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</style>From: <b class="gmail_sendername">Clara Ferri</b> <span dir="ltr"><<a href="http://it.mc240.mail.yahoo.com/mc/compose?to=claferant@gmail.com" target="_blank" rel="nofollow">claferant@gmail.com</a>></span><br>
Date:
2009/7/7<br>Subject: Elezioni in Messico: la rinascita del centro<br><br>
<div>
<div lang="x-western">
<p style="text-align: justify;"><b>Elezioni in Messico: la rinascita del
centro</b></p>
<p style="text-align: justify;">Ieri, domenica 5 luglio, il Messico ha affrontato
le elezioni politiche intermedie, per rinnovare deputati federali e locali,
alcuni governatori statali ed altre autorità locali (sindaci e capi
delegazionali).</p>
<p style="text-align: justify;">Il grande vincitore, con un 36,62%, è risultato
essere il PRI, il <i>Partido Revolucionario Institucional</i>, l’attore politico
che ha tradotto in termini moderni l’eredità del vecchio porfiriato e ha
mantenuto il potere per più di 70 anni. Caratterizzato dall’autoritarismo, dal
corporativismo e dalla corruzione politica, il PRI è caduto in picchiata nel
2000, quando la società messicana, credendo alle promesse (poi deluse) di
cambiamento dell’allora candidato del partito di destra, PAN, Vicente Fox, ha
determinato il passaggio “formale” del potere dal partito di centro a quello di
destra. Ma in meno di un sessennio, quello appunto del governo foxista,
l’elettorato si è dovuto ricredere constatando che tale cambiamento non si era
né si sarebbe mai avverato. Né con Fox né con l’attuale presidente, Felipe
Calderón, che è salito al potere nel 2006 con una probabile frode elettorale,
nonostante lo scarso margine con il candidato di centrosinistra, Andrés Manuel
López Obrador (AMLO), del <i>Partido de la Revolución Democrática</i>.</p>
<p style="text-align: justify;">Ebbene, il PRI recupera terreno: vince vari stati
federali (5 per l’esattezza) e municipi e ottiene la maggioranza relativa del
parlamento; e anche quella assoluta, se si sommano i suoi voti a quelli del
Partito Verde, a cui è alleato. Una condizione ideale, sia per ostacolare
l’operato del già debole governo Calderón, sia per spianare il terreno
all’ascesa del suo prossimo candidato presidenziale: il giovane, autoritario e
mediatico Enrique Peña Nieto, attuale governatore dello Stato del Messico (stato
che circonda il Distretto Federale, cioè Città del Messico). </p>
<p style="text-align: justify;">Il <i>Partido Acción Nacional</i>, PAN, passa,
dunque, ad essere la seconda forza politica del paese (27,96%). Partito
fortemente classista, rappresenta gli interessi dei ceti dirigenti e
industriali, ma anche le aspirazioni della piccola e media borghesia che cerca
di avanzare nella scala sociale. Il risultato elettorale è sicuramente
influenzato dalla fallita politica del governo Calderón, il cui principale
cavallo di battaglia è la lotta frontale al narcotraffico (vera forza economica
del paese) attraverso il rafforzamento dell’esercito, in un processo da molti
defenito come ‘colombianizzazione del paese’. Per quanto riguarda tutto il resto
della vita politica, economica e sociale, il PAN ha garantito il mantenimento
dello status quo, in continuità con le politiche precedenti del partito in
apparenza oppositore.</p>
<p style="text-align: justify;">Il PRD è la terza forza del paese (12,22%). Solo
nelle elezioni del 2000 si è trovato in seconda posizione, grazie alla
popolarità di AMLO, sedicente “presidente legittimo” che vanta ancora oggi un
forte appoggio da parte del suo zoccolo duro, il movimento della <i>Resistencia
Civil Pacífica</i>, e della corrente <i>Izquierda Unida</i> all’interno del
partito. È il secondo partito sconfitto da queste elezioni e si può dire che lo
deve principalmente a se stesso e alle faide interne tra le due principali
correnti (<i>Nueva Izquierda</i> di Jesús Ortega, attuale presidente del
partito, e <i>Izquierda Unida</i> di Alejandro Encinas). Dopo le vergognose e
