[Redditolavoro] Gaza, olocausto 2009?

fra frengo at anche.no
Tue Dec 30 00:03:01 CET 2008


Appena scaduta la tregua tra Israele e Hamas (il 19 dic), e dopo il 
rifiuto del rinnovo della stessa da parte di Hamas, gruppi armati sulla 
striscia di Gaza hanno cominciato a lanciare razzi Qassam verso il sud 
di Beit Lahiya senza causare vittime inizialmente, fino al 26 quando un 
razzo ha ucciso due sorelline di 5 e 13 anni, palestinesi tra l'altro. [1]
In totale i razzi lanciati sul suolo israeliano ammontano ad una 
cinquantina, hanno distrutto edifici ma non hanno fatto altre vittime; 
non è la prima volta che succedono cose del genere da quelle parti, 
sopratutto a parti inverse e con tecniche molto più efficaci. [2]
Insomma, questa è la vita di tutti i giorni sulla striscia di Gaza.

Stavolta però tutta la classe politica israeliana, forse presa dal 
periodo elettorale (le elezioni ci saranno tra 2 mesi), decide che è il 
momento di rispondere ed attaccare militarmente Gaza per cercare di 
sovvertire Hamas, che la governa dal 2006 quando ha vinto 
*democraticamente* le elezioni e l'ha poi riconquistata dopo averla 
persa nel successivo conflitto. [3]

Comunque, l'operazione in realtà è stata pianificata da diversi mesi, si 
aspettava soltanto una scusa per attuarla; si chiama "Piombo Fuso", e a 
quanto abbiamo visto fino ad ora, si tratta di attacchi aerei sugli 
edifici chiave di Hamas (dicono loro), e di un attacco via terra che 
deve ancora avvenire, ma per il quale le truppe si stanno già ammassando 
sul confine.
Fino ad ora si contano 310 morti e 1400 feriti che per Israele sono solo 
terroristi ovviamente; ma in realtà vi basta fare qualche ricerca su 
youtube per verificare il contrario o leggere le lettere i vari 
peace-reporter. [4]

Quello che è curioso notare è il comportamento dei mass media nel 
raccontare la vicenda, a prescindere dall'atteggiamento filo-sionista a 
cui ormai siamo abituati anche dalla nostra parte politica (basta 
sentire qualsiasi dichiarazione di Napolitano sull'argomento); nessuno 
ricorda le parole del funzionario ONU che definisce il trattamento dei 
palestinesi da parte di Israele un "crimine contro l'umanità". [5]
Ciò che da fastidio è che non si cerca in alcun modo di fare chiarezza 
su queste trattative di pace che non hanno portato al prolungamento 
della tregua. Che cosa vuole Israele? Che cosa vuole Hamas? E poi è 
davvero proporzionata la risposta del governo israeliano ai razzi 
palestinesi? Non staranno un po' esagerando con questo massacro?
Non è proprio il caso di enfatizzare, parliamo solo dei morti e poi 
sentiamo cosa hanno da dire Frattini, La Russa, e tutti gli altri 
ministri, tranne Berlusconi che è soltanto un ologramma.

C'è da chiedersi chi può fare un passo indietro in questa vicenda per 
raggiungere la pace.
I palestinesi rivendicano i territori occupati nella guerra del '67, 
cioè la Cisgiordania, la striscia di Gaza e Gerusalemme est, secondo la 
risoluzione 242 ONU (quindi secondo la legge internazionale).
E' chiaro che Israele è il paese occupante, militarmente più dotato, con 
anche il sostegno di tutto l'occidente (complice anch'esso del massacro).
Per quale motivo non si riesce a trovare una soluzione su questo 
conflitto da ormai 60 anni?

Chomsky da questa risposta molto credibile secondo me.


--

/Chomsky, quale crede che possa essere una soluzione per il conflitto 
nella regione?/

