciamocela
tutta, pochi credevano - in modo particolare a sinistra - nella capacità di
tenuta
delle masse a Terzigno, perché si ha poca fiducia delle masse, perché si
ritiene che
queste debbano essere tenute con una cavezza e indirizzate con calma e
democrazia in
una lotta non violenta verso . la sconfitta. Ed invece le masse hanno
tenuto, si sono
scontrate, più volte e ripetutamente, con le forze di polizia, subendo e
sapendo anche
reagire, come sanno reagire le masse, alla loro maniera, istintivamente e
"disordinatamente",
perché la violenza "ordinata" e "organizzata" è dello stato, che ha avuto
tutto
il tempo di organizzarsi, non può essere delle masse, specie se queste si
sono abituate
ad un lunghissimo periodo di sonnolenza. Così che il loro risvegliarsi, il
loro agire
d'istinto anche rispetto all'uso di una necessitata autodifesa, mena
scompiglio fra le
forze politiche di destra, sinistra e centro e fra le istituzioni, fino ad
arrivare ad un atto
di vera e propria resa da parte del Primo Ministro e presidente del
Consiglio Berlusconi
che a mezzogiorno di sabato è costretto a indire una conferenza stampa e
fare marcia
indietro su tutta la linea: non si aprirà una nuova discarica, si lavorerà
per chiudere
quella esistente
e) Un arretramento che predispone ad un ingigantirsi della questione
rifiuti. Si tratta
però di una ritirata di un governo - e innanzitutto di una classe, la
borghesia - che è allo
sbando, perché si stanno inceppando tutti quei meccanismi di funzionamento
del Sistema
del Capitale, la cui questione dei rifiuti ne rappresenta solo l'aspetto più
appariscente.
Se il Capitale e chi per lui arretra a Terzigno, si indirizza a Giugliano e
qui
provoca la rivolta di una popolazione già avvilita ed esasperata per le
montagne di rifiuti
ricoperti che marciscono producendo un inquinamento del suolo e del
sottosuolo
senza pari, il segno tangibile di un decadimento senza via d'uscita in
quanto Sistema.
Insomma è il principio della fine. Quanto durerà? E' una domanda alla quale
da più
parti timidamente si incomincia a calcolare.
f) Con il tricolore, contro il tricolore. Si tratta di un cosiddetto
ossimoro solo per i puristi
idealisti incapaci di comprendere la dialettica della materia. Durante le
settimane
che avevano visto la popolazione di Terzigno scontrarsi con la polizia, più
di una volta
le immagini televisive si soffermavano su donne e uomini che con il
tricolore andavano
incontro alle forze dell' "ordine". Non sappiamo quanti e chi dei
manifestanti di
Terzigno avessero votato per il Pdl, di sicuro ce n'erano e forse in tanti.
Tutto si spiega,
perché con la stagnazione sociale le persone, i cittadini si rifugiano nell'isolamento
della propria famiglia, del proprio nucleo gretto e stretto dell'ambito
consanguineo
cercando la soluzione individuale nel tentativo di una scalata rampante
verso l'"alto".
Ad un certo punto la molla capitalistica preme a tal punto da spingere le
masse, nel caso
specifico di Terzigno, a non sopportare più un degrado della propria
condizione e si
pone in azione. Con il tricolore? Si, come a dire: l'Italia siamo noi, il
territorio è nostro,
non di voi mascalzoni al governo. Cosa ci sarebbe di strano in tutto ciò?
Decifriamo
meglio questo aspetto. Il funzionario di polizia che dirige le operazioni di
repressione
indica ai suoi uomini di caricare i manifestanti indossando il tricolore.
Prima
di lui il sindaco, precedentemente eletto dai dimostranti, governa la
cittadina in nome
del tricolore. Le masse, si scontrano con la polizia inneggiando il
tricolore. Che strano
paese è questo? Che razza è questa massa umana che alza lo stesso vessillo
di chi la
reprime? Semplice la risposta che solo una impostazione materialista può
fornire: ci
sono due modi di intendere il tricolore: da un lato lo stato con le sue
istituzioni e le sue
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strutture repressive, di contro le masse in lotta con le proprie azioni. Il
tricolore assume
un significato per gli uni, per i repressori, e il suo opposto, per i
repressi. Certo,
chi si aspetta che le masse scendano in piazza con la bandiera rossa con su
i simboli
della falce e del martello e magari cantando l'Internazionale, rimane deluso
e ne trae le
conclusioni stupide ed aberranti che manca il partito e dunque le masse sono
destinate
inesorabilmente alla sconfitta. Certuni dovrebbero però spiegare come mai e
perché in
altri frangenti storici quel partito da loro tanto agognato c'era, ma la
sconfitta arrivò
uguale. Ma fa parte di altra discussione non sempre proficua visti gli
interlocutori.
