[Redditolavoro] Bifo - Oh moon of Alabama - La speranza è un cristallo ed un gesto
Emiliano Laurenzi
emiliano_laurenzi at yahoo.it
Sat Oct 11 02:21:31 CEST 2008
La speranza è come un cristallo, fragile ma ricombinante. Afferra la luce, la subisce fino a farsene attraversare e la scompone, la diffrazione la ridistribuisce sezionandone lo spettro.
Il cristallo è fragile, ma resistente alla pressione, è uno, ma è molteplice nella sua sfaccettatura. È geometrico, ma anche deformante.
Ed il gesto che restituisce la speranza dell'azione e della comprensione nasce davvero proprio in chi è senza speranza, in chi non ha che la propria pelle calpestata, la propria coscienza umiliata, la volontà spezzata, la coscienza raschiata da qualsiasi velleità. Cruda. Vedere l'alba dentro l'imbrunire.
Maggiore è la violenza che si subisce, maggiore è la debolezza di chi la esercita. Che non significa subire, che non significa reagire. Significa riuscire ad immaginare il futuro. Ed avere l'immaginazione che feconda le azioni, che le rende semplicemente presenti, attive, né necessarie, né obbligate. Le realizza e basta. Fuori da qualsiasi schema che le vorrebbe indirizzare, controllare, predeterminare.
saluti libertari
el
--- Ven 10/10/08, clochard <spartacok at alice.it> ha scritto:
Da: clochard <spartacok at alice.it>
Oggetto: [Redditolavoro] Bifo - Oh moon of Alabama
A: "redditolavoro" <redditolavoro at ecn.org>
Data: Venerdì 10 ottobre 2008, 21:57
Oh moon of Alabama
----- Original Message -----
From: "bifo" <istubalz at libero.it>
To: <rekombinant at liste.rekombinant.org>
Sent: Thursday, October 09, 2008 6:18 PM
Subject: [RK] Oh moon of Alabama
Oh moon of Alabama
it's time to say goodbye
we've lost our old good mama
and now we must have some whiskey
oh you know why.....
Un anno fa sono stato in Argentina. Partivo da un'Italia cupa rabbiosa e
triste com'è adesso. A Roma un uomo di etnia rom aveva ucciso Giovanna
Reggiani e il liquame razzista si spargeva nella psiche della penisola. Non
ha smesso da allora di tracimare. Ero talmente assorbito dalla tragedia
italiana che non avevo pensato a quel che avrei trovato di là. La mattina
del due novembre (il giorno del mio compleanno) sbarcai all'aereoporto di
Ezeze. C'erano Diego e Mario ad aspettarmi, ci abbracciammo e andammo a
festeggiare il compleanno con un cappuccino. C'era il sole, e la gente
sulla piazzetta del mercato comprava paccottiglie da pochi pesos.
Poi cominciarono gli incontri, le conferenze. Un'onda di allegria cui non
ero più abituato mi colpiva in piena faccia dovunque andassi. Non si
trattava del calore meridionale dei sudamericani, perché gli argentini sono
più nordici degli italiani. Sono gente puntuale, competente, per molti
aspetti mitteleuropea. Il calore umano e l'intelligenza allegra del
collettivo sostituirono in fretta nel mio panorama interiore il razzismo
rabbioso e la melmosa imbecillità degli italiani che avevo appena lasciato
dietro di me. Nel pomeriggio del primo giorno andammo alla scuola Crecendo
juntos. Presentavo un mio libro che parla di psicoanalisi, di filosofia e
di politica davanti a un pubblico numerosissimo di insegnanti, genitori,
ragazzi, psicoterapeuti, persone del quartiere. Gli interventi erano tutti
documentati, profondi, e la sensazione che provai fu che in quel posto la
gente prendeva sul serio le parole. Cosa che in Italia non accade più da
molti anni, da quando l'insalata di ammiccamenti, volgarità, aggressioni,
stridii ed urla ha trasformato la comunicazione sociale in una specie di
rumore bianco. Nei giorni successivi macinai incontri conferenze dibattiti
assemblee, chiacchierate. Conobbi gli erroristas, il gruppo più
interessante della scena artistica contemporanea. Dovunque si ripeteva quel
miracolo: le parole avevano senso. Le persone avevano tempo per parlarsi,
per ascoltarsi, per farsi domande, per sorridersi. All'Hotel Bauen (un
albergo quattro stelle occupato dai lavoratori) partecipai a un incontro
affollatissimo dedicato al tema: la crisi del lavoro astratto. Parlavano
John Hallloway e Raul Zibechi. Notai che la parola "duemilaeuno" non
significava, come da noi, l'anno dell'inizio della guerra, ma l'anno del
collasso e dell'insurrezione. Zibechi parlò, in quell'occasione, di
solidarietà di naufraghi. Finalmente cominciavo a capire. Certo. Come
potevo non averci pensato. L'Argentina aveva conosciuto il collasso
dell'economia e ne era uscita migliore perché si erano create le condizioni
per vivere fuori dalle leggi dello scambio e della prestazione.