abominevoli elezioni interne dell’anno scorso per la presidenza del partito,
caratterizzate da una guerra intestina tra le due fazioni e da reciproci frodi e
colpi bassi, il PRD ha perso la reputazione di integerrimità nei confronti dei
propri sostenitori, ma anche di tutto il resto del paese. Le divisioni
ideologiche e politiche esistevano da molto tempo, ma i diversi personaggi
politici non sono stati in grado di superarle e di mantenere una vera unità, non
solo fittizia. Come in un matrimonio finito, nessuna delle due parti ha voluto
abbandonare il tetto coniugale per non cedere all’altro l’eredità di un partito
nato dalla spinta popolare per un’apertura democratica del paese. AMLO, suo
leader morale, dopo una prima fase di apparente unione nel periodo
postelettorale, ha espresso la propria preferenza per <i>Izquierda Unida</i>,
cercando di influire sul destino del partito, ma <i>Nueva Izquierda</i>
(favorita dietro le quinte dai poteri fattuali e dai partiti di centrodestra) ne
ha ottenuto la dirigenza. Allora AMLO ha invitato i suoi sostenitori a votare
per i due partiti satellitari della ex coalizione di centrosinistra, <i>Por el
bien de todos, </i>delle elezioni precedenti: il <i>Partido del Trabajo</i> (che
ha ottenuto il 3,58%) e <i>Convergencia</i> (2.38%). E verrà presto espulso dal
PRD per questo suo “tradimento”. Insieme ad una fetta consistente di elettorato,
il PRD –che di ‘democratico’ gli è rimasto solo il nome- ha perso anche la
faccia. Il caso più emblematico della spaccatura interna – sottolineata
spasmodicamente dai mass media e dagli altri partiti – è quello dell’elezione
nella Delegazione<a title="" rel="nofollow" name="12252df912639884__ftnref1"><span><span><span><span style="font-size: 12pt;">[1]</span></span></span></span></a> di Iztapalapa, la
più popolata di tutto il Messico (con un milione e trecentomila elettori). La
candidata iniziale del PRD era Clara Brugada, della corrente <i>Izquierda
Unida</i>, ma è stata sostituita poco prima delle elezioni da Silvia Oliva di
<i>Nueva Izquierda</i>, imposta direttamente dalla direzione del partito. Le
schede elettorali erano addirittura già state stampate e non c’è stato modo di
far cambiare idea ai vertici: gli elettori che avessero votato per lei,
avrebbero dato il voto alla sua concorrente. Quindi la Brugada si è accordata
con il PT per ottenere i voti del suo candidato e non perdere la possibilità di
salire al potere e ce l’ha fatta! Ma la figuraccia per il partito è stata
fatale.</p>
<p style="text-align: justify;">La quarta forza politica, ahimé, è il
<i>Partido</i> (pseudo) <i>Verde Ecologista de México</i>, PVEM. Unico partito
verde al mondo che si situa a destra anziché a sinistra, il Partito Verde è nato
nel seno di un clan familiare, i González Torres, probabilmente con l’idea di
erodere il voto dei grandi partiti per poi allearsi con loro, ma anche con
quella di raccogliere il voto dell’elettorato scontento e qualunquista. Nel 2000
si allea con il PAN e successivamente con il PRI, data la delusione
post-elettorale (quando Fox non mantiene le promesse di campagna di riservare
loro incarichi di una certa importanza all’interno del governo). Il PVEM non
rappresenta minimamente i deboli movimenti ecologisti messicani ed è stato
addirittura espulso dall’Internazionale Verde per ‘incongruenza’ con gli altri
membri. Ma quest’anno registra un vero e proprio <i>exploit</i>: con una
campagna sporca e populistica – basata su proposte come la pena di morte per i
sequestratori e la restituzione ai cittadini dei contributi sulla salute da
parte dello Stato, al puro stile berlusconiano – il partito passa dal 4,8% al
6,5%. È probabilmente il punto più doloroso di queste elezioni, anche perché tra
le sue fila si annoverano alcuni personaggi delle due principali catene
televisive private, Televisa e TV Azteca, due dei principali poteri fattuali del
paese.</p>
<p style="text-align: justify;">Segue, poi, con un 3,42% il PANAL, <i>Partido
Nueva Alianza</i>, uno squallido partito jolly della detestabile leader
