[Ezln-it] Gianni Proiettis: Dal Popo al Titi

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Mon Jun 27 16:13:02 CEST 2011



POPOCATÉPETL

La lava del
Messico a cura di Gianni Proiettis

 

 

Dal Popo al Titi

http://blog.ilmanifesto.it/popocate/2011/06/23/dal-popo-al-titi/

 

       Gli aymara delle Ande – un
popolo-nazione di origini preincaiche, oggi diviso fra Perù e Bolivia – non
sono gente da farsi mettere sotto, storicamente parlando. E ancora oggi danno
prova della loro ammirevole capacità di lotta, vincendo in questi giorni una
controversia di enorme importanza: la progettata centrale idroelettrica sul
fiume Inambari non si farà. Un decreto ministeriale del governo uscente di Alan
García cancella il progetto, che aveva sollevato la resistenza compatta degli
abitanti dell’altopiano.

 

       Gli aymara della regione di Puno – che
comprende il lago Titicaca, il più alto lago navigabile del mondo, preziosa
riserva d’acqua insieme ai ghiacciai andini – riuniti nel Frente de defensa de
los recursos naturales de la región sur de Puno, erano da più di un mese in
agitazione, praticando forme di lotta dura che condividono con molti altri
popoli indoamericani, primo fra tutti il blocco delle arterie stradali o
fluviali che attraversano i loro territori. Queste e altre misure di pressione
sulle autorità – scioperi, manifestazioni, piantoni, blocco del ponte
internazionale del Desaguadero, che collega il Perù con la Bolivia sulle sponde
del Titicaca – hanno ottenuto la cancellazione del megaprogetto, che era stato
affidato alla compagnia Egasur (Empresa de Generación Eléctrica Amazonas Sur),
filiale del consorzio brasiliano Igesa, come ha annunciato giorni fa il
viceministro per l’energia Luis González Talledo. La centrale sarebbe costata 5
miliardi di dollari e avrebbe prodotto 2.200 megawatt, ma solo la metà
dell’energia era destinata al Perù, il resto sarebbe andato al Brasile. 

       A livello dichiarativo, il viceministro
peruviano ha perfino affermato che d’ora in poi le concessioni alle multinazionali
dovranno passare per l’approvazione delle popolazioni interessate, attraverso
consulta previa “libera e informata”, 
come prevede il trattato 169 della Oil, l’Organizzazione internazionale
del lavoro.

 

       Il viceministro si è dimenticato di
puntualizzare che una legge del Congresso che assume il trattato 169 nella
legislazione nazionale – approvata dopo la strage di Bagua del giugno 2009, una
strage di stato con cui il governo credeva di stroncare l’agitazione amazzonica
– è stata bloccata dal presidente Alan García e giace, in attesa di revisione,
nella terra di nessuno fra il Congresso e la presidenza.

 

      Ma quello che prevale in questi giorni
fra il vasto e compatto movimento popolare è la soddisfazione di aver fatto
saltare un megaprogetto come la centrale dell’Inambari, certo utile per la
crecente domanda di energia della regione ma nefasto per l’ambiente e le
popolazioni locali.

 

       Mauricio Rodríguez, presidente regionale
di Puno, si è dichiarato soddisfatto del decreto governativo: “Il progetto
della idroelettrica non solo avrebbe danneggiato la sicurezza e la vita della
regione, ma avrebbe anche interferito con l’autostrada Interoceanica (ancora
incompleta, che attraverso Bolivia e Brasile unisce il Pacifico all’Atlantico,
ndr). L’Interoceanica passa proprio per dove volevano costruire la centrale
idroelettrica, 100 chilometri di autostrada sarebbero finiti sott’acqua. Lì ci
sono terre coltivabili, biodiversità, 10mila abitanti.”

 

       Ma la vittoria della resistenza popolare
sul megaprogetto dell’Inambari, che non è un trionfo definitivo ma solo una
tregua temporanea, non ha smobilitato il movimento, che non rinuncia agli atri
due obiettivi: il risanamento del fiume Ramis e un alt definitivo alle
concessioni minerarie nella regione. Il Frente de defensa non pretende
eliminare tutte le attività estrattive, petrolifere e minerarie, perché è
cosciente che si tratta di una risorsa irrinunciabile, ma esige – con la forza
che danno il diritto alla vita e il rispetto del territorio – che queste
attività vengano condotte in maniera responsabile, consultando e beneficiando
le popolazioni locali, che hanno diritti storici su quei luoghi in quanto
popoli originari, e cercando di ridurre al minimo l’impatto ambientale. Tutte
cose fattibili, se non fosse per la devastante voracità delle multinazionali e
la poca trasparenza delle concessioni.

 

       Mentre nella provincia di Carabaya, che
era stata il centro delle agitazioni nell’ultimo mese, la gente festeggia (ma
senza disarmare completamente) e le scuole riaprono, ad Ayaviri, nella
provincia di Melgar, la gente fa scioperi a singhiozzo e blocchi stradali per
far sospendere (o almeno controllare) l’attività di tre compagnie minerarie.

    L’apparente atteggiamento distensivo del
governo è fortemente contraddetto da quanto è successo a Lima mercoledì 15
giugno: il presidente del Frente de defensa di Puno, Walter Aduviri, che si
trovava nella capitale insieme ad altri sette dirigenti per dialogare con il governo,
non solo non è stato ricevuto da nessuna autorità ma si è trovato all’interno
di una stazione televisiva, dove aveva partecipato a una trasmissione, con la
polizia fuori che lo aspettava per arrestarlo. Walter Aduviri, che ha contato
sulla protezione del direttore di Panamericana Tv e di due parlamentari appena
eletti, si è trovato nella scomoda posizione di leader-portavoce di un
movimento, ma anche di accusato di reati commessi da manifestanti, il 26 maggio
a Puno. Istigatore di violenze, insomma (ma sono in molti ad aver denunciato la
presenza di infiltrati in quella manifestazione).

 

       Il governo di Alan García, con lo stesso
giochino che usò anche due anni fa con gli amazzonici di Bagua, prima invita al
dialogo, poi fa tintinnare le manette. Il giorno dopo però, i mandati di
cattura contro i dirigenti aymara sono stati ritirati. “Non sono un
delinquente,” ha detto Walter Aduviri uscendo dalla stazione televisiva. “Difendere
le risorse naturali non è cosa da delinquenti.”

 

       Più di duecento militanti del Frente de
defensa avevano passato la notte di fronte alla sede dell’emittente per
impedire la cattura del loro leader e Alberto Pizango, dirigente dell’Aidesep,
la maggiore organizzazione degli indigeni amazzonici, è venuto a esprimere la solidarietà
del movimento di lotta indoamazzonico. Altre migliaia di sostenitori avevano
già annunciato forti proteste nella città di Puno nel caso Aduviri fosse stato
arrestato.

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