[Ezln-it] Elezioni in Messico: la rinascita del centro

Annamaria annamariamar at gmail.com
Tue Jul 7 14:47:02 CEST 2009


From: Clara Ferri
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Date: 2009/7/7
Subject: Elezioni in Messico: la rinascita del centro

 *Elezioni in Messico: la rinascita del centro*

Ieri, domenica 5 luglio, il Messico ha affrontato le elezioni politiche
intermedie, per rinnovare deputati federali e locali, alcuni governatori
statali ed altre autorità locali (sindaci e capi delegazionali).

Il grande vincitore, con un 36,62%, è risultato essere il PRI, il *Partido
Revolucionario Institucional*, l’attore politico che ha tradotto in termini
moderni l’eredità del vecchio porfiriato e ha mantenuto il potere per più di
70 anni. Caratterizzato dall’autoritarismo, dal corporativismo e dalla
corruzione politica, il PRI è caduto in picchiata nel 2000, quando la
società messicana, credendo alle promesse (poi deluse) di cambiamento
dell’allora candidato del partito di destra, PAN, Vicente Fox, ha
determinato il passaggio “formale” del potere dal partito di centro a quello
di destra. Ma in meno di un sessennio, quello appunto del governo foxista,
l’elettorato si è dovuto ricredere constatando che tale cambiamento non si
era né si sarebbe mai avverato. Né con Fox né con l’attuale presidente,
Felipe Calderón, che è salito al potere nel 2006 con una probabile frode
elettorale, nonostante lo scarso margine con il candidato di centrosinistra,
Andrés Manuel López Obrador (AMLO), del *Partido de la Revolución
Democrática*.

Ebbene, il PRI recupera terreno: vince vari stati federali (5 per
l’esattezza) e municipi e ottiene la maggioranza relativa del parlamento; e
anche quella assoluta, se si sommano i suoi voti a quelli del Partito Verde,
a cui è alleato. Una condizione ideale, sia per ostacolare l’operato del già
debole governo Calderón, sia per spianare il terreno all’ascesa del suo
prossimo candidato presidenziale: il giovane, autoritario e mediatico
Enrique Peña Nieto, attuale governatore dello Stato del Messico (stato che
circonda il Distretto Federale, cioè Città del Messico).

Il *Partido Acción Nacional*, PAN, passa, dunque, ad essere la seconda forza
politica del paese (27,96%). Partito fortemente classista, rappresenta gli
interessi dei ceti dirigenti e industriali, ma anche le aspirazioni della
piccola e media borghesia che cerca di avanzare nella scala sociale. Il
risultato elettorale è sicuramente influenzato dalla fallita politica del
governo Calderón, il cui principale cavallo di battaglia è la lotta frontale
al narcotraffico (vera forza economica del paese) attraverso il
rafforzamento dell’esercito, in un processo da molti defenito come
‘colombianizzazione del paese’. Per quanto riguarda tutto il resto della
vita politica, economica e sociale, il PAN ha garantito il mantenimento
dello status quo, in continuità con le politiche precedenti del partito in
apparenza oppositore.

Il PRD è la terza forza del paese (12,22%). Solo nelle elezioni del 2000 si
è trovato in seconda posizione, grazie alla popolarità di AMLO, sedicente
“presidente legittimo” che vanta ancora oggi un forte appoggio da parte del
suo zoccolo duro, il movimento della *Resistencia Civil Pacífica*, e della
corrente *Izquierda Unida* all’interno del partito. È il secondo partito
sconfitto da queste elezioni e si può dire che lo deve principalmente a se
stesso e alle faide interne tra le due principali correnti (*Nueva Izquierda
* di Jesús Ortega, attuale presidente del partito, e *Izquierda Unida* di
Alejandro Encinas). Dopo le vergognose e abominevoli elezioni interne
dell’anno scorso per la presidenza del partito, caratterizzate da una guerra
intestina tra le due fazioni e da reciproci frodi e colpi bassi, il PRD ha
perso la reputazione di integerrimità nei confronti dei propri sostenitori,
ma anche di tutto il resto del paese. Le divisioni ideologiche e politiche
esistevano da molto tempo, ma i diversi personaggi politici non sono stati
in grado di superarle e di mantenere una vera unità, non solo fittizia. Come
in un matrimonio finito, nessuna delle due parti ha voluto abbandonare il
tetto coniugale per non cedere all’altro l’eredità di un partito nato dalla
spinta popolare per un’apertura democratica del paese. AMLO, suo leader
morale, dopo una prima fase di apparente unione nel periodo postelettorale,
ha espresso la propria preferenza per *Izquierda Unida*, cercando di
influire sul destino del partito, ma *Nueva Izquierda* (favorita dietro le
quinte dai poteri fattuali e dai partiti di centrodestra) ne ha ottenuto la
dirigenza. Allora AMLO ha invitato i suoi sostenitori a votare per i due
partiti satellitari della ex coalizione di centrosinistra, *Por el bien de
todos, *delle elezioni precedenti: il *Partido del Trabajo* (che ha ottenuto
il 3,58%) e *Convergencia* (2.38%). E verrà presto espulso dal PRD per
questo suo “tradimento”. Insieme ad una fetta consistente di elettorato, il
PRD –che di ‘democratico’ gli è rimasto solo il nome- ha perso anche la
faccia. Il caso più emblematico della spaccatura interna – sottolineata
spasmodicamente dai mass media e dagli altri partiti – è quello
dell’elezione nella Delegazione[1] di Iztapalapa, la più popolata di tutto
il Messico (con un milione e trecentomila elettori). La candidata iniziale
del PRD era Clara Brugada, della corrente *Izquierda Unida*, ma è stata
sostituita poco prima delle elezioni da Silvia Oliva di *Nueva Izquierda*,
imposta direttamente dalla direzione del partito. Le schede elettorali erano
addirittura già state stampate e non c’è stato modo di far cambiare idea ai
vertici: gli elettori che avessero votato per lei, avrebbero dato il voto
alla sua concorrente. Quindi la Brugada si è accordata con il PT per
ottenere i voti del suo candidato e non perdere la possibilità di salire al
potere e ce l’ha fatta! Ma la figuraccia per il partito è stata fatale.

