[Ezln-it] EZLN: Parte V - Lo sguardo e la distanza dalla porta
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Fri Oct 9 23:19:27 CEST 2020
QuintaParte: LO SGUARDO E LA DISTANZA DALLA PORTA.
Ottobre2020
Supponiamoche sia possibile scegliere, ad esempio, il modo di guardare.Supponiamo di potervi liberare, anche per un attimo, dalla tiranniadei socialnetworkche impongono non solo cosa guardare e di cosa parlare, ma anche comeguardare e come parlare.Quindi, supponi di guardare in alto. Molto in alto: dal più vicinoal locale al regionale al nazionale al globale. Lo vedi? È vero, uncaos, un pasticcio, un disordine. Quindi supponiamo che tu sia unessere umano; ebbene, non è un'applicazione digitale che,rapidamente, guarda, classifica, gerarchizza, giudica e sanziona.Quindi scegli cosa guardare... e come guardare. Potrebbe essere, èun'ipotesi, che guardare e giudicare non siano la stessa cosa. Quinditu non solo scegli, ma decidi. Cambiare la domanda da “questoè male o bene?”,a “cos'èquesto?”.Certo, la prima domanda porta a un invitante dibattito (ci sonoancora dibattiti?). E da lì al “Questoè male – o bene – perché lo dico io”.O, forse, c'è una discussione su ciò che è bene e male, e da lìagli argomenti e alle note a piè di pagina. È vero, hai ragione, èmeglio che ricorrere ai "like"e "maninain alto",ma ti ho proposto di cambiare il punto di partenza: scegliere la metadel tuo guardare.
Adesempio: decidi di guardare i musulmani. Puoi scegliere, ad esempio,tra chi ha perpetrato l'attacco contro CharlieHebdoo tra chi ora sta marciando per le strade della Francia perrivendicare, reclamare, imporre i propri diritti.Dato che sei arrivato a leggere queste righe, è molto probabile chepreferisci i "sanspapiers".Ovviamente ti senti anche obbligato a dichiarare che Macron è unidiota. Ma, distogliendo questa rapida occhiata verso l'alto, guardidi nuovo i sit-in,gli accampamenti e le marce dei migranti. Ti chiedi quanti sono. Tisembrano troppi, o pochi, o tantissimi, o abbastanza. Sei passatodall'identità religiosa alla quantità. E poi ti chiedi cosavogliono, per cosa lottano. E qui decidi se andare sui media e sullereti per scoprirlo ... o ascoltarli. Supponi di poter fare loro delledomande. Chiedi quale è il loro credo religioso, e quanti sono?Oppure chiedi loro perché hanno lasciato la loro terra e hannodeciso di raggiungere suoli e cieli che hanno un'altra lingua,un'altra cultura, altre leggi, un altro modo di vivere? Forse tirisponderanno con una sola parola: guerra. O forse ti spiegheranno indettaglio cosa significa questa parola nella loro realtà. Guerra.Decidi di indagare: guerra dove? O meglio ancora. Perché questaguerra? Poiti sommergono di spiegazioni: credenze religiose, controversieterritoriali, saccheggio di risorse o, chiaro e semplice, stupidità.Ma non ti accontenti e chiedi chi trae vantaggio da distruzione,spopolamento, ricostruzione, ripopolamento.Trovi i dati di diversi enti. Indaghi sugli enti e scopri che sitrovano in diversi paesi e che producono non solo armi, ma ancheautomobili, missili interstellari, forni a microonde, servizi diconsegna pacchi, banche, socialnetwork,"contenuti multimediali", abbigliamento, telefoni cellularie computer, calzature , alimenti biologici e non biologici, compagniedi navigazione, vendite online, treni, capi di governo e gabinetti,centri di ricerca scientifica e non scientifica, catene di hotel eristoranti, "fastfood",compagnie aeree, impianti termoelettrici e, naturalmente, fondazionidi aiuti "Umanitari". Si potrebbe dire, quindi, che laresponsabilità è dell'umanità o del mondo intero.
Mati chiedi se anche il mondo o l'umanità non siano responsabili diquella marcia, sit-in,accampamento di migranti, di quella resistenza. E poi concludi che,può essere, è probabile, forse, è un intero sistema che èresponsabile. Un sistema che produce e riproduce il dolore, chi loinfligge e chi lo subisce.
Oravolgi lo sguardo alla marcia che percorre le strade della Francia.Supponiamo che siano pochi, pochissimi, che sia solo una donna cheporta il suo piccolo. Ti interessa ora il suo credo religioso, la sualingua, i suoi vestiti, la sua cultura, il suo modo di fare? Tiimporta che sia solo una donna che porta il suo bambino tra lebraccia? Ora dimentica per un momento la donna e concentra lo sguardosolo sul bambino. Ha importanza se è maschio o femmina o altroa?Il suo colore della pelle? Forse scoprirai, ora, che ciò che conta èla sua vita.
Oravai oltre, dopotutto hai già raggiunto queste righe, quindi qualcunain più non ti farà male. Ok, non troppo danno.
Supponiche questa donna ti parli e che tu abbia il privilegio di capire cosasta dicendo. Pensi che ti chiederà scusa per il colore della suapelle, il suo credo religioso o no, la sua nazionalità, i suoiantenati, la sua lingua, il suo genere, il suo modo di fare? Tu, tipremuri di chiedere scusa per quello che sei? Ti aspetti che tiperdoni e che lei torni alla sua vita con questo conto saldato? O chelei non ti perdonerà e ti dici "beh,almeno ci ho provato e mi dispiace sinceramente per quello chesono?".
Ohai paura che non ti parli, che ti guardi soltanto in silenzio, esenti che quello sguardo ti chiede "Etu, che fai?".
Searrivi a questo ragionamento-sentimento-angoscia-disperazione,allora, mi dispiace, non c'è rimedio: sei un essere umano.......proseguire la lettura del testo completo: https://chiapasbg.com/2020/10/09/v-parte-sguardo-e-distanza-dalla-porta/
Testooriginalehttp://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/10/09/quinta-parte-la-mirada-y-la-distancia-a-la-puerta/
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