[Redditolavoro] Bifo - Oh moon of Alabama

clochard spartacok at alice.it
Fri Oct 10 21:57:11 CEST 2008


 
Oh moon of Alabama







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From: "bifo" <istubalz at libero.it>
To: <rekombinant at liste.rekombinant.org>
Sent: Thursday, October 09, 2008 6:18 PM
Subject: [RK] Oh moon of Alabama




Oh moon of Alabama
it's time to say goodbye
we've lost our old good mama
and now we must have some whiskey
oh you know why.....






Un anno fa sono stato in Argentina.  Partivo da un'Italia cupa rabbiosa e 
triste com'è adesso. A Roma un uomo di etnia rom aveva ucciso Giovanna 
Reggiani e il liquame razzista si spargeva nella psiche della penisola. Non 
ha smesso da allora di tracimare. Ero talmente assorbito dalla tragedia 
italiana che non avevo pensato a quel che avrei trovato di là. La mattina 
del due novembre (il giorno del mio compleanno) sbarcai all'aereoporto di 
Ezeze. C'erano Diego e Mario ad aspettarmi, ci abbracciammo e andammo a 
festeggiare il compleanno con un cappuccino. C'era il sole, e la gente 
sulla piazzetta del mercato comprava paccottiglie da pochi pesos.
Poi cominciarono gli incontri, le conferenze. Un'onda di allegria cui non 
ero più abituato mi colpiva in piena faccia dovunque andassi. Non si 
trattava del calore meridionale dei sudamericani, perché gli argentini sono 
più nordici degli italiani. Sono gente puntuale, competente, per molti 
aspetti mitteleuropea. Il calore umano e l'intelligenza allegra del 
collettivo sostituirono in fretta nel mio panorama interiore il razzismo 
rabbioso e la melmosa imbecillità degli italiani che avevo appena lasciato 
dietro di me. Nel pomeriggio del primo giorno andammo alla scuola Crecendo 
juntos. Presentavo un mio libro che parla di psicoanalisi, di filosofia e 
di politica davanti a un pubblico numerosissimo di insegnanti, genitori, 
ragazzi, psicoterapeuti, persone del quartiere. Gli interventi erano tutti 
documentati, profondi, e la sensazione che provai fu che in quel posto la 
gente prendeva sul serio le parole. Cosa che in Italia non accade più da 
molti anni, da quando l'insalata di ammiccamenti, volgarità, aggressioni, 
stridii ed urla ha trasformato la comunicazione sociale in una specie di 
rumore bianco. Nei giorni successivi macinai incontri conferenze dibattiti 
assemblee, chiacchierate. Conobbi gli erroristas, il gruppo più 
interessante della scena artistica contemporanea. Dovunque si ripeteva quel 
miracolo: le parole avevano senso. Le persone avevano tempo per parlarsi, 
per ascoltarsi, per farsi domande, per sorridersi.  All'Hotel Bauen (un 
albergo quattro stelle occupato dai lavoratori) partecipai a un incontro 
affollatissimo dedicato al tema: la crisi del lavoro astratto. Parlavano 
John Hallloway e Raul Zibechi. Notai che la parola "duemilaeuno" non 
significava, come da noi, l'anno dell'inizio della guerra, ma l'anno del 
collasso e dell'insurrezione. Zibechi parlò, in quell'occasione, di 
solidarietà di naufraghi. Finalmente cominciavo a capire. Certo. Come 
potevo non averci pensato. L'Argentina aveva conosciuto il collasso 
dell'economia e ne era uscita migliore perché si erano create le condizioni 
per vivere fuori dalle leggi dello scambio e della prestazione.

Alcuni da qualche tempo mi prendono in giro chiamandomi "catastrofista" con 
un po' di irrisione. Un vecchio amico al quale sono affezionato se non 
altro perché è stato il primo dei miei maestri mi ha chiesto recentemente 
perché non mi suicido visto che rompo tanto le palle con questa catastrofe 
che deve venire. Non me ne sono avuto certo a male, perché mi piace 
l'ironia macabra, ma un po' mi è dispiaciuto perché l'idea che se parlo 
tanto di catastrofe allora debbo esser terribilmente depresso dovrebbe 
venire soltanto a persone di scarso spirito. E i miei amici dovrebbero 
essere persone di spirito, almeno pensavo così.

Tra agosto e ottobre 2008 si è compiuta una svolta catastrofica in senso 
proprio. Una svolta oltre la quale diviene possibile vedere un panorama del 
tutto nuovo. Il deprimente dominio dello schiavismo cellulare è andato in 
pezzi. Ora inizia il lavoro della creatività ricombinante per dar forma a 
un processo di ricomposizione soggettiva, niente affatto scontato né certo. 
Al contrario.
Al momento tutto sembra mostrare che questo collasso - la cui magnitudo non 
è inferiore a quella del 1914-1919, o del 1929-39, o del 1968-77, o del 
1989 - questo collasso destabilizza ma non soggettivizza.  Il prossimo 
decennio avrà caratteri immensamente diversi da tutto quel che abbiamo 
visto prima. Ma quale sarà il colore e il sapore del decennio a venire non 
è detto. Prevarrà una coscienza leggera, prevarrà un'idea della ricchezza 
non acquisitiva, prevarrà l'autonomia dal bisogno, oppure prevarrà l'ansia 
securitaria, l'aggressività di chi non vuol rinunciare al possesso, il 
fascismo che piazza macchine da guerra in ogni nicchia? Dipende dall'azione 
culturale, linguistica, politica, che sapremo sviluppare ma anche dalle 
condizioni oggettive del cervello sociale. Si tratta di due questioni 
separate che nella pratica si intersecheranno. Che ne è del cervello 
sociale delle generazioni emergenti?

