[Ezln-it] Matteo Dean: Messico, reclamo di pace con giustizia e dignita'

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon May 9 09:15:58 CEST 2011



Messico,
il reclamo di pace con giustizia e dignità

di Matteo Dean

 

Quando l’insensatezza occupa
la vita pubblica,

la poesia ha la ragione.

Dunque, facciamo parlare la
poesia

perché tacciano gli
insensati.

 

Un silenzio
assordante. È così che si può riassumere la lunga marcia “per la pace con
giustizia e dignità” che iniziata lo scorso 5 maggio a Cuernavaca (cento chilometri
a sud di Città del Messico) si è conclusa questa domenica nella piazza centrale
della capitale messicana. Silenzio, spiega Javier Sicilia, premio nazionale di
poesia, giornalista e padre di Juan Francisco, assassinato dai sicari del
narcotraffico il 28 marzo scorso; silenzio perché “il nostro dolore è così
grande e così profondo, che non vi sono più parole per nominarlo”. Il giorno
dopo la straordinaria manifestazione zapatista a San Cristobal de Las Casas in
Chiapas, sono Città del Messico ed almeno altre venti città le protagoniste di
questa giornata convocata da Javier Sicilia. Cominciata con la partecipazione
di meno di mille persone, la marcia è terminata con l’arrivo di almeno 200 mila
persone nello zocalo di Città del Messico. Una moltitudine che ha compreso
padri e madri, figli e parenti delle oltre 40 mila vittime che la “guerra al
narcotraffico” lanciata dall’attuale amministrazione federale messicana di
Felipe Calderon; ma anche migliaia tra militanti delle più diverse
organizzazioni sociali messicane, giovani, studenti, artisti, migranti,
indigeni e molti altri.

 

Una
manifestazione moltitudinaria nel vero senso del termine. Poche volte vi è
occasione di vedere i contadini di Atenco, assieme ai migranti della carovana
migrante (che ha risalito il Messico dalla frontiera sud “riappropriandosi” del
treno merci che ogni giorno trasporta centinaia di migranti privi di documenti
esponendoli ad ogni genere di violenza), assieme agli studenti riuniti
nell’Assemblea dei Giovani in Emergenza Nazionale, assieme agli indigeni del
Municipio Autonomo di San Juan Copala, assieme ai membri della Polizia
Comunitaria della Montagna di Guerrero, assieme ai genitori del Movimento 5
Giugno , assieme alle famiglie di Ciudad Juarez, assieme ai parenti delle vittime
del feminicidio, assieme ad artisti ed intellettuali di diversa provenienza,
assieme alle anime democratiche della Chiesa cattolica, assieme e migliaia di
persone non organizzate che però oggi – domenica, quando scriviamo – in piazza
ci son volute andare. Le ragioni di questa manifestazione sono molte ed
articolate. Ma forse è possibile riassumerle semplicemente raccontando quel
silenzio degno che ha accompagnato per oltre quattro giorni la carovana. Un
silenzio che si è rotto solo nelle piazze raggiunte dalla carovana. Un silenzio
che ha ceduto la parola ai padri ed alle madri delle vittime. O che, in altre
occasioni, è stato rotto dall’impossibilità di contenere rabbia e dolore.

 

Difficile
raccogliere tutte queste storie, raccontare tanto vissuto. Eppure, il movimento
che oggi è sceso in piazza si è dato pure quest’obiettivo, perché troppe volte
assassinati, sequestrati, scomparsi, o le centinaia di corpi che in queste
settimane affiorano nelle sempre più numerose fossi comuni diventano numeri. Numeri
per riempire le tabelle che il governo offre in pasto alla stampa. Ma che in
realtà nascondono vite e speranza stroncate. Sarebbero 40 mila i morti sinora
(dal dicembre 2006) di questa “guerra al narcotraffico”. A questa cifra, si
aggiungono almeno 10 mila orfani di guerra (secondo altre fonti, questi
sarebbero 30 mila), 10 mila migranti sequestrati solo lo scorso anno,  e quasi mezzo milione di sfollati, ovvero
gente che è scappata dal proprio quartiere, dalla propria città, dal proprio
stato, dal Messico. Numeri che fanno orrore, ma che appunto non servono a
descrivere la realtà, anche se il governo si ostina a chiamarli “vittime
collaterali”.

