[aha] Un aiuto sui diritti d'autore in Accademia
Tommaso Tozzi
t.tozzi a ecn.org
Gio 14 Apr 2011 10:36:06 CEST
Caro Francesco,
>Cio' che il docente produce per un lavoro per
>cui e' retribuito, nella logica del mondo in cui
>viviamo mi pare conseguenza naturale che divenga proprieta' di chi paga.
>
>
>F: Invece a me fanno delle domande più
>sofisticate, perché allora bisogna pensare a un
>compenso che includa lo studio, la ricerca e
>l'assemblaggio dei contenuti didattici;
>immaginiamo un rapporto di uno a tre, ovvero per
>un'ora di lezione frontale il docente ha
>lavorato tre ore di preparazione, ricerca,
>aggiornamento e assemblaggio. Quindi se un
>docente è pagato per il solo fare lezione, non
>riesco a sostenere con agilità che il materiale
>con cui ha fatto lezione sia di proprietà del luogo dove ha fatto lezione.
>
Il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro
per un docente di ruolo all'Accademia prevede 324
ore di lavoro di cui almeno 250 ore "frontali" da
cui si desume che le restanti possono essere
finalizzate alla ricerca. Per cui e' prevista una
retribuzione per le ore di lezione ed una per la
ricerca. Rimane semmai sfumato e poco chiaro
l'impegno, che comunque rientra negli obblighi
del docente, per collegi docenti, esami, tesi ed
altre attivita' collegate al progetto d'Istituto
cui il lavoratore e' tenuto a svolgere su richiesta dell'Istituzione.
Per i precari invece, i contratti di lavoro sono
a seconda dell'Istituzione differenziati (presumo
secondo le intenzioni piu' o meno secondarie di chi lo compila).
Per i precari, nei contratti a progetto (di tipo
Co.Co.Co) che le Accademie vedono mi sembra non
di buon occhio (dato che tendono a far
"regolarizzare" il rapporto di lavoro con il
lavoratore, per cui le Istituzioni preferiscono
rapporti occasionali con cui possono sfruttare
meglio il lavoratore), mi sembra di capire che il
rapporto possa essere definito in modo analogo a quello suddetto.
Nei contratti per prestazione d'opera di tipo
occasionale (su cui mi sembra di capire vada a
cascare la maggiore percentuale dei precari in
Italia nelle Accademie) il rapporto viene a
seconda dei casi definito in modo diverso. Alcuni
contratti possono arrivare a prevedere che
insieme alle ore di lezione frontale (quelle
sulla cui base viene effettuato il conteggio
orario per cui vienen percepito il compenso)
venga previsto comunque l'obbligo per il docente
di assolvere ad altri impegni lavorativi
(ricerca, collegi, esami, tesi, ecc) seppur non
conteggiati nel compenso orario.
E' chiaro che siamo fuori da ogni regola di tipo
sindacale, ma il problema e' che:
- attualmente la percentuale dei docenti precari e' altissima
- la loro regolarizzazione implicherebbe un
impegno economico da parte del Ministero enorme
su cui non vedo alcun spiraglio da parte del Governo di voler investire
- la forza contrattuale dei sindacati rispetto al
precariato appare molto debole
- le manovre governative sembrano fortemente
mirate a guadagnare sempre piu' spazi in cui la
contrattazione nel mondo della Scuola sia
sottratta ad una mediazione da parte del Sindacato
In questa situazione di liberismo sempre piu'
sfrenato non vedo dunque con stupore (sebbene io
sia chiaramente contrario) la richiesta che vi
viene fatta e che hai denunciato.
>
>Ora il problema e' che:
>
>Sono personalemente tendenzialmente contro ogni
>forma di proprieta' privata. A maggior ragione
>questo se cio' che diventa proprieta' privata e' un sapere.
>Dunque sono contrario al fatto che una Scuola
>divenga proprietaria di un sapere nella
>dimensione per cui sono anche in linea di
>principio contrario al fatto che un singolo
>(anche docente) diventi proprietario di un
>sapere, anche se da lui prodotto (piu' volte ci
>siamo chiesti qual'e' il confine grazie a cui
>posso separare il risultato della mia produzione
>intellettuale dai contributi esterni grazie a
>cui sono riuscito ad arrivare a produrre la mia produzione intellettuale?).
>
>
>F. non pensi che una ricerca sia un prodotto
>d'ingeno (che vuol dire studio, allenamento,
>volontà) e chi l'ha realizzata ne sia il
>proprietario? Così come un opera d'ingegno è
>un'opera d'ingegno e chi l'ha realizzata ne è il legittimo proprietario.
No.
Ho sempre affermato che per quanto sia piacevole
il vedersi riconoscere dei meriti, soprattutto
nell'ambito della produzione intellettualer, sia
difficile separare cio' che e' il risultato degli
sforzi del singolo dagli sforzi collettivi passati o presenti.
Nel campo del software si ha un esempio lampante.
La maggiornaza dei prodotti sono fatti di
innumerevoli linee di codice la cui maggioranza
e' di solito un insieme di routine che hanno una
loro funzionalita' specifica e la cui
realizzazione e' abitualmente frutto di un copia
e incolla da un prodotto fatto da altri. Eppure
si vende (e si mette sotto licenza) il prodotto
nella sua interezza, senza riconoscere alcun
diritto a coloro mche hanno realizzato (o
inventato) tali routine logiche. E' chiaro che la
programmazione e' un processo fortemente
collettivo e non e' possibile realizzare un
codice funzionante che non si appoggi almeno per
una minima parte a delle invenzioni preesistenti.
Nel campo delle idee spesso si vede premiati
artisti per lavori che sono chiaramente il frutto
di un'idea di altri, semplicemente confezionato
in modo diverso e promosso con maggiore potenza
da qualche cordata di galleristi e collezionisti.
Nel campo della didattica la produzione
intellettuale e' largamente il frutto dello
studio del pensiero di altri su cui si va ad
inserire una propria ricerca personale che
produce comunque una infinitesima parte nel
prodotto intellettuale finale (quando
addirittura, e spesso avviene in modo
inconsapevole, non sia anch'essa frutto di
un'idea di altri orecchiata da qualche parte e
piu' o meno inconsapevolmente rimessa in forma in
modo diverso come se fosse propria).
Se non fossi convinto di questo con difficolta'
potrei affermare che la mia idea di Hacker Art e'
quella di un'opera a cui si partecipa, non di un'opera di cui si e' gli autori.
>Spero dunque in una scuola pubblica che finanzi
>le ricerche e le produzioni intellettuali
>restituendole e facendole diventare un
>patrimonio pubblico, non privatizzabile da alcun privato.
>
>
> Se la soluzione possa essere la licenza
> Creative Commons puo' darsi, ma con i limiti
> esposti sopra, ovvero che non vedo ragione per
> cui un investimento principalmente pubblico che
> viene fatto dunque principalmente a spese dei
> cittadini, quale e' la formazione del corpo
> docente scolastico e universitario, diventi poi
> un bene privato che il singolo docente possa
> decidere privatamente come rivendere, mi sembra
> uno dei tanti meccanismi perversi della societa' in cui viviamo.
>
>F: ma se si ancora il valore (intellettuale e
>anche finanziario) di un'opera d'ingegno al suo
>creatore non si salvano capra e cavoli? In
>quanto il valore resta nel territorio e la società ne riceve beneficio.
No di nuovo per le stesse riflessioni esposte sopra.
Ma anche perche' mi auguro che si possa credere
in un modello comunitario internazionale, che non
leghi al territorio le produzioni intellettuali
(in cui sarebbe idealmente positivo un rapporto
tra un gruppo americano ed uno italiano per fare
l'esempio in questione). Un modello pero' che non
sia legato al concetto di proprieta' privata (e
di conseguenza alle volonta' imperialistiche o di
profitto privato di qualcuno verso qualcun'altro)
al concetto di cooperazione universale.
Un'idea chiaramente non nuova che dobbiamo a mio
avviso continuare a lottare per riuscire a raggiungere.
Attraverso quali tipo di fasi di transizione?
La Creative Commons e' uno strumento di
passaggio. Cerca di porre un freno allo
sfruttamento della proprieta' privata di tipo
liberista. Ma concede un appiglio allo
sfruttamento commerciale di un'opera da parte di
un privato. Dunque e' limitata sul piano ideale e comunitario.
Si dovrebbe riuscire a partire dal presupposto
che non si produce intellettualemente per il
proprio benessere privato ma per la comunita' e
che il proprio benessere privato e' soddisfatto dalla produzione comunitaria.
E' chiaro che le logiche degli attuali sistemi di
produzione sono in tutt'altra direzione, ma
personalmente quando ho smesso di sopravvivere
attraverso la libera professione nel settore
multimediale e sono riuscito ad assolvere la mia
sopravvivenza attraverso uno stipendio pagato dal
settore pubblico mi sono per certi versi sentito
in una situazione piu' coerente con i miei presupposti etici.
Ma ripeto, l'attuale logica del sistema di
produzione anche nel settore del pubblico e' in
modo perverso intrecciata con gli interessi privati.
Dunque la scelta di agire solo nel pubblico puo'
essere solo parziale in quanto presumo che si
debba agire in questo momento in tutte le direzioni.
Dunque le lotte dovranno essere tante e lunghe,
le soluzioni in ogni momento non chiare e
lineari, ma sono personalemente fiducioso che
alla fine prevarra' la natura comunitaria dell'uomo.
bye
Tommaso
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