g) Rosari e manganelli. Certo, c'erano anche donne che pregavano e
mostravano rosari
e icone sacre alle truci facce dei poliziotti appena nascoste dalla visiera
del casco. Ma
quello che va capito sono due cose: la prima è che le masse si muovono
trascinandosi
dietro abitudini, costumi e culture sedimentate in secoli di storia; la
seconda cosa invece
è che le masse non depongono i rosari e le immagini sacre per terra per
ostacolare
i poliziotti, ma mettono il proprio corpo a fare forza attiva contro i
poliziotti. Chi
dovesse guardare alle icone sacre ed ai rosari, rimovendo il fatto che esse
sono rette da
persone fisiche, cioè da una forza d'urto, commetterebbe errore grave e
purtroppo
nell'ambito della sinistra anche "estrema" si guarda con occhi ideologici ed
idealisti e
si traggono conclusioni sbagliate ritenendo prive di contenuti mobilitazioni
che altrimenti
interpretano e sono il segno tangibile di un movimento antisistema che
marcia,
ovvero la rivoluzione in cammino. D'altra parte, i Comunisti la storia la
analizzano a
partire dallo scontro fra forze diverse, che esprimono interessi diversi e
contrapposti e
nello specifico di Terzigno e zone limitrofe si scontrano la forza di un
Sistema che ha
imboccato il percorso che lo porterà alla sua dissoluzione, e la forza dell'antisistema
che comincia a imboccare un proprio percorso di ricostruzione di valori,
necessariamente
diversi e contrapposti. Altrimenti detto: i fattori materiali determinati
decompongono
l'unitarietà preesistente. Il tricolore da 'uno' si divide tra due
contendenti diversi
e contrapposti; la chiesa cattolica da fattore di sopimento sociale e di
agguerrito
potere finanziario a scala mondiale si divide, da uno si divide in tre
contendenti: potere
finanziario-ecclesiatico, potere statuale, cioè ramificazione del personale
politico e istituzionale
nello stato, e masse cattoliche che innalzano rosari e icone sacre ma
lottano
contro la "loro" stessa chiesa. Insomma quelli che manifestano a Terzigno
sono
una cosa (sempre res è la questione) completamente diversa da quelli che
vanno in
piazza S. Pietro a Roma per ricever la benedizione 'Urbi et orbi', pur
avendo nelle
mani gli stessi oggetti sacri od anche addirittura se si dovesse trattare
delle stesse persone
fisiche: a S. Pietro è il Sistema che stancamente si trascina, a Terzigno è
l'Antisistema che emerge.
h) Quale il soggetto che s'avanza. Non ci vuole molto per capire che dalla
compressione
della molla capitalistica s'avanza un nuovo e potente soggetto storico
destinato a
svolgere un ruolo sempre più di primo piano. Si tratta di un aggregato
sociale che viene
spinto alla lotta non da fattori di categorie strettamente legate alle
produzioni capitalistiche
e dunque per rivendicazioni salariali o normative, cioè di miglioramento di
nuclei di lavoratori, ma da un'azione di vera e propria ribellione
orizzontale, territoriale,
che affascia più categorie sociali, delle classi proletarie che vedono nel
degrado del
territorio il proprio degrado, un identificare la propria vita con quella
del proprio territorio.
Altrimenti detto: la condizione ambientale del territorio è la condizione
del 'nostro
ambiente' di vita, la sua distruzione è la nostra distruzione contro cui
siamo obbligati
a lottare. Questo nuovo soggetto è destinato non a ridursi ma ad estendersi
pur
se all'immediato la lotta è rifluita perché in un modo o in un altro sono
state recepite le
richieste delle popolazioni locali e lo stato è stato costretto ad
arretrare. Il punto in
questione è che la produzione capitalistica produce sempre maggiori rifiuti
e sempre
meno smaltibili e dunque la degradazione del territorio piuttosto che
ridursi, è destina4
ta sempre di più ad aumentare, intensivamente ed estensivamente, ed il modo
di affrontare
il problema da parte del Sistema del Capitale con le sue obbligate leggi, va
sempre di più nel senso di proporre rimedi peggiori dei mali. Di riflesso,
abbiamo non
un cumulo di coscienze individuali aggregate, ma una insofferenza di masse
proletarie
poste nella necessità di ribellarsi. Altrimenti detto: il vero soggetto è
ancora una volta
il Sistema del Capitale che pone le masse nella condizione di agire quale
riflessoagente
ed in questo modo le tramuta da oggetto passivo a soggetto attivo. E dunque
prende corpo quel concetto "Il proletariato si costituisce in classe e si dà
in partito politico".,
e con esso la coscienza di "classe".
i) Vecchio e nuovo proletariato. Proviamo a fare un piccolo raffronto con
due fotogrammi
a distanza di 100 anni: febbraio 1917 febbraio 2017. Ieri, donne dinanzi ai
forni per il pane, sciopero dei lavoratori tessili, sciopero dei
metallurgici, diserzione di
soldati contadini dal fronte. Oggi, donne che si scontrano con la polizia
per difendere
il proprio territorio, il loro ambiente, la propria vita, i propri figli e
con esse lavoratori,
disoccupati, giovani precari, impiegati, immigrati. Certo, non siamo ancora
all'insurrezione, ci mancherebbe, ma quello di cui bisogna prendere atto è
che il nuovo
e moderno proletariato, questa nebulosa ancora informe che s'avanza è
costretto a porre
obiettivi di gran lunga più in avanti ad un Sistema che non è in grado di
darle. Il vero
punto in questione è questo.
