[Ezln-it] Luis Villoro al SupMarcos: Una lezione e una speranza

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon May 9 12:41:48 CEST 2011



Una
lezione e una speranza

Luis Villoro

 

Per il Subcomandante Insurgente Marcos 

da Luis Villoro

 

Febbraio 2011

Ho accettato con piacere e interesse questo scambio di scritti. Condivido
la preoccupazione per la situazione che attraversa il nostro paese ed ammiro,
da tempo, quello che sta facendo il movimento zapatista.   

Nel 1992, due anni prima della sollevazione zapatista, ho avuto
l'opportunità di scrivere un libro dal titolo El Pensamiento Moderno. Filosofía
del Renacimiento, edizioni del Fondo di Cultura Economica. Rileggendolo
ora, ho trovato grandi affinità con quello che l'EZLN avrebbe detto e fatto più
avanti, e questo conferma le nostre coincidenze fin dall'inizio. Quello che
allora pensavo oggi è diventato ancor più pertinente ed urgente che mai:
l'etica e la giustizia devono stare al centro della vita sociale. Non dobbiamo
permettere che politici di tutto lo spettro ideologico le espellano da lì e le
trasformino in mere frasi da discorso.   

Incomincerò in primo luogo a menzionare la situazione attuale: il dominio
del capitalismo mondiale. Questo controlla, con alcune eccezioni, le politiche
economiche che determinano la vita delle grandi maggioranze così come i mezzi
di comunicazione che vogliono giustificarle. Esprime, insomma, un pensiero di
dominazione.

Si tratta, in effetti, di una guerra stabilita dal potere. Si suppone sia
diretta contro il narcotraffico e contro il crimine organizzato, ma è una
guerra di chi detiene il potere economico senza altro progetto che accrescere i
guadagni del capitale.

Guerra dall'alto, morte in basso, come lei afferma. Si esprime in un
pensiero di dominazione che potrebbe condurre effettivamente alla distruzione
del tessuto sociale, essenza di ogni società.

Questa è, in sintesi, la situazione mondiale. Tuttavia, possiamo segnalare
luoghi in cui si scorge l'inizio di una strada verso un mondo migliore. È
questa una delle principali ragioni per cui la sua esperienza continua ad
essere tanto importante. Lì, in Chiapas, a partire da antiche radici indigene,
dalla cosmovisione e dai vostri particolari modi di nominare il mondo, voi
avete dimostrato la possibilità di realizzazione anche di valori opposti.
Mentre nel capitalismo vige l'individualismo (i sacrosanti diritti individuali)
in questa alternativa sorge un altro tipo di valori: valori comunitari che
rispettano la persona nella sua individualità e si realizzano in una comunità.
Si manifesta così, in tutta chiarezza, "l'etica del bene comune". 

In queste piccole comunità, nel sudest messicano, esiste una nuova
organizzazione politica: le cosiddette "Giunte di Buon Governo" (JBG)
che cercano di realizzare valori etici differenti ed anche opposti a quelli del
capitalismo. Sono valori collettivi basati sull'idea di comunità o comunanza.
Di fronte all'individualismo occidentale moderno propizia la proprietà comune
che prospera rispetto alla proprietà privata.

Ci dà una lezione anche in ordine giuridico: rispetto alla punizione con la
prigione opta per l'assegnazione di un lavoro a beneficio della comunità per
scontare la pena, a differenza della reclusione nelle nostre società.

Insomma, contro l'individualismo moderno, si potrebbe ricorrere ad un'altra
tradizione precedente già esistente in Indoamerica, la tradizione comunitaria.
Questo è un esempio che un altro mondo è possibile rispetto alla modernità
occidentale. 

Un altro esempio che segna una differenza sostanziale con l'Occidente, per
quanto si riferisce ai valori, è la vostra gestione di concetti contrari come
vincitore-vinto, buono-cattivo, ecc. Lo spiega molto bene il paradosso della
guerra zapatista che lei, Sup Marcos, segnala alla fine del suo scritto e che
mette in chiaro che l'obiettivo non è vincere distruggendo il nemico, perché,
in realtà, nelle guerre non si può parlare di vincitori o vinti poiché, dal
punto di vista umano, per le morti, il sangue versato e la distruzione
materiale, entrambe le parti risultano perdenti. 

Senza parlare dei sopravvissuti. Come lei dice: “La chiave è nel fatto che
la nostra è una guerra che non vuole distruggere l’avversario nel significato
classico. È una guerra che vuole annullare il terreno della sua
realizzazione e le possibilità dei contendenti (noi compresi)”. 

