[Redditolavoro] I SILOS DELLA MORTE DELLA UMBRIA OLII

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RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

I SILOS DELLA MORTE DELLA UMBRIA OLII

Dal blog di Samanta di Persio
http://sdp80.wordpress.com/

luglio 5, 2010 at 6:46 am

Lorena Coletti è la sorella di Giuseppe, morto nell' esplosione del 2006 
presso la Umbria Olii di Campello sul Clitunno (Umbria).
Sui TG la notizia della tragica morte di quattro operai UOMINI BRUCIATI VIVI 
che sono stati riconosciuti da ciò che restava: ossa.
Poi però c' è dell' altro. Un imprenditore che usa strumenti abusati da un 
Presidente del consiglio: chiedere un risarcimento di 35 milioni di euro ai 
familiari delle vittime per mancata produzione, ricusare il giudice, 
chiedere di spostare il processo.

Questo il racconto di Lorena Coletti.

Mio fratello Giuseppe mi manca tantissimo. Noi siamo cinque fratelli, lui 
era il più grande di tutti ed era nato il 14 settembre del 1958. Fra me e 
lui c' erano dieci anni di differenza, io sono nata il 15 settembre del 
1968.
Per 38 anni abbiamo festeggiato i nostri compleanni insieme, anche se non c' 
era la torta, è sempre stata come un' unica ricorrenza.

Mio fratello ha iniziato a lavorare a quattordici anni. Faceva il meccanico 
e lo ha fatto fino a che non è partito per fare il militare. In questo 
periodo della sua giovinezza e della mia infanzia abbiamo perso nostra 
madre, morì di leucemia.
Lui, in qualità di fratello maggiore, ancora una volta si era trovato a 
proteggere noi più piccoli.
In particolar modo me, che ero l' unica femminuccia. Mio padre lavorava in 
una fabbrica, faceva i turni di notte per guadagnare di più. Nonostante il 
suo lavoro trovava sempre il modo di essere presente.

E ora li ho persi entrambi, il papà è venuto a mancare nel 2005. Giuseppe si 
sposò nel 1981 con Fiorella, sono stati insieme e felici per venticinque 
anni. Il 18 ottobre 2006 hanno festeggiato le nozze d' argento: tanti 
regali, tantissime felicitazioni e per la prima volta nella vita, per il 
loro anniversario, si sono concessi una seconda luna di miele nella città 
degli innamorati: Venezia. Un breve viaggio che è rimasto solo un ricordo.

Dopo neanche un mese, mio fratello non c' era più. Un vuoto immenso nel 
nostro cuore che non si può più riempire. Mio fratello lavorava con la ditta 
Manili da dieci mesi e ne era molto entusiasta perché lo stipendio veniva 
pagato regolarmente e si trovava bene sia con il datore che con i suoi 
colleghi. Prima ancora lavorava con una ditta che montava le gru.
Lì ebbe due incidenti. Il primo mentre era sopra una gru: fu colpito da un 
fulmine, ma non riportò alcun trauma. Nel secondo, rimase schiacciato da un 
braccio dell' autocarro, ma anche lì se la cavò.

Giuseppe aveva un carattere molto gioioso e parlava dei suoi incidenti come 
se fossero favole.
Poi si convinse che non era più un ragazzino e cambiò lavoro. Iniziò con una 
ditta che si occupava di manutenzione di carro-ponti, ma alle prime 
avvisaglie di crisi economiche venne licenziato. Venne scelto lui poiché era 
l' unico a non avere figli.
Ecco che arrivò il lavoro alla raffineria Manili, una ditta di Narni. Prima 
di essere operativo fece tutti i corsi obbligatori: formazione e sicurezza.
Il 21 novembre incominciò una manutenzione presso l' oleificio Umbra Olii. 
Trascorse quattro giorni sopra quei silos senza che succedesse niente. Quel 
maledetto sabato di un anno e mezzo fa, uscì di casa salutando la moglie 
dicendo: "Sono sedici euro di trasferta che prendo in più nella busta paga".

