[Redditolavoro] concordanze e discordanze

michelangelo.depinto at fastwebnet.it michelangelo.depinto at fastwebnet.it
Sun Apr 27 03:11:48 CEST 2008


Mi rendo conto che l'aspirazione che nutrono coloro i quali vogliono il
cambiamento del "tutto"(io tra loro), quindi l'abbattimento intero di
un Sistema che un nome ce l'ha e cioè: CAPITALISMO(che poi questo nome
possa apparire obsoleto e che ricordi uno stile antico poco mi
interessa, mi interessa invece il significato) non possa limitarsi a
darsi obiettivi "minimalisti" di tipo sindacale(più paga, più
diritti, ecc. ma sempre nell'ambito del Capitalismo) ma mi sembra anche
ovvio che una volontà "di massa" che aspiri al cambiamento totale del
Sistema NECESSARIAMENTE parta dalle contraddizioni del Sistema e cioè
dallo sfruttamento, dalla miseria reale della maggior parte di
gente(migranti e italiani), dalla represione e dall'oppressione
ingenerata da mo
ltissimi fattori insieme, primo fra questi un'ignobile strabordare di
merci, molte delle quali letteralmente  DANNOSE all'intero sistema
planetario(utili però al mercato capitalista) vedi telefonini di
svariate marche, detersivi di svariate marche, automobili più o meno
di lusso, barche, ecc.; merci che sono però nelle mani,
essenzialmente, di chi ha soldi e potere. Il punto non è certo
richiedere che anche noi si possa usufruire della "barca", il punto è
chiarire che questo Sistema crea e distribuisce merci, per giunta
dannose fino alla morte  dell'ecosistema, in maniera tale che nel mondo
e in Italia vi sono quelli che muoiono di fame(in Italia più
facilmente fanno fatica ad arrivare alla fine del mese ma nel mondo si
arriva alla morte per fame) e qu
elli che vivono alle spalle di masse enormi di oppressi che, nella
migliore delle ipotesi, hanno la discoteca o la partita di calcio per
sfogarsi(le forme da adoperare per il chiarimento e quindi alla lotta
per il cambiamento di "tutto" forse è il primo problema, il più
complicato da affrontare e io non sono un mago).

Un passaggio della tua mail mi ha colpito: 
"Noi dovremmo ricominciare a pensare come scardinare quest'ordine di
cose, quale disegno strategico, di lunga portata seguire, e non solo
come contrastare. Dare al nostro desiderio una forma riconoscibile,
condivisibile. Perché altrimenti il dolore, lo sfruttamento, generano
solo rabbia, e la rabbia che non trova un impiego razionale, coerente,
condiviso, genera violenza"

la prima parte mi trova, ovviamente, d'accordo, la seconda mi trova in
profondo disaccordo perchè si parla della "violenza" come qualcosa che
può essere ingenerata solo dal dolore e dallo sfruttamento. Chi l'ha
detto questo? E se tu stesso ti vuoi dare un "disegno strategico, di
lunga portata" come puoi escludere, ritirandoti inorridito da simile
possibilità, che la forma della "violenza" abbia il pieno diritto
d'appartenenza a una volontà di cambiamento totale? Come puoi
escludere che un cambiamento del tutto non debba servirsi,
INEVITABILMENTE(a mio parere)
della violenza?
 Pensi che chi detiene il possesso delle merci, dell'informazione,
delle armi, delle varie polizie, dell'industria del
"divertimentificio", ecc. sia disposta a regalarti una vita
completamente diversa senza prima incarcerarti, uccidere, reprimere in
qualunque maniera servendosi appunto delle ARMI? No, non ti regala
niente nessuno. E allora il "disegno strategico" non può e non DEVE
fare a meno di affrontare questa questione. Per ciò che mi riguarda
non ci sarà nessun cambiamento "complessivo" senza Insurrezione di
massa. parlo di Insurrezione e non di una Rivoluzione in stile
"Comunista ortodosso". Sono Anarchico, non voglio nè servi e nè
padroni e tantomeno "Partiti che si mettano alla guida". 
Non è vicino il momento, anzi me lo vedo lontano. ma è l'unica strada
logicamente perseguibile se si vuole il cambiamento di "tutto" e non
solo un pò di soddisfazione di natura economica(che poi neppure quella
ti danno regalata, eh? E persino per ottenere le "soddisfazioni" le
lotte francesi hanno abbondantemente dimostrato che c'è un solo modo
per far recedere un Governo di merda dall'intenzione di mettere in atto
una legge già passata in parlamento allo scopo di alimentare una
condizione di precarietà: tante file di macchine bruciate per la
strada fanno mooooolto di più di qualunque trattativa e di qualunque
metodologia che non preveda l'uso della violenza di piazza; infatti la
Legge in questione la RITIRARONO dopo che era già passata: un
risultato
 a mio parere GRANDIOSO anche se parziale, nel mentre qui si porta in
giro San Precario...mi vien da piangere).

