[Redditolavoro] Fw: Interpellanza alla Camera sui licenziamenti alla Fiat di Melfi

Slai Cobas Taranto cobasta at libero.it
Mon Nov 12 08:29:44 CET 2007


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Subject: Interpellanza alla Camera sui licenziamenti alla Fiat di Melfi


Da  Indymedia (Svizzera e siti it. attivi)e Bellaciao it


Interpellanza alla Camera sui licenziamenti alla Fiat di Melfi
 italia | repressione | notizie  domenica 11 novembre, 2007 15:18 by Maumao

Subito dopo le perquisizioni, scattate in tutta Italia il 16 ottobre scorso 
per ordine della Magistratura di Potenza, ai danni dello SLAI COBAS per il 
sindacato di classe e dell'AVae-m, la Fiat di Melfi ha effettuato alcuni 
licenziamenti in tronco.
Al riguardo è stata presentata alla Camera, il 30 ottobre scorso, 
un'interpellanza urgente a firma dell'on.
Gennaro Migliore e altri 31 deputati di Rifondazione comunista.

Atto Camera

Interpellanza urgente 2-00812
presentata da
GENNARO MIGLIORE
martedì 30 ottobre 2007 nella seduta n.234

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della 
previdenza sociale, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:

all'alba del 16 ottobre 2007 sono state effettuate perquisizioni nelle 
abitazioni degli operai SATA Michele Passannante, Donato Auria e dell'ex 
operaio SATA Innocenti Tonino. Detta operazione è stata effettuata dalla 
Digos di Potenza e coordinata dalla DDA e dal Pm Basentini che ha disposto 
la perquisizione nei confronti degli indagati per i reati di cui agli 
articoli 270-bis e 272 del codice penale;

il giorno seguente il 17 ottobre 2007 gli operai interessati, che come ogni 
giorno si sono recati a lavoro, hanno avuto dall'azienda la notifica di 
sospensione cautelare ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale di 
lavoro dei metalmeccanici. Detta sospensione appare eccessiva dal momento 
che gli operai Passannante e Auria, sono indagati e non condannati. In 
questo secondo caso l'azienda avrebbe potuto fare riferimento all'articolo 
25 lettera a) del contratto nazionale per procedere all'interruzione del 
rapporto di lavoro;

la notizia dell'inchiesta in corso e delle perquisizioni avvenute anche a 
carico degli operai della SATA è stata data dai giornali che non hanno 
fornito nomi e cognomi degli indagati se non nei giorni successivi. Si 
presenta dunque come singolare che la SATA di Melfi fosse a conoscenza, con 
dovizia di particolari, di notizie non ancora emerse attraverso la stampa;

tale fuga di notizie appare agli interpellanti una grave violazione della 
privacy;

questi fatti, il cui merito giudiziario sarà chiarito dalle indagini che 
devono proseguire celermente, si svolgono in un clima particolare di ripresa 
del conflitto all'interno della stessa fabbrica;

detto conflitto si manifesta con una ripresa degli scioperi interni alla 
fabbrica, dove si registra un aumento degli scioperi di UTE a causa del 
permanere di un carico di lavoro troppo elevato;

uno degli ultimi scioperi si è svolto giovedì 11 ottobre proprio a causa dei 
carichi di lavoro. La RSU di fabbrica denuncia che a fronte di un aumento 
della produttività, l'azienda non ha proceduto ad aumentare gli addetti nel 
settore causando un appesantimento ulteriore dei carichi di lavoro (alla 
SATA vige il TMC2);

tale sciopero ha causato tensioni tra la RSU e i capi UTE di cui è stata 
data notizia in legittimi volantini sindacali;

a seguito di uno dei volantini consegnati davanti ai cancelli ai lavoratori, 
la RSU FLMUCub Francesco Fermentino il giorno venerdì 19 ottobre ha ricevuto 
una sospensione cautelare ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale 
di lavoro per presunta diffamazione. Atto anche questo eccessivo soprattutto 
se riferito ad una RSU che svolge la propria funzione di rappresentante 
operaio;

considerato quanto detto non vorremmo che le indagini che devono svolgere il 
proprio iter servano all'azienda per procedere ad una repressione del 
conflitto sociale, licenziando quante e quanti costruiscono in fabbrica la 
partecipazione operaia -:

come si intenda procedere per evitare che la SATA di Melfi risolva il 
legittimoconflitto attraverso i licenziamenti delle lavoratrici e dei 
lavoratori.

(2-00812)
«Migliore, Lombardi, Acerbo, Burgio, Cacciari, Cardano, Caruso, Cogodi, De 
Cristofaro, Khalil Rashid, Dioguardi, Duranti, Falomi, Daniele Farina, 
Ferrara, Folena, Forgione, Locatelli, Guadagno, Mungo, Olivieri, Pegolo, 
Perugia, Provera, Andrea Ricci, Mario Ricci, Rocchi, Franco Russo, 
Siniscalchi, Smeriglio, Sperandio, Zipponi».

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La risposta del Governo
 by Antonella dom 11 nov, 2007 16:05
Il Governo ha risposto l'8 novembre scorso.
Ecco il resoconto del dibattito.

Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Provvedimenti disciplinari disposti nei confronti di alcuni operai della 
Sata di Melfi sottoposti a perquisizione nell'ambito di procedimenti 
giudiziari - n. 2-00812)

PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di illustrare l'interpellanza 
Migliore n. 2-00812, concernente provvedimenti disciplinari disposti nei 
confronti di alcuni operai della Sata di Melfi sottoposti a perquisizione 
nell'ambito di procedimenti giudiziari (Vedi l'allegato A - Interpellanze 
urgenti sezione 11), di cui è cofirmataria.

ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, si è ritenuto di interpellare con 
urgenza il Ministero del lavoro su alcuni episodi apparentemente tra loro 
slegati, che sono avvenuti alla FIAT Sata di Melfi e che destano non poche 
preoccupazioni.
Nella prima mattina del 16 ottobre, nelle abitazioni di due operai dello 
stabilimento, Passannante e Auria, sono state effettuate perquisizioni su 
richiesta del pubblico ministero Basentini. I due risultano indagati per i 
reati di cui all'articolo 270-bis e 272 del codice penale, vale a dire per 
associazione in attività eversiva.
Nei loro confronti, comunque, tengo a sottolineare che non si è ritenuto di 
procedere a nessuna misura cautelare. Il giorno seguente, ai due lavoratori 
è stata notificata la sospensione cautelare, questa sì da parte 
dell'azienda, ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale di lavoro 
dei metalmeccanici, che si è tramutata in licenziamento il 23 ottobre.
Le pongo due domande, che non andrebbero probabilmente rivolte tutte a lei, 
ma che qui vanno poste anche per comprendere la dinamica dei fatti. 
Innanzitutto, come fa l'azienda ad avere notizia di fatti giudiziari che 
ancora non erano stati resi pubblici da nessuno, nemmeno dalla stampa? Come 
e perché c'è un'evidente fuga di notizie? Inoltre, sembra un po' eccessiva 
l'interpretazione dell'articolo 25 del Contratto nazionale, dal momento che 
lo si dovrebbe utilizzare, letteralmente, quando il lavoratore provochi 
grave nocumento morale e materiale all'azienda e quando compia, in 
connessione con lo svolgimento del proprio rapporto di lavoro, azioni che 
costituiscono delitto a termini di legge.
Ovviamente i lavoratori si dichiarano innocenti ed estranei ai fatti loro 
contestati. Le indagini faranno il proprio corso, anzi ci auguriamo che 
terminino al più presto per far luce sui fatti stessi; ma è fuori da ogni 
logica che l'azienda, prima ancora dei luoghi deputati, emetta una sentenza 
come ha fatto con i licenziamenti. Una battuta: in questo Paese giustamente, 
ma dovrebbe valere per tutti, si è innocenti fino a prova contraria; per i 
lavoratori non può e non deve valere il contrario, vale a dire: si è 
colpevoli fino a quando non si dimostra la propria innocenza.
Negli stessi giorni inoltre viene licenziato un altro lavoratore, Francesco 
Ferrentino, RSU Flmu-CUB, anche lui prima sospeso e poi licenziato nella 
stessa data del 23 ottobre; anche in questo caso la sospensione prima e il 
licenziamento dopo vengono motivati dall'azienda con l'articolo 25 del 
contratto nazionale di lavoro. Ma qual è la colpa di questa RSU? Si registra 
in fabbrica, da qualche mese, una ripresa del conflitto sindacale, con 
frequenti ricorsi a scioperi di UTE. Le ragioni di questo conflitto 
attengono ai carichi di lavoro particolarmente pesanti, che in quello 
stabilimento i lavoratori e le lavoratrici vivono. Il TMC-2 è la metrica di 
lavoro con la quale i lavoratori fanno i conti; una metrica pesante che è 
causa di una serie di patologie che interessano gli arti superiori: non a 
caso queste patologie sono particolarmente diffuse tra i lavoratori
Pag. 74 dello stabilimento di Melfi. Queste sono il tunnel carpale, la 
tendinite, crisi da sforzo, ernia ed altre.
I lavoratori attraverso le rappresentanze sindacali hanno svolto diversi 
scioperi per chiedere all'azienda di aumentare gli addetti nel settore. Uno 
di questi scioperi si è svolto proprio l'11 ottobre, ed ha causato tensioni 
con i capi delle unità tecnologiche elementari. Di questo sciopero, la RSU 
Ferrentino dava notizia in un volantino che è stato ritenuto lesivo 
dell'immagine dell'azienda, e quindi ha causato nei fatti il licenziamento 
della stessa RSU; potremmo dire che egli è stato licenziato perché svolgeva 
la propria funzione di delegato. Anche qui vi è una interpretazione 
discutibile dell'articolo 25 del contratto nazionale di lavoro: un'azione 
che assume un aspetto tanto più grave se si tiene conto che Ferrentino è 
stato eletto RSU solo qualche mese fa, ed è anche l'unico rappresentante 
eletto dal sindacato CUB. Questo sindacato, che ha avuto una parte del 
consenso dei lavoratori, è ad oggi dunque senza rappresentanza. Non vorremmo 
che la Sata utilizzi il licenziamento come un elemento per impedire il 
conflitto, e quindi le chiediamo come intende intervenire il Ministero.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza 
sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.

ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza 
sociale. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza presentata 
quale primo firmatario dall'onorevole Migliore ed illustrata dalla deputata 
Lombardi, passo ad illustrare preliminarmente le notizie che ci ha fornito, 
in merito alle vicende che sono state descritte in questo atto di sindacato 
ispettivo, la prefettura di Potenza. In particolare, il predetto ufficio ha 
confermato che, sulla base degli esiti di un'indagine avviata da tempo, la 
DIGOS della questura di Potenza, il 16 ottobre scorso, in esecuzione di 
provvedimenti emessi dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale 
antimafia, procedeva alle perquisizioni domiciliari e personali disposte nei 
confronti di venti persone indagate per le ipotesi di reato di cui agli 
articoli 270-bis e 272 del codice penale, tra cui anche gli operai Sata 
citati nell'interpellanza.
La notizia dell'operazione condotta dalla Polizia di Stato appariva in 
alcuni lanci dell'agenzia Ansa di Milano del 16 ottobre 2007, sui giornali 
locali e nazionali e sui siti web d'area. Inoltre, il decreto di 
perquisizione, secondo quanto riferito dall'ufficio in questione, era unico 
e riportava i nominativi di tutti gli interessati dal provvedimento. La 
direzione provinciale del lavoro di Potenza, in merito ai fatti descritti 
nell'atto ispettivo, ha prontamente effettuato un'ispezione presso la 
società Sata, con le seguenti risultanze. In via del tutto preliminare, 
desidero però specificare che il predetto ufficio, nel comunicare gli esiti 
degli accertamenti, ha precisato che - anche in considerazione dei ristretti 
tempi a disposizione - ha potuto acquisire soltanto la documentazione presso 
la direzione aziendale, mentre non è stato possibile acquisire le 
dichiarazioni di appartenenti alle rappresentanze sindacali unitarie.
In particolare, l'ufficio ha confermato la notizia dei licenziamenti operati 
sia nei confronti dei lavoratori oggetto dei provvedimenti della Direzione 
distrettuale antimafia, motivati con riferimento alle vicende che vedono gli 
stessi indagati penalmente, nonché del rappresentante sindacale citato 
nell'atto ispettivo, in quanto responsabile - secondo la direzione 
aziendale - di diffamazione nei confronti di un responsabile di unità 
tecnologica elementare (UTE). La società Sata ha quindi ritenuto, in 
considerazione della gravità dei fatti contestati ai lavoratori in 
questione, di dover applicare l'articolo 26 del Contratto collettivo 
nazionale di lavoro di settore. Rispetto a tali provvedimenti, gli 
interessati potranno adire - come è previsto dalle norme vigenti - 
l'autorità giudiziaria competente per le decisioni del caso.
Per quanto concerne la consistenza dei carichi di lavoro, la società ha 
specificato che la relativa problematica sarebbe stata vagliata dai vertici 
dell'azienda e che sarebbero stati adottati i necessari provvedimenti
Pag. 75 di razionalizzazione dell'organizzazione del lavoro, illustrandone 
le modalità agli interessati. Riguardo «la ripresa del conflitto all'interno 
della fabbrica», si è ritenuto utile acquisire un prospetto riepilogativo 
degli scioperi effettuati negli ultimi mesi. Dall'esame di esso, si rileva 
che, nel mese di ottobre, sono effettivamente stati indetti tre scioperi, 
mentre sembra potersi escludere un particolare incremento della 
conflittualità interna nel periodo precedente. Per quanto riguarda l'aumento 
della produttività, si è acquisito il dato medio giornaliero del numero di 
autoveicoli prodotti nell'ultimo semestre, nonché il dato medio giornaliero 
della forza lavoro applicata. Tali dati, come affermato dal responsabile 
delle relazioni sindacali della società Sata Spa, si sono mantenuti 
pressoché costanti nel periodo di riferimento. A tale ultimo riguardo, sono 
stati richiesti chiarimenti in relazione all'applicazione della metodologia 
denominata TMC2 di valutazione dei tempi di lavoro occorrenti per 
l'espletamento di ciascuna singola fase lavorativa i cui risultati - che, 
sempre a detta della direzione aziendale, sono stati resi disponibili a 
tutti i lavoratori dello stabilimento Sata mediante procedure informatiche - 
sono oggetto di valutazione congiunta fra direzione aziendale ed 
organizzazioni sindacali. È stato inoltre acquisito l'elenco completo della 
rappresentanza sindacale unitaria aziendale risultante dall'ultima 
consultazione elettorale. Al riguardo, l'ufficio ha reso noto che provvederà 
ad acquisire a campione le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali sulle 
problematiche in parola.
In conclusione, posto il rilievo della situazione prospettata, posso 
assicurare che l'Amministrazione che rappresento in questa sede continuerà a 
vigilare sul rispetto della normativa a tutela dei lavoratori, fornendo le 
ulteriori notizie che dovessero emergere - e che emergeranno - nel prosieguo 
degli accertamenti sui quali i nostri uffici, come ho già detto in premessa, 
sono impegnati. Chiedo dunque scusa se non può darsi la completezza della 
risposta, nel senso che l'ispezione non ha potuto ascoltare tutti i soggetti 
interessati. Ci è parso tuttavia doveroso riferire questi primi riscontri, 
sapendo che vi è ancora una parte di lavoro che i nostri uffici svolgeranno 
e di cui daremo conto.

PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di replicare.

ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, anzitutto ringrazio la sottosegretaria 
per la celerità, la puntualità e persino per la passione che ha impiegato 
nel rispondere all'interpellanza. Tuttavia, ci riteniamo parzialmente 
soddisfatti.
Intanto, mi pare che vada affermato con forza che non si possono stabilire 
connessioni politiche tra i movimenti sociali e l'eversione, e che ciò è 
tanto più ingiusto se lo si riferisce alla lotta dei ventuno giorni di Melfi 
(lei non lo ha fatto ed anche per questo motivo la ringrazio, ma lo ha fatto 
il Ministro Amato circa un anno fa, e lo ha fatto in questi giorni, 
ripetendolo, il dibattito su questo tema nella mia regione). Ovviamente, le 
indagini che sono in corso debbono proseguire - e proseguire in fretta - ma 
già possiamo dire, senza attenderne l'esito, che queste stesse indagini non 
sono legate ad una lotta operaia che, nelle modalità in cui si è svolta, ha 
affermato, da sé, l'estraneità a qualunque ambito fuori dalla pratica 
democratica. Lo ricordo prima di tutto a me stessa: a Melfi si è lottato, e 
lo hanno fatto i lavoratori e le lavoratrici insieme ad una intera comunità 
per riprendersi finalmente, dopo dieci anni, un diritto che era stato loro 
negato con il contratto Sata, vale a dire avere lo stesso diritto e lo 
stesso salario di altri lavoratori che svolgono identiche mansioni nello 
stesso gruppo FIAT. È stata, quindi, una lotta che ha restituito loro la 
dignità e il diritto, che si è svolta, per l'appunto, nella normale 
dialettica del conflitto e che si è chiusa con un accordo sindacale.
Pace, diritti e dignità sono stati gli slogan che i lavoratori e le 
lavoratrici hanno usato per rispondere alle forze dell'ordine che il 26 
aprile del 2004 hanno ricevuto ordine di procedere alla rimozione,
Pag. 76 con forza del presidio dell'assemblea permanente che si svolgeva 
davanti alla fabbrica. Il teorema dunque di confondere il conflitto 
legittimo - che comporta quasi sempre un miglioramento delle condizioni 
materiali di vita insieme ad un avanzamento democratico per tutti e tutte e 
per l'intera società - con altro è propaganda e nuoce alla democrazia. I 
licenziamenti si collocano in una ripresa del conflitto interno alla 
fabbrica su un tema di particolare interesse per i lavoratori e le 
lavoratrici, ossia i carichi di lavoro e la metrica, che rimane dentro 
quella fabbrica un punto di difficoltà. Gli scioperi cui lei ha fatto 
riferimento sono probabilmente quelli generali, non quelli che si stanno 
svolgendo in UTE e che, a detta della rappresentanza sindacale che lei avrà 
modo di ascoltare successivamente, come ha affermato, è molto più alta di 
quella da lei indicata. Il TMC2, infatti, non è solo una formula matematica: 
