[Redditolavoro] Fw: [neurogreen] siamo tutti precari (anche gli operai)
clochard
spartacok at alice.it
Thu Jun 24 15:59:46 CEST 2010
----- Original Message -----
From: afuma at eco.unipv.it
To: neurogreen at liste.comodino.org
Sent: Thursday, June 24, 2010 10:54 AM
Subject: [neurogreen]
"...Una montagna di cazzate sul capitalismo cognitivo e sul ruolo del
precariato e delle moltitudini sociali vengono spazzate via in un colpo
solo...."
Ma! mi sa che siamo alla frutta. A me sembra che Pomigliano dica tutto
l'opposto.Ovvero che siamo tutti precari (anche gli operai), che l'auto
non è la produzione centrale dove si focalizza il plus-valore
capitalistico e che non c'è una nuova composizione politica del lavoro (al
limite se ne può intravvedere una "sociale"). Altro che classe operaia!
******
La vicenda di Pomigliano d’Arco pone delle questioni ineludibili per le
forze di sinistra, sul piano sindacale come sul piano politico.
1. In primo luogo, ci dice che la condizione di precarietà è
generalizzata; non riguarda solo chi è contrattualmente precario con un
rapporto di lavoro atipico: riguarda anche chi ha un contratto di lavoro a
tempo indeterminato. Perché chiunque sa che basta un niente, una
delocalizzazione, una ristrutturazione, una dichiarazione di stato di
crisi (più o meno presunto), perché da un giorno all’altro un lavoro
stabile si trasformi in lavoro precario. Al punto, che tutta la forza
lavoro si sente psicologicamente precaria e ricattabile e non c’è Statuto
dei lavoratori né disposizione di legge che possa porre un freno a questa
deriva. Pomigliano d’Arco ci dice che non ci sono garantiti e non
garantiti, insider e outsider. Il movimento della MayDay lo dice da tempo.
Parte del sindacato e della sinistra per troppo tempo lo ha negato o ha
fatto finta di non accorgersene.
2. In secondo luogo, il tragico dilemma che ha costretto gli operai di
Pomigliano a scegliere tra diritti e lavoro evidenzia in modo netto come
le strategie sindacali si siano infilate in un buco nero. La riluttanza a
sviluppare capacità vertenziale e propositiva sul tema della riforma del
welfare, finalizzata a garantire una continuità di reddito incondizionato
a prescindere dalla situazione lavorativa e contrattuale, oggi diventa un
drammatico boomerang e rivela tutta la sua miopia. E’ possibile ed è
necessario sottrarsi a questo cul de sac. Non è difficile immaginare quale
avrebbe potuto essere l’esito del referendum del 22 giugno sull’ipotesi di
nuovo contratto di lavoro a Pomigliano, se i lavoratori non avessero
puntato alla testa la pistola del ricatto del reddito e del bisogno:
soprattutto, considerando, che nonostante tale ricatto, i voti
esclusivamente operai contrari hanno superato la soglia del 40%.
3. In terzo luogo, la vicenda di Pomigliano sancisce in modo definitivo la
frattura all’interno del sindacato confederale: da un lato, Cisl e Uil
oramai sono del tutto subalterni ad una logica concertativa del tutto
prona alle compatibilità aziendali, sino al punto di dichiarare che il
compito del sindacato e siglare accordi, indipendentemente dal contenuto;
dall’altro la Fiom si trova solitaria a tenere duro su principi
inalienabili di base, ma rischia di essere estromessa dal tavolo delle
relazioni sociali. Pomigliano ci dice che è necessario ripensare oggi la
forma sindacato e le modalità di rappresentanza del lavoro, in un contesto
di estrema frammentazione sociale, prima che vengano completamene chiusi
gli spazi di democrazia sindacale.
4. La vicenda di Pomigliano modifica strutturalmente il sistema delle
relazioni industriali, già sottoposto a profonda revisione negli ultimi
anni, sancendo di fatto che gli accordi sindacali non sono più l’esito di
una mediazione tra gli interessi delle parti, ma derivano dall’imposizione
di una sola delle due parti. E’ infatti improprio parlare di accordo,
perché a Pomigliano non c’è stata trattativa ma un diktat del tipo
prendere o lasciare. E’ il preludio di un nuovo modello di governance
delle relazioni industriali che riprende e allarga ciò che già avviene a
livello istituzionale, dove il ruolo della politica non è più mediare tra
interessi diversi ma è l’attuazione (con ogni mezzo necessario: dal
cambiamento della legge elettorale, all’utilizzo della corruzione sino al
ricorso a forme di controllo del territorio di natura criminale) della
volontà dei poteri forti. Milano e la Lombardia, se guardiamo all’Expo,
alla sanità, al welfare di sussidiarietà, sono un ottimo esempio al
riguardo
5. Infine, la vicenda di Pomigliano conferma la totale subalternità e
servilismo della stampa italiana ai potentati economici, con pochissime
eccezioni. Quegli stessi giornalisti che si indignano (giustamente) per la
legge sulle intercettazioni in nome della libertà di stampa e di
inchiesta, sono poi gli stessi che tacciono e si vanno imbavagliare quando
hanno che fare con le gerarchie economiche e sociali. Niente di nuovo
sotto il sole, si dirà, ma che almeno se ne prenda atto e si strappi quel
velo di ipocrisia che costantemente aleggia sul ruolo della stampa e dei
media in questo paese.