Rischio di rivolta sudista?
Non bisogna sottrarsi ad un'ultima - non per ordine di importanza -
questione e cioè se alcune
vertenze popolari nel sud dell'Italia come quella dei rifiuti o dei
disoccupati, possa sfociare
in una vera e propria rivolta contro "il nord d'Italia". Si tratta di una
questione sulla quale al
momento circola molta confusione tutta però all'interno delle classi
borghesi del sud, compreso
qualche vecchio pataccaro pennivendolo al soldo di settori reazionari e
fascisti in Calabria
che gli fa da editore.
Distinguiamo allora: un conto è il personale politico dei partiti
istituzionali di centrodestra che
in funzione antileghista del nord si organizzano al sud cercando di
rappresentare settori economici
della peggiore feccia imprenditoriale, camorristico-mafiosa e
burocratico-statalista.
Altra cosa sono le vertenze popolari, sociali portate avanti da operai,
proletari in genere, disoccupati,
casalinghe e cosi via. Le due cose non vanno confuse, perché non hanno -
allo stato
attuale - un comune terreno di interesse al punto da confluire in un
unitario movimento
"per il Sud".
A Pianura come a Terzigno, ad Acerra come a Giugliano, sia i partiti di
centro destra che di
centrosinistra sono stati conniventi con i governi centrali di Prodi prima e
di Berlusconi poi.
Eppure erano stati votati dai cittadini di questi comuni. Poi tanto ad
Acerra, quanto a Terzigno,
a Pianura, a Giugliano e cosi via le masse sono scese in lotta contro quegli
amministratori
che loro stessi avevano eletti. Ancora una volta siamo alla dialettica della
materia: sul
piano individuale il cittadino sceglie un partito ed elegge un personaggio,
poi deve scendere in
piazza contro il termovalorizzatore o la riapertura di una seconda discarica
e lotta contro chi
ha eletto.
Il punto in questione è se a questo punto della crisi esistono margini -
economici, è sempre
questa la questione, intorno a cui tutto ruota - di attrazione da parte di
settori delle classi burocratico-
capitalistiche-camorristiche capaci di attrarre settori importanti di masse
lavoratrici in
funzione antileghista oppure queste masse proletarie nel tentativo di
sottrarsi a un degrado
complessivo della propria vita, decidono di scendere in campo a viso aperto
rivoltandosi contro
il capitalistico nord "italiano" .
Chi dovesse rievocare la disgregazione della ex Yugoslavia come scenario
possibile per
l'Italia ed il sud dell'Italia in particolare, commetterebbe più di un
grossolano errore perché la
storia non si ripete mai uguale a sé stessa. Non per ragioni 'culturali'
come in tanti si affretta5
no a rassicurarsi, ma perché il contesto economico dell'89/90 era diverso
per qualità e quantità
all'attuale: in Yugo oltre all'azione esterna dell'imperialismo c'erano
ragioni "interne" cioè
il rampantismo della borghesia tanto slovena quanto croata di legarsi al
carro di una ripresa
economica svincolandosi dai costi di uno stato unitario che del welfare
faceva la sua ragion
d'essere, ed un proletariato che illudendosi aveva abboccato all'amo. Grosso
modo quello
che successivamente ha propinato la Lega per settori produttivi del ceto
medio industriale
dell'Italia settentrionale senza arrivare alle estreme conseguenze della
secessione armata ed
alla guerra fratricida. La paccottiglia della propaganda populista contro
"Roma ladrona" per
un verso o i conati razzisti contro gli immigrati non sono andati oltre l'elettoralismo,
anzi ad
onor del vero va detto che nonostante i mille e più tentativi di organizzare
"il popolo" in maniera
militante, guardie padane, parlamenti del nord, ronde e quant'altro, non si
è andati oltre
.l'opinione, l'idea, il pensiero, ovvero il nulla. Un conto è deporre una
scheda in un'urna,
ben altro è attivizzarsi in maniera militante.
Niente si può escludere in assoluto, ma allo stato delle cose e per come si
vanno delineando
gli scenari fra le classi, ci sembra di poter escludere rivolte di stampo
populiste di natura piccolo
borghese antinord, dirette da personaggi alla Lombardo, Mastella, Ciccio
Franco e cosi
via. Più probabile che per l'immediato futuro assisteremo a lotte più
complessive seppure
sporadiche disarticolate, in tutte le regioni a prevalenza nel Sud, ma
sparse in tutto il territorio
italiano. Ma l'Italia, come ben sappiamo non è fuori dall'Europa o dal
mondo, non è su Marte.
Dunque.. .
Certo, la lotta dei disoccupati, tanto per stare ad un settore caldo fra
quelli proletari, non potrà
ripetersi allo stesso modo degli ultimi 30 anni. I disoccupati, a Napoli e
nel Sud saranno
chiamati sempre di più e per ondate a lotte il cui livello di scontro
richiederà ben altro che la
sola organizzazione per liste vicine a partiti o gruppi politici. Se un'insieme
di lotte proletarie,
di disoccupati, contro le discariche, contro la devastazione del territorio,
contro
l'impoverimento e la precarietà,contro la mancanza di abitazioni, contro l'immiserimento
degli
immigrati e cosi via dovesse trovare un flusso unificante dal Sud contro lo
stato centrale
tendente al nord, assumendo i connotati di una vera e propria rivolta, non
sarebbe affatto un
rischio, ma un salutare risvolto con cui il resto del proletariato del nord
sarebbe chiamato a
confrontarsi. E' nell'ordine delle probabilità.