 

Quel che è certo
– e forse possiamo permetterci di segnalare come una prima vittoria del
movimento – è il fatto che finalmente il tema della violenza e, soprattutto,
dell’insicurezza è stato per il momento sottratto alla destra conservatrice che
detiene il potere nel paese. E non parliamo solo della destra al potere.
Parliamo soprattutto dei settori benestanti di questa ed altre città, che non
si fanno mai vedere, che scompaiono ogni giorno dietro gli alti muri dei loro
quartieri-bunker ma che davanti i casi più tragici hanno a volte alzato la
voce. Sono loro, quegli stessi settori che oggi negli anni scorsi si sono arricchiti
pure chiudendo un occhio davanti agli affari del narcotraffico, che oggi
accusano Javier Sicilia ed il movimento che oggi è in piazza di voler “far
cadere il governo”. Forte di questo sostegno minoritario sul piano dei numeri,
ma strategico sul piano del potere economico e politico, Calderon avverte i
manifestanti: “Non dovete dire a noi di smettere con la violenza, ma ai
delinquenti”. Rispondono i manifestanti: “Siete voi, classe politica, che avete
la responsabilità di frenare la violenza”. È la classe politica messicana,
“corrotta e collusa con la criminalità organizzata, che militarizza il tema
della pubblica sicurezza, che ha trasformato il Messico in un campo di
battaglia, che ha reso i cittadini ostaggi della violenza, che umiliate le
istituzioni repubblicane”.

 

Ma per fortuna,
il reclamo della moltitudine che oggi è scesa in piazza non si rivolge solo
alla classe politica. E neanche ai narcos che insanguinano il paese con “la
complicità dei tre livelli di governo”. La società civile messicana s’interroga
e si domanda dove e quando si è cominciata a perdere la dignità. E la risposta
se la da sola, guardandosi in faccia, dialogando e lanciando una proposta
articolata in sei punti, complessi e che dimostrano il mungo sforzo di
mediazione “tra più di cento organizzazioni sociali”. La proposta si traduce in
un documento che il movimento chiama Patto Nazionale. Un documento che – si
comprende al leggerlo – riunisce anche le diverse anime di questo movimento. La
proposta chiama in causa prima la società civile stessa, convocata a restituire
la memoria a quei 40 mila morti e a fare uno sforzo di pressione perché quel 98
per cento di casi ancora irrisolti siano finalmente chiariti dalle autorità
competenti. Si esige poi un cambiamento di visione della “pubblica sicurezza”,
ovvero che questa non riceva più un punto di vista “militare” ma piuttosto
cittadino. In questo senso, quando si parla di militarizzazione della pubblica
sicurezza, è importante dire che non si tratta solo dei 90 mila soldati – e
marines – dispiegati nelle strade messicane, ma anche il fatto che oltre 500
militari attualmente hanno la licenza di assumere ruoli di comando all’interno
delle diverse polizie locali del paese.

 

Su questo punto,
il movimento insiste che la nuova proposta di Legge di Sicurezza Nazionale –
che, tra l’altro, darebbe facoltà al presidente di imporre lo stato d’eccezione
e di utilizzare l’esercito contro ogni movimento che metta in pericolo la
stabilità dello Stato – non deve essere approvata così com’è stata proposta, ma
deve essere oggetto di una discussione plurale. In questo senso, il movimento
sta convocando ad un incontro nazionale tra tutte le esperienze di “giustizia
autonoma” perché vi sia un confronto ed una proposta “dal basso”. Il Patto
Nazionale propone poi di combattere a fondo la corruzione diffusa in seno ai
partiti ed al sistema politico, restituendo autonomia al potere giudiziario –
in Messico, esiste la figura del Procuratore Generale nominato dal presidente
della repubblica – ed esige al Congresso nazionale di eliminare l’immunità
parlamentare entro i prossimi sei mesi. Nel documento vi è anche l’esigenza di
attaccare realmente la florida economia del narcotraffico e di stabilire
politiche precise e verificabili in favore dei giovani che attualmente, in
Messico, “hanno solo due prospettive di vita: entrare nelle file dell’esercito
o fare il narco”. Infine. Il documento esige che si approvino le riforme
necessarie che rendano “la democrazia messicana” una democrazia partecipativa,
introducendo la figura delle candidature indipendenti, del referendum popolare
– tuttora inesistente nel sistema politico messicano -, la revoca del mandato
popolare per i governanti, tra le altre proposte. Il movimento, però, non si
ferma alla proposta. Avverte il governo ed il Congresso federale: “Se non ci
ascoltate, se farete di testa vostra, avremo solo un modo per obbligarvi:
resistenza civile e pacifica”.

8 maggio 2011http://matteodean.info/2011/05/08/messico-il-reclamo-di-pace-con-giustizia-e-dignita/

 

Scarica
qui il discorso completo di Javier Sicilia in formato .pdf

-------------- next part --------------
An HTML attachment was scrubbed...
URL: <http://lists.ecn.org/pipermail/ezln-it/attachments/20110509/84bc1370/attachment-0001.htm>


More information about the Ezln-it mailing list