[Ezln-it] La festa della libertà a Xanica, Oaxaca

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Wed Jun 8 22:49:19 CEST 2011


 La festa della libertà a Xanica

 Un articolo in italiano che racconta la vicenda dell'ex prigioniero 
 politico Abraham Ramirez Vasquez, attraverso l'emozionante festa 
 realizzata nel villaggio indigeno zapoteco di Santiago Xanica. La 
 dimostrazione che la lotta e la solidarietà pagano.

 Versione in pdf con foto:
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 Nodo Solidale - PIRATA

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 Santiago Xanica, 4 giugno 2011

 La festa della libertà a Xanica

 Finalmente un giorno di festa. Sono anni che aspettiamo questo momento 
 e le vittorie sono così rare nello scontro quotidiano con l'esistente 
 che vale la pena celebrarle alle grande. Nel Messico delle comunità 
 contadine, poi, nessuno si lascierebbe sfuggire una occasione così 
 ghiotta per zompettare in allegria al ritmo della salsa, della cumbia e 
 della musica ranchera.

 L'entrata al villaggio di Santiago Xanica è decorata con un arco di 
 palme dalle quali pendono come frutti carnevaleschi decine di
 palloncini colorati. In alto svetta, stirato e battuto da raffiche di 
 vento, uno striscione che recita: “Benvenuti a Santiago Xanica, festa 
 della libertà”. Dietro l'arco decine di abitanti del paesino, indigeni 
 zapotechi delle montagne del sud di Oaxaca, aspettano pazientemente. 
 Sfoggiano i loro vestiti migliori, come la domenica a messa: gonne 
 scure, capelli laccati, camicette e jeans stirati al sole. I bambini 
 scorazzano numerosi fra le loro gambe alzando nuvolette di polvere.

 Arriva, sotto il sole rovente di mezzogiorno, la carovana degli 
 invitati. Una commissione di compagni all'avanguardia segnala 
 l'avvistamento dei furgoni e delle macchine sparando in aria tre 
 mortaretti. Dalla carovana motorizzata, che serpeggia per le montagne 
 verdissime lungo l'unico cammino sterrato, rispondono con un altro 
 mortaretto che esplode alto nel cielo. Un onda d'eccitazione attraversa 
 la piccola folla di paesani, ognuno si colloca più vicino possibile 
 all'arco, come conquistandosi un posto in prima fila nell'imminente 
 inizio della festa tanto agognata.

 Sei anni aspettando di goderci questa emozione. Dal 15 gennaio 2005, 
 quando la polizia e l'esercito attaccarono Santiago Xanica con l'idea di 
 annichilire il locale Comitato per la Difesa dei Diritti Indigeni 
 (CODEDI), invadendo il villaggio. Entrarono nelle case e nelle capanne, 
 rubando i pochi averi dei contadini, defecando sui tavoli e orinando sui 
 vestiti. “Puttane indigene” insultarono e toccarono le donne. Puntarono 
 alla testa dei bambini i loro R15. La triste e brutale routine di ogni 
 esercito impiegato in operazioni contro la popolazione civile. Una 
 violenza terribilmente identica che riduce a mera differenza 
 paesaggistica gli scenari di guerra. Il resto del copione è lo stesso.

 Quel giorno, mattoni in mano, la gente tentò di resistere, come nel 
 lontano 1952. Raccontano gli anziani del villaggio che in quell'anno, 
 per impedire la privatizzazione delle loro terre, i guerrieri zapotechi 
 affrontarono l'esercito e poi si ritirano nelle inaccessibili e ripide 
 montagne circostanti. Allora il saldo fu di vari morti, raccontano, 
 ammucchiati nel fossato all'entrata del paese e lasciati in pasto agli 
 avvoltoi e ai cani. Chi poteva andare a recuperare i corpi se l'esercito 
 li usava come trappola per scovare gli abitanti nascosti?

 Nel gennaio del 2005 invece riuscirono a portarsi via Abraham Ramirez 
 Vasquez, uno dei fondatori del CODEDI, dopo avergli sparato a bruciapelo 
 a una gamba. Con lui arrestarono anche i giovani fratelli Juventino e 
 Noel Garcia Cruz. Picchiarono e torturarono un altro compagno che li 
 stava trasportando all'ospedale, minacciarono il medico e l'infermiera 
 dell'ambulanza che eroicamente non consegnarono il ferito. Però, fra una 
 vicissitudine e l'altra, Abraham finì in fondo a una cella con
 l'accusa di omicidio, visto che a un chilometro e mezzo dal luogo della 
 sua detenzione fu trovato il cadavere di  un poliziotto. Juventino e 
 Noel furono condannati come complici.

