[Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione

vittoria huambos at virgilio.it
Sun Apr 27 07:56:55 CEST 2008


Si ti capisco però sulla questione della violenza dovresti veramente 
chiarirti se no diventa un piagnisteo alla totonno!
Qui stiamo a parlare di violenza collettiva, di risposta della classe 
sottoposta a quella egemone mica di violenza caratteriale!
L'uso della risposta violenta ,della rottura rivoluzonaria è sempre stato un 
discrimine fra rivoluzionari e riformisti.
Capirai che dopo Genova 2001 e dopo tutta la canea che stata fatta sulla 
questione della violenza e dopo che alcuni compagni rischiano 100 ANNI di 
galera per "fatti specifci" in merito a Genova 2001 e dopo che noi del Sud 
Ribelle accusati di essere "la cupola" di questi scontri siamo stati 
assolti, sancendo così una differenza fra chi ha reati"di pensiero" e chi ha 
"fatti specifici" non si può sfugggire alla questione violenza.
Se no stai a dire quello che dice Bertinotti, Negri che rivaluta San 
Francesco, anche se i mendicati non possono fare la questua alla basilica 
del santo:
bell'ossimoro;-.)))))))
vittoria

-----Messaggio Originale----- 
Da: "Emiliano Laurenzi" <emiliano_laurenzi at yahoo.it>
A: <redditolavoro at ecn.org>
Data invio: sabato 26 aprile 2008 23.07
Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione


      Parlando da perfetto eseplare precario, da lavoratore sovraistruito - 
e la cui possibilità di sovra-istruzione è perfettamente conforme alle false 
aspettative di un'università aperta a tutti e capace solo di riprodurre la 
selezione sociale e di classe, oltre che a squalificare la formazione tout 
court riducendola a curriculum vitae - precarizzato, nomade per necessità e 
per coazione psicologica, trovo che molti discorsi su questa mailing, oltre 
naturalmente a testimoniare l'impegno di migliaia di persone, il loro 
sfruttamento e la difficoltà di fare fronte al dilagante sfruttamento 
legalizzato, insieme alla forza della propria partecipazione, siano il 
segno, e spesso la cifra, di un'impotenza teorica e concettuale molto forte, 
assieme alla difficoltà di intaccare l'immaginario, il vissuto, le forme di 
vita quotidiana di chi incrocia questi temi.



      Un esempio di questa arretratezza della "cassetta degli attrezzi" - e 
la mia non è un'osservazione puramente ideologica, ma anzi esattamente il 
contrario, ovvero una riflessione che sorge dalle forme di vita su cui 
agisce il capitale "come puro spirito" (per dirla con Pietro Barcellona) - è 
la difficoltà con cui si coinvolgono e si organizzano proprio i precari. 
Paolo Virno, in "Grammatica della moltidutine" - lo so... a questo punto 
qualche onesto operaio avrà già le palle piene di un cognitario che fa il 
receptionist con un contratto a due mesi della Obiettivo lavoro... e cita 
libri! :-P - coglieva proprio questa inadeguatezza della strumentzione 
ideologica verso un mercato capitalistico che ha fatto proprio lo slogan "la 
fantasia al potere", che ha fatto propria la sostituzione del popolo con la 
moltitudine (declinando questa moltitudine sul versante del consumo come 
unico appagamento sensoriale, e mai come cittadinanza).



      Lo sciopero, l'analisi dei rapporti di forza, il rapporto coi 
migranti - verso i quali nutro la massima solidarietà, ma che come noi sono 
portatori spesso di istanze prettamente massimaliste: fammi avere i soldi ed 
i permessi necessari per fare la vita del tranquillo consumatore, e la 
rivendicazione arriva solo lì...  - le contraddizioni profonde, ingiuste, 
omicide, che oggi dominano il lavoro, ma che rimangono tali e non catturano 
la partecipazione.



      Come riconquistare un'idea di futuro - che è la base per sviluppare 
qualsiasi idea di solidarietà e - senza ripercorrere strategie che alla 
lunga ci chiudono solo in un fortino, destinati a soccombere? Un futuro, una 
speranza di felicità, l'ironia del conflitto. la capacità di socializzare 
sofferenze e speranze, valori, se non uso una parola grossa.



