[Ezln-it] Gianni Proiettis - Attualita' dal Messico

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Thu May 20 12:22:39 CEST 2010


POPOCATÉPETL La lava del Messico
a cura di Gianni Proiettis
 
Quando sparisce il capo
Diego Fernández de Cevallos
 
Città del Messico – Avvenuto venerdì notte in una zona campestre dello stato di Querétaro, il sequestro di Diego Fernández de Cevallos, uno degli uomini più noti e influenti della classe politica messicana, sta occupando le prime pagine di tutti i giornali, fotografia spietata del naufragio governativo sull’ordine pubblico, e apre una serie di interrogativi destinati con tutta probabilità a rimanere irrisolti.
Intanto, non si sa neanche con sicurezza se il Jefe Diego, come è universalmente noto, sia stato davvero rapito o ucciso o ferito. Le poche dichiarazioni rilasciate dagli inquirenti permettono di seguirne i movimenti fino alle 23 del venerdì, quando il politico sarebbe arrivato, guidando da solo e senza scorta, in una sua proprietà nel municipio di Pedro Escobedo per passarvi la notte.
La mattina del sabato, la sua camionetta sarebbe stata ritrovata abbandonata all’interno del rancho “con segni di violenza”, cioè degli occhiali rotti, un paio di forbici insanguinate e due colpi di pistola nella carrozzeria (non si è specificato se sparati dall’esterno o dall’interno del veicolo).
Mentre nessuno finora ha rivendicato il sequestro né avanzato richieste, nella giornata del sabato sono circolate due differenti versioni – una che affermava che il cadavere di Diego Fernández era custodito in un campo militare della regione, l’altra che lo dava per ricoverato in un ospedale – poi entrambi smentite dalla Procuraduría General de la República, l’unica autorizzata a rilasciare dichiarazioni.
 
L’avvocato del diavolo
Con più di cinquant’anni di militanza nel Pan, il partito della rancida destra clericale attualmente al potere, il Jefe Diego è stato deputato, senatore, capogruppo parlamentare, presidente del senato e perfino candidato alla presidenza della repubblica. In quella occasione, nel 1994, dopo aver trionfato nel primo dibattito televisivo fra candidati presidenziali che si faceva in Messico, si tirò inspiegabilmente indietro nelle settimane successive per lasciare il passo al candidato del Pri, Ernesto Zedillo, che conquistò così la presidenza.
Fra gli storici della politica c’è chi ha spiegato benissimo la frenata brusca di Diego Fernández quasi sul filo della presidenza: sarebbero i terreni di Punta Diamante, un tratto di costa vicino Acapulco che vale oro (ed è stato espropriato per un pezzo di pane alla comunità che lo abitava), il prezzo del ritiro, insieme a chissà quali altri favori.
La complicità del Jefe Diego con il Pri e il suo sodalizio con l’ex presidente Carlos Salinas de Gortari (1988-1994) illustrano una politica di alleanze che, per ben due volte in maniera macroscopica, è riuscita a deviare su un binario morto la nascente democrazia messicana.
Dopo le elezioni fraudolente del 1988, in cui il Pri scippò la vittoria al candidato della sinistra Cuauhtemoc Cardénas, fu Diego Fernández, alla testa del Pan, a permettere che si bruciassero tutte le schede elettorali – “in omaggio alla pacificazione nazionale” – evitando così che si ricontassero. E prima delle elezioni, ugualmente fraudolente, del 2006, fu sempre grazie al Jefe Diego che si orchestrò, con consiglieri spagnoli e statunitensi e il patrocinio del potentissimo Carlos Salinas, una campagna denigratoria contro il candidato della sinistra Andrés Manuel López Obrador.
Un genio del male dunque, questo barbuto paladino della destra faccendiera, che si è arricchito con cause contro lo stato mentre era parte delle istituzioni? Si direbbe di sì, a giudicare da tutti gli accidenti che gli mandano i lettori nei giornali in rete, un tsunami incontenibile (e incensurabile) di insulti e invettive che lo vorrebbero morto, sofferente o prigioniero.
C’è chi ricorda la sua partecipazione nella ley Televisa, la riforma che avrebbe dato poteri assoluti al già asfissiante duopolio televisivo, a cui la Corte suprema fece poi la manicure. O il suo protagonismo nella legge indigena del 2001, che rappresentò una regressione rispetto alla legislazione precedente, agli accordi di San Andrés e alle conquiste imposte dagli zapatisti.
E poi l’aneddotica, quasi tutta vera, sulla figura di questo combattivo oratore, vero mercenario del foro, pronto a difendere all’occorrenza anche narcotrafficanti famosi. Ci sono opinionisti che lo giudicano capacissimo, con i suoi precedenti, di mettere in scena un finto rapimento, se questo servisse a ridare un po’ di vitamina elettorale al Pan, attualmente molto sgonfio in un anno con una dozzina di elezioni statali.
Le quotazioni del Partido de Acción Nacional sono così basse, in sintonia con la scarsa popolarità del governo Calderón, che perfino nei sei stati in cui ha fatto una discussa alleanza con il Prd, di centro-sinistra, le inchieste girano a favore del Pri, il cui ritorno al potere, con la riconquista della presidenza nel 2012, sembra ormai ineluttabile. A meno che non succeda qualcosa di grosso…
 
