[Ezln-it] H.Bellinghausen: La guerra che non è e i suoi anticorpi

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Oct 23 17:33:13 CEST 2017


La guerra che “non è”e i suoi anticorpiHermann Bellinghausen - 21 ottobre2017È curioso che lo Stato messicano, che ha fatto tutto per disunire, farscontrare e discriminare il popolo, ora si riempia la bocca richiamandoloall'unità. I disastri naturali, economici, diplomatici, di sicurezza, o quelliderivati della corruzione e dalla perdita di sovranità nazionale, richiamano atutto tranne che ad "unirsi" con un governo disonesto, opportunista etraditore.
Questa disunione-confronto programmato e indotto dal potere si manifestasistematicamente nei territori dei popoli indigeni che possiedono identitàforti, sono molto riconoscibili e non tanto facili da "disunire" comevorrebbe il potere. Dopo l'insurrezione zapatista, il Chiapas si è trasformatonel laboratorio della contrainsurgencianel profondo Messico. Dividere, confrontare, corrompere le relazionicomunitarie con pretesti concatenati: programmi sociali (denaro), militanze dipartito, diversi credo cristiani (più sono, meglio è), perfino disputefamiliari. Tutti sono stati priorità per lo Stato, con gli ingredienti di unamilitarizzazione massiccia ed aggressiva (strumento per l'applicazione delletattiche di divisione più determinanti), così come il controllo totaledell'informazione televisiva e di buona parte degli altri media in relazione al"conflitto armato" ed alla miriade di eventi scatenati nel vasto erecuperato territorio maya e zoque del Chiapas.

Quello che hanno fatto gli zapatisti nel 1994 è stato dare nome ad unaguerra già in iniziata e non da parte dei popoli originari ma contro di loro.Gli hanno dato pure il cognome: Guerra di Sterminio. E l'hanno resa visibile.

Per l'intellighenzia ed i benpensanti della società maggioritaria, questitermini erano sicuramente un'esagerazione con mala intenzione; non bisognafidarsi degli indios. Operò in automatico un razzismo che assolve sempre leaggressioni contro villaggi, comunità e persone di "razze" e stratiinferiori. E incolpa i "professionisti della violenza" come lichiamavano i salinisti, i preti "della liberazione", gli antropologi,perché agli indigeni non è riconosciuta capacità di iniziativa. Quale guerra?

È passata molata acqua sotto i ponti, sessenni progressivamenteignominiosi, trascendentali cambiamenti tecnologici e climatici, e glizapatisti sono ancora lì, autonomi, efficienti e pacifici dopo oltre duedecenni di sostenuto martellamento contrainsurgentee militare. E che cosa sarebbe "contrainsurgente"?Semplicemente: tutto quello che divide.

L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) previde l'ampiezza diquesta guerra, e con le sue diffuse basi di appoggio si è preparato aresistervi in condizioni degne, in continua creatività.

Presto la guerra senza nome morse più forte in quasi tutta la mappaindigena nazionale. Partiva dalla controriforma costituzionale dell'articolo 27perpetrata nel 1992. Le espressioni insurrezionali nei territori indigeni diGuerrero e Oaxaca soprattutto, hanno portato lo Stato a disseminare le suedottrine e tattiche sviluppate in Chiapas. Il periodo zedillista è stato unperiodo di militarizzazione, contrainsurgenciae persecuzione o controllo degli attivisti. Le prigioni si sono riempite diprigionieri politici indigeni.

L'impatto dello zapatismo nelle comunità, nei suoi educatori, pensatori erappresentanti, ha trovato terreno fertile in quel Messico invisibile madeciso, abituato all'organizzazione comune di lunghe radici. In questo si èimbattuta la prima generazione neoliberale dello Stato con la sua contrainsurgencia di fine secolo.

