[Redditolavoro] quante cose si imparano con la musica
Vittoria OLIVA
huambos at virgilio.it
Sat Jan 9 14:21:33 CET 2010
Io ho messo tutto quello che mi è arrivato su Brembio e su Rosarno sul blog e poi è logico mi so venuti in mente i campi di cotone invece di quelli dei pomodori e aranci e il blues e messo video blues...e navigando navigando ho trovato questo post che trovo interssantissimo....
vittoria
http://musicreporters.rockol.it/oldnews/blog/2009/05/18/fabrizio-poggi/
L'intervista.
Domanda scontata, dopo la premessa: qual è la tua immagine più "antica" del mandolino nella musica blues?
Più che una immagine vera e propria, sono stati tanti i bluesmen da me incontrati in questi anni in Mississippi che mi hanno confermato che il mandolino nei primi decenni del secolo scorso era molto popolare nel blues e tra la popolazione afroamericana. Purtroppo se sono rare le immagini che ritraggono neri che imbracciano un mandolino, le registrazioni di blues suonato con il mandolino, per contro, sono ancora meno. Ciò lo imputo, presumibilmente, all'industria discografica dell'epoca che era praticamente gestita dai bianchi ai quali probabilmente non piaceva che i neri suonassero uno strumento che per loro era legato agli italiani tutti "pizza, coltello e mandolino". Questo, non tutti lo sanno, è un altro filo rosso che comunque lega noi italiani al blues. Gli afroamericani avevano conosciuto questo strumento grazie ai nostri emigranti che se lo portavano appresso quando andavano a "cercare fortuna" in America. I neri che avevano importato il "banjar" (che diventerà presto "banjo") dalla natia Africa, abbandonarono presto questo strumento che gli era stato in qualche modo "rubato dai bianchi" e prima di passare alla chitarra, suonavano il mandolino che in qualche modo avendo quattro corde (seppur doppie) si avvicinava al banjo.
Inoltre altri uomini di blues che ho avuto il privilegio di incontrare a Chicago mi hanno raccontato che in città durante gli anno 30 non c'erano solo Johnny Young e Yank Rachel a suonare il mandolino. Tantissimi erano i chitarristi blues che per racimolare qualche dollaro si esibivano (senza cantare naturalmente) suonando con il mandolino le canzoni classiche del nostro repertorio italiano nei tanti ristoranti italiani della città che all'epoca erano gestiti dai boss della mafia italiana come Al Capone e soci. Quindi più di un bluesmen sapeva suonare il mandolino. Il problema è che poi l'industria discografica non li faceva incidere. Gli stereotipi erano duri a morire fin da allora.
Inoltre c'è un'altra interessante storia, che lega noi italiani al blues.
Alla fine dell'ottocento, quando i neri inventarono il blues, erano tanti gli italiani che lavoravano in Mississippi. Erano tanti gli italiani che, lavorando nelle piantagioni, fianco a fianco con i neri, raccoglievano cotone, malaria e canzoni. E allora chissà se forse, nelle vene del blues, non scorra anche un po' di sangue italiano.
Nessuno saprà mai quanto di italiano ci sia nella "musica del diavolo". Magari poco o niente. Di certo la storia dei "Delta Italians" è affascinante e testimonia che italiani e neri vivendo e lavorando insieme hanno sopportato fatiche e dolori che non potevano che sfociare nel canto. E di sicuro i neri e gli italiani cantavano nei campi. Probabilmente ognuno cantava la propria canzone. Ma lavoravano fianco a fianco negli stessi campi di cotone. E la musica, si sa, è come il vento, non si può fermare. Ti entra dentro anche se non lo vuoi. Nessuno può dire con certezza che le canzoni cantate dagli italiani non siano entrate in qualche modo in quelle cantate dai neri. Quello che è certo è che il canto unisce davvero i poveri e gli sfruttati di tutto il mondo ed è l'unica medicina veramente efficace contro la malinconia e contro quello che Cesare Pavese chiamava "il male di vivere".
La storia tragica e commovente dei Delta Italians si può leggere sul mio sito http://www.chickenmambo.com/
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