Ironie della storia
Quando ha saputo della sparizione di Diego Fernández de Cevallos, sabato mattina, il presidente Felipe Calderón ha rimandato di alcune ore il viaggio in Spagna, dove lo stava aspettando Rodríguez Zapatero e i rappresentanti dell’Unione Europea per dargli il Premio Nueva Economía per i suoi “brillanti successi economici”(?) e la sua “lotta efficace contro il crimine”(??). Un po’ come, mutatis mutandis, il Nobel della pace a Barack Obama.
In Spagna si è consolidata una partnership fra il Messico e l’Unione Europea, almeno sulla carta. Perché malgrado il grande aperturismo di Calderón agli investimenti stranieri, bisognerà poi vedere chi ha voglia di giocare in un casinò così rischioso e sanguinolento.
Tornando al “sequestro” del Jefe Diego, che è un po’ il padrino politico dell’attuale procuratore generale Arturo Chavez Chavez e del ministro degli interni Gomez Mont, la sua sparizione potrebbe essere in relazione con alcuni fatti di cronaca degli ultimi tempi.
Una decina di giorni fa, Mario Villanueva, ex-governatore di Quintana Roo condannato a 28 anni per narcotraffico, è stato estradato negli Usa, su pressante richiesta statunitense, dopo aver scontato solo nove anni. Villanueva, un governatore del Pri, era intimo dell’ex-presidente Carlos Salinas e ne sa sicuramente parecchio sulla connessione narcos-politici.
La settimana scorsa, Griselda Lopez, ex-moglie del Chapo Guzmán, il narcotrafficante più ricercato del mondo (e il più ricco, secondo la rivista Forbes), è stata fermata a Culiacán, nello stato di Sinaloa, accusata di lavado de dinero, ma rilasciata quasi subito.
Ignacio Nacho Coronel, uno dei principali collaboratori del Chapo Guzmán, sarebbe stato arrestato venerdì scorso a Guadalajara. Non si può evitare il condizionale, visto che dopo la prima fuga di notizie le autorità non hanno voluto confermare né smentire il suo arresto.
Il sequestro del Jefe Diego è una vendetta, un avvertimento, una messinscena? Intanto, il fatto ha ridotto al rango di notizia breve la strage degli avventori di un bar a Torreón, Coahuila, nel fine settimana: otto morti e diciannove feriti massacrati dai sicari dei narcos.
 
Il Manifesto - pubblicato il 17 maggio 2010 http://blog.ilmanifesto.it/popocate/2010/05/17/quando-sparisce-il-capo/
 


      
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