La pax foxiana aveva supposto un cambiamento di rotta della guerra controle comunità indigene. Senza che le truppe federali cedessero un palmo diterritorio già militarizzato né cessassero le pratiche divisive, si è andataestendendo una nuova "realtà" strettamente criminale strutturataintorno al narcotraffico che ha abbandonato l'ombra per occupare piazze estrade. Questo cresceva senza essere intaccato dalla feroce repressione delloStato ad Atenco e Oaxaca nel 2006, nell'anticamera della dichiarazione diguerra (altra faccia della stessa) da parte del calderonato, la stessa che il peñatoha mantenuto nel suo corso.

Viviamo in un paese profondamente scosso, a pezzi, confuso. Ora si annunciala scorpacciata elettorale di ogni sei anni. Ed ognuno degli ingredienti dellaguerra è presente - l'ingrediente politico, narco, militare, ideologico,estrattivista - e funziona a pieno regime.

La guerra contro i popoli indigeni non l'hanno vinta le autorità né leimprese beneficate dalle controriforme dell'ultimo decennio; nemmeno il crimineorganizzato. I popoli indigeni della Montaña di Guerrero non smettono di essereorganizzati nonostante li dividano, e mantengono sicura e in pace a buona partedel territorio indigeno, mentre lo stato di Guerrero affonda nel malgoverno enell'orrore. L'attacco ad Iguala contro gli studenti nel settembre del 2014, lamorte e la sparizione di un centinaio di giovani della scuola normale rurale diAyotzinapa, è stato un capitolo stellare di questa guerra di sterminio, una provocazioneche si è scontrata con la saggezza pacifica dei popoli ñu savi, nahuas, me'phaae ñomndá per i quali la lotta per i 43 desaparecidos è un altro fronte delleloro resistenze.

Sulla Meseta Purépecha sono arrivati alle spalle. La guerra contro le comunitàindigene è stata crudele, svergognata, e le complicità istituzionali troppe. Inuna situazione incerta, si levano oggi in Michoacán come una luce del possibilele resistenze fondamentali di Cherán e Ostula. Ai rarámuri, pimas e tepehuanosin Chihuahua, come ai mixtecos del sud, il papavero ha divorato i campi, mentrela voracità del legname, turistica e mineraria porta avanti la guerra disterminio che non si vede, né si ammette, né si considera, salvo che in manieraisolata.

Che dire della pinza stringente del fracking petrolifero e del crimineorganizzato nelle Huastecas e sulle catene montuose del nord di Puebla eVeracruz. Come nella sierra Wixárika, sono scenario di depredazioni e diresistenze comunitarie, battaglie legali alle quali si oppone la spietatacontrainsurgencia sotto i travestimenti "innocenti" di partitipolitici, religioni o "accordi" con imprese minerarie, costruttricied energetiche. Solo mele avvelenate. Per esempio, i territori binnizá edijkoot dell'Istmo di Tehuantepec sono stati severamente danneggiatidall'industrializzazione dei loro venti, prodotto, un'altra volta, delladivisione indotta nelle comunità.

Chiese e partiti politici sembrano essere mali inevitabili, onnipresenti,obbligatori nella vita dei popoli indigeni. Come se non bastasse la tutelaimposta (che si traduce in controllo) dallo Stato. Secondo il panorama vistodalle accademie e dai centri di analisi e prospezione, la validità dello Statoe la "libertà" dei partiti sembrano del tutto desiderabili per ilcorso della Repubblica. Che siano screditati e inaffidabili, che facciano acquae producano purulenze per la corruzione, è il male minore. "Così è lademocrazia", ci dicono i dotti, "imperfetta".
Chi può avere pazienza per queste imperfezioni in luoghi come Chilapa,Guerrero; gli omicidi, assalti, sequestri, stupri, il regno del terrore, hannoreso impossibile il trasporto pubblico nella capitale Chilpancingo e nelmunicipio nahua di Zitlala, entrambe le strade si suppone che siano protettedalle forze federali e statali. Ma questo è solo il caso più urgente dellasettimana scorsa. L'assedio sotto il quale vivono i popoli originari ha moltefacce e le sue intensità variano per zone e stagioni, sono permanenti e tengonosotto sequestro grandi estensioni di terreno e vita sociale dei villaggi edelle città che ne sono ostaggio.

