[Ezln-it] Vittorio Zucconi, gli zapatisti e la cattiva informazione
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Fri Apr 9 09:43:11 CEST 2010
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"Todos
somos Marcos": volete le foto di tutti noi in basso a sinistra?
Vittorio Zucconi, gli zapatisti e la cattiva informazione
Come passare da una notizia non verificata alla "normalizzazione di
un sogno"
31 / 3 / 2010
Avvertenza:
questa non vuole essere una lezione di giornalismo a opera di uno scribacchino,
bensì una pubblica protesta di un attivista, contro un palese caso di disinformazione.
Una
notizia quantomeno sospetta, lanciata dal quotidiano messicano Reforma, ha
fatto il giro del mondo: ecco il dossier sugli zapatisti, ecco il volto
scoperto del Subcomandante Marcos, ecco chi finanzia l’EZLN! Molti organi di
stampa si sono affrettati a fare eco. Prendiamo il caso italiano: Corriere,
Sole24Ore, Repubblica, e molti altri quotidiani hanno
riportato la notizia acriticamente. Proprio su Repubblica del 28 marzo
spiccava il caso limite, rappresentato dal blasonatissimo Vittorio Zucconi.
Un
campionamento inserito in una vecchia canzone degli Ariadigolpe recitava: “Come
nasce una falsa notizia? Prima di verificarla, si cominciano a chiedere
pareri…”. Ebbene, Zucconi è andato ben oltre: ci ha voluto propinare un saggio
di opinionismo geopolitico, sulla base della sua (presunta) autorità in fatto
di cose americane. Il parere sulla falsa notizia, se lo è fornito da solo. Il
suo articolo (titolo: L’ultimo volto del Subcomandante Marcos), per
chi mastica un po’ di zapatismo, è al limite del vergognoso.
Innanzitutto,
Zucconi evita di mettere in dubbio la veridicità di foto, dossier, illazioni.
Costui è assolutamente certo che il “barbudo” della foto sia Marcos, e suffraga
la sua tesi con metodo lombrosiano: ha la barba, dunque è guevarista, dunque è
romantico: è lui! E dopo tale folgorazione dà la stura a una serie nauseante di
banalità.
Zucconi è una delle penne meglio remunerate d’Italia, pertanto conosce i
trucchetti del mestiere. Infatti si premura di infarcire l’articolo con
riferimenti di nozionismo zapatista, impresa peraltro accessibile a qualsiasi
adolescente capace di usare google. Offrendo una stereotipata
cartolina della coleta San Cristóbal, crede di guadagnarsi lo status
di esperto di movimenti latinoamericani. Ciò non gli impedisce di incorrere in
banali gaffes, come quando dà per morto il vescovo Samuel Ruiz (nel
2000, cioè quando ha lasciato la sua carica ecclesiastica) o laddove
considera "progressista" il neoliberale Reforma. In questo
secondo caso, il poveretto cade su una delle trappole tipiche della tradizione
messicana del Partito Rivoluzionario Istituzionale: usare una terminologia
socialisteggiante per denominare realtà conservatrici o reazionarie.
Chissà cosa penserebbero veri conoscitori (purtroppo non più tra noi, e
l’assenza ci pesa) come Carlos Montemayor e Manuel Vázquez Montalbán, dell’exploit
del giornalista. Prendo il Pamphlet dal pianeta delle scimmie del
grande scrittore catalano, in qualche occasione citato dallo stesso Marcos.
Curiosamente, se Zucconi lo leggesse ci troverebbe un brano che fa al caso suo.
Dice
Vázquez Montalbán, a proposito dell’educazione all’informazione: “L’abbiccì del
decodificatore di un qualsiasi mezzo di comunicazione consiste nel sapere chi è
il proprietario di tale mezzo e cosa questi intenda ottenere dal controllo
della coscienza del ricevente”. Si è chiesto, l’esperto Zucconi, cosa
rappresenta Reforma in Messico? Si è chiesto qual è l’interesse della
destra di Felipe Calderón, coinvolto nelle faide di narcotraffico e in
sanguinarie repressioni di movimenti?
Forse
Zucconi ignora perfino il meccanismo di funzionamento della guerra di contrainsurgencia,
che si muove da sempre su un doppio binario: da un lato le aggressioni alle
comunità zapatiste, dall’altro le menzogne mediatiche. Ogni menzogna diffusa
dal malgoverno precede, segue o accompagna un’aggressione militare o
paramilitare. In realtà, l’articolo di Zucconi tutto ignora: la vicenda di Agua
Azul e quella dei Montes Azules, i megaprogetti di penetrazione capitalistica,
il recente caso di Mitzitón, le aggressioni nei vari municipi (dalla zona di
Oventic a quella di Morelia a Roberto Barrios, l’elenco di violenze
paramilitari è interminabile), i prigionieri politici. Immagino che anche la
sigla OPDDIC sarebbe per lui una novità. Ignora le false notizie diffuse per
screditare le Giunte di Buon Governo, e per punzecchiare l’EZLN attraverso la
figura di Marcos.