* * * * * * * * * * * * * * * * * *
Avevo scritto gli appunti che seguono tre anni fa, quando il governo Prodi
sommerso
dall'immondizia andava questuando in Italia e all'estero dove portare i
rifiuti che ormai sovrastavano
la città di Napoli, ed alla fine concludevo con una serie di proposte
"possibili" ed
una domanda:
chi lo deve fare? La risposta è: una reale attivizzazione di massa che si
faccia carico della
sua salute, della sua condizione generale di vita. Hic rhodus hic salta. O
detta alla napoletana:
Chesta è 'a zita e se chiamma Sabella.
La lotta delle popolazioni dei comuni vesuviani convenuti a Terzigno va
nella giusta direzione,
è solo l'inizio, per quanto molto incoraggiante siamo solo all'inizio. Di
una cosa possiamo
però essere certi: la lotta di massa contro il degrado del territorio,
contro l'impoverimento
complessivo delle condizioni di vita della parte viva, di quell'insieme di
classi oppresse che
chiamiamo moderno e nuovo proletariato, ricomparirà sulla scena sempre più
numeroso, sempre
più unito, sempre più combattivo, alla faccia di tutto il nullismo teorico,
politico, ideologico
e culturale, istituzionale ed "extraistituzionale" che vuole le masse
incapaci di lottare coerentemente
in assenza di partiti, proclami e programmi elaborati con l'intento di
attrarre le
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masse al proprio seguito: idealismo istituzional borghese, per un verso,
idealismo "rivoluzionario"
che antepone la preesistenza di partiti rivoluzionari per una corretta lotta
per l'altro
verso.
Terzigno o Giugliano, i metalmeccanici con la Fiom o gli studenti contro la
Gelmini, gli studenti
in Inghilerra o i proletari in Francia, le masse lavoratrici in Grecia o i
tessili in Egitto, i
metalmeccanici in Cina o gli scioperi operai in Iran, la lotta "disperata"
dei braccianti di Rosarno
o gli immigrati sulle ciminiere, è l'antisistema in cammino, è il partito
del proletariato
mondiale che si muove seppure lentamente, a macchia di leopardo e con il
passo del
bradipo - se si vuole ad esso bisogna raccordarsi e lavorare innanzitutto a
comprendere le
linee di tendenza, intercettarle e lavorarci dentro favorendone al meglio le
mobilitazioni. E'
un compito altissimo, è il compito di chi si vuole realmente richiamare al
Comunismo, ovvero
la causa comune degli oppressi: questo è il Comunismo.
'A munnezza a Napoli: follicolo purulento su di un organismo cancerogeno
allo stato
comatoso.
Se ne sentono di tutti i colori, la fantasia degli addetti agli organi di
informazione scritti e parlati,
la possiamo definire in un unico modo: la fantasia della munnezza; basta
leggere l'ultima
in ordine di tempo: una società che propone di smaltire i rifiuti
compattandoli in balle, caricate
su container e trasportate in Parauay, e colà smaltite. In che modo, non è
precisato, ma trattandosi
di un vasto territorio a scarsa densità abitativa, a voglia a scaricare; se
poi durante il
trasporto, visto che bisogna attraversare l'oceano atlantico del nord e del
sud per abbreviare il
viaggio le si scaricano in mare, beh, a voglia a guadagnar eurodollari.
Siamo alla fiera degli
imbecilli, quando non criminali veri e propri, e da siffatto materiale umano
che altro ci possiamo
aspettare se non idee di munnezza.
E' un problema Napoli in un mondo sano che ben smaltisce o addirittura
utilizza i rifiuti? Se
così fosse, se cioè si trattasse di un semplice foruncolo alla superficie
cutanea di un organismo
sano, beh, basterebbe liberarlo dal pus e disinfettarlo. Ma così non è. Il
problema vero è che si
produce troppa munnezza e la si produce in tutto il mondo "civilizzato"
ovverosia in
quell'Occidente che talmente convinto della bontà del suo modello di
sviluppo, lo sta esportando
con tutti i mezzi nel resto del mondo. Ora c'è il tiro al piccione su
Bassolino ed i suoi
comparielli. Troppo facile, dopo che per anni il vero potere, quello del
Capitale, della grande,
media e piccola industria, di quel Romiti e della Fiat, della Fibe e della
Impregilo, oltre che le
migliaia di imprese cointeressate allo smaltimento dei rifiuti propri e per
conto terzi hanno
fatto affari d'oro proprio all'ombra di Bassolino. E poi c'è la camorra,
altro facile e invisibile
bersaglio. Troppo facile scaricare sulla camorra, come se questa non si
limitasse a svolgere il
lavoro sporco delle imprese e del dio Capitale. La camorra, il parafulmine
insieme a Bassolino
contro cui lanciare dardi e strali per il dissesto dovuto alla produzione
della munnezza ancor
prima che del suo smaltimento. E per non essere da meno, anche Guido Viale
del Manifesto
va addirittura a individuare nei lavoratori Lsu in carica alla regione, alle
provincie e ai
comuni quali corresponsabili insieme alla banda Bassolino del disastro
odierno. Ora, vorremmo
dire a Guido Viale che si dilunga sul problema per poi chiudere a coda di
rondine la
sua disamina, che la socialdemocrazia deve concedere qualche cosa alla massa
dei disoccupati
per poter permettere al dio Capitale di continuare nei suoi porci comodi,
che anzi gli è funzionale,
perché sono quote di salario indiretto dei lavoratori europei che lo stato
elargisce a queste
sacche di lavoro "improduttivo" e queste versano il proprio voto a partiti e
personaggi come
Bassolino, che gestiscono le istituzioni e in questo modo il dio Capitale
continua a prosperare.