Be', fuori dagli Stati Uniti tutti conoscono la risposta a questa 
domanda. Per anni quasi tutti al mondo sono stati d'accordo sui criteri 
di base per una soluzione in Medio Oriente, tutti tranne due nazioni, 
Stati Uniti e Israele. Dev'esserci un accordo che sancisca in qualche 
modo l'esistenza di due stati.
Ci sono due gruppi che rivendicano l'autodeterminazione nello stesso 
territorio, e si tratta di pretese contrastanti. Ci sono tanti modi per 
conciliarle, tramite una federazione, qualcosa del genere, ma data la 
situazione attuale del conflitto occorre farlo tramite un accordo che 
preveda l'esistenza di due stati.
Possiamo discutere le modalità, se dev'essere una confederazione, come 
gestire l'integrazione economica eccetera, ma il principio è abbastanza 
chiaro: deve esserci un accordo che riconosca il diritto di 
autodeterminazione dei palestinesi in un'entità come uno stato 
palestinese. E tutti sanno dove si troverebbe questo stato palestinese: 
in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, più o meno lungo i confini 
precedenti alla guerra dei Sei giorni del 1967. E tutti sanno chi è il 
rappresentante dei palestinesi: l'Organizzazione per la liberazione 
della Palestina (OLP).
Tutto ciò è risaputo da anni. Perchè non è successo? Be', ovviamente 
Israele si è opposto.
Ma il principale motivo è l'opposizione degli Stati Uniti, che bloccano 
il processo di pace in Medio Oriente; da vent'anni siamo noi i capi del 
campo degli oppositori, non gli arabi o altri.
Gli Stati Uniti perseguono una politica che Kissinger definì dello 
"stallo", parole sue del 1970. Allora c'era una specie di spaccatura 
all'interno del governo americano per decidere se dovevamo unirci 
all'ampio consenso internazionale riguardo a un accordo politico oppure 
bloccare questo accordo politico. E in questa lotta intestina prevalsero 
i duri, dei quali Kissinger era il principale portavoce. La politica che 
vinse fu questo cosiddetto "stallo": mantenere lo status quo, mantenere 
il sistema di oppressione israeliana. E c'era un motivo valido, non era 
una cosa campata in aria: un Israele militarista, in guerra, è una 
pedina importante del nostro dominio nel mondo.
In realtà agli Stati Uniti non importa nulla di Israele: anche se va a 
scatafascio ai politici americani non interessa, non hanno obblighi 
morali o altro. Ma gli interessa molto il controllo delle enormi risorse 
petrolifere del Medio Oriente. Se vuoi governare il pianeta devi 
controllare il petrolio mediorientale, e verso la fine degli anni 
cinquanta gli Stati Uniti iniziarono a comprendere che Israele sarebbe 
stato molto utile sotto questo aspetto. Così per esempio, c'è un 
memorandum del Consiglio di sicurezza nazionale del 1958 che afferma che 
il principale nemico degli Stati Uniti in Medio Oriente (come altrove) è 
il nazionalismo, quello che loro chiamano "nazionalismo radicale arabo", 
che significa indipendenza, paesi che non vogliono restare sottomessi al 
potere americano. E' sempre quello il nemico: la gente che non capisce 
come mai le enormi ricchezze e risorse della sua regione debbano essere 
controllate dagli investitori americani e britannici mentre loro fanno 
la fame; questo non gli è mai entrato nella testa, e certe volte cercano 
di reagire. Ciò è inaccettabile per gli Stati Uniti, e una delle cose 
che hanno sempre tenuto presente è che un'arma utile contro questa 
specie di "nazionalismo radicale arabo" poteva essere uno stato di 
Israele altamente militarizzato, che sarebbe diventato una piattaforma 
affidabile per il potere americano nella regione.
Questa idea non fu mai messa realmente in atto fino al 1967, fino alla 
guerra dei Sei giorni, quando con l'aiuto degli Stati Uniti Israele 
sconfisse Nasser (il presidente egiziano), che era considerato il 
principale esponente del nazionalismo arabo in Medio Oriente, e 
virtualmente tutti gli altri eserciti arabi della regione. Israele ne 
trasse parecchi vantaggi, affermandosi come quello che viene definito 
una "risorsa strategica", cioè una forza militare che può essere usata 
come tramite per la potenza statunitense.
Infatti all'epoca Israele e l'Iran sotto lo scià (che erano alleati per 
quanto sottaciuti) iniziarono a essere considerati dagli strateghi 
americani come due lati del sistema triangolare americano di controllo 
del Medio Oriente. Il lato principale era l'Arabia Saudita, che aveva la 
maggior parte del petrolio, e poi venivano i due gendarmi, l'Iran 
prerivoluzionario e Israele, i "guardiani del Golfo", come li 
chiamavano, che dovevano proteggere l'Arabia Saudita dalle forze 
nazionaliste della regione.
Naturalmente quando cadde lo scià con la rivoluzione iraniana del 1979 
il ruolo di Israele divenne ancor più importante per gli Stati Uniti, 
dato che era l'ultimo "guardiano" rimasto.
