[Ezln-it] La Carovana di Sicilia lascia il Chiapas

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Tue Sep 20 12:45:25 CEST 2011


La Jornada
– Sabato 18 settembre 2011
La
Carovana di Sicilia conclude la sua visita in Chiapas; chiede l’abolizione
dell’Istituto Nazionale di Migrazione (INM)‎
Hermann Bellinghausen. Inviato. Palenque,
Chis. 17 settembre. La
"carovana al sud", del Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità,
ha concluso il suo viaggio in Chiapas con una carovana di centinaia di candele
accese per il viale centrale e simpatia e generosità per gli emigranti
centroamericani che entrano nel paese attraverso le frontiere di questo stato e
di Tabasco con il Guatemala.
"Chiediamo l'abolizione dell'Istituto Nazionale di Migrazione (INM)
per le sue anomalie e gli abusi contro gli emigranti", ha dichiarato un
collettivo di donne chol di Palenque.
La folta accoglienza della carovana guidata da Javier Sicilia ed un gruppo
di vittime della violenza di diverse parti del paese per dove è già passata
(Ciudad Juárez e Torreón a Cuernavaca e Oaxaca) è stata curata, tra altre,
dall'organizzazione Xi'Nich, organismi civili come Sadec, parrocchie della zona
nord e comunità ecclesiali di base. Anche di migranti (clandestini, ma qui
nella piazza pubblica protetti dalla mobilitazione cittadina), originari di Honduras
e Guatemala, che sono stati chiamati "fratelli" da tutti gli oratori.
Le donne di Palenque hanno denunciato che nel quartiere di Pakalná (oggi è
quasi un'altra città), a meno di tre chilometri da qui, "i migranti sono
alla mercé della criminalità, e le donne sono facili prede". Chiedono che
"le autorità competenti intervengano" e denunciano che gli agenti
dell'INM, "chi devono proteggere i migranti", spesso sono
responsabili o negligenti davanti di fronte all'estorsione, il sequestro, le
violenze e gli omicidi.
Il Comitato di Difesa della Libertà Indigena Xi'Nich si è espresso contro
il narcotraffico, da molti anni presente nella regione. Ma anche, "dalle
nostre comunità, denunciamo che la politica di Calderón è di morte e povertà, e
di più emigrazione". Cioè, è anche un problema degli indigeni messicani:
"Non ci resta che emigrare verso i centri turistici o alla frontiera nord.
Calderón ha trasformato il Messico in un luogo di guerra, non in un posto dove
vivere; ha costruito la viva immagine della menzogna e della morte".
Xi’Nich, un’organizzazione che ha quasi 20 anni, ancora prima della
sollevazione zapatista, ha marciato per più di 50 giorni fino a Città del
Messico per chiedere la fine della repressione e migliori condizioni di vita,
ha chiesto "stop alla guerra di Calderón, salute ed educazione, non la
militarizzazione, il rispetto dei fratelli migranti e non più discriminazione
contro indigeni e migranti".
Ai bordi della piazza c'erano due grandi strutture. Una, sfruttando le
intricate radici di un grande albero su cui erano montate decine di candele
accese, mostrava i nomi di decine di morti e desaparecidos del nord.
Sull'altra, migranti honduregni ospitati nella Casa dell'Emigrante di
Tenosique, Tabasco, c'erano cartoncini colorati con scritte per chiedere
rispetto e pace.
"Padre Alberto", parroco di Palenque, ha denunciato la diffusa
estorsione criminale nella zona chol.
In maniera più drammatica, il frate Tomás González, di Tenosique, che vive
sotto minaccia, si è riferito al Messico come un "campo minato" per i
centroamericani quando attraversano le nostre frontiere. Qui, dove opera il
crimine organizzato, "la loro condizione diventa un incubo". Ha
dichiarato che "le fosse clandestine non sono solo al nord, ma anche al
sud".
E riguardo all'INM, ha detto: "Siamo testimoni del fatto che i suoi
agenti operano come il crimine organizzato, ed in Chiapas e Tabasco sono
responsabili del fatto che il percorso dei fratelli sia tanto terribile. Li
perseguono, li obbligano a nascondersi nelle paludi, li mettono in
pericolo". Inoltre, "le autorità sono responsabili
dell'occultamento" in questa regione che è diventata
"ingovernabile".
A sera si è saputo che il religioso è stato fermato a Coatzacoalcos,
Veracruz.
C'era anche Alejandro Solalinde, della Casa dell'Emigrante a Ixtepec
(Oaxaca) che, riferendosi alle feste patrie ha affermato che "oggi siamo
più che mai dipendenti", e che senza libertà "non ci può essere
democrazia". http://www.jornada.unam.mx/2011/09/18/politica/007n2pol
(Traduzione "Maribel" -
Bergamo)
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