[Redditolavoro] quello che solo io dico sulla crisi
fra
frengo at anche.no
Sat Nov 29 21:54:31 CET 2008
Ciao Vittoria,
bellissima questa mail, hai messo in ordine tutti i pensieri che avevo
confusi in testa. ;-)))
Però voglio prenderne solo un pezzo per dire quello che penso su un
problema preciso che
mi attanaglia e che avrei comunque tirato fuori prima o poi; cioè sul
come fare ad ottenere tutto quello che ci proponiamo.
Ovviamente non voglio focalizzare tutta una discussione su questa cosa,
perchè da questa mail così ampia si possono prendere
tantissimi spunti di riflessione, come spero che avvenga.
vittoria oliva ha scritto:
> E perché la crisi non proceda verso il suo epilogo più tragico
> dobbiamo realmente e veramente respingere tutti i tentativi di
> coaptazione con la lotta, con il rifiuto totale di questo Sistema, con
> il boicottaggio radicale.respingere tutte le coaptazione dalla
> xenofobia, al lavoro schiavistico, alla parodia di istruzione che
> ammanniscono ai giovani.
>
> Una cosa è chiara, per me, che qui si è arrivati al punto nodale:o una
> vita da subumani, gli uni contro gli altri,
> a scannarsi per un lavoro di merda e sui posti di lavoro di merda, a
> scannarsi per un tozzo di pane a non sopravvivere nemmeno più..
>
> BENE E' ORA DI PRETENDERE DI VIVERE FELICI!
> E' ORA DI PRETENDERE DI GODERE!
>
Sono totalmente daccordo sul fatto che la forma più efficace per far
fallire il sistema sia il boicottaggio ed il rifiuto del salario; quel
salario che,
in realtà non è altro che una forma di ricatto, un modo abbruttente con
cui ci viene restituito un po' alla volta una piccola parte di tutto
quello che
ci viene tolto dalla nascita.
Ma mentre leggevo queste tue parole mi sono venute in mente delle altre
parole di Malatesta dal programma anarchico del 1919, e te le cito:
"Gli operai vivono alla giornata e, se non lavorano, presto mancano di
pane;
mentre i padroni dispongono, mediante il denaro, di tutti i prodotti già
accumulati,
e quindi possono tranquillamente aspettare che la fame abbia ridotti a
discrezione i loro salariati."
Quindi il problema che pongo è abbastanza banale. Il capitalismo al
momento ha il "monopolio della vita", nel senso
che, al momento attuale, non c'è alcuna alternativa. Tutti ne facciamo
maledettamente parte, chi più chi meno, tutti abbiamo
un ruolo in questo sistema, chi più sfruttato, chi meno sfruttato.
In noi c'è la volontà di rifiutare tutto questo, rispettando la nostra
incompatibilità con i valori capitalistici, ma veniamo sconfitti ogni
volta.
La motivazione per me è da ricercare nel fatto che, come ho detto prima,
non c'è un'alternativa di vita valida.
E' come se ci avessero messo, sin dalla nascita, su un'unica strada,
dritta, senza perpendicolari nè curve nè incroci,
e tu puoi sì muoverti liberamente su questa strada, puoi andare avanti e
indietro, a destra o sinistra, ma appena
cominci a toccare la carreggiata per tentare la fuga, c'è qualcosa di
sconosciuto, una specie di guard rail che ti respinge verso il centro
e ti rimette in riga.
Quello che credo che sia cruciale per sfruttare appieno questa crisi, è
il fatto che noi dobbiamo cominciare a pensare
a come potremmo vivere, senza autorità, senza Stato, senza Imprese,
senza fabbriche, senza tutto questo che vediamo.
Credo che dovremmo creare un sistema dentro il sistema (capitalista) che
sta fallendo, con l'obiettivo di crearlo giusto e umano,
e che sia capace di coinvolgere e attirare a sè tutta la categoria di
oppressi, un po' alla volta.
Quando parlo di sistema, intendo una collettività autogestita che è
capace di condividere i prodotti insieme ai costi, eliminando
qualsiasi tipo di profitto o guadagno irreale, e che sia capace di
gestire le risorse secondo la propria volontà,
senza mai cadere nella trappola che le proprie scelte siano giuste e
sovrane, alimentando sempre il dubbio e la discussione costruttiva
aperta a tutti.
Purtroppo, quello che fa più male è constatare che anche nelle categorie
più basse c'è una totale mancanza
di consapevolezza sulle proprie condizioni precarie, a tutto vantaggio
dei falsi ideali propinati dall'alto
(scivinismo, conformismo, familismo, ottimismo ecc.). Questi valori
aderiscono ad un problema ancora più
profondo, cioè l'isolamento degli individui.
Anche se gli uomini si incontrano praticando le solite abitudini, in
realtà vivono assolutamente dissociati, rassegnati, senza capire
che un problema personale può essere comune a tutti e diventare un
problema collettivo.
A volte mi guardo attorno e non vedo uomini, vedo degli automi, e quando
c'è il tg di sottofondo vi assicuro che è davvero impressionante!
Ma anche io stesso adesso vivo completamente dissociato da voi, non vi
ho mai visti, non so neanche dove siete, non so manco come mi
sono ritrovato in questa lista.
Premesso che sono libero di tutti i vizi, tv, giochi e stronzatelle di
cui tutti quelli della mia età (23 anni) sono infatuati,
e per cui per vivere mi basterebbe davvero poco, quando tra un po' di
mesi uscirò dall'università,
che cosa posso fare a parte andare in qualche azienda a perdere i
capelli seduto dietro un monitor?
Devo continuare a campare con i miei genitori?
Oppure lavoro con mio padre che va in campagna anche la domenica
talmente è alienato?
Qual è l'alternativa? Siamo capaci di creare una comunità totalmente
anarchica e felice?
Oppure ne esiste già una e non ne sono a conoscenza?
Come posso continuare a vivere rifiutando il capitalismo TOTALMENTE?
Ricapitolando, sì al boicottaggio e al rifiuto, ma parallelamente
dobbiamo cominciare a costruire
qualcosa dal basso per cercare di ricostruire quella felicità che non è
detto che dobbiamo provare
subito nella nostra esistenza, egoisticamente. Possiamo lavorare per
quell'infinitesimo che magari
tra anni o secoli può realizzare l'utopia.
Dobbiamo costruire un'alternativa di vita ma lungimirante,
contrariamente al capitalismo che
distrugge e sfrutta all'istante, portandoci tutti verso la rovina.
Francesco
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