La quarta forza politica, ahimé, è il *Partido* (pseudo) *Verde Ecologista
de México*, PVEM. Unico partito verde al mondo che si situa a destra anziché
a sinistra, il Partito Verde è nato nel seno di un clan familiare, i
González Torres, probabilmente con l’idea di erodere il voto dei grandi
partiti per poi allearsi con loro, ma anche con quella di raccogliere il
voto dell’elettorato scontento e qualunquista. Nel 2000 si allea con il PAN
e successivamente con il PRI, data la delusione post-elettorale (quando Fox
non mantiene le promesse di campagna di riservare loro incarichi di una
certa importanza all’interno del governo). Il PVEM non rappresenta
minimamente i deboli movimenti ecologisti messicani ed è stato addirittura
espulso dall’Internazionale Verde per ‘incongruenza’ con gli altri membri.
Ma quest’anno registra un vero e proprio *exploit*: con una campagna sporca
e populistica – basata su proposte come la pena di morte per i sequestratori
e la restituzione ai cittadini dei contributi sulla salute da parte dello
Stato, al puro stile berlusconiano – il partito passa dal 4,8% al 6,5%. È
probabilmente il punto più doloroso di queste elezioni, anche perché tra le
sue fila si annoverano alcuni personaggi delle due principali catene
televisive private, Televisa e TV Azteca, due dei principali poteri fattuali
del paese.

Segue, poi, con un 3,42% il PANAL, *Partido Nueva Alianza*, uno squallido
partito jolly della detestabile leader vitalizia del sindacato
dell’educazione, Elba Esther Gordillo, una pericolosissima burattinaia
politica che ha avuto un ruolo fondamentale nella frode elettorale del 2006
e che, attraverso il corporativismo sindacale, riesce a sopravvivere e a
tessere alleanze strategiche coi veri protagonisti della politica, il PRI e
il PAN.

E, infine, il PSD, *Partido Social Demócrata*, un partito minoritario di
sinistra che, nonostante il grosso lavoro di base e le idee radicali
(legalizzazione delle droghe leggere, depenalizzazione dell’aborto,
matrimoni omosessuali, equità di genere, ecc.), non è riuscito a convincere
l’elettorato di sinistra e a superare lo sbarramento del 2%. D’altra parte,
il messicano è un popolo conservatore che difficilmente sceglierà di
appoggiare politiche e forze radicali.

Un dato assai importante: in queste elezioni c’è stata una vera e propria
campagna a favore dell’annullamento del voto, che si è tradotto in termini
percentuali in un 5,2% a livello nazionale e in un 10,83% a Città del
Messico (dove la popolazione locale ha una coscienza politica più sviluppata
che nel resto del paese), contro il 3,5% del passato. Iniziata nei social
network come una ‘campagna civica’, è stata oggetto di varie analisi che
hanno dimostrato come fosse stata orchestrata per favorire il centrodestra:
il voto nullo, così come quello in bianco, viene ridistribuito ai vari
partiti a seconda delle percentuali ufficiali ottenute e, quindi, in pratica
rafforza i partiti maggioritari e toglie potenziali voti ai partiti minori.
Ad ogni modo, questo dato non può essere ignorato dalla classe politica:
equivale a una bocciatura in blocco del sistema partitico e a una nuova
forma di protesta civica. Si spera che non scemi e non muoia qui, ma che si
traduca in una spinta dal basso per l’ottenimento di alcuni diritti civili
fondamentali, quali l’introduzione della figura giuridica del referendum e
della revoca del mandato ai politici corrotti, la possibilità di candidature
indipendenti dai partiti politici, tra le altre proposte.

La guerra politico-mediatica più forte è stata paradossalmente quella
dell’IFE (*Instituto Federal Electoral*, l’ente pubblico incaricato
dell’organizzazione delle elezioni) a favore del diritto al voto; questo
ente ha cercato in tutti i modi di contrastare l’astensionismo (che ha
comunque rappresentato un 55,29%) e il voto nullo: oltre ai metodi
tradizionali, quali il bombardamento di spot, cartelloni, annunci,
volantini, ecc, l’IFE è riuscito a coinvolgere anche i poteri fattuali
(*Consejo
Coordinador Empresarial*, Chiesa Cattolica, mass media) nella propria
crociata contro il rifiuto o il disinteresse dei cittadini nei confronti dei
partiti politici. Persino sugli scontrini dei supermercati  appariva una
legenda che ci invitava ad andare a votare. E i suoi dipendenti hanno fatto
altrettanto ieri, suonando di porta in porta per “ricordare” ai cittadini
“il loro dovere”.

Ma una buona fetta dell’elettorato ha deciso di prendere alla lettera il
proverbio popolare messicano “*mejor malo por conocido que bueno por conocer
*” (cioè, meglio il cattivo in quanto conosciuto che il buono ancora da
conoscere) e di tornare al passato più o meno recente. C’è chi ha fiducia la
scadenza cabalistica del bicentenario (dall’Indipendenza, 1810, e dalla
Rivoluzione, 1910) e chi ha perso ogni speranza, ma per ora le cose non
sembrano destinate a cambiare in terra mexica.
Clara
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[1] Il Distretto Federale è suddiviso sul piano politico e amministrativo in
16 Delegazioni
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