vitalizia del sindacato dell’educazione, Elba Esther Gordillo, una
pericolosissima burattinaia politica che ha avuto un ruolo fondamentale nella
frode elettorale del 2006 e che, attraverso il corporativismo sindacale, riesce
a sopravvivere e a tessere alleanze strategiche coi veri protagonisti della
politica, il PRI e il PAN.</p>
<p style="text-align: justify;">E, infine, il PSD, <i>Partido Social
Demócrata</i>, un partito minoritario di sinistra che, nonostante il grosso
lavoro di base e le idee radicali (legalizzazione delle droghe leggere,
depenalizzazione dell’aborto, matrimoni omosessuali, equità di genere, ecc.),
non è riuscito a convincere l’elettorato di sinistra e a superare lo sbarramento
del 2%. D’altra parte, il messicano è un popolo conservatore che difficilmente
sceglierà di appoggiare politiche e forze radicali.</p>
<p style="text-align: justify;">Un dato assai importante: in queste elezioni c’è
stata una vera e propria campagna a favore dell’annullamento del voto, che si è
tradotto in termini percentuali in un 5,2% a livello nazionale e in un 10,83% a
Città del Messico (dove la popolazione locale ha una coscienza politica più
sviluppata che nel resto del paese), contro il 3,5% del passato. Iniziata nei
social network come una ‘campagna civica’, è stata oggetto di varie analisi che
hanno dimostrato come fosse stata orchestrata per favorire il centrodestra: il
voto nullo, così come quello in bianco, viene ridistribuito ai vari partiti a
seconda delle percentuali ufficiali ottenute e, quindi, in pratica rafforza i
partiti maggioritari e toglie potenziali voti ai partiti minori. Ad ogni modo,
questo dato non può essere ignorato dalla classe politica: equivale a una
bocciatura in blocco del sistema partitico e a una nuova forma di protesta
civica. Si spera che non scemi e non muoia qui, ma che si traduca in una spinta
dal basso per l’ottenimento di alcuni diritti civili fondamentali, quali
l’introduzione della figura giuridica del referendum e della revoca del mandato
ai politici corrotti, la possibilità di candidature indipendenti dai partiti
politici, tra le altre proposte.</p>
<p style="text-align: justify;">La guerra politico-mediatica più forte è stata
paradossalmente quella dell’IFE (<i>Instituto Federal Electoral</i>, l’ente
pubblico incaricato dell’organizzazione delle elezioni) a favore del diritto al
voto; questo ente ha cercato in tutti i modi di contrastare l’astensionismo (che
ha comunque rappresentato un 55,29%) e il voto nullo: oltre ai metodi
tradizionali, quali il bombardamento di spot, cartelloni, annunci, volantini,
ecc, l’IFE è riuscito a coinvolgere anche i poteri fattuali (<i>Consejo
Coordinador Empresarial</i>, Chiesa Cattolica, mass media) nella propria
crociata contro il rifiuto o il disinteresse dei cittadini nei confronti dei
partiti politici. Persino sugli scontrini dei supermercati<span>
</span>appariva una legenda che ci invitava ad andare a votare. E i suoi
dipendenti hanno fatto altrettanto ieri, suonando di porta in porta per
“ricordare” ai cittadini “il loro dovere”.</p>
<p style="text-align: justify;">Ma una buona fetta dell’elettorato ha deciso di
prendere alla lettera il proverbio popolare messicano “<i>mejor malo por
conocido que bueno por conocer</i>” (cioè, meglio il cattivo in quanto
conosciuto che il buono ancora da conoscere) e di tornare al passato più o meno
recente. C’è chi ha fiducia la scadenza cabalistica del bicentenario
(dall’Indipendenza, 1810, e dalla Rivoluzione, 1910) e chi ha perso ogni
speranza, ma per ora le cose non sembrano destinate a cambiare in terra
mexica.</p>
<div>Clara<br clear="all">
<hr align="left" size="1" width="33%">
<div>
<p style="text-align: justify;"><a title="" rel="nofollow" name="12252df912639884__ftn1"><span><span><span><span style="font-size: 12pt;">[1]</span></span></span></span></a> Il Distretto
Federale è suddiviso sul piano politico e amministrativo in 16
<span></span>Delegazioni</p></div></div></div></div>