vi sono corpi sulle linee, e quei corpi sono soggetti a malattie da lavoro 
fisiche, come quelle anzidette, ma non tralascerei che queste ultime si 
mischiano e si aggiungono allo stress della difficile turnazione, che pure 
rimane una delle pratiche nella fabbrica di Melfi.
Ovviamente, tali temi originano anche conflitto tra sindacati e azienda, e 
mi pare che ciò sia una parte del normale svolgimento della democrazia, una 
dinamica legittima che non può presentare illegittimità da parte 
dell'azienda, che invece vuole rispondere a ciò attraverso gesti 
«esemplari», quali i licenziamenti. Questi ultimi, insieme ad una ripresa 
dei provvedimenti disciplinari, suonano infatti come un avvertimento a 
quante e a quanti lavorano legittimamente per costruire partecipazione e 
conflitto attorno a temi all'ordine del giorno, quali il rinnovo 
contrattuale, le turnazioni, la metrica, i salari, l'ulteriore introduzione 
di nuove forme di flessibilità. Lo stabilimento di Melfi, da questo ultimo 
punto di vista, è davvero il modello di una modernizzazione che tenta di 
cancellare i diritti.
La politica deve osservare con attenzione tali dinamiche e provare a 
fornire, attraverso l'ascolto delle rivendicazioni dei lavoratori, anche 
risposte a determinati bisogni; non solo ai bisogni che Confindustria urla 
nelle notizie quotidiane che narrano di richieste continue di flessibilità, 
di deroga ai contratti nazionali ed altro, ma ai bisogni dei lavoratori che 
non hanno prime pagine a disposizione, ma utilizzano il conflitto: saperlo 
ascoltare ci consente di varare buone leggi. Per questo motivo non ci 
possiamo permettere che vi siano interpretazioni discutibili e blande dei 
contratti e dello statuto dei lavoratori, dei quali nessuno (lo voglio 
sempre ricordare a me stessa) è stato da alcuno octroyé, ma conquistato da 
altri lavoratori in lotta.
Non possiamo consentire ciò nemmeno alla FIAT, né possiamo affidare tali 
episodi solo ad una magistratura del lavoro che, almeno a Melfi, presenta 
tempi elefantiaci. Si può e si deve intervenire, sottolineando, anche con la 
FIAT, che non si deve costruire un clima di caccia alle streghe. Si può 
anche promuovere, se lo si ritiene e io sento il bisogno di dirlo, 
un'indagine conoscitiva sulle condizioni di vita e il rispetto dei diritti 
nello stabilimento di Melfi, che è appunto il simbolo di una modernità e che 
rappresenta, all'interno del gruppo FIAT, sicuramente quello più moderno.
Si è scritto e discusso molto, infatti, sulla fabbrica di Melfi, in 
particolare sulla fabbrica snella. Tuttavia, è necessario comprendere i 
bisogni di chi lavora nella fabbrica snella. Sarebbe questo un modo 
importante per continuare a riflettere su questa modernità a partire da una 
delle esperienze che nel Mezzogiorno è indicata come una delle più alte 
provando a comprendere, però, il punto di vista di chi lavora.



