[Ezln-it] Reportage Acteal - 12^ Parte

annamaria maribel annamariamar at gmail.com
Sat Nov 17 11:33:47 CET 2007


La Jornada – Venerdì 16 novembre 2007



Reportage – A dieci anni da Acteal


Attacco alla comitiva di Samuel Ruiz suscita allarme mondiale



- Il 4 novembre 1997 tre contadini feriti da pallottole

- Tre giorni dopo la sorella del vescovo viene aggredita a colpi di martello

- I responsabili degli scontri sono i priisti e le loro *guardias
blancas*pagate dal governo, insiste il consiglio autonomo di Polhó
giorni prima del
massacro. Gli sfollati dalla violenza vivono sotto le intemperie e senza il
minimo indispensabile alla sussistenza



HERMANN BELLINGHAUSEN /Parte Dodici



Il 4 novembre 1997 una comitiva in cui viaggiavano i vescovi di San
Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz García e Raúl Vera, è attaccata da spari
nel municipio di Tila. Sono feriti da colpi d'arma da fuoco i contadini José
Pedro Pérez, José Vázquez e Manuel Pérez. L'attentato viene attribuito a Paz
y Justicia ma questa organizzazione si dissocia. L'allarme è di portata
internazionale. Due giorni dopo, la sorella del vescovo Ruiz García, María
de la Luz viene aggredita a martellate e ferita gravemente. Il giorno 7, in
maniera inusuale, la comandancia zapatista esprime solidariietà con la
diocesi di San Cristóbal ed in un comunicato afferma che gli attentati
"hanno l'obiettivo di fare arrivare dall'EZLN un messaggio chiaro: 'Né
mediazione, né dialogo, né pace"' (*La Jornada**,* dal 5 al 10 novembre).



Il giorno 10, il consiglio autonomo di Polhó ribadisce: "i responsabili
degli scontri a Chenalhó sono i priisti e le loro *guardias blancas* pagate
dal governo". Il dialogo è condizionato alla scomparsa delle *guardias
blancas* ed al ritiro di polizia ed Esercito federale dalle comunità. Ed
afferma che "nuovamente sono arrivate minacce e voci che i priisti
attaccheranno Polhó" (*La Jornada**,* 11 novembre).



Lo stesso giorno, il municipio priista di Chenalhó "chiede" pubblicamente -
mediante uno scritto - ai "dirigenti dell'EZLN ed al PRD" che richiamino i
"loro simpatizzanti e militanti affinché incanalino la loro lotta in forma
pacifica". Ugualmente, nega l'accusa che gli scontri nel municipio siano
stati tra priisti. "Sono quelli dell'EZLN e del PRD quelli che hanno
aggredito con le armi i militanti del PRI e del Fronte Cardenista solo
perché non volevano affiliarsi alla loro organizzazione". Il municipio
ufficiale assicura che "in quattro occasioni abbiamo tentato di parlare" con
gli autonomi, ma questi "si sono rifiutati". (Chi ha seguito queste vicende
ricorderà che i tentativi di dialogo erano stati interrotti da incidenti e
provocazioni governative e gli autonomi non accettavano di parlare stante le
condizioni imperanti di paramilitarizzazione, occupazione poliziesca e
presenza militare).



A Tuxtla Gutiérrez, il generale Mario Renán Castillo Fernández, comandante
della settima Regione Militare, annuncia che sarà sostituito dal generale
José Gómez Salazar. L'alto comando uscente afferma che nei tre anni in cui
ha svolto l'incarico la lotta al narcotraffico "è stata frontale ed
aggressiva, anche s c'è ancora molto da fare", e che i soldati al suo
comando non hanno mai violato la Legge per il Dialogo e la Riconciliazione.
Sottolinea il "lavoro sociale" delle truppe nelle comunità indigene; molte
perfino "lo richiedevano"" (*La Jornada**,* 11 novembre).



La mattina seguente, priisti e cardenisti sparano per il secondo giorno
consecutivo sulle case di 18 famiglie simpatizzanti dell'EZLN a Yibeljoj, a
pochi chilometri da Polhó, "per non voler cooperare nell'acquisto di armi
dei gruppi paramilitari che stanno formando" (*La Jornada*, 12 novembre). In
un'assemblea, la comunità aggredita decide di non rispondere. Il consiglio
autonomo informa che ci sono 455 rifugiati di Tzanembolom, 1.200 di Chimix
ed un numero imprecisato di Canolal, Los Chorros, Yaxjemel, La Esperanza e
Puebla.



Come riporta questo quotidiano, la situazione è più drammatica di quello che
riflettono i volti dei portavoce autonomi di Polhó. Uno di loro ha in mano
la denuncia di un anziano che ha appena raccontato gli eventi di Yibeljoj.
"E' corso via. Non sa se gli spari hano colpito la sua famiglia", commentano
i consiglieri, perché l'uomo era stato sorpreso dalla sparatoria nella sua
milpa. Un'impronta digitale firma la sua testimonianza. "Non sappiamo se ci
attaccheranno. I priisti ed i cardenisti armati sono a circa 2 chilometri da
qui", dice il portavoce, e indica in direzione di Majomut (*La
Jornada**,*12 novembre).



"La presenza di membri del Partito Cardenista negli attacchi armati risponde
alla partecipazione di questo partito nel municipio priista", aggiunge il
consiglio autonomo. "Aggrediscono gente anche dei loro". Ed aggiunge che la
casa in Majomut del giudice municipale ufficiale, Manuel Pérez Ruiz, "è
diventata il quartiere della Pubblica Sicurezza perché lui è coinvolto negli
attacchi". Riferisce la partecipazione diretta del funzionario nelle
aggressioni contro Las Abejas il 21 ottobre, e gli zapatisti il 29 ottobre.
"Il giudice è di quelli che promuovono la violenza".