      Invece le lotte, gli sciperi, anche le vittorie che si ottengono, 
cadono in un vuoto assordante, fuori dalle mailing, fuori dai luoghi dove ci 
si incontra tra simili, l'agenda politica e sociale è un'altra, becera, 
razzista, quello che volete, ma determina le priorità.



      Noi dovremmo ricominciare a pensare come scardinare quest'ordine di 
cose, quale disegno strategico, di lunga portata seguire, e non solo come 
contrastare. Dare al nostro desiderio una forma riconoscibile, 
condivisibile. Perché altrimenti il dolore, lo sfruttamento, generano solo 
rabbia, e la rabbia che non trova un impiego razionale, coerente, condiviso, 
genera violenza.



      La stessa violenza che arma la mano dello stato, che criminalizza chi 
contesta, anche semplicemente chi si oppone.



      Io mi sento smarrito, e sento altrettanto smarrimento negli stessi 
proclami sindacali. Le nostre speranze devono essere nutrite dalla 
dimensione stessa del nostro smarrimento (almeno del io), ma per fare questo 
occorre ripensare parecchie categorie politiche e di lotte, oltre che avere 
il coraggio di ripensare - senza fare tabula rasa, questo è ovvio, ma in 
maniera profondamente innovativa e critica - il complesso delle nostre 
strategie, e anch dei nostri immaginari.



      Sono stato di sicuro incompleto - scrivere mentre si sta al 
lavoro... - ma spero di aver portato un contributo critico, una 
testimonianza di sofferenza e anche di spaesamento rispetto a argomenti e 
pretese di forza di cui io non vedo alcun riscontro nella politica e nei 
conflitti odierni (e non perché vivo altrove o ficco la testa sotto la 
sabbia...



      saluti libertari

      el

      --- Sab 26/4/08, vittoria <huambos at virgilio.it> ha scritto:


      Da: vittoria <huambos at virgilio.it>
      Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione
      A: "redditolavoro" <redditolavoro at ecn.org>
      Data: Sabato 26 Aprile 2008, 08:37


      Stranamente? sono contenta che in mezzo a tanti comunicati sindacali e
      trionfalistici persino arriva una meil che esprime un disagio ed uno
      smarrimento reale.
      vittoria

      -----Messaggio Originale----- 
      Da: "Emiliano Laurenzi" <emiliano_laurenzi at yahoo.it>
      A: <redditolavoro at ecn.org>
      Data invio: venerdì 25 aprile 2008 22.01
      Oggetto: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione


            Ed intanto la Fiat fa profitti d'oro. E le morti sul lavoro
      scandiscono l'ingiustizia mortale che si apre come una ferita
      nell'indifferenza di un paese ignorante e bigotto. Non popolare ma 
plebeo.



            Nella tristezza di questo giorno che devo passare al lavoro, 
invece di
      stare in piazza, lumpen-proletario precario, con uno straccio di 
coscienza
      di classe, senza persone attorno con cui condividere, ma solo clienti
      danarosi e bastardi, vestito come un pupazzo, mi sento prigioniero.
      Prigioniero di una società radicalmente violenta, in cui la 
solidarietà è
      come qualcosa di cui sento parlare ma che raramente incontro come una 
radice
      che nutre i rapporti umani, e di classe. Forse perché lavoro in un 
terziario
      immateriale, in cui la mia istruzione è solo la cifra del mio 
sfuttamento e
      della manchevolezza della mia coscienza politica. In parte. In parte è 
vero.



            Quanta ingiustizia siamo disposti a sopportare senza cadere 
nella
      trappola della violenza. Ogni giorno lavoratori muoiono uccisi nei 
cantieri
      del massacro. Il loro sangue produce solo la ricchezza di chi li 
uccide e la
      malcelata insofferenza dell'audience politica e di milioni di persone
      rassegnate a chinare la testa, o a guardare altrove.



            Mi interrogo su quali attrezzi nella cassetta dell'antagonismo
      mancano. Se ancora non usiamo concetti, metodi e categorie politiche 
ormai
      spuntate come armi, inefficaci, anche autoreferenziali. Qual'è la 
soglia
      di
      sopportazione del nostro popolo? Se c'è un popolo e non solo
      telespettatori...



            saluti libertari

            el



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