Alcuni da qualche tempo mi prendono in giro chiamandomi "catastrofista" con
un po' di irrisione. Un vecchio amico al quale sono affezionato se non
altro perché è stato il primo dei miei maestri mi ha chiesto recentemente
perché non mi suicido visto che rompo tanto le palle con questa catastrofe
che deve venire. Non me ne sono avuto certo a male, perché mi piace
l'ironia macabra, ma un po' mi è dispiaciuto perché l'idea che se parlo
tanto di catastrofe allora debbo esser terribilmente depresso dovrebbe
venire soltanto a persone di scarso spirito. E i miei amici dovrebbero
essere persone di spirito, almeno pensavo così.
Tra agosto e ottobre 2008 si è compiuta una svolta catastrofica in senso
proprio. Una svolta oltre la quale diviene possibile vedere un panorama del
tutto nuovo. Il deprimente dominio dello schiavismo cellulare è andato in
pezzi. Ora inizia il lavoro della creatività ricombinante per dar forma a
un processo di ricomposizione soggettiva, niente affatto scontato né certo.
Al contrario.
Al momento tutto sembra mostrare che questo collasso - la cui magnitudo non
è inferiore a quella del 1914-1919, o del 1929-39, o del 1968-77, o del
1989 - questo collasso destabilizza ma non soggettivizza. Il prossimo
decennio avrà caratteri immensamente diversi da tutto quel che abbiamo
visto prima. Ma quale sarà il colore e il sapore del decennio a venire non
è detto. Prevarrà una coscienza leggera, prevarrà un'idea della ricchezza
non acquisitiva, prevarrà l'autonomia dal bisogno, oppure prevarrà l'ansia
securitaria, l'aggressività di chi non vuol rinunciare al possesso, il
fascismo che piazza macchine da guerra in ogni nicchia? Dipende dall'azione
culturale, linguistica, politica, che sapremo sviluppare ma anche dalle
condizioni oggettive del cervello sociale. Si tratta di due questioni
separate che nella pratica si intersecheranno. Che ne è del cervello
sociale delle generazioni emergenti?
Il dominio mediatico sulla generazione connettiva ha interferito con le
condizioni cognitive della coscienza empatica, e della creatività. Questo è
prima di tutto un problema per il capitale. Mi pare che non si intravveda
una generazione di ricambio. La classe dirigente dell'economia e della
finanza non ha prodotto una generazione di ricambio. Guardateli i trentenni
della finanza, bruciati prima ancora di raggiungere una posizione di
comando. Il cinismo non è un buon viatico per nessuno, neppure per chi
intenda maneggiare danaro e potere. Occorre crederci, almeno per un po'.