Dunque, la saturazione delle discariche a Napoli e in Campania, insieme ai
tentativi dei
cosiddetti inceneritori o termovalorizzatiori - mai un termine fu tanto
improprio - altro non
sono che la punta del foruncolo su di un corpo quale modello sociale malato
allo stato comatoso.
La dichiarazione dell'ex ministro Maroni della Lega « E' vero che a Napoli
vengono trasferiti
anche parte dei rifiuti del nord, ma per lo più si tratta di rifiuti
speciali, nel mentre la
7
crisi attuale riguarda i rifiuti ordinari, noi possiamo anche dare una mano
a trasferire rifiuti al
nord, ma con una certa cautela, altrimenti spostiamo i blocchi stradale da
Pianura a Brescia
,,,, » di qualche giorno fa la dice lunga. Eccola la camorra ed il suo uso:
la grande, media e
piccola impresa che affida lo smaltimento dei suoi rifiuti speciali
a ...personale qualificato
campano, a bassissimo costo, e dunque niente ricevute, niente fatture,
niente certificazioni, ma
tutto affidato a mani discrete, e quali se non quelle dei cumparielli che a
loro volta per sbarcare
il lunario si rendono disponibili a qualsiasi "lavoro ecocompatibile". E
così abbiamo una
convergenza parallela tra smaltitori: da un lato quelli abusivi che
scaricano dove possono e
vogliono con l'aiuto delle tenebre politiche o con la violenza molto spesso
delle armi; e
dall'altro lato quelli legali che promettono di smaltire, propongono
costosissimi e faraonici
progetti e impianti, intascano contributi statali nazionali ed europei,
impinguando oltremodo
le loro imprese per poi scoprire che ...ci sono stati errori di valutazione
progettuali e tutto
viene a essere disperso nei labirinti delle burocrazie istituzionali e
partitiche. Oppure impacchettano
quella differenziata e riutilizzabile attraverso i termovalorizzatori. Poi
arriva ovviamente
il più furbo di tutti che vista l'emergenza, propone di raccogliere il tutto
dalle strade,
impacchettarlo, metterlo in container e su navi avviarlo verso una
destinazione molto lontana,
il Paraguay, qui si che il nome è appropriato, ad un costo, si pensi, di
sole 275 euro a tonnellate
tutto incluso. Ecco il dio Capitale quale sistema all'opera: un rimedio
peggiore del male,
tracciare se possibile una vera e propria via della munnezza via mare che
attraversi tutto
l'oceano Atlantico e se proprio riesce ad arrivare in Paraguay, inquinare
anche quell'angolo di
territorio ancora - forse - salubre.
Diciamola tutta: se dovesse scoppiare veramente Napoli - ecco perché il
Maroni si offre per
ospitare una parte della munnezza - si avrebbero reazioni a catena al nord e
nel resto
d'Europa, perché il bubbone è di proporzioni catastrofiche. Ecco perché la
Comunità europea
è cosi munifica verso Napoli e lascia pascere migliaia di finti lavoratori
all'ombra del cumpare
Bassolino.
Ma andiamo con ordine. Perché si possono costruire e far funzionare
termovalorizzatori in
altre parti d'Europa o nella stessa Italia settentrionale come a Brescia e
lo stesso processo di
smaltimento viene a essere rifiutato dai napoletani? E giù con accuse d'anarchia
a Napoli ed
ai napoletani. La risposta l'ha fornita lo stesso Maroni quando ha detto che
dal nord arrivano
a Napoli rifiuti speciali industriali da trattare. E contemporaneamente
partono rifiuti verso i
termovalorizzatori per il nord dell'Italia e in Germania. Dunque uno scambio
combinato e diseguale
di munnezza, quella tossica prodotta dalle industrie del nord - ma anche
dalle industrie
del sud ovviamente - depositata per essere smaltita a Napoli e in tutta la
Campania, quella
combustibile viene utilizzata e rimessa in circolo - cioè venduta - come
energia elettrica e
calorifica. Insomma la munnezza è oro per gli industriali e tumori per le
masse lavoratrici che
vivono nei territori inquinati. Ecco il morbo, ecco tutto l'organismo
sociale cancerogeno allo
stato comatoso, un circolo sistema e sistematico che in quanto tale non può
in alcun modo sopravvivere
e si sta manifestando in tutta la sua drammaticità e che viene ad essere
affrontato
dalle istituzioni statuali nell'unico modo possibile affinché esso si
perpetui: con la polizia,
l'esercito, la repressione.
