[Ezln-it] Miramar: le comunita' indigene contro i progetti turistici
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Mon May 28 13:13:08 CEST 2012
La Jornada – Domenica 27 maggio 2012
Le comunità
indigene si oppongono al progetto di turismo d’avventura in Chiapas
Hermann Bellinghausen. Inviato. Laguna Miramar, Chis., 26 maggio. La bella e grande laguna che segna il confine con i
Montes Azules è la nuova meta degli investitori turistici. Approvato dal
Ministero dell'Ambiente e Risorse Naturali e dalla Commissione per l'Ambiente,
Risorse Naturali e Pesca del Senato, il progetto Estancias Vivas Natura Miramar contempla la costruzione di alloggi
turistici nelle acque della laguna, un hotel che le autorità definiscono
turismo alternativo.
Nel progetto
ufficiale viene considerato solo l'ejido Emiliano Zapata; sulle sue terre si
costruirebbero 11 alloggi doppi e quattro suite, ristorante, bar, uffici, lavanderia
e alloggi dei dipendenti. Non tutti sono d'accordo; molti non sono stati
nemmeno consultati. Da anni qui esiste un flusso turistico regolare, mai
affollato, che non sembra alterare la vita del villaggio. Un maggiore impatto
qui, e peggio nel vicino ejido San Quintín, è rappresentato dalla grande base
militare, a pochi chilometri dalla laguna.
Emiliano
Zapata, Benito Juárez, Nueva Galilea e Tierra y Libertad sono i villaggi
intorno a Miramar, anche se solo il primo è legale; i suoi abitanti si
considerano i guardiani della laguna, benché anche altri lo siano, come a loro
modo gli zapatisti di Nueva Galilea che la difendono senza aiuti del governo né
investimenti turistici sempre più numerosi e sempre di più privati.
In una
località di isolotti all'interno della laguna, un cartellone esprime la loro
opposizione: "Non vogliamo turismo d'avventura. Il governo sta creando
turismo d'avventura per l'inferno. Questo progetto è pieno di ladri e sorci. È
una campagna di contrainsurgencia e
guerra di bassa intensità. Qui vogliamo giustizia, libertà e democrazia. Qui il
popolo comanda ed il governo obbedisce. EZLN".
In un angolo
della laguna vivono basi di appoggio zapatiste e dicono di prendersi cura
dell'ultimo confine, l'attuale frontiera tra la selva dell'uomo e quella che
prescinde dall'umanità nell'alternanza dei secoli. Visto da qui, rappresenta
l'ultimo avamposto del Deserto della Solitudine, come lo chiamavano i primi
conquistatori; oggi riserva integrale della biosfera o colloquialmente biosfera
dei Montes Azules, sia che siano monti, e che siano azzurri. Nel periodo
classico maya ci furono città e comunità di agricoltori nel cuore di questa
selva oggi riserva, come Tzendales (notevole vestigia archeologica inesplorata,
vicino al río Negro), Miramar e, chiaramente, Bonampak all'estremo nord.
Gli
investitori promettono agli indigeni il sole, la luna e le stelle sotto forma
di infrastruttura per turismo nella natura. Qui dove già ci sono il sole, la
luna e le stelle, l'acqua migliore ed il cielo più grande della selva
Lacandona, che altro possono offrire albergatori, ristoratori, costruttori,
appaltatori, funzionari ambientali ed agrari del settore turistico, senatori,
governatori, candidati, televisioni, imbottigliatori, banche? Che cosa meglio
di questo?
Alcune
comunità sono - e tutte dovrebbero esserlo - guardiane della selva, l'acqua, il
territorio e quello che questa contiene ed alimenta, quello che ricevono ogni
mattina dalla terra, chiamata Madre nelle quattro lingue maya che sfociano in
questa sommità delle valli, convergenza anche delle strade che verso Las
Margaritas ed Ocosingo riescono a sembrare carrozzabili. È dove il vivace fiume
Perla si unisce al maestoso e calmo, infine navigabile, fiume Jataté, un corso
d'acqua imponente che diventa il Lacantún e poi Usumacinta, lontano da quelle
giovani cascate incuneate tra Corralito, negli Altos, tra Oxchuc ed Ocosingo.
Emiliano
Zapata, sebbene a maggioranza chol, è una delle poche comunità della selva dove
vivono anche tzeltales, tojolabales e tzotziles. Una delle più cosmopolite. Gli
ejidatarios (non tutti lo sono a Zapata) tendono a criticare i vicini villaggi
che non hanno titoli di proprietà, ed in particolare accusano quelli di Benito
Juárez di distruggere i boschi ed inquinare il lago. L'imbarcazione di Benito
Juárez, una terribile lancia, normalmente usava il motore, ma ora non gli è più
permesso. Ora devono remare per raggiungere Zapata, che è la via d'uscita per
gli abitanti della riva. O lo era, perché la strada che viene da Amatitlán, a
valle di Lacantún, ha già raggiuntoChuncerro, dentro i Montes Azules.
Secondo
Cesare, un giovane chol che guida gli inviati di La Jornada per la laguna,
l'attuale gestione dei visitatori è razionale, sufficiente e fino ad un certo
punto autosufficiente, non ha bisogno di un hotel privato. Chi vuole venire a
Miramar, da qualunque parte provenga, viene. Solo alcuni giorni fa sono
arrivati 20 visitatori da Comitán e Tuxtla Gutiérrez. Famiglie. Sono arrivati
con dei furgoncini e si sono accampati per tre giorni, belli tranquilli. Gringo
e francesi arrivano a ondate. Nel periodo delle vacanze si accampano fino a 50
persone o appendono le amache sulla spiaggia. Un turismo modesto,
presumibilmente ecologico (più di quello di un hotel), sufficiente per una
comunità che mangia della terra e vive circondata dall'acqua, tra due grandi
fiumi ed una laguna portentosa.
http://www.jornada.unam.mx/2012/05/27/politica/015n1pol
(Traduzione "Maribel" -
Bergamo)
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