Saluti altrettanto Libertari

Michele



 
 
 

Re: [Redditolavoro] ... 
 
  Embedded messages display list: 
 
 
 
 
  Message 1:  Re: [Redditolavoro] ...   
 
 
From:   Emiliano Laurenzi <redditolavoro-bounces at ecn.org>    | Add to Address Book    
 
 Sent:   Sunday, April 27, 2008 12:07 AM  
 
 
 To:    <redditolavoro at ecn.org>   
 
 Subject:   Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione  
 
 
 
 
  
 
Parlando da perfetto eseplare precario, da lavoratore sovraistruito - e la cui possibilità di sovra-istruzione è perfettamente conforme alle false aspettative di un'università aperta a tutti e capace solo di riprodurre la selezione sociale e di classe, oltre che a squalificare la formazione tout court riducendola a curriculum vitae - precarizzato, nomade per necessità e per coazione psicologica, trovo che molti discorsi su questa mailing, oltre naturalmente a testimoniare l'impegno di migliaia di persone, il loro sfruttamento e la difficoltà di fare fronte al dilagante sfruttamento legalizzato, insieme alla forza della propria partecipazione, siano il segno, e spesso la cifra, di un'impotenza teorica e concettuale molto forte, assieme alla difficoltà d
i intaccare l'immaginario, il vissuto, le forme di vita quotidiana di chi incrocia questi temi.

 

Un esempio di questa arretratezza della "cassetta degli attrezzi" - e la mia non è un'osservazione puramente ideologica, ma anzi esattamente il contrario, ovvero una riflessione che sorge dalle forme di vita su cui agisce il capitale "come puro spirito" (per dirla con Pietro Barcellona) - è la difficoltà con cui si coinvolgono e si organizzano proprio i precari. Paolo Virno, in "Grammatica della moltidutine" - lo so... a questo punto qualche onesto operaio avrà già le palle piene di un cognitario che fa il receptionist con un contratto a due mesi della Obiettivo lavoro... e cita libri! :-P - coglieva proprio questa inadeguatezza della strumentzione ideologica verso un mercato capitalistico che ha fatto proprio lo slogan "la fantasia al potere", che ha f
atto propria la sostituzione del popolo con la moltitudine (declinando questa moltitudine sul versante del consumo come unico appagamento sensoriale, e mai come cittadinanza).

 

Lo sciopero, l'analisi dei rapporti di forza, il rapporto coi migranti - verso i quali nutro la massima solidarietà, ma che come noi sono portatori spesso di istanze prettamente massimaliste: fammi avere i soldi ed i permessi necessari per fare la vita del tranquillo consumatore, e la rivendicazione arriva solo lì...  - le contraddizioni profonde, ingiuste, omicide, che oggi dominano il lavoro, ma che rimangono tali e non catturano la partecipazione.

 

Come riconquistare un'idea di futuro - che è la base per sviluppare qualsiasi idea di solidarietà e - senza ripercorrere strategie che alla lunga ci chiudono solo in un fortino, destinati a soccombere? Un futuro, una speranza di felicità, l'ironia del conflitto. la capacità di socializzare sofferenze e speranze, valori, se non uso una parola grossa.

