[aha] R: The Invisible Suns Project

steeef stef a lideolog.net
Lun 4 Ott 2010 15:48:51 CEST


Bene... grazie davvero a xD e Marco per le pazienti 
precisazioni. Qui stiamo toccando un argomento che mi sta 
molto molto a cuore, e mi sa che devo cercare di spiegarmi 
meglio. Vediamo se ci riesco.

Prima di tutto la questione del rapporto tra estetica e 
morale nell'esercizio dell'arte. Per me è una premessa 
ineludibile. Senza questa, tutto perde peso, tutto è fuochi 
fatui tra fuochi fatui. Mi faccio aiutare da Dom De Lillo, 
che in Mao II rende l'idea come meglio non potrei, per bocca 
del protagonista che è uno scrittore. Egli dice:

«Ogni frase compiuta ha una verