[Redditolavoro] Fw: Interpellanza alla Camera sui licenziamenti
alla Fiat di Melfi
Slai Cobas Taranto
cobasta at libero.it
Mon Nov 12 08:29:44 CET 2007
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From: <basmau at libero.it>
To: "ro.red" <ro.red at libero.it>
Sent: Sunday, November 11, 2007 10:09 PM
Subject: Interpellanza alla Camera sui licenziamenti alla Fiat di Melfi
Da Indymedia (Svizzera e siti it. attivi)e Bellaciao it
Interpellanza alla Camera sui licenziamenti alla Fiat di Melfi
italia | repressione | notizie domenica 11 novembre, 2007 15:18 by Maumao
Subito dopo le perquisizioni, scattate in tutta Italia il 16 ottobre scorso
per ordine della Magistratura di Potenza, ai danni dello SLAI COBAS per il
sindacato di classe e dell'AVae-m, la Fiat di Melfi ha effettuato alcuni
licenziamenti in tronco.
Al riguardo è stata presentata alla Camera, il 30 ottobre scorso,
un'interpellanza urgente a firma dell'on.
Gennaro Migliore e altri 31 deputati di Rifondazione comunista.
Atto Camera
Interpellanza urgente 2-00812
presentata da
GENNARO MIGLIORE
martedì 30 ottobre 2007 nella seduta n.234
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
all'alba del 16 ottobre 2007 sono state effettuate perquisizioni nelle
abitazioni degli operai SATA Michele Passannante, Donato Auria e dell'ex
operaio SATA Innocenti Tonino. Detta operazione è stata effettuata dalla
Digos di Potenza e coordinata dalla DDA e dal Pm Basentini che ha disposto
la perquisizione nei confronti degli indagati per i reati di cui agli
articoli 270-bis e 272 del codice penale;
il giorno seguente il 17 ottobre 2007 gli operai interessati, che come ogni
giorno si sono recati a lavoro, hanno avuto dall'azienda la notifica di
sospensione cautelare ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale di
lavoro dei metalmeccanici. Detta sospensione appare eccessiva dal momento
che gli operai Passannante e Auria, sono indagati e non condannati. In
questo secondo caso l'azienda avrebbe potuto fare riferimento all'articolo
25 lettera a) del contratto nazionale per procedere all'interruzione del
rapporto di lavoro;
la notizia dell'inchiesta in corso e delle perquisizioni avvenute anche a
carico degli operai della SATA è stata data dai giornali che non hanno
fornito nomi e cognomi degli indagati se non nei giorni successivi. Si
presenta dunque come singolare che la SATA di Melfi fosse a conoscenza, con
dovizia di particolari, di notizie non ancora emerse attraverso la stampa;
tale fuga di notizie appare agli interpellanti una grave violazione della
privacy;
questi fatti, il cui merito giudiziario sarà chiarito dalle indagini che
devono proseguire celermente, si svolgono in un clima particolare di ripresa
del conflitto all'interno della stessa fabbrica;
detto conflitto si manifesta con una ripresa degli scioperi interni alla
fabbrica, dove si registra un aumento degli scioperi di UTE a causa del
permanere di un carico di lavoro troppo elevato;
uno degli ultimi scioperi si è svolto giovedì 11 ottobre proprio a causa dei
carichi di lavoro. La RSU di fabbrica denuncia che a fronte di un aumento
della produttività, l'azienda non ha proceduto ad aumentare gli addetti nel
settore causando un appesantimento ulteriore dei carichi di lavoro (alla
SATA vige il TMC2);
tale sciopero ha causato tensioni tra la RSU e i capi UTE di cui è stata
data notizia in legittimi volantini sindacali;
a seguito di uno dei volantini consegnati davanti ai cancelli ai lavoratori,
la RSU FLMUCub Francesco Fermentino il giorno venerdì 19 ottobre ha ricevuto
una sospensione cautelare ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale
di lavoro per presunta diffamazione. Atto anche questo eccessivo soprattutto
se riferito ad una RSU che svolge la propria funzione di rappresentante
operaio;
considerato quanto detto non vorremmo che le indagini che devono svolgere il
proprio iter servano all'azienda per procedere ad una repressione del
conflitto sociale, licenziando quante e quanti costruiscono in fabbrica la
partecipazione operaia -:
come si intenda procedere per evitare che la SATA di Melfi risolva il
legittimoconflitto attraverso i licenziamenti delle lavoratrici e dei
lavoratori.
(2-00812)
«Migliore, Lombardi, Acerbo, Burgio, Cacciari, Cardano, Caruso, Cogodi, De
Cristofaro, Khalil Rashid, Dioguardi, Duranti, Falomi, Daniele Farina,
Ferrara, Folena, Forgione, Locatelli, Guadagno, Mungo, Olivieri, Pegolo,
Perugia, Provera, Andrea Ricci, Mario Ricci, Rocchi, Franco Russo,
Siniscalchi, Smeriglio, Sperandio, Zipponi».
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La risposta del Governo
by Antonella dom 11 nov, 2007 16:05
Il Governo ha risposto l'8 novembre scorso.
Ecco il resoconto del dibattito.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Provvedimenti disciplinari disposti nei confronti di alcuni operai della
Sata di Melfi sottoposti a perquisizione nell'ambito di procedimenti
giudiziari - n. 2-00812)
PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di illustrare l'interpellanza
Migliore n. 2-00812, concernente provvedimenti disciplinari disposti nei
confronti di alcuni operai della Sata di Melfi sottoposti a perquisizione
nell'ambito di procedimenti giudiziari (Vedi l'allegato A - Interpellanze
urgenti sezione 11), di cui è cofirmataria.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, si è ritenuto di interpellare con
urgenza il Ministero del lavoro su alcuni episodi apparentemente tra loro
slegati, che sono avvenuti alla FIAT Sata di Melfi e che destano non poche
preoccupazioni.
Nella prima mattina del 16 ottobre, nelle abitazioni di due operai dello
stabilimento, Passannante e Auria, sono state effettuate perquisizioni su
richiesta del pubblico ministero Basentini. I due risultano indagati per i
reati di cui all'articolo 270-bis e 272 del codice penale, vale a dire per
associazione in attività eversiva.
Nei loro confronti, comunque, tengo a sottolineare che non si è ritenuto di
procedere a nessuna misura cautelare. Il giorno seguente, ai due lavoratori
è stata notificata la sospensione cautelare, questa sì da parte
dell'azienda, ai sensi dell'articolo 26 del contratto nazionale di lavoro
dei metalmeccanici, che si è tramutata in licenziamento il 23 ottobre.
Le pongo due domande, che non andrebbero probabilmente rivolte tutte a lei,
ma che qui vanno poste anche per comprendere la dinamica dei fatti.
Innanzitutto, come fa l'azienda ad avere notizia di fatti giudiziari che
ancora non erano stati resi pubblici da nessuno, nemmeno dalla stampa? Come
e perché c'è un'evidente fuga di notizie? Inoltre, sembra un po' eccessiva
l'interpretazione dell'articolo 25 del Contratto nazionale, dal momento che
lo si dovrebbe utilizzare, letteralmente, quando il lavoratore provochi
grave nocumento morale e materiale all'azienda e quando compia, in
connessione con lo svolgimento del proprio rapporto di lavoro, azioni che
costituiscono delitto a termini di legge.
Ovviamente i lavoratori si dichiarano innocenti ed estranei ai fatti loro
contestati. Le indagini faranno il proprio corso, anzi ci auguriamo che
terminino al più presto per far luce sui fatti stessi; ma è fuori da ogni
logica che l'azienda, prima ancora dei luoghi deputati, emetta una sentenza
come ha fatto con i licenziamenti. Una battuta: in questo Paese giustamente,
ma dovrebbe valere per tutti, si è innocenti fino a prova contraria; per i
lavoratori non può e non deve valere il contrario, vale a dire: si è
colpevoli fino a quando non si dimostra la propria innocenza.
Negli stessi giorni inoltre viene licenziato un altro lavoratore, Francesco
Ferrentino, RSU Flmu-CUB, anche lui prima sospeso e poi licenziato nella
stessa data del 23 ottobre; anche in questo caso la sospensione prima e il
licenziamento dopo vengono motivati dall'azienda con l'articolo 25 del
contratto nazionale di lavoro. Ma qual è la colpa di questa RSU? Si registra
in fabbrica, da qualche mese, una ripresa del conflitto sindacale, con
frequenti ricorsi a scioperi di UTE. Le ragioni di questo conflitto
attengono ai carichi di lavoro particolarmente pesanti, che in quello
stabilimento i lavoratori e le lavoratrici vivono. Il TMC-2 è la metrica di
lavoro con la quale i lavoratori fanno i conti; una metrica pesante che è
causa di una serie di patologie che interessano gli arti superiori: non a
caso queste patologie sono particolarmente diffuse tra i lavoratori
Pag. 74 dello stabilimento di Melfi. Queste sono il tunnel carpale, la
tendinite, crisi da sforzo, ernia ed altre.
I lavoratori attraverso le rappresentanze sindacali hanno svolto diversi
scioperi per chiedere all'azienda di aumentare gli addetti nel settore. Uno
di questi scioperi si è svolto proprio l'11 ottobre, ed ha causato tensioni
con i capi delle unità tecnologiche elementari. Di questo sciopero, la RSU
Ferrentino dava notizia in un volantino che è stato ritenuto lesivo
dell'immagine dell'azienda, e quindi ha causato nei fatti il licenziamento
della stessa RSU; potremmo dire che egli è stato licenziato perché svolgeva
la propria funzione di delegato. Anche qui vi è una interpretazione
discutibile dell'articolo 25 del contratto nazionale di lavoro: un'azione
che assume un aspetto tanto più grave se si tiene conto che Ferrentino è
stato eletto RSU solo qualche mese fa, ed è anche l'unico rappresentante
eletto dal sindacato CUB. Questo sindacato, che ha avuto una parte del
consenso dei lavoratori, è ad oggi dunque senza rappresentanza. Non vorremmo
che la Sata utilizzi il licenziamento come un elemento per impedire il
conflitto, e quindi le chiediamo come intende intervenire il Ministero.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza
sociale, Rosa Rinaldi, ha facoltà di rispondere.
ROSA RINALDI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza
sociale. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza presentata
quale primo firmatario dall'onorevole Migliore ed illustrata dalla deputata
Lombardi, passo ad illustrare preliminarmente le notizie che ci ha fornito,
in merito alle vicende che sono state descritte in questo atto di sindacato
ispettivo, la prefettura di Potenza. In particolare, il predetto ufficio ha
confermato che, sulla base degli esiti di un'indagine avviata da tempo, la
DIGOS della questura di Potenza, il 16 ottobre scorso, in esecuzione di
provvedimenti emessi dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale
antimafia, procedeva alle perquisizioni domiciliari e personali disposte nei
confronti di venti persone indagate per le ipotesi di reato di cui agli
articoli 270-bis e 272 del codice penale, tra cui anche gli operai Sata
citati nell'interpellanza.
La notizia dell'operazione condotta dalla Polizia di Stato appariva in
alcuni lanci dell'agenzia Ansa di Milano del 16 ottobre 2007, sui giornali
locali e nazionali e sui siti web d'area. Inoltre, il decreto di
perquisizione, secondo quanto riferito dall'ufficio in questione, era unico
e riportava i nominativi di tutti gli interessati dal provvedimento. La
direzione provinciale del lavoro di Potenza, in merito ai fatti descritti
nell'atto ispettivo, ha prontamente effettuato un'ispezione presso la
società Sata, con le seguenti risultanze. In via del tutto preliminare,
desidero però specificare che il predetto ufficio, nel comunicare gli esiti
degli accertamenti, ha precisato che - anche in considerazione dei ristretti
tempi a disposizione - ha potuto acquisire soltanto la documentazione presso
la direzione aziendale, mentre non è stato possibile acquisire le
dichiarazioni di appartenenti alle rappresentanze sindacali unitarie.
In particolare, l'ufficio ha confermato la notizia dei licenziamenti operati
sia nei confronti dei lavoratori oggetto dei provvedimenti della Direzione
distrettuale antimafia, motivati con riferimento alle vicende che vedono gli
stessi indagati penalmente, nonché del rappresentante sindacale citato
nell'atto ispettivo, in quanto responsabile - secondo la direzione
aziendale - di diffamazione nei confronti di un responsabile di unità
tecnologica elementare (UTE). La società Sata ha quindi ritenuto, in
considerazione della gravità dei fatti contestati ai lavoratori in
questione, di dover applicare l'articolo 26 del Contratto collettivo
nazionale di lavoro di settore. Rispetto a tali provvedimenti, gli
interessati potranno adire - come è previsto dalle norme vigenti -
l'autorità giudiziaria competente per le decisioni del caso.
Per quanto concerne la consistenza dei carichi di lavoro, la società ha
specificato che la relativa problematica sarebbe stata vagliata dai vertici
dell'azienda e che sarebbero stati adottati i necessari provvedimenti
Pag. 75 di razionalizzazione dell'organizzazione del lavoro, illustrandone
le modalità agli interessati. Riguardo «la ripresa del conflitto all'interno
della fabbrica», si è ritenuto utile acquisire un prospetto riepilogativo
degli scioperi effettuati negli ultimi mesi. Dall'esame di esso, si rileva
che, nel mese di ottobre, sono effettivamente stati indetti tre scioperi,
mentre sembra potersi escludere un particolare incremento della
conflittualità interna nel periodo precedente. Per quanto riguarda l'aumento
della produttività, si è acquisito il dato medio giornaliero del numero di
autoveicoli prodotti nell'ultimo semestre, nonché il dato medio giornaliero
della forza lavoro applicata. Tali dati, come affermato dal responsabile
delle relazioni sindacali della società Sata Spa, si sono mantenuti
pressoché costanti nel periodo di riferimento. A tale ultimo riguardo, sono
stati richiesti chiarimenti in relazione all'applicazione della metodologia
denominata TMC2 di valutazione dei tempi di lavoro occorrenti per
l'espletamento di ciascuna singola fase lavorativa i cui risultati - che,
sempre a detta della direzione aziendale, sono stati resi disponibili a
tutti i lavoratori dello stabilimento Sata mediante procedure informatiche -
sono oggetto di valutazione congiunta fra direzione aziendale ed
organizzazioni sindacali. È stato inoltre acquisito l'elenco completo della
rappresentanza sindacale unitaria aziendale risultante dall'ultima
consultazione elettorale. Al riguardo, l'ufficio ha reso noto che provvederà
ad acquisire a campione le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali sulle
problematiche in parola.
In conclusione, posto il rilievo della situazione prospettata, posso
assicurare che l'Amministrazione che rappresento in questa sede continuerà a
vigilare sul rispetto della normativa a tutela dei lavoratori, fornendo le
ulteriori notizie che dovessero emergere - e che emergeranno - nel prosieguo
degli accertamenti sui quali i nostri uffici, come ho già detto in premessa,
sono impegnati. Chiedo dunque scusa se non può darsi la completezza della
risposta, nel senso che l'ispezione non ha potuto ascoltare tutti i soggetti
interessati. Ci è parso tuttavia doveroso riferire questi primi riscontri,
sapendo che vi è ancora una parte di lavoro che i nostri uffici svolgeranno
e di cui daremo conto.
PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di replicare.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, anzitutto ringrazio la sottosegretaria
per la celerità, la puntualità e persino per la passione che ha impiegato
nel rispondere all'interpellanza. Tuttavia, ci riteniamo parzialmente
soddisfatti.
Intanto, mi pare che vada affermato con forza che non si possono stabilire
connessioni politiche tra i movimenti sociali e l'eversione, e che ciò è
tanto più ingiusto se lo si riferisce alla lotta dei ventuno giorni di Melfi
(lei non lo ha fatto ed anche per questo motivo la ringrazio, ma lo ha fatto
il Ministro Amato circa un anno fa, e lo ha fatto in questi giorni,
ripetendolo, il dibattito su questo tema nella mia regione). Ovviamente, le
indagini che sono in corso debbono proseguire - e proseguire in fretta - ma
già possiamo dire, senza attenderne l'esito, che queste stesse indagini non
sono legate ad una lotta operaia che, nelle modalità in cui si è svolta, ha
affermato, da sé, l'estraneità a qualunque ambito fuori dalla pratica
democratica. Lo ricordo prima di tutto a me stessa: a Melfi si è lottato, e
lo hanno fatto i lavoratori e le lavoratrici insieme ad una intera comunità
per riprendersi finalmente, dopo dieci anni, un diritto che era stato loro
negato con il contratto Sata, vale a dire avere lo stesso diritto e lo
stesso salario di altri lavoratori che svolgono identiche mansioni nello
stesso gruppo FIAT. È stata, quindi, una lotta che ha restituito loro la
dignità e il diritto, che si è svolta, per l'appunto, nella normale
dialettica del conflitto e che si è chiusa con un accordo sindacale.
Pace, diritti e dignità sono stati gli slogan che i lavoratori e le
lavoratrici hanno usato per rispondere alle forze dell'ordine che il 26
aprile del 2004 hanno ricevuto ordine di procedere alla rimozione,
Pag. 76 con forza del presidio dell'assemblea permanente che si svolgeva
davanti alla fabbrica. Il teorema dunque di confondere il conflitto
legittimo - che comporta quasi sempre un miglioramento delle condizioni
materiali di vita insieme ad un avanzamento democratico per tutti e tutte e
per l'intera società - con altro è propaganda e nuoce alla democrazia. I
licenziamenti si collocano in una ripresa del conflitto interno alla
fabbrica su un tema di particolare interesse per i lavoratori e le
lavoratrici, ossia i carichi di lavoro e la metrica, che rimane dentro
quella fabbrica un punto di difficoltà. Gli scioperi cui lei ha fatto
riferimento sono probabilmente quelli generali, non quelli che si stanno
svolgendo in UTE e che, a detta della rappresentanza sindacale che lei avrà
modo di ascoltare successivamente, come ha affermato, è molto più alta di
quella da lei indicata. Il TMC2, infatti, non è solo una formula matematica:
vi sono corpi sulle linee, e quei corpi sono soggetti a malattie da lavoro
fisiche, come quelle anzidette, ma non tralascerei che queste ultime si
mischiano e si aggiungono allo stress della difficile turnazione, che pure
rimane una delle pratiche nella fabbrica di Melfi.
Ovviamente, tali temi originano anche conflitto tra sindacati e azienda, e
mi pare che ciò sia una parte del normale svolgimento della democrazia, una
dinamica legittima che non può presentare illegittimità da parte
dell'azienda, che invece vuole rispondere a ciò attraverso gesti
«esemplari», quali i licenziamenti. Questi ultimi, insieme ad una ripresa
dei provvedimenti disciplinari, suonano infatti come un avvertimento a
quante e a quanti lavorano legittimamente per costruire partecipazione e
conflitto attorno a temi all'ordine del giorno, quali il rinnovo
contrattuale, le turnazioni, la metrica, i salari, l'ulteriore introduzione
di nuove forme di flessibilità. Lo stabilimento di Melfi, da questo ultimo
punto di vista, è davvero il modello di una modernizzazione che tenta di
cancellare i diritti.
La politica deve osservare con attenzione tali dinamiche e provare a
fornire, attraverso l'ascolto delle rivendicazioni dei lavoratori, anche
risposte a determinati bisogni; non solo ai bisogni che Confindustria urla
nelle notizie quotidiane che narrano di richieste continue di flessibilità,
di deroga ai contratti nazionali ed altro, ma ai bisogni dei lavoratori che
non hanno prime pagine a disposizione, ma utilizzano il conflitto: saperlo
ascoltare ci consente di varare buone leggi. Per questo motivo non ci
possiamo permettere che vi siano interpretazioni discutibili e blande dei
contratti e dello statuto dei lavoratori, dei quali nessuno (lo voglio
sempre ricordare a me stessa) è stato da alcuno octroyé, ma conquistato da
altri lavoratori in lotta.
Non possiamo consentire ciò nemmeno alla FIAT, né possiamo affidare tali
episodi solo ad una magistratura del lavoro che, almeno a Melfi, presenta
tempi elefantiaci. Si può e si deve intervenire, sottolineando, anche con la
FIAT, che non si deve costruire un clima di caccia alle streghe. Si può
anche promuovere, se lo si ritiene e io sento il bisogno di dirlo,
un'indagine conoscitiva sulle condizioni di vita e il rispetto dei diritti
nello stabilimento di Melfi, che è appunto il simbolo di una modernità e che
rappresenta, all'interno del gruppo FIAT, sicuramente quello più moderno.
Si è scritto e discusso molto, infatti, sulla fabbrica di Melfi, in
particolare sulla fabbrica snella. Tuttavia, è necessario comprendere i
bisogni di chi lavora nella fabbrica snella. Sarebbe questo un modo
importante per continuare a riflettere su questa modernità a partire da una
delle esperienze che nel Mezzogiorno è indicata come una delle più alte
provando a comprendere, però, il punto di vista di chi lavora.