 Abraham, Juventino e Noel furono i primi prigionieri politici 
 dell'appena eletto governatore di Oaxaca,  Ulises Ruiz Ortiz, il tiranno 
 che ordinò la feroce repressione contro la APPO nel 2006, responsabile 
 dell'assassinio di decine di compagni e compagne durante i sei anni del 
 mandato e che riempì le carceri con centinaia di dissidenti.

 Però il dolore oggi rimane nello spicchio più recondito del cuore, 
 perchè finalmente Abraham è con noi, insieme a Juventino e Noel, nel suo 
 villaggio, fra la moglie Graciela e i loro quattro figli, maschietti 
 bellissimi. Oggi sorridiamo, facce al sole, mentre dalla carovana 
 motorizzata scendono i compagni e le compagne indigene di OIDHO 
 (Organizzazioni dei Diritti Umani a Oaxaca), i comunisti del CODEP 
 (Comitato di Difesa del Popolo), gli anarchici e le anarchiche del CAMA 
 (Collettivo Autonomo
 Magonista) e di VOCAL (Voci Oaxacachegne Costruendo Autonomia e 
 Libertà) ed infine altra gente sparsa ed un pugno di europei, fra cui la 
 nostra delegazione della PIRATA (Piattaforma Internazionalista per la 
 Resistenza e l'Autogestione Tessendo Autonomia).

 Avanziamo in corteo per la ripida salita, fin sotto l'arco. Forte 
 riecheggia lo slogan di sempre: PRESOS POLITICOS LIBERTAD. Abraham 
 emozionatissimo riceve la prima delegazione dei fratelli indigeni 
 dell'OIDHO e poi tutti insieme, donne, bambini, zapotechi ed europei, 
 marciamo per le strettissime vie di pietra e terra del paesino. 
 Felicissimi, increduli e allo stesso
 tempo coscienti che questa vittoria l'abbiamo costruita con tanta 
 fatica e con lo sforzo d'ognuno. Sit-in a Oaxaca, a Città del Messico, a 
 Roma, in Olanda, in Spagna, in Svizzera, volantinaggi, presidi 
 permanenti, scioperi della fame. Tanta rabbia e tante divisioni, 
 incomprensioni. Tanta pazienza. Mentre Abraham in carcere resisteva, 
 denunciava e rifiutava ogni dialogo con il governo presieduto dal 
 tiranno Ulises Ruiz Ortiz.

 Centocinquanta persone sfilando in corteo a Xanica, paesino di mille 
 abitanti, danno la sensazione di una tenera moltitudine. Passando per la 
 piazza principale, quasi come a sfidare il gruppo duro degli indigeni 
 filo governativi che vivono nel villaggio stesso e oggi ridotti a 
 minoranza, i giovani cominciano a gridare: “Come no! Come si! S'e' 
 fottuto il PRI!”, riferendosi all'infame e mafioso partito nazional 
 popolare. Poi un gigantesco: “Quando il popolo si solleverà per il pane, 
 la libertà e la terra, tremeranno i potenti dalla costa alla montagna!”

 Sul lato dell'antica chiesa di Xanica, uno striscione di una quindicina 
 di metri ci emoziona. Vi sono cucite, bianco su verde, le romantiche e 
 combattive parole dell'anarchico messicano che più influenzò la 
 Rivoluzione del 1910, Ricardo Flores Magon:

 “Mentre loro contavano i dollari, io perdevo il tempo contando le 
 stelle. Io volevo fare un uomo di ogni animale umano e loro, più 
 pratici, hanno fatto un animale di ogni uomo. Tuttavia, preferisco 
 essere un sognatore che un uomo pratico”

 Poi un tendone, un altro striscione variopinto, con stencil e graffiti, 
 danno il benvenuto alla Festa delle Libertà di questo popolo dignitoso. 
 Una tavolata, il microfono e la parola a staffetta fra tutte le 
 organizzazioni che hanno reso possibile la liberazione di Abraham, 
 nonostante i 40 anni per omicidio che pendevano sulla sua testa. Parole 
 forti, emotive. Ringraziamenti, citazioni ai fratelli zapatisti e 
 riconoscimenti alla tenacia di Abraham.

 Prende il microfono in mano anche Cristobal, cucciolo d'uomo, 13 anni 
 vissuti in fretta visitando il padre fra un penitenziario e
 l'altro. Un'infanzia forgiata nella povertà ma anche nella formidabile 
 esperienza insurrezionale dell'APPO e della Comune di Oaxaca del 2006. I 
 muscoli del collo si tendono, lo sguardo si fa serissimo sui circa 
 duecento ascoltatori. La postura, il tono della voce e i movimenti non 
 tradiscono nessuna insicurezza. Nel vederlo, proviamo un ammirazione che 
 arriva quasi allo sconcerto: troppa maturità per un bambino.

 Parla, dunque, Cristobal: “Compagni e compagne, la vittoria e la 
 liberazione di mio padre non l'abbiamo ottenuta a braccia
 incrociate, abbiamo lottato (…) e dobbiamo continuare ad essere uniti 
 ed organizzati, perchè come dice il comandante Che
 Guevara, non esiste esercito che possa frenare un popolo in armi”. E 
 chiude recitando una poesia scritta dal padre negli
 anni in cella.

 Una poesia è anche quella che dedica Abraham, cogliendo tutti di 
 sorpresa, a sua moglie, Chela. Abraham infatti ringrazia
 tutti e tutte, ribadendo la necessità di continuare a lottare per 
 lalibertà di tuttie tutte, a tessere alleanze e annunciando l'impegno 
 per progetti di maggiore profondità che preparino l'autonomia reale di 
 Santiago Xanica. Poi però comincia a parlare
 di un passero rosso e nero che veniva a visitarlo sulla finestrella 
 lontana della cella nel carcere di massima sicurezza di Miahuatlan... 
 L'atmosfera si fa vibrante e un po' struggente. Abraham, in versi, 
 racconta e descrive l'anelo di libertà che gli inspira questo piccolo 
 essere con le ali. Con forza e con dignità gli sussurra di volare fino 
 alla casetta umile di sua moglie Chela per dirgli, semplicemente, ti 
 amo.

 Francamente rimaniamo colpiti in maniera straordinaria dalle parole di 
 Abraham, compagno indubbiamente militante ma che non ha rinunciato in un 
 evento politico come questo a sottolineare l'umanità e l'amore che 
 legano gli esseri umani. Non pochi ci ritroviamo con il viso rigato 
 dalle lacrime. Chela manda in frantumi il solito sorriso impassibile e 
 sbotta in sighiozzi. La felicità che si vive è umida, profonda e 
 feconda, come la stagione delle pioggie che viene.

 Facciamo la nostra parte, leggiamo i saluti dalla Francia, dall'Italia, 
 dalla Svizzera, dal Chiapas, nominando uno per uno tutti/e quelli/e che 
 sono presenti attraverso noi, compagni e compagne che sono passati di 
 qui negli anni. Ogni volta che andiamo a Xanica ci chiedono come stanno, 
 quando ritornano, che stanno facendo laggiù in quella terra chiamata 
 Europa, per molti un concetto confuso sinonimo di qualcosa che sta 
 lontano, molto lontano.

 Ricordiamo - non solo noi - che ci sono altri prigionieri politici da 
 liberare e un mondo da cambiare, ossia che abbiamo
 solo chiuso una fase della lotta per rilanciarla verso altri cento 
 obiettivi. Leggiamo quindi anche una lettera dei
 prigionieri politici del Chiapas, scritta per l'occasione dal 
 collettivo dei detenuti organizzati nella Voz del Amate.

 Infine, trionfa la tradizione nel più profondo stile messicano: due 
 vacche da mangiare, una bomboniera tipo prima
 comunione a tutti gli invitati (un sacchetto di caffè locale con 
 serigrafate le immagini di Magon e Zapata) e un
 gruppo musicale un po' trash su un palco esageratamente grande, 
 invitando al ballo finale. Decine di gambette scure saltellano al ritmo 
 della duranguense; si nota una spruzzata di facce rosate sorridenti in 
 un mare di volti moreni e felici. Situazioni grottesche, tenere e 
 simpatiche si prolungano nella notte, sotto il cielo stellato di Xanica.

 Sotto le stesse stelle che contava l'anarchico Magon, mentre preparava 
 la rivoluzione.

 Brillanti, alte, inafferrabili. A volte.

 Le stesse stelle che contiamo anche noi, sognatori persistenti, 
 preparando un altro grande cambiamento in questo Messico rovente.

 Nodo Solidale / PIRATA



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