Costoro sono cresciuti sapendo che è meglio non credere a niente, per
compiacere ai semio-padroni. Ora non sono in grado di inventare nulla di
originale. Per questo io credo che non ci sarà ripresa economica, né presto
né più tardi. Non tanto perché la caduta è grave e profonda, ma perché il
ciclo capitalista che sta alle nostre spalle ha programmaticamente
distrutto il futuro, o piuttosto lo ha speso, consumato. La
finanziarizzazione cominciò la sua folle corsa quando, a metà degli anni
'80 entrarono in campo i "futures", azioni che corisspondevano ad attese, a
supposizioni. L'intero edificio della new economy fu costruito su una
dinamica di fuga da se stessi. La creatività della classe virtuale è
creatività contestualizzata. Sono animali capaci di inventare nuove
tecniche per ottenere sempre lo stesso obiettivo, dentro un contesto
immutabile. Ma ora quel che cambia è il contesto, e occorre inventare nuovi
obiettivi.
Bateson parla in proposito di Apprendimento del terzo tipo: "un cambiamento
correttivo nel sistema degli insiemi di alternative tra le quali si
effettua la scelta." (Verso un'ecologia della mente, Adelphi, pag. 319). Io
lo chiamerei "apprendimento catastrofico".
La classe creativa avendo trasformato la creatività in lavoro, ha perduto
propriamente la capacità di creare contesto. Possiede la capacità di creare
entro un contesto dato (apprendimento del primo e secondo tipo), ma ha
perduto la capacità cognitiva di compiere un cambiamento correttivo nel
sistema degli insiemi di alternative tra le quali si effettua la scelta.
Per questo il capitalismo è finito. Pour de bon. Il che non vuol dire che
inizia qualcosa di migliore, perché questo dipende dal fatto che emergano
energie creative capaci di apprendimento catastrofico.
L'intervento che mi ha più colpito al seminario Uninomade del 12-13
settembre è stato quello di Tiziana Terranova, che ha analizzato la crisi
finanziaria dal punto di vista della soggettività degli operatori
cognitario-finanziari, o più precisamente dal punto di vista della loro
psicopatologia. Sull'Herald International Tribune del 7 ottobre leggo un
articolo di David Brooks (Testing time) che osserva come "il processo
decisionale degli operatori finanziari è essenzialmente un processo
emozionale, e coloro che trattano enormi somme tendono ad essere bipolari
maniaco-depressivi." Sul Corriere della sera dello stesso giorno Massimo
Goggi parla dello stesso tema, citando Kahneman e Soros. La depressione è
nel cuore.
Nel prossimo periodo, se troveremo il tempo e la voglia, dovremo studiare
il rapporto fra cicli economici e disturbo maniaco-depressivo nel passato
trentennio del semiocapitalismo. Ma soprattutto dovremo cercare le nuove
energie capaci di apprendimento catastrofico.
Mi guardo intorno, prima di tutto guardo la comunità ricombinante, non
perché sia lo specchio del mondo (non lo è, purtroppo. Il mondo sarebbe
molto migliore se RK ne fosse lo specchio), ma perché è parte cosciente
della generazione che si è formata negli anni della virtual economy e negli
anni del movimento globale. E' la componente autonoma della generazione
Internet, generazione Genova diciamo. Penso com'è cambiata la comunità
ricombinante da quando nacque, nell'estate del NO-OCSE, fino a questa
estate cupa della catastrofe. Vedo che la comunità aumenta ogni giorno.
Osservo il contatore dei subscriber e vedo che ogni giorno si aggiungono
tre quattro cinque iscritti. Silenziosi. Cosa ci vengono a fare? Quale
richiamo li attira?
Questa è una vecchia mailing list del Web01, non c'è molto da divertirsi. E'
un luogo che nacque per preparare l'insurrezione. E l'insurrezione oggi è
all'ordine del giorno. Non quella antica che si faceva con le carabine e i
cocktail molotov. Quella postmoderna delle competenze e dei progetti,
dell'autonomia esistenziale che si fa corpo collettivo. Ma ne sono oggi
capaci i ricombinanti?
Li conosco poco, visto che stanno così silenziosi, ma attendo l'emergere di
una nuova generazione di insorti, una generazione che non ha sperato alcun
futuro, e dunque non ha illusioni né paure.
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