[Ezln-it] Messico al voto: Intervista a Juan Villoro

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Wed Jun 6 11:59:12 CEST 2018


Messico, «manca unasinistra capace di nuovi immaginari»

Messico al voto.Un panorama politico desolante,schiacciato su insolite alleanze. 

Intervista a Juan Villoro*


 
Luca Martinelli.Il Manifesto06.06.2018

«Ho votato per la prima volta nel 1976, e in quell’occasione c’era un solo candidatoalla presidenza del Messico, José López Portillo, del Partito rivoluzionario istituzionale(PRI). Stanca delle frodi elettorali, l’opposizione decise di non presentarsi perevidenziare la farsa» racconta al manifesto Juan Villoro, scrittore e giornalista,editorialista del quotidiano Reforma.

Il prossimo primo luglio in Messico si torna a votare per eleggere il presidentedella Repubblica. I candidati sono quattro, ma secondo Villoro la situazione è anchepeggiore rispetto a 42 anni fa: «È vero che per il mio debutto alle urne non c’eranoalternative, ma potevamo sognare che in futuro, quando ci sarebbe stata lotta apertatra partiti politici, la situazione era destinata a migliorare.
La realtà era pessima, ma la speranza era in salute. Oggi, invece, né la realtàné l’illusione ci soddisfano. Siamo di fronte a una doppia crisi».

Che Paese arriva al voto?

Il Messico è una delle democrazie più costose e fallimentari al mondo. Le campagneelettorali durano troppo, e i partiti politici si auto-assegnano risorse che nessunocontrolla (5,3 miliardi di pesos all’anno, pari a circa 230 milioni di euro). IlPRI ha governato il Paese per 71 anni, fino al 2000. Nell’epoca del “partito unico”,la democrazia era una congettura, una mera speranza. Pensavamo però che quando avremmoavuto elezioni vigilate e credibili tutto sarebbe stato diverso, e avrebbero vintocandidati magnifici. Se Manuel Vázquez Montalbán, con ironia, disse «stavamo megliocontro Franco», noi potremmo replicare: «Stavamo meglio contro il vecchio PRI».

I partiti hanno visto nella democrazia un affare, che non punta a risolverei problemi ma ad amministrarli. Questo porta a stringere alleanze che non rispondonoad ideali, ma a interessi e opportunità. Come si spiegherebbe, altrimenti, che ilPRD (Partido de la Revolución Democrática), il partito della socialdemocrazia perquel che ne sappiamo, sia alleato del PAN (Partido de Acción Nacional), conosciutoper essere di destra, e che Morena (Movimiento de Regeneración Nacional), che èdi sinistra, sia alleato al partito evangelico? La delusione di fronte a tutto questoè profonda.

Ha appoggiato la candidatura indigena indipendente di Marichuy, María de JesúsPatricio Martínez. Che significato ha la sua esclusione dal voto?

Era l’unica candidata veramente onesta, e l’unica che non ha fatto imbrogli.Il 94% delle firme raccolte per presentarsi come indipendente sono state validate,ma in Messico chi è onesto è un fuorilegge, e così il suo nome non è nella listadei votabili.

Dove trovate però coloro che hanno raccolto l’inaudito numero di firme necessarie,867mila. Ovviamente, Marichuy non avrebbe mai vinto, non aveva i mezzi economiciper competere, ma con la sua esclusione si è persa l’opportunità di ascoltare lavoce dei cittadini più poveri, quelli che conoscono meglio i problemi del Paese,per averli sofferti.

Tra una conferma del PRI (tornato al potere nel 2012 con Enrique Peña Nieto)e il PAN quale sarebbe l’opzione peggiore, oggi?

Il PRI ha governato per 71 anni al margine della democrazia, e facendo di tuttoper evitarla. Ha reso la politica uno strumento per arricchirsi a partire dal potere,permesso la corruzione e l’impunità, ha convertito il governo in un “ramo” del crimineorganizzato. Non c’è niente di peggio.

Crede che Andrés Manuel Lopez Obrador (Amlo), candidato di Morena, possa realizzareuna trasformazione della società?

Amlo è un importante attore della lotta sociale, per la terza volta candidatoalla presidenza. Non rappresenta però un’alternativa concreta, né è capace di lavorarein gruppo. Dipende essenzialmente dal suo carisma (straordinario nelle piazze, moltodebole nei dibattiti). Il suo grande problema è che per raggiungere il potere harinunciato a essere diverso, stringendo alleanza con politici che sono l’oppostodelle idee che lui dovrebbe rappresentare. Stanno dalla sua parte ex membri reazionaridel PAN (Espino, Germán Martínez, Gabriela Cuevas), leader sindacali corrotti (NapoleónGómez Urrutia, Elba Esther Gordillo), evangelici e pentecostali del partito PES,ex membri del PRI (Esteban Moctezuma e Manuel Bartlett, quest’ultimo responsabiledella frode elettorale del 1988).

Questo mix non è incoraggiante. Per anni, Amlo ha criticato la “mafia del potere”,però le si è avvicinato per poter governare. Gore Vidal ha detto che negli USA leelezioni sono decise dal denaro, e che un candidato che non abbia ricevuto almenodieci tangenti dalle grandi imprese non ha la possibilità di vincere. In Messicoi patti politici definiscono tutto: per riuscire, bisogna umiliarsi dieci volte.Per certi versi, oggi Amlo si presenta come un oppositore ad Andrés Manuel LopezObrador che era candidato nel 2006. E la cosa triste è che ha più possibilità divincere oggi.

Che cosa manca, oggi, in Messico?

Chiunque immaginerà che in un Paese con 50 milioni di poveri, due quinti deiquali in situazione di povertà estrema, popoli indigeni spogliati delle loro terree senza diritti, femminicidi, discriminazione rampante e disuguaglianze socialicrescenti, ci sia un partito di sinistra disposto a modificare la realtà.

Ma non è così.

L’autentica trasformazione della realtà pare un’illusione del passato, una formadi nostalgia. Per fortuna, i più poveri non smettono di lottare e organizzarsi.La campagna di Marichuy ha permesso che per la prima volta le comunità di tuttoil Paese articolassero un processo comune di riconoscimento dei problemi. E questonon è un progetto che riguarda solo gli indigeni, come una riserva folkloristica,ma un’idea di rinnovazione che può impegnare tutta la società. Una comunità futura,con nuove forme di partecipazione in una democrazia diretta, è in marcia. Ci vorràtempo, ma è in movimento. “Andiamo piano perché il cammino è lungo”, dicono glizapatisti. https://ilmanifesto.it/messico-manca-una-sinistra-capace-di-nuovi-immaginari/


 
*Juan Villoro è nato aCittà del Messico nel 1956. Scrive, anche per il teatro, e libri per bambini. Trale sue opere di narrativa «Il testimone» (Gran Via, 2016), storia di un professoremessicano emigrato in Europa, in esilio volontario, che torna nel 2000 dopo la sconfittadel PRI. 

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