Nel frattempo Israele aveva cominciato a rivestire funzioni ulteriori, 
fungendo da mercenario per gli Stati Uniti nel mondo. Negli anni 
sessanta iniziò a essere utilizzato come strumento per intervenire negli 
affari dell'Africa nera, usando i fondi della CIA, e nei due decenni 
successivi gli Stati Uniti lo sfruttarono sempre più spesso come braccio 
armato in altre parti del Terzo mondo: Israele forniva armi, 
addestramento, computer e ogni sorta di cose ai dittatori del Terzo 
mondo quando il governo statunitense non poteva intervenire direttamente.
[...]
E' un alleato molto utile, ed è un altro motivo per cui Israele gode di 
aiuti statunitensi tanto cospicui.
Notate però che questo sistema funziona soltanto fin quando Israele è in 
guerra. Mettiamo che si firmino veri accordi di pace in Medio Oriente e 
Israele venga integrato nella regione come paese più avanzato dal punto 
di vista tecnologico, una specie di Svizzera o Lussemburgo. Bene, a 
questo punto il suo valore per gli Stati Uniti sarebbe praticamente 
zero; abbiamo già un Lussemburgo, non ce ne serve un altro. Il valore di 
Israele per gli Stati Uniti dipende dal fatto che è minacciato di 
distruzione: ciò lo rende totalmente dipendente dagli Stati Uniti se 
vuole sopravvivere, quindi assai affidabile, perchè se gli facciamo 
mancare il terreno sotto i piedi in un conflitto serio sarà certamente 
distrutto.
[...]
Voglio dire che è facile dimostrare che gli Stati Uniti hanno sabotato 
ogni passo avanti verso una soluzione politica in Medio Oriente; spesso 
ci è bastato porre il veto al Consiglio di sicurezza dell'ONU.
[...]
Prendiamo Sadat (presidente egiziano): Sadat fece un'offerta di pace a 
Israele nel febbraio 1971, migliore dal punto di vista di Israele di 
quella del 1977 (che portò ai colloqui di pace di Camp David).
Era un trattato di pace in perfetta sintonia con la risoluzione 242 
delle Nazioni Unite (che invocava un ritorno ai confini precedenti al 
giugno 1967 con garanzie di sicurezza, ma non faceva menzione dei 
diritti dei palestinesi). Stati Uniti e Israele la rifiutarono, perciò è 
finita nel dimenticatoio.
Nel gennaio 1976 Siria, Giordania ed Egitto proposero al Consiglio di 
sicurezza dell'ONU un accordo di pace che prevedeva l'esistenza di due 
stati sulla base della risoluzione 242, proposta e appoggiata dall'OLP.
Prospettava garanzie territoriali, tutto quanto, ma gli Stati Uniti 
posero il veto e finì nel dimenticatoio anche questa, non se ne fece 
niente. Ed è andata avanti così per anni, gli Stati Uniti non volevano 
nessuna offerta di pace, perciò non sono mai entrate nella storia, sono 
finite giù per il buco della memoria di Orwell.
Anzi, siamo arrivati al punto che i nostri giornali non accettano 
nemmeno lettere che parlino di queste proposte. Il livello di controllo 
è incredibile. Per esempio, qualche anno fa George Will scrisse un 
editoriale su Newsweek initolato "Verità e menzogne sul Medio Oriente" 
in cui descriveva le bugie dei pacifisti sulla situazione mediorientale. 
E in quell'articolo c'era solo una frase che faceva vagamente 
riferimento a qualche fatto: diceva che Sadat si era rifiutato di 
trattare con Israele fino al 1977. Così gli scrissi una lettera, del 
genere che uno potrebbe scrivere a Newsweek, giusto quattro righe, in 
cui dicevo: "Will ha fatto un'affermazione falsa; Sadat avanzò nel 1971 
un'offerta di pace respinta da Israele e Stati Uniti". Be', un paio di 
giorni dopo mi arrivò una telefonata dalla responsabile della verifica 
dati per la rubrica delle lettere del settimanale, che disse: "La sua 
missiva ci ha interessato. Dove ha preso queste notizie?". Le risposi: 
"Sono state pubblicate da Newsweek l'8 febbraio 1971", ed è vero, perchè 
era una proposta importante, solo che da noi era finita giù nel buco 
della memoria perchè era dalla parte sbagliata della storia.
Lei controllò, quindi mi richiamò per confermare che avevo ragione, 
avevano trovato il riferimento e avrebbero pubblicato la mia lettera. Ma 
un'ora dopo richiamò per spiegare che erano spiacenti ma non potevano 
pubblicarla. Io chiesi qual era il problema, e lei: "Mah, il 
caporedattore ne ha parlato con Will che si è inalberato e hanno deciso 
di non farla passare". Va bene.
Il fatto è che su Newsweek, sul New York Times, sul Washington Post e 
compagnia bella non puoi affermare cose del genere; è come credere in 
una divinità, le menzogne sono diventate verità immutabili.




[1] http://www.adnkronos.com/IGN/Esteri/?id=3.0.2856559438
[2] http://www.globalproject.info/art-15124.html
[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Conflitto_Fatah-Hamas
[4] http://www.infopal.it/
[5] http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=13966&size= 
<http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=13966&size=>


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