[Redditolavoro] giornata nazionale di lotta contro i licenziamentipolitico sindacali, per far cadere le montature giudiziarie, contro ognirepressione delle lotte operaie e sociali e delle organizzazioni deilavoratori

CyberGodz cybergodz at ecn.org
Wed Jan 30 19:03:58 CET 2008


afuma at eco.unipv.it ha scritto:
...
> La discussione su questa lista tra lavoro da un lato e lavoro salariato
> dall'altro presuppone che sia possibile tracciare una linea di
> demarcazione tra i due tipi di lavoro. Se ciò fosse sempre possibile, è
> chiaro che essere contro il lavoro salariato non significa essere contro
> il lavoro. Significa essere contro il "labor" e a favore dell'"opus", come
> scrive Laura. Perchè ciò avvenga, perchè vi sia una società che consente
> di svolgere solo "opere" e non lavori salariati, bisogna però uscire dal
> contesto capitalistico. E inoltre bisognerebbe cominciare a pensare che
> vale di più il "diritto alla scelta del lavoro", piuttosto che il "diritto
> al lavoro", qualunque esso sia. La sinistra italiana e spesso anche quella
> antagonista non concertativa è troppo imbevuta di etica del lavoro (che
> deriva anche dall'esperienza sovietica, cfr. Stakanov) per accorgersi che
> chiedere il "diritto al lavoro" spesso significa chiedere di essere
> liberamente ingabbiato.

direi che sono piuttosto d'accordo.
Aggiungo che la mia provocazione, quando dico che sono contro il lavoro 
tout court, e' strumentale proprio in funzione di una messa in crisi un 
minimo piu' radicale di questo concetto, il "lavoro", che a me pare oggi 
come oggi diventato un autentico feticcio. Questa parola (lavoro), che 
ha decisamente assunto, anche storicamente, connotazioni del tutto 
negative, ha bisogno oggi di essere per cosi' dire "spodestata" 
nell'immaginario della sinistra (anche antagonista) dal suo trono 
secolare e sostituita - sempre a mio avviso - con paradigmi o, per usare 
termini meno "tecnici" - un pensiero che tenga presenti e in vista altre 
coordinate e altri obbiettivi. Questa cosa esiste anche gia' in Marx, in 
molti suoi passi (riuniti brillantemente mi sembra in un libro, 
purtroppo apparso solo in germania, di Robert Kurz dal titolo "Marx 
lesen", cioe' "leggere Marx"), e quel Marx va ripreso con attenzione 
oggi. Per chi volesse avere un'idea di cio' a cui alludo, date 
un'occhiata qui, uno scritto di kurz apparso qualche anno fa in 
occasione del 150° anniversario della pubblicazione del Manifesto ==> 
http://www.countdownnet.info/archivio/Analisi_storico_politica/412.pdf 
(giusto un'introduzione a certi temi, sufficientemente provocatoria da 
suscitare domande e stimoli in questa direzione).
Per tornare invece ad uno spirito piu' "realista", tanto amato di questi 
tempi, voglio dire che e' ben chiaro a tutti che criticare il "lavoro" 
tout court non significa alludere ad una societa' dove si sta tutti 
belli sparapanzati sulle sedie a sdraio in attesa che qualcuno ci 
imbocchi (oddio, non sarebbe poi cosi' malaccio... ;-) ). Ci sara' 
sempre ovviamente, per quanto razionalizzato e trasformato, un "da fare" 
ineliminabile. Ma questo "da fare", nella societa' comunista che cerco 
di immaginare, non potra' mai essere il "lavoro" a cui siamo abituati a 
pensare oggi (anche quello non salariato) ma la necessaria attivita', 
magari anche piacevole, sicuramente non invadente e ossessiva come ora, 
entro una societa' sostenibile e attenta quanto basta all'utile e 
insieme piu' rilassata e con uno sguardo diciamo piu "artistico" sulle 
cose - invece che dettato dalla mercificazione per la creazione di 
valore al solo scopo di creare ancora valore entro una folle spirale 
apparentemente infinita (fiuuu, che periodo lungo!).
Se invece si pensa al "lavoro" - quando lo si vuole opporre a quello 
"salariato" - nel senso del "lavoro socialista", gia' mi tremano le 
ginocchia, e mi si apre davanti uno scenario horribilis con tanto di 
campi di lavoro volontario dove sadici kapo' con la frusta ed il 
bastone, ancora piu' cattivi del padrone di "bella ciao" della marini, 
controllano che la societa' del "sol dell'avvenire" venga solertemente 
costruita da lavoratori schiavizzati e felici di esserlo.
Beh, in questo caso direi che e' meglio il lavoro salariato, almeno c'e' 
il salario...

...
> Credo che oggi sia più che mai necessario partire da un critica del lavoro
> tout-court (che oggi ha inglobato anche l'attività d'opera grazie ad un
> processo di mercificazione delle vite e dei cervelli sempre più esteso e
> capillare) per arrivare a definire la distinzione tra lavoro capitalistico
> (con la forma salariale o di ritenuta d'acconto, sempre lavoro salariato
> trattasi) e non lavoro capitalistico, in grado di aprire spazi di
> liberazione.

e qui sono ancora piu' d'accordo. Sarebbe gia' importante comunque, ora 
come ora, uscire da questo immaginario odioso che vede solo nel lavoro 
il senso dell'esistenza, e cosi' finisce per guardare al lavoro con 
occhio a-critico. Per questo occhio appunto abbagliato dal lavoro, ogni 
produzione va bene, folle o meno che sia, e cosi' il suo ritmo e le 
necessita' che essa detta, visto che di fatto devono corrispendere alle 
esigenze di un mercato molto in movimento nel quale la produzione deve 
essere valorizzata, altrimenti niente profitto e, ahinoi, niente 
occupazione. Al limite, si tratta di un problema di distribuzione, 
ovvero di togliere ai ricchi (ai padroni) per redistrubuire il maltolto 
ai poveri (ai lavoratori), che producono di fatto quella ricchezza. 
L'importante e' non mettere mai in crisi il sistema. Tutt'al piu', si 
cambia di colore al mercato. Ma da qui al comunismo, almeno secondo me, 
ce ne corre assai.

Spero di essere stato abbastanza provocatorio ;-)
un saluto a tutti
max


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