Con riferimento al tema dello Stato nazionale, la cui crisi si avvertiva
già da decenni - come dico a pag.153 del mio libro qui citato - "era
chiaro che i problemi planetari di allora superavano la sua capacità di
risolverli e, d'altra parte, non riusciva ad affrontare le complesse domande
delle diverse e particolari comunità, come la crescente attività di
nazionalità, etnie, comunità e gruppi sociali che affermavano la propria
identità ed esigevano il diritto della
diversità dentro l'uguaglianza" (parole, quest'ultime, che mostrano
un'indubbia affinità coi postulati zapatisti). 

"Con ciò si annunciava un cambiamento profondo nel modo di considerare
il posto dell'uomo nell'ordine sociale, che non si delineava più come risultato
della volontà maggioritaria di individui uguali, bensì dalla interrelazione
complessa tra comunità e gruppi eterogenei. Il potere politico sarà giustificato
se sancirà, insieme all'uguaglianza, la differenza." (Idem) 

In quanto al tema tanto reiterato dei "diritti umani che condensano il
diritto di ogni persona a realizzarsi pienamente, sembrano ignorare che la
persona non può realizzarsi in solitudine; quindi implicano il riconoscimento
dei valori specifici di ogni gruppo e comunità; implicano, per esempio, il
diritto delle etnie allo sviluppo autonomo della propria cultura e dei propri
stili di vita" (pag.154), esattamente il motivo che ha dato luogo alla
storica marcia del colore della terra nel 2001, la cui sfortunata e vergognosa
conclusione anche lei menziona nella sua missiva. 

Tuttavia, gli indiscutibili progressi che abbiamo potuto vedere nelle
nostre diverse visite ai Caracoles
zapatisti (sedi delle JBG) dal 2003, frutto dell'esercizio della propria
autonomia applicata ai campi dell'educazione, salute ed auto-governo, dimostra
che un altro tipo di relazione umana è possibile dove governano la fraternità,
il rispetto e la fiducia. E dove è possibile esercitare un altro tipo di
democrazia più autentica: la democrazia partecipata, tanto distante da quella
rappresentativa che noi conosciamo.

In quanto ai processi elettorali ed ai partiti politici, posso dire che non
ho nessuna fiducia. Dato che si tratta di etica e giustizia e che è necessario
incarnare i valori che ci sostengono, non posso depositare la mia speranza in
chi lotta indefinitamente per i suoi piccoli pezzi di potere e tralascia ogni
impegno serio di occuparsi del bene comune.

I risultati prima menzionati nella zona zapatista - ed in particolare tra
la gioventù - mostrano una realtà assolutamente diversa da quello che i mezzi
di comunicazione vogliono mostrarci col loro silenzio circa questo movimento
che ha risvegliato un'impressionante solidarietà internazionale. Conosciamo
bene la continua distorsione con cui informano e con la quale occultano la
costante persecuzione rivolta contro le comunità e basi di appoggio, col fine
di modellare l'opinione pubblica e cancellare la sua capacità critica.

Fortunatamente con la tecnologia moderna, sono sorte alternative che stanno
cambiando questa realtà: dalle reti sociali fino alle radio comunitarie,
impegnate nel portare alla luce quanto taciuto e manipolato dai media di massa,
che promettono il recupero del pensiero critico che oggi sembra relegato ad un
stato di eccezione.

Infine, posso dire che resta una lezione ed una speranza a chi ha avuto
l'opportunità di seguire da vicino la resistenza zapatista negli ultimi 17
anni, così come la trasformazione che hanno apportato nel loro territorio a
partire dalla loro autonomia per costruire comunità fraterne dove la paura, che
oggi invade l'intero paese, non ha possibilità. Questo costituisce una voce di
speranza in momenti come gli attuali in cui il degrado e la violenza sembrano
aver offuscato il nostro panorama.

Saluti e avanti.

Luis Villoro

http://revistarebeldia.org/revistas/numero77/07villoro.pdf

 

 Contributi allo scambio epistolare al link http://chiapasbg.wordpress.com
La guerra, la política y la ética.
Reflexiones sobre una Carta - Carlos Antonio Aguirre RojasLa ética necesita un lugar otro para echar
raíces y florecer - Raul ZibechiCuestión de entereza - Gustavo EstevaLa clase política y la guerra - Sergio
Rodríguez Lascano













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