A Città del Messico, il segretario della Difesa Nazionale, generale Enrique
Cervantes Aguirre, ricevendo nei suoi uffici una commissione del Senato,
assicura che l'Esercito Messicano "non addestra né fomenta gruppi
paramilitari in Chiapas". Il legislatore perredista Carlos Payán Velver
contesta al generale segretario la guerra di bassa intensità e la "possibile
partecipazione di membri dell'Esercito" nell'addestramento di detti gruppi (
*La Jornada**,* 13 novembre).



Il consiglio autonomo di Polhó tiene un'assemblea alla quale invita il
governo ufficiale di Chenalhó, ma questo non si presenta, "perché la sua
controparte ha aggredito militanti del PRI" (*La Jornada*, 14 novembre). Gli
autonomi negano di aver aggredito membri del tricolore a Chimix due
settimane prima, asserendo che questo pretesto era una tattica "per non
dialogare e continuare a causare violenza", e propongono una riunione
congiunta per il prossimo giorno 21.



Serve ripercorrere la cronologia dei giorni seguenti. Il 14 novembre, vicino
a San Andrés, sulla strada, in territorio chamula, tre persone scendono da
un veicolo in corsa e senza targa ed uccidono il maestro Mariano Ariano
Pérez, del PRI, chi aveva espresso pubblicamente il suo disaccordo con le
azioni del suo partito a Chenalhó. Due giorni dopo, durante il suo funerale
a Yibeljoj, i priisti sparano in aria ed incolpano gli zapatisti
del'accaduto. Questi fuggono a Xoyep. Di quella uccisione, il sindaco
priista Jacinto Arias Cruz minaccia di morte il parroco di Chenalhó, Miguel
Chanteau, in presenza di alcune persone. (*La Jornada*, supplemento *
Masiosare*, 14 dicembre).



Seguono i giorni di novembre: "17, aggressione e furti da parte di priisti
armati in Acteal. 18, in Aurora Chica uccidono alcuni abitanti. A Polhó la
Pubblica Sicurezza arresta tre autonomi; uno ha 14 anni. Il giorno 19 ci
sono tre desaparecidos a Polhó, tra loro un bambino di nove anni. Diverse
case bruciate a Tzalalucum. A partire dal 17 le aggressioni si
generalizzano: famiglie perrediste o zapatiste fuggono da 10 comunità. Il
giorno 29, coordinati dal Centro Fray Bartolomé (CDHFBC) e dalla Rete dei
Diritti Umani Tutti i Diritti per Tutti, diverse ONG visitano il nord del
Chiapas e Chenalhó. Constatano la presenza di 700 profughi che vivono alle
intemperie vicino a Polhó. Il governatore Julio César Ruiz Ferro parla di
800 profughi in tutta l'entità, ma il suo ufficio comunicazione insiste con
la stampa nazionale che sono "solo 500". Sul terreno, si calcola che ce ne
sono almeno 3 mila a Chenalhó (ed in aumento) e più di 4 mila nella zona
nord.



A sua volta, il CDHFBC riferisce che il giorno 15 è stato assassinato
Jacinto Vázquez Luna, a Bajo Beltik, mentre era nella sua piantagione di
caffè. "Era padre di tre figli e simpatizzante del municipio autonomo. Il
suo cadavere è stato trovato nella sua piantagione di caffè". In seguito,
priisti di Los Chorros si scontrano in prossimità di Pechiquil con un gruppo
di simpatizzanti del municipio autonomo mentre questi si dirigevano a
recuperare il corpo di Vázquez Luna. Il gruppo non riesce a prendere il
corpo e ritorna nella propria comunità. Nel frattempo il gruppo priista
brucia almeno una casa a Pechiquil".



Il 20 novembre, il municipio autonomo di Polhó invia un comunicato alla
Cocopa  (Commissione di Concordia e Pacificazione) ed alla Conai
(Commissione Nazionale di Intermediazione) invitandoli ad intervenire nel
conflitto. Quel giorno, un gruppo di cittadini ed organizzazioni di San
Cristóbal dichiara: "I corpi di Pubblica Sicurezza distaccati nel capoluogo
municipale, Puebla, Yaxjemel, Majomut, Los Chorros, Yibeljoj, Jobeltik,
Kanolal e Tzanembolom pullulano per le strade e le comunità; si introducono
nei campi e seminano il terrore ovunque impedendo alla gente di mietere ed
aumentando ancora di più la difficile situazione dei poveri. I poliziotti
perseguono la pace e la riconciliazione, come insiste il governo, o
piuttosto proteggono ed istigano chi ha interesse a continuare questa guerra
civile? Quanti altri morti aspetta il governo prima di affrontare le sue
responsabilità?"



Il giorno 21, membri di Las Abejas chiedono aiuto: 80 famiglie (408 persone)
di Yibeljoj "si trovano in una grave situazione per mancanza di medicine,
poiché stiamo vivendo a Xoyep senza nessun tipo di aiuto".



È esploso un nuovo grosso problema: gli sfollati, il cui numero cresce in
condizioni critiche sotto le piogge invernali, senza tetto, quasi senza
vestiti. Senza cibo. Senza medicine. Senza. Senza. Senza.



(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)
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