Il dominio mediatico sulla generazione connettiva ha interferito con le 
condizioni cognitive della coscienza empatica, e della creatività. Questo è 
prima di tutto un problema per il capitale. Mi pare che non si intravveda 
una generazione di ricambio. La classe dirigente dell'economia e della 
finanza non ha prodotto una generazione di ricambio. Guardateli i trentenni 
della finanza, bruciati prima ancora di raggiungere una posizione di 
comando. Il cinismo non è un buon viatico per nessuno, neppure per chi 
intenda maneggiare danaro e potere. Occorre crederci, almeno per un po'. 
Costoro sono cresciuti sapendo che è meglio non credere a niente, per 
compiacere ai semio-padroni. Ora non sono in grado di inventare nulla di 
originale. Per questo io credo che non ci sarà ripresa economica, né presto 
né più tardi. Non tanto perché la caduta è grave e profonda, ma perché il 
ciclo capitalista che sta alle nostre spalle ha programmaticamente 
distrutto il futuro, o piuttosto lo ha speso, consumato. La 
finanziarizzazione cominciò la sua folle corsa quando, a metà degli anni 
'80 entrarono in campo i "futures", azioni che corisspondevano ad attese, a 
supposizioni. L'intero edificio della new economy fu costruito su una 
dinamica di fuga da se stessi. La creatività della classe virtuale è 
creatività contestualizzata. Sono animali capaci di inventare nuove 
tecniche per ottenere sempre lo stesso obiettivo, dentro un contesto 
immutabile. Ma ora quel che cambia è il contesto, e occorre inventare nuovi 
obiettivi.
Bateson parla in proposito di Apprendimento del terzo tipo: "un cambiamento 
correttivo nel sistema degli insiemi di alternative tra le quali si 
effettua la scelta." (Verso un'ecologia della mente, Adelphi, pag. 319). Io 
lo chiamerei "apprendimento catastrofico".
La classe creativa avendo trasformato la creatività in lavoro, ha perduto 
propriamente la capacità di creare contesto. Possiede la capacità di creare 
entro un contesto dato (apprendimento del primo e secondo tipo), ma ha 
perduto la capacità cognitiva di compiere un cambiamento correttivo nel 
sistema degli insiemi di alternative tra le quali si effettua la scelta. 
Per questo il capitalismo è finito. Pour de bon. Il che non vuol dire che 
inizia qualcosa di migliore, perché questo dipende dal fatto che emergano 
energie creative capaci di apprendimento catastrofico.

L'intervento che mi ha più colpito al seminario Uninomade del 12-13 
settembre è stato quello di Tiziana Terranova, che ha analizzato la crisi 
finanziaria dal punto di vista della soggettività degli operatori 
cognitario-finanziari, o più precisamente dal punto di vista della loro 
psicopatologia. Sull'Herald International Tribune del 7 ottobre leggo un 
articolo di David Brooks (Testing time) che osserva come "il processo 
decisionale degli operatori finanziari è essenzialmente un processo 
emozionale, e coloro che trattano enormi somme tendono ad essere bipolari 
maniaco-depressivi." Sul Corriere della sera dello stesso giorno Massimo 
Goggi parla dello stesso tema, citando Kahneman e Soros. La depressione è 
nel cuore.
Nel prossimo periodo, se troveremo il tempo e la voglia, dovremo studiare 
il rapporto fra cicli economici e disturbo maniaco-depressivo nel passato 
trentennio del semiocapitalismo. Ma soprattutto dovremo cercare le nuove 
energie capaci di apprendimento catastrofico.

Mi guardo intorno, prima di tutto guardo la comunità ricombinante, non 
perché sia lo specchio del mondo (non lo è, purtroppo. Il mondo sarebbe 
molto migliore se RK ne fosse lo specchio), ma perché è parte cosciente 
della generazione che si è formata negli anni della virtual economy e negli 
anni del movimento globale. E' la componente autonoma della generazione 
Internet, generazione Genova diciamo. Penso com'è cambiata la comunità 
ricombinante da quando nacque, nell'estate del NO-OCSE, fino a questa 
estate cupa della catastrofe. Vedo che la comunità aumenta ogni giorno. 
Osservo il contatore dei subscriber e vedo che ogni giorno si aggiungono 
tre quattro cinque iscritti. Silenziosi. Cosa ci vengono a fare? Quale 
richiamo li attira?
Questa è una vecchia mailing list del Web01, non c'è molto da divertirsi. E' 
un luogo che nacque per preparare l'insurrezione. E l'insurrezione oggi è 
all'ordine del giorno. Non quella antica che si faceva con le carabine e i 
cocktail molotov. Quella postmoderna delle competenze e dei progetti, 
dell'autonomia esistenziale che si fa corpo collettivo. Ma ne sono oggi 
capaci i ricombinanti?
Li conosco poco, visto che stanno così silenziosi, ma attendo l'emergere di 
una nuova generazione di insorti, una generazione che non ha sperato alcun 
futuro, e dunque non ha illusioni né paure.




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