Alle 12.55 l' esplosione. Mia cognata venne a sapere dell' incidente alle 
17.30. Nessuno si era presentato a casa sua a dirle cosa fosse successo a 
Giuseppe, neanche i carabinieri del luogo che sapevano dell' accaduto. Lei 
incominciò il giro di telefonate, prima ai colleghi di mio fratello, ma non 
le rispondeva nessuno e poi alla fine quando l' unico collega sopravvissuto 
(ancora all' oscuro di tutto) le rispose, si spense il telefono.
Allora Fiorella telefonò alla moglie del titolare. Anche lui era morto 
insieme a mio fratello e così le disse quello che era accaduto. Avevano 
perso la vita quattro uomini, quattro lavoratori: Maurizio Manili di 42 
anni, Tullio Mottini di 46 anni, Vladimir Toder, un ragazzo albanese di 32 
anni e mio fratello Giuseppe Coletti di 48 anni.

Appresi della disgrazia alle 23. Mi cadde il mondo addosso, lì, in quel 
momento. Mi feci coraggio solo perché ho un bimbo di 11 anni. Il corpo di 
mio fratello era l' unico che si riconosceva e fu ritrovato subito insieme a 
quello di Manili. Quello del titolare era semicarbonizzato. Gli altri due 
corpi furono trovati completamente carbonizzati. Dai resti di qualche osso 
rinvenuto è stata fatta l' analisi del DNA. Solo il responso ha dato la 
prova che si trattasse degli altri lavoratori della ditta.

Abbiamo aspettato gli esiti delle perizie e nel frattempo abbiamo visto e 
scoperto chi era veramente Giorgio Del Papa, il legale rappresentante della 
Umbra Olii: una persona senza scrupoli e soprattutto senza rispetto per gli 
altri.
La sua era una tra le raffineria più grandi d' Europa, circa 50 dipendenti, 
dove al momento dell' incidente erano stipati almeno 500 mila litri di olio 
d' oliva.
Dalle perizie abbiamo saputo la sua omissione: faceva uso di esano e dentro 
a quei silos non a norma lui faceva credere di fare un tipo di lavorazione 
mentre ne faceva un altro.
È indagato per omicidio colposo plurimo aggravato per la violazione di norme 
sulla sicurezza.
Sono convinta che avesse già condannato a morte mio fratello senza che lui 
avesse fatto niente a nessuno. Ma dopo un anno dalla commemorazione di 
questo incidente, lui ha inaugurato i suoi affari a Civitavecchia.

Speriamo che la giustizia faccia il suo corso, noi siamo aggrappati a un 
bagliore di speranza. In queste vicende i riflettori sono tutti puntati 
quando la notizia è fresca. Quando è cominciato il processo però non c' era 
tutto il clamore del 26 ottobre del 2006.
Anche la politica usa parole di circostanza quando c' è la tragedia e poi 
tutto viene dimenticato.

Ho letto un' intervista del consigliere regionale Aldo Tracchegiani che 
difendeva a spada tratta Giorgio Del Papa: "Ci sono oltre 40 dipendenti, le 
loro famiglie e un imprenditore che chiede di poter lavorare".
Come dire, NON IMPORTA SE L' IMPRESA È INSICURA, L' IMPORTANE È PRODURRE, 
lavorare.

Dopo aver letto ciò, mi è preso il mal di stomaco. Infine arriva la notizia 
che le famiglie delle vittime devono risarcire 35 milioni di euro a Giorgio 
Del Papa, per il danno causato alla sua azienda.

Ecco, il suo danno è stimabile, ma lui ha un' idea della sofferenza di chi 
perde parte di se tragicamente?
Le sue dichiarazioni o del suo avvocato ammazzano per la seconda volta 
Maurizio, Tullio, Vladimir e Giuseppe.





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