---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: ob <obzudi at yahoo.ca>
Date: 22 giugno 2010 18.20
Oggetto: [neurogreen] La lezione più importante di Pomigliano
A: neurogreen at liste.comodino.org
Scritto da un delegato Cgil di Perugia
LLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLL
Riflessioni di un delegato Cgil
JJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJJ
L'attacco portato dai vertici Fiat in sinergia con Governo, Confindustria,
Sindacati Confederali e informazione di regime, contro gli operai di
Pomigliano D'Arco, pone alcuni quesiti e sollecita alcune riflessioni.
Perchè proprio Pomigliano? Perchè la comunità di lavoratori di questa grande
fabbrica, non si è mai piegata al comando capitalista, con forme di
resistenza attive e passive, fra le quali esperienze di organizzazione
sindacale fra le più avanzate e combattive che rappresentano un esempio per
tutti i lavoratori italiani.
Perchè proprio ora questo attacco micidiale? Perchè è parte di un piano più
generale di abbattimento dello standard dei diritti e della forza
contrattuale e dei salari della classe operaia. Statuto dei Lavoratori,
Norme Costituzionali, Contratti Collettivi di Lavoro, diritti umani
altrimenti inesigibili verranno derubricati o spazzati via.
Perchè proprio in questo modo? Perchè il "colpo di maglio" dovrebbe
annichilire la classe operaia. Colpirne uno per educarne cento, l'essenza
del terrore di classe. Il comando, il ricatto e il terrore capitalista
potrebbero così dilagare quasi istantaneamente in tutto il tessuto
produttivo, favoriti dal collaborazionismo sindacale e da quello politico
della "sinistra" piddina.
La prima riflessione è semplicissima: la classe operaia esiste, come classe
e non come semplice ente sociologico. Montagne di carta e di libri scritti
dai pennivendoli del capitale per dimostrare che il conflitto di classe era
morto e sepolto, vanno bruciati insieme agli autori. Sotto questa luce la
stessa finanziaria (pur "necessaria") appare come un gigantesco diversivo
per mascherare l'obbiettivo vero della borghesia, colpire subito al cuore la
classe operaia. La partita vera si gioca a Pomigliano non con lo
sciopericchio generale del 25 giugno, che occorre comunque fare e
radicalizzare.
La seconda riflessione è che la crisi strutturale, epocale, del capitalismo
finanziarizzato dell'occidente sta riportando ai fondamentali l'economia. Il
profitto non scaturisce più dalle plusvalenze finanziarie e speculative, ma
potrà essere, se sarà, solo plusvalore estratto dal lavoro vivo
dell'operaio! Una montagna di cazzate sul capitalismo cognitivo e sul ruolo
del precariato e delle moltitudini sociali vengono spazzate via in un colpo
solo. La classe operaia è di nuovo al centro della storia! La prima linea è
qui, ora, nel cuore dell'occidente. Le grandi lotte della classe operaia
cinese di questi giorni stanno spazzando via ogni illusione di ripresa e
"stabilità". La farfalla che batte le ali a migliaia di kilometri di
distanza sta perturbando irrimediabilmente tutto il sistema!
La terza riflessione è decisiva. Non c'è più spazio per il compromesso
sociale. I margini del welfare già oggi sono ridottissimi. Ogni lotta
sociale e di fabbrica porrà il problema di chi comanda nel paese. Il
sindacalismo sociale non darà più risposte. Risposte politiche che solo un
partito operaio può e potrà dare alle battaglie che inevitabilmente ci
aspettano e che avranno un carattere sempre più politicizzato.
La lezione più importante che scaturisce dalla vertenza di Pomigliano è
proprio questa. La battaglia ci sarà, anzi è già cominciata, suscitata
artificialmente dai padroni che vogliono approfittare della debolezza, della
divisione e dell'impreparazione attuale dei lavoratori. Non sarà
indifferente a tutto ciò il risultato del referendum-ricatto del 22 giugno.
Più saranno i NO, più dura sarà per la Fiat.
Uno solo è lo strumento con cui si può sperare di vincere, un partito
operaio all'altezza dei suoi compiti politici, che , mi sembra, sia tutto da
costruire. Diamoci tutti da fare, il tempo non è molto!
Un delegato Cgil di Perugia
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ecologie sociali, strategie radicali negli anni zerozero della catastrofe
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