Vorrei
rendere edotto Vittorio Zucconi, per colmare il suo ritardo informativo, che la
comandancia dell’EZLN tace da oltre un anno. Non compete qui
disquisire sui motivi strategici di tale silenzio, ma quantomeno occorre notare
che il Governo di FeCal ha tutto l’interesse a provocare, forse anche perché
non sa che pesci prendere e ha bisogno di diversivi mediatici rispetto al caos
delle guerre dei narcos, che ne rivelano impotenze e connivenze. Per
Zucconi, ciò non è argomento degno di riflessione. Non gli serve conoscere i
trascorsi tra EZLN e ETA. Non gli compete neppure smascherare la menzogna
mondiale per la quale La Garrucha sarebbe un “bastione” inviolabile dello
zapatismo, rimasto fino a oggi inaccessibile.
Per
chi non lo sapesse, La Garrucha è uno dei cinque Caracoles, nati nel 2003,
dalla trasformazione degli Aguascalientes, proprio per interfacciarsi con
i visitatori, attraverso le autorità civili democraticamente scelte dalle
comunità indigene. Di ogni Caracol esistono milioni di foto in giro per il
mondo, scattate su autorizzazione delle Giunte di Buon Governo, e quelle
pubblicate da Reforma non sembrano neanche molto recenti.
Zucconi
dimentica di chiedersi come mai, da tale rilevantissimo dossier sugli
zapatisti, abbiano di fatto ricavato solo una non-notizia di una pagina e
mezzo. E il bello è che la conclusione del suo articolo è: siamo alla
“normalizzazione di un sogno”, anche perché… ormai c’è Chavez al governo in
Venezuela! Dunque, cinquecento anni di oppressione indigena, sedici anni di
ribellione e costruzione di autonomia in Chiapas, secondo Zucconi, nascono e
muoiono con l’identikit di Marcos (identikit nemmeno certificato da un
qualsiasi fisionomista di regime).
Come
al solito, è bastato l’Oracolo ANSA a investire di credibilità la notizia agli
occhi dei giornali italiani. Le agenzie di stampa, pur essendo fatte da esseri
umani, mantengono l’aura di sibilline divulgatrici di nudi fatti. Ma è facile
capire che non è così.
Per
coerenza, occorre rivolgersi la domanda raccomandata da Vázquez Montalbán: per
conto di chi ha scritto l’articolo, il buon Vittorio Zucconi?
Di chi è Repubblica? E’ proprietà di quel Carlo De Benedetti capace di
scucire milioni di euro a Silvio Berlusconi per la vicenda Lodo Mondadori. E’un
giornale definito di “sinistra”, che Berlusca accusa di costituire un partito
occulto contro di lui. Un quotidiano autorevole, con molti lettori, tanti dei
quali si accontentano semplicemente di sentirsi dire ovvietà sul ducetto
nostrano. Ma diciamolo: parlar male di Berlusconi è come dire che la cacca
puzza. Tanto vale sentirselo ripetere da un giornale più documentato in tali
analisi delle feci, quale il Fatto quotidiano di Travaglio e soci.
Insomma, sapere che la cacca puzza non aggiunge granché alla nostra conoscenza
del mondo, così come nulla aggiunge l’articolo di Zucconi alla conoscenza della
guerra a bassa intensità in Chiapas: si tratta di puro ritualismo mediatico. Il
“sinistro” Repubblica risulta più fuorviante (come quando si azzarda a
descrivere i centri sociali) perfino del Sole24Ore. Sarà perché il
giornale di Confindustria è il giornale dei padroni per antonomasia, ma ai suoi
corsivisti e lettori non manca l’unico pregio tipico di chi bada al sodo, cioè
alla pecunia: l’approccio materialistico. A parziale conferma, il sondaggio on
line del Sole24Ore sulla veridicità della foto a volto scoperto del Sup,
esprime un 80% di persone convinte che si tratti di un falso. Che ne pensa,
Zucconi, di tanta diffidenza?
Ora
la fatidica domanda mi si ritorce contro… per chi parlo, visto che nessuno mi
paga? Parlo per me, sulla base delle esperienze maturate in anni di progetti
con le comunità zapatiste, sulla base dei racconti di cooperanti e osservatori
dei diritti umani italiani (i famosi “visitantes” di cui si favoleggiano
abnormi finanziamenti agli zapatisti), europei e americani, molti dei quali ben
più esperti di me. Parlo da lettore dei giornalisti de La Jornada,
come Hermann Bellinghausen, Gloria Muñoz Ramirez e altri, che da anni vivono
direttamente la realtà chiapaneca e hanno sempre esemplarmente raccontato il
movimento zapatista. Parlo avendo presenti le denunce delle Giunte del Buon
Governo sulle aggressioni militari e paramilitari, e rivendicando il diritto di
indignarmi dinanzi alla cattiva informazione diffusa da taluni giornali di
“sinistra”.
Cari
giornalisti, rispolverando il vero significato del motto “todos somos Marcos”,
eccovi un consiglio non richiesto: perché non vi procurate le foto di tutti noi
che stiamo abajo a la izquierda al fianco dell’Altra Campagna e degli
zapatisti, in Chiapas, in Messico, e nei cinque continenti? Solo così otterrete
lo scopo di normalizzare il sogno. Ma attenzione: sarà un lavoro lungo.
Procuratevi un album bello grosso.
Daniele Di Stefano
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