Lettera aperta a Sergio Marchionne
 by Donatantonio Auria dom 11 nov, 2007 17:31
Lettera aperta a Sergio Marchionne

Lei sicuramente non saprà nemmeno che esisto, sono uno dei suoi centomila 
operai che a turni lavorano negli stabilimenti del gruppo Fiat a produrre 
auto e con esse gli utili per gli azionisti, per i finanzieri, gli stipendi 
dei manager. Sono Donantonio Auria, operaio di Melfi, sospeso e poi 
licenziato dalla direzione dello stabilimento con una motivazione che fa 
talmente a calci e pugni col normale sistema di rapporti giuridico- 
contrattuali da diventare un esempio tipico di come nelle fabbriche ed in 
particolare nelle sue, si manifesti un arbitrio senza limiti.
Il fatto è semplicemente spiegato: un magistrato di Potenza ordina la 
perquisizione di casa mia nell'ambito di un'inchiesta sulle associazioni 
sovversive con finalità terroristiche in Basilicata, nulla viene 
sequestrato, nessuna prova viene acquisita. Risulto e sono estraneo alla 
vicenda. Come per ogni cittadino in Italia dovrebbe valere la regola che non 
solo non sono colpevole fino a sentenza definitiva, ma qui sono solo 
coinvolto marginalmente in una inchiesta di cui non si conoscono ancora i 
termini.
La direzione dello stabilimento di Melfi mi sospende con effetto immediato, 
mi licenzia. Non aspetta gli sviluppi dell'inchiesta, la pronuncia della 
magistratura. Nel suo regno, signor Marchionne, lo Stato di diritto non ha 
spazio. Il dirigente Fiat è nello stesso tempo legislatore e giudice, la sua 
volontà inappellabile.
La giustificazione semiseria di questo comportamento è il venir meno del 
rapporto di fiducia tra me e la Fiat, ma non le basta che per mille euro al 
mese tutti i gironi vengo in fabbrica a sgobbare sulle linee con migliaia di 
altri operai, vuole anche che gioisca di questa condizione e tutti i giorni 
dichiari di essere fiducioso del vostro comportamento? Non le sembra di 
chiedere oltre il convenuto?!
Per sorridere un po', si immagini se lo stesso modo di agire si applicasse 
in Parlamento, se solo un'iscrizione nel registro degli indagati comportasse 
il licenziamento, più di due terzi andrebbero a casa subito. Invece stanno 
lì anche i condannati per via definitiva, è per questi che è venuta meno la 
fiducia di tanti elettori. Il paragone non si può fare, le fabbriche sono un 
territorio a parte, dove valgono altre regole del gioco. Ma almeno non si 
blateri più di nuovo capitalismo, di profitto coniugato con la libertà 
individuale, il rapporto di lavoro è dispotico e non può essere altro.
Ma, signor Marchionne, conosco bene le ragioni che hanno spinto i suoi 
subalterni a cogliere la palla al balzo e licenziarmi. Io, con Antonio 
Auria, sono uno degli operai che è stato in prima fila nella lotta dei 21 
giorni, ha sostenuto che all'accordo sul welfare occorresse dire un bel no 
tondo, sono fra coloro che resiste ad ogni intensificazione dei ritmi, 
sostengo che è necessario chiedere più soldi. Occorreva tapparmi la bocca. 
Mi chiedo: Marchionne, è così rovinato da non poter sopportare nei suoi 
stabilimenti nemmeno un sano sindacalismo operaio? Lei sicuramente sa che i 
suoi predecessori, capitani d'industria nell'800 e nei primi decenni del 
'900, sopportarono ben altro che qualche lotta per il salario, qualche 
resistenza ai ritmi di lavoro. Certo metterò in atto tutte le misure legali 
per difendermi, per far rientrare il licenziamento, per tornare al mio posto 
di lavoro, ma il guasto è fatto. Le sue intelligenti parole sul capitalismo 
del futuro possono andar bene sulle pagine del Corriere della Sera, ma 
naufragano sui cancelli della Sata di Melfi. Piuttosto che affrontare il 
rancore degli operai sulle pensioni, sui salari, sulla pesantezza del 
lavoro, ha preferito tagliare le teste, ma ne dovrà tagliare tante, operai 
che la pensano come me si formano e riformano in continuazione. Se non lo sa 
è il regime di fabbrica che li produce.







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