Lettera aperta a Sergio Marchionne
by Donatantonio Auria dom 11 nov, 2007 17:31
Lettera aperta a Sergio Marchionne
Lei sicuramente non saprà nemmeno che esisto, sono uno dei suoi centomila
operai che a turni lavorano negli stabilimenti del gruppo Fiat a produrre
auto e con esse gli utili per gli azionisti, per i finanzieri, gli stipendi
dei manager. Sono Donantonio Auria, operaio di Melfi, sospeso e poi
licenziato dalla direzione dello stabilimento con una motivazione che fa
talmente a calci e pugni col normale sistema di rapporti giuridico-
contrattuali da diventare un esempio tipico di come nelle fabbriche ed in
particolare nelle sue, si manifesti un arbitrio senza limiti.
Il fatto è semplicemente spiegato: un magistrato di Potenza ordina la
perquisizione di casa mia nell'ambito di un'inchiesta sulle associazioni
sovversive con finalità terroristiche in Basilicata, nulla viene
sequestrato, nessuna prova viene acquisita. Risulto e sono estraneo alla
vicenda. Come per ogni cittadino in Italia dovrebbe valere la regola che non
solo non sono colpevole fino a sentenza definitiva, ma qui sono solo
coinvolto marginalmente in una inchiesta di cui non si conoscono ancora i
termini.
La direzione dello stabilimento di Melfi mi sospende con effetto immediato,
mi licenzia. Non aspetta gli sviluppi dell'inchiesta, la pronuncia della
magistratura. Nel suo regno, signor Marchionne, lo Stato di diritto non ha
spazio. Il dirigente Fiat è nello stesso tempo legislatore e giudice, la sua
volontà inappellabile.
La giustificazione semiseria di questo comportamento è il venir meno del
rapporto di fiducia tra me e la Fiat, ma non le basta che per mille euro al
mese tutti i gironi vengo in fabbrica a sgobbare sulle linee con migliaia di
altri operai, vuole anche che gioisca di questa condizione e tutti i giorni
dichiari di essere fiducioso del vostro comportamento? Non le sembra di
chiedere oltre il convenuto?!
Per sorridere un po', si immagini se lo stesso modo di agire si applicasse
in Parlamento, se solo un'iscrizione nel registro degli indagati comportasse
il licenziamento, più di due terzi andrebbero a casa subito. Invece stanno
lì anche i condannati per via definitiva, è per questi che è venuta meno la
fiducia di tanti elettori. Il paragone non si può fare, le fabbriche sono un
territorio a parte, dove valgono altre regole del gioco. Ma almeno non si
blateri più di nuovo capitalismo, di profitto coniugato con la libertà
individuale, il rapporto di lavoro è dispotico e non può essere altro.
Ma, signor Marchionne, conosco bene le ragioni che hanno spinto i suoi
subalterni a cogliere la palla al balzo e licenziarmi. Io, con Antonio
Auria, sono uno degli operai che è stato in prima fila nella lotta dei 21
giorni, ha sostenuto che all'accordo sul welfare occorresse dire un bel no
tondo, sono fra coloro che resiste ad ogni intensificazione dei ritmi,
sostengo che è necessario chiedere più soldi. Occorreva tapparmi la bocca.
Mi chiedo: Marchionne, è così rovinato da non poter sopportare nei suoi
stabilimenti nemmeno un sano sindacalismo operaio? Lei sicuramente sa che i
suoi predecessori, capitani d'industria nell'800 e nei primi decenni del
'900, sopportarono ben altro che qualche lotta per il salario, qualche
resistenza ai ritmi di lavoro. Certo metterò in atto tutte le misure legali
per difendermi, per far rientrare il licenziamento, per tornare al mio posto
di lavoro, ma il guasto è fatto. Le sue intelligenti parole sul capitalismo
del futuro possono andar bene sulle pagine del Corriere della Sera, ma
naufragano sui cancelli della Sata di Melfi. Piuttosto che affrontare il
rancore degli operai sulle pensioni, sui salari, sulla pesantezza del
lavoro, ha preferito tagliare le teste, ma ne dovrà tagliare tante, operai
che la pensano come me si formano e riformano in continuazione. Se non lo sa
è il regime di fabbrica che li produce.
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