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<DIV><STRONG><SPAN style="FONT-SIZE: 130%"><SPAN style="FONT-SIZE: large">
<DIV><FONT size=2 face=Arial>Io ho messo tutto quello che mi è arrivato su
Brembio e su Rosarno sul blog e poi è logico mi so venuti in mente i campi di
cotone invece di quelli dei pomodori e aranci e il blues e messo
video blues...e navigando navigando ho trovato questo post che trovo
interssantissimo....</FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2 face=Arial>vittoria</FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2 face=Arial></FONT> </DIV>
<DIV><FONT size=2 face=Arial></FONT> </DIV>
<DIV><FONT size=2 face=Arial><A
href="http://musicreporters.rockol.it/oldnews/blog/2009/05/18/fabrizio-poggi/">http://musicreporters.rockol.it/oldnews/blog/2009/05/18/fabrizio-poggi/</A></FONT></DIV></SPAN></SPAN></STRONG></DIV>
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style="FONT-SIZE: large"></SPAN></SPAN></STRONG> </DIV>
<DIV><STRONG><SPAN style="FONT-SIZE: 130%"><SPAN
style="FONT-SIZE: large">L’intervista.</SPAN></SPAN></STRONG></DIV>
<DIV><SPAN style="COLOR: rgb(0,0,0)"><STRONG>Domanda scontata, dopo la premessa:
qual è la tua immagine più “antica” del mandolino nella musica
blues?<BR></STRONG></SPAN><SPAN style="COLOR: rgb(51,51,255)"><STRONG>Più che
una immagine vera e propria, sono stati tanti i bluesmen da me incontrati in
questi anni in Mississippi che mi hanno confermato che il mandolino nei primi
decenni del secolo scorso era molto popolare nel blues e tra la popolazione
afroamericana. Purtroppo se sono rare le immagini che ritraggono neri che
imbracciano un mandolino, le registrazioni di blues suonato con il mandolino,
per contro, sono ancora meno. Ciò lo imputo, presumibilmente, all’industria
discografica dell’epoca che era praticamente gestita dai bianchi ai quali
probabilmente non piaceva che i neri suonassero uno strumento che per loro era
legato agli italiani tutti “pizza, coltello e mandolino”… Questo, non tutti lo
sanno, è un altro filo rosso che comunque lega noi italiani al blues. Gli
afroamericani avevano conosciuto questo strumento grazie ai nostri emigranti che
se lo portavano appresso quando andavano a “cercare fortuna” in America. I neri
che avevano importato il “banjar” (che diventerà presto “banjo”) dalla natia
Africa, abbandonarono presto questo strumento che gli era stato in qualche modo
“rubato dai bianchi” e prima di passare alla chitarra, suonavano il mandolino
che in qualche modo avendo quattro corde (seppur doppie) si avvicinava al
banjo.<BR>Inoltre altri uomini di blues che ho avuto il privilegio di incontrare
a Chicago mi hanno raccontato che in città durante gli anno 30 non c’erano solo
Johnny Young e Yank Rachel a suonare il mandolino. Tantissimi erano i
chitarristi blues che per racimolare qualche dollaro si esibivano (senza cantare
naturalmente) suonando con il mandolino le canzoni classiche del nostro
repertorio italiano nei tanti ristoranti italiani della città che all’epoca
erano gestiti dai boss della mafia italiana come Al Capone e soci. Quindi più di
un bluesmen sapeva suonare il mandolino. Il problema è che poi l’industria
discografica non li faceva incidere. Gli stereotipi erano duri a morire fin da
allora.<BR>Inoltre c’è un’altra interessante storia, che lega noi italiani al
blues.<BR>Alla fine dell’ottocento, quando i neri inventarono il blues, erano
tanti gli italiani che lavoravano in Mississippi. Erano tanti gli italiani che,
lavorando nelle piantagioni, fianco a fianco con i neri, raccoglievano cotone,
malaria e canzoni. E allora chissà se forse, nelle vene del blues, non scorra
anche un po’ di sangue italiano.<BR>Nessuno saprà mai quanto di italiano ci sia
nella “musica del diavolo”. Magari poco o niente. Di certo la storia dei “Delta
Italians” è affascinante e testimonia che italiani e neri vivendo e lavorando
insieme hanno sopportato fatiche e dolori che non potevano che sfociare nel
canto. E di sicuro i neri e gli italiani cantavano nei campi. Probabilmente
ognuno cantava la propria canzone. Ma lavoravano fianco a fianco negli stessi
campi di cotone. E la musica, si sa, è come il vento, non si può fermare. Ti
entra dentro anche se non lo vuoi. Nessuno può dire con certezza che le canzoni
cantate dagli italiani non siano entrate in qualche modo in quelle cantate dai
neri… Quello che è certo è che il canto unisce davvero i poveri e gli sfruttati
di tutto il mondo ed è l’unica medicina veramente efficace contro la malinconia
e contro quello che Cesare Pavese chiamava “il male di vivere”.<BR>La storia
tragica e commovente dei Delta Italians si può leggere sul mio sito
</STRONG></SPAN><A href="http://www.chickenmambo.com/"><SPAN
style="COLOR: rgb(255,0,0)"><STRONG>http://www.chickenmambo.com/</STRONG></SPAN></A></DIV>
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