I popoli indigeni, con tanto contro di loro, danno dimostrazione di unacapacità di resistenza e coesistenza che né la contrainsurgencia, né la criminalità, né il neoliberismo con la suaguerra sterminatrice hanno potuto rompere. La mobilità e vitalità dellecomunità indigene è incessante. Non possono riposare perché la guerra, unavolta scatenata, non riposa. Solamente negli scorsi giorni di ottobre èsuccesso quanto segue:

·       Il portavoce del Consiglio Indigeno di Governo del Congresso NazionaleIndigeno ha percorso il territorio ribelle del Chiapas ed è stata accolta inmassa dalle comunità zapatiste e da molti altri.


 
·       Sulla Montaña di Guerrero la Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias-PolicíaComunitaria ha commemorato il suo 22° anniversario con una grande mobilitazionea Colombia de Guadalupe, con repliche in altre località. Questo segna unrecupero dei conflitti interni che hanno distrutto i comunitari con fortecomponente di intrusione governativa.

·       Facendo valere la autonomia ben guadagnata, il municipio purépecha diCherán ha respinto la legge di consultazione abbozzata dal congresso michoacanoper far arretrare le conquiste delle comunità nell'ambito dei loro diritti allalibera determinazione e autogoverno.

·       E solo giorni prima, i wixaritari di San Sebastián Teponahuaxtlán e Tuxpande Bolaños hanno recuperato la loro terra a Huajimic, ma l'indolenza delgoverno e le minacce degli allevatori invasori hanno provocato il differimentodella vittoria legale degli indigeni ed alimentano una situazione che puòrisultare esplosiva.

Nello stesso tempo, c'è una repulsione (non prostrazione) dei popolioriginari devastati dal sisma di settembre: ijkoots, binnizá, ayuuk e tu'un savidi Oaxaca, nahua e tlahuica di Morelos, otomí e nahua dello Stato del Messico ePuebla. Nel frattempo, il governo e le imprese minacciano di approfittare dellacrisi per i loro piani di crescita ed espulsione graduale attraversol'esproprio. Che cosa succederà loro e come reagiranno all'avversità nel mediotermine è incerto, ma tutto indica che, come sta accadendo nel Messico profondoe del basso, non ci sarà una sconfitta. Come dice mirabilmente Irma Pinedanella sua cronaca "Aquíestamos" pubblicata su Ojarascadi questo mese, dopo il sisma "ricordiamo… che siamo binnizá, che siamostati guerrieri, che discendiamo dalle fiere, dagli alberi e dalle pietre,questo ci hanno insegnato le nonne per dirci che il valore, la fermezza ed ilcarattere sono nei nostri geni, che non possiamo restare accasciati come casevecchie, perché il nostro spirito è più forte di questo sisma" (http://ojarasca.jornada.com.mx/2017/10/13/rari2019-nuudu-aqui-estamos-246-5956.html).

L'Istituto Nazionale Elettorale, Slim e la banca sabotano tecnicamente lacampagna per la registrazione alla candidatura presidenziale della portavocedel CIG del CNI, ma non possono impedire che questa portavoce percorra il paesead alta voce senza partito né elemosine, cercando l'unione dei popoli indigeniche sanno coesistere alla lunga, nonostante le incessanti differenze.

La scienza contrainsurgenteinciamperà, e continuerà a farlo, su una civiltà comunitaria che pensa edagisce diversamente, per questo non la distrugge nemmeno con tutta la suaescalation di violenze. Governanti e magnati potranno rompere il paese (con laspinta dell'impero), ma non i suoi popoli originari che dureranno più di questaguerra, e che sono il migliore esempio per il resto di un paese sull'orlo delladeriva senza ritorno.

Testooriginale: https://desinformemonos.org/la-guerra-no-antidotos/?platform=hootsuite



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