 

Invece le lotte, gli sciperi, anche le vittorie che si ottengono, cadono in un vuoto assordante, fuori dalle mailing, fuori dai luoghi dove ci si incontra tra simili, l'agenda politica e sociale è un'altra, becera, razzista, quello che volete, ma determina le priorità.

 

Noi dovremmo ricominciare a pensare come scardinare quest'ordine di cose, quale disegno strategico, di lunga portata seguire, e non solo come contrastare. Dare al nostro desiderio una forma riconoscibile, condivisibile. Perché altrimenti il dolore, lo sfruttamento, generano solo rabbia, e la rabbia che non trova un impiego razionale, coerente, condiviso, genera violenza.

 

La stessa violenza che arma la mano dello stato, che criminalizza chi contesta, anche semplicemente chi si oppone.

 

Io mi sento smarrito, e sento altrettanto smarrimento negli stessi proclami sindacali. Le nostre speranze devono essere nutrite dalla dimensione stessa del nostro smarrimento (almeno del io), ma per fare questo occorre ripensare parecchie categorie politiche e di lotte, oltre che avere il coraggio di ripensare - senza fare tabula rasa, questo è ovvio, ma in maniera profondamente innovativa e critica - il complesso delle nostre strategie, e anch dei nostri immaginari.

 

Sono stato di sicuro incompleto - scrivere mentre si sta al lavoro... - ma spero di aver portato un contributo critico, una testimonianza di sofferenza e anche di spaesamento rispetto a argomenti e pretese di forza di cui io non vedo alcun riscontro nella politica e nei conflitti odierni (e non perché vivo altrove o ficco la testa sotto la sabbia...

 

saluti libertari

el

--- Sab 26/4/08, vittoria <huambos at virgilio.it> ha scritto:


Da: vittoria <huambos at virgilio.it>
Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione
A: "redditolavoro" <redditolavoro at ecn.org>
Data: Sabato 26 Aprile 2008, 08:37


Stranamente? sono contenta che in mezzo a tanti comunicati sindacali e 
trionfalistici persino arriva una meil che esprime un disagio ed uno 
smarrimento reale.
vittoria

-----Messaggio Originale----- 
Da: "Emiliano Laurenzi" <emiliano_laurenzi at yahoo.it>
A: <redditolavoro at ecn.org>
Data invio: venerdì 25 aprile 2008 22.01
Oggetto: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione


      Ed intanto la Fiat fa profitti d'oro. E le morti sul lavoro 
scandiscono l'ingiustizia mortale che si apre come una ferita 
nell'indifferenza di un paese ignorante e bigotto. Non popolare ma plebeo.

 

      Nella tristezza di questo giorno che devo passare al lavoro, invece di 
stare in piazza, lumpen-proletario precario, con uno straccio di coscienza 
di classe, senza persone attorno con cui condividere, ma solo clienti 
danarosi e bastardi, vestito come un pupazzo, mi sento prigioniero. 
Prigioniero di una società radicalmente violenta, in cui la solidarietà è 
come qualcosa di cui sento parlare ma che raramente incontro come una radice 
che nutre i rapporti umani, e di classe. Forse perché lavoro in un terziario 
immateriale, in cui la mia istruzione è solo la cifra del mio sfuttamento e 
della manchevolezza della mia coscienza politica. In parte. In parte è vero.

 

      Quanta ingiustizia siamo disposti a sopportare senza cadere nella 
trappola della violenza. Ogni giorno lavoratori muoiono uccisi nei cantieri 
del massacro. Il loro sangue produce solo la ricchezza di chi li uccide e la 
malcelata insofferenza dell'audience politica e di milioni di persone 
rassegnate a chinare la testa, o a guardare altrove.

 

      Mi interrogo su quali attrezzi nella cassetta dell'antagonismo 
mancano. Se ancora non usiamo concetti, metodi e categorie politiche ormai 
spuntate come armi, inefficaci, anche autoreferenziali. Qual'è la soglia
di 
sopportazione del nostro popolo? Se c'è un popolo e non solo 
telespettatori...

 

      saluti libertari

      el

 

 
 
 
 




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