Che fare? Ci si potrebbe chiedere, molti restano nel vago sia in buona che
in cattiva fede, noi
al contrario pensiamo che alcune risposte possano e debbano essere date:
1) innanzitutto andrebbero messi in galera tutti quei personaggi di quelle
imprese che in
maniera diretta o indiretta sono stati e sono coinvolti nella produzione
delle merci che
producono rifiuti da trattare o che sono stati designati per il trattamento
dei rifiuti;
2) andrebbero abolite tutte quelle produzioni inutili ma rese tali solo dal
dio profitto, un
esempio su tutti i contenitori delle acque cosiddette minerali;
3) andrebbero sciolte tutte le istituzioni a cominciare da quella della
presidenza della repubblica
passando per la presidenza del Consiglio e giù giù fino ai consigli
circoscrizionali;
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4) andrebbero costituiti comitati popolari - senza portafoglio - per la
organizzazione della
differenziazione della raccolta;
5) ogni centro di 5 o diecimila abitanti dovrebbe provvedere a smaltire
nella maniera più
consona i propri rifiuti;
6) andrebbero da subito bonificate le aree soggette a discariche dismesse
con una organizzazione
centralizzata di vari comitati in un unico comitato, senza portafoglio ma
con la messa a disposizione dei mezzi necessari, non servirebbero i soldi;
7) utilizzo del personale delle imprese e delle istituzioni - in regime di
semilibertà e dunque
di giorno al lavoro e di notte a dormire al fresco - al fine di una sana
rieducazione
sociale - coinvolte, ove necessario quale mano d'opera non specializzata,
per l'opera
di bonifica e il riutilizzo a fini sociali cioè parchi e giardini delle aree
precedentemente
adibite a discariche;
Come si può ben vedere si tratterebbe di misure "semplici", senza
coinvolgimento di banche,
eserciti, polizia, carabinieri, senza sperpero di danaro e mezzi. E la
camorra? Non ci sarebbe
nessuna necessità di farvi ricorso, trattandosi di un lavoro di pulizia.
La domanda è: chi lo deve fare? La risposta è: una reale attivizzazione di
massa che si faccia
carico della sua salute, della sua condizione generale di vita. Hic rhodus
hic salta. O detta alla
napoletana: Chesta è 'a zita e se chiama Sabella.
Nota a margine.
Nella mia breve riflessione sulla munnezza a Napoli avevo sostenuto una tesi
che poteva essere
ritenuta un poco .ardita o forzatamente unilaterale per così dire e cioè che
il bubbone della
questione Napoli è da ricercarsi in uno scambio combinato e diseguale tra il
nord Italia e
alcuni importanti paesi europei, come la Germania, e la Campania, cioè tra
alcune aree maggiormente
industrializzate e più ricche. C'è invece una chiara conferma di alcuni dati
che ha
fornito il noto editorialista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella -
coautore tra l'altro
del libro La casta oggi tanto e troppo in voga - il quale ha solennemente
affermato che «Ben
il 43% del territorio inquinato italiano si trova in Campania e che questa
regione contempla
soltanto il 10% della popolazione italiana». Dunque non ci siamo sbagliati,
non abbiamo
forzato in quanto napoletani la questione, ma semplicemente abbiamo cercato
di spiegare le
loro parole. Dunque proprio perché le cose stanno in questi termini la
soluzione non può non
essere che di natura poliziesca, ed ecco spiegato il motivo della nomina di
un ex capo della
polizia a Commissario straordinario per 120 giorni con poteri speciali
insieme ad un generale
- il quale tra l'altro ha avuto il "merito" di aver prestato servizio in
Albania - del genio e
dell'uso dell'esercito "per ripulire le strade" : dai blocchi stradali dei
manifestanti ovviamente,
per un verso e lo scioglimento di tutti quei consorzi di potere e
sottopotere che la socialdemocrazia
aveva costituito per autoriprodursi ed essere ligia al compito assegnatole.
Per di più il governo centrale chiederà ad altre regioni di ospitare
momentaneamente i rifiuti
ordinari della Campania intanto che si attrezzano gli inceneritori o
termovalorizzatori che dir
si voglia. Dunque il governo paga ovviamente le regioni che ospiteranno la
mondezza napoletana
e campana e si tratterà di altre quote di salario indiretto dei lavoratori
che viene ad essere
estorto e trasferito a imprese che provvederanno alla sistemazione
provvisoria dei rifiuti oltre
che agli apparati burocratici istituzionali al momento costituiti con il
commissariamento di De
Gennaro.
Quale futuro dobbiamo attenderci dopo queste decisioni, non è difficile
immaginarlo: un aumento
generalizzato della disoccupazione in tutta la regione con un aumento
generalizzato
della povertà e - trattandosi della Campania, necessariamente - un aumento
generalizzato della
camorra e dei traffici illeciti, di un aumento ulteriore di spaccio e uso di
droga, aumento del
degrado, aumento delle malattie e mortalità per cancro, ulteriore
inquinamento ecc. ecc. . Ma
innanzitutto dobbiamo aspettarci che quel traffico per lo smaltimento a
costi bassi di sostanze
inquinanti verso la Campania, proprio per l'aumento della povertà e del
degrado oltreché
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della camorra è destinato ad aumentare piuttosto che a diminuire, è la
logica del Capitale: abissus
abissus invocat, ogni rimedio decuplica male.
Se poi dovessero veramente riuscire nell'opera infame di trasferire i
rifiuti verso il Paraguay
dopo che la Romania con un colpo di reni li ha rifiutati, saremmo ad una
semplice ed ulteriore
dimostrazione delle capacità del Capitale di risolvere i problemi della
moderna società.
La domanda è: potranno i lavoratori napoletani e campani fungere da
detonatore nei confronti
di una vera e propria bomba ecologica e dunque sociale in Italia e nel resto
d'Europa?
Ancora sulla munnezza in Campania.
Un proverbio romano suona: 'a merda più a smucini e più fete. Proprio così,
più si discute
della questione dei rifiuti e più vengono fuori cose ..nauseabonde.
La Rai tre mette in onda un servizio in diretta interpellando varie realtà
sul problema fra cui
una Discarica a S. Urbano in Veneto dove il responsabile mostra con fierezza
il modo di operare
del sito che addirittura - udite udite - oltre a riciclare materiali
riciclabili come lattine di
alluminio e cartaceo, produce energia calorica chiudendo con un attivo
economico tra i contributi
dei comuni che ne fanno riferimento e la vendita dell'energia erogata di
oltre due milioni
di euro all'anno. Una cifra che divisa per 2.500 abitanti di S. Urbano, lo
fa apparire come
il paese di Bengodi.
Poi però la stessa regia del programma manda in onda una intervista allo
scrittore Saviano del
nov. 2007 dove sostiene - utilizzando i materiali di inchiesta della procura
generale di Napoli
- che proprio dal Veneto sono arrivati per oltre 20 anni, rifiuti speciali,
e sappiamo tutti che
il Veneto è una regione che non è più il povero del nord ma che ha subito
uno straordinario
incremento produttivo proprio a cavallo degli anni settanta e ottanta.
Stiamo parlando solo del
Veneto.
Doriana Sarli del comitato di lotta di pianura - una donna che non ha niente
di rivoluzionario
o di estremismo che le possa passare per la testa - pone una domanda di
questo tipo: «Napoli
produce 1.100 tonnellate di rifiuti giornalieri, ma nella discarica di
Pianura ne venivano scaricati
6.000 tonnellate giornaliere. Da dove provenivano le altre 4.900 tonnellate
e che cosa
contenevano? ». La voce degli innocenti è quella reale e che inchioda un
sistema sociale e le
sue espressioni politiche. Andiamo avanti e scopriamo che in Abruzzo, alle
pendici del Gran
Sasso, è sotterrata una enorme discarica di rifiuti speciali industriali,
ritenuta la più grande
d'Europa, per 9 ettari di terreno inglobando 240.000 tonnellate di rifiuti,
le cui falde acquifere
sottostanti sono di quattromila volte superiori alla norma consentita, e che
conseguentemente
gli operai di una industria chimica di smaltimento in zona hanno una età
media di 59 anni e il
90% delle morti per cancro.
Ora, facciamo qualche calcolo e diciamo che - per esempio - l'Abruzzo come
vastità territoriale
rappresenta poco più poco meno il 5% di tutto il territorio italiano, con
una popolazione
che non supera il 3% degli abitanti dello stivale, e non risulta essere fra
le regioni più industriali,
dunque non potrebbe mai aver prodotto 240.000 tonnellate di soli rifiuti
speciali di natura
industriale. Da dove sono arrivati? Con quali accompagnamenti? Con quali
garanzie ecc.
ecc. non sarebbe sbagliato accertarne le responsabilità. Poi vedremo come.
La Campania è inquinata per il 43% di tutto il territorio italiano e siccome
questa regione ha
una popolazione e un territorio di circa il 10% dell'Italia, è da chiedersi
da dove siano arrivati
i rifiuti che abbiano tanto inquinato il territorio e le popolazioni di
questa regione, Saviano e
la procura generale della repubblica ne forniscono soltanto una traccia, un
indirizzo di indagine.
Si ha perciò un bel dire che in Veneto si fa la raccolta differenziata, e
per una percentuale
molto consistente, ma i rifiuti che venivano e vengono tuttora spediti in
Campania e in Abruzzo
in quale casistica rientrano? E se nella discarica di Pianura ne arrivano
4.900 tonnellate
giornaliere non prodotte a Napoli e in Campania, in che modo devono essere
conteggiate ed a
carico di chi?
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Se ci spostiamo in Europa e proviamo a capire la questione in un meccanismo
'combinato e
diseguale' , notiamo che paesi come Olanda, Svezia, Danimarca, Belgio,
Austria e Germania
- paesi più industrializzati e più ricchi, fanno una buona raccolta
differenziata riutilizzando
una parte dei materiali riciclabili e bruciandone una quantità minima. Ma
non vengono menzionati
i dati relativi ai rifiuti speciali, industriali, altamente inquinanti e
tossici. Sarebbe interessante
scoprire in che misura questi rifiuti prendono strade per paesi come
Ungheria, Polonia,
Romania, Bulgaria, Rep. Ceka, Slovacchia, ci sarebbe di che stare allegri.
Grazie ai
fondi comunitari i paesi dell'Est, e su tutti la Repubblica Ceka, visto che
hanno costruito negli
ultimi anni un numero eccessivo di inceneritori, ben oltre le loro esigenze,
permettendo di inviare
nei centri di "valorizzazione energetica" i rifiuti, aprendo cosi la porta
all'esportazione
di materiale da incenerire. Dalla caduta dei regimi dell'Est a oggi sono
trascorsi circa 20 anni
e sarebbe da chiedersi cosa sarebbe accaduto nel resto d'Europa se avessero
potuto usufruire
di questa straordinaria valvola di sfogo. Acerra dunque candidata ad essere
utilizzata allo
stesso modo dei paesi dell'Est, avendone tutte le caratteristiche: nel sud
Italia, in prossimità di
una grande metropoli, in una regione già di per sé altamente inquinata, con
un tasso molto alto
di disoccupazione, con la possibilità di reperire materiale umano in
abbondanza per la camorra
e inquadrarlo in essa, con un personale politico ampiamente disonesto,
corrotto e oltremodo
corruttibile, con fabbriche già dimesse, con un'agricoltura sconfitta dalla
concorrenza dei
prodotti di provenienza asiatica e mille e altre ragioni ancora. Ecco perché
il 29 agosto del
2004 la polizia fu scatenata in quel modo brutale nei confronti della
popolazione. La Fibe,
Romiti, l'Impregilo, Bassolino e la sua banda, i consorzi, le
municipalizzate, le Spa sorte alla
bisogna sono semplicemente gli strumenti di cui il Capitale si è fornito per
risolvere a modo
suo il problema. Vedere perciò Napoli e la Campania come una eccezione
rispetto al resto
d'Italia e dell'Europa vuol dire circoscrivere l'angolo visuale e
sottovalutare l'aspetto centrale
del problema: Napoli e la Campania rappresentano solo il foruncolo purulento
di un bubbone
di un organismo allo stato comatoso: il Sistema del capitale produce
monnezza e ne produce
tanta che non è in grado di smaltirla., ecco lo stato comatoso destinato
sempre di più ad aggravarsi
piuttosto che a risolversi.
Il parlamento europeo indica che bisogna favorire il riuso, soprattutto per
i vestiti, i mobili,
informatica e i materiali edili. E - si chiedeva un operaio al distributore
di carburante sulla
Roma Napoli - che fine dovranno fare i lavoratori di quelle industrie che
vanno chiuse? Ecco
il punto, ecco il senso comune, ecco il determinato oggettivo che si pone
oggi come non mai
di fronte al Capitale quale Sistema e che dà le risposte che può dare:
accelerando, non diminuendo
i disastri; moltiplicando, non diminuendo la produzione di rifiuti;
espandendo, non restringendo
le aree da inquinare, come quella di portare i rifiuti in Paraguay.
« ..I rifiuti provenienti dalle coste e dai litorali fluttuano per anni
spinti dalle correnti e si
raggruppano in due larghe zone soprannominate 'la placca dei rifiuti del
Pacifico dell'Est e la
Placca dei rifiuti del Pacifico dell' Ovest'. Si tratta di una massa di
immondizia che si è triplicata
nel giro di venti anni e ha raggiunto i 3,43 milioni di chilometri quadrati
( un terzo della
superficie dell'Europa) per un peso di 3,5 milioni di tonnellate. I rifiuti
organici sono sempre
stati decomposti dai microrganismi del mare, ma con l'arrivo della plastica
la situazione è degenerata:
oggi costituisce il 90% dei rifiuti che galleggiano nell'oceano. ..» scrive
la Algalita
Marine Reseach Foundation (Amrf) , chissà cosa ne verrebbe fuori per uno
studio sistematico
del Mediterraneo e di tutto il sottosuolo dei paesi rivieraschi.
Si fa a gara a chi più scarica le responsabilità sulla camorra, ma la
camorra svolge un lavoro
sporco affidatole da altri, e cioè da industriali di grandi, medie e piccole
imprese facenti parte
di un complesso meccanismo che continuiamo a chiamare Sistema del Capitale e
pazienza se
troviamo poche orecchie disponibili ad ascoltarci.
Ora, il geologo Tozzi, ci dice che non è difficile arrivare a chi produce e
dunque a chi smaltisce
materiali e rifiuti speciali. Ma una volta che li abbiamo scoperti, che ne
facciamo, non delle
persone fisiche, i padroni, manager ecc. ma di quelle industrie e di quelle
produzioni. Il
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vero punto in questione è questo. Siamo arrivati al punto in cui partendo
dall'Occidente i
problemi devono essere affrontati in maniera non capitalistica, perché - per
dirla con Amadeo
Bordiga - il cancro è l'industria, più che il padrone dell'industria.
[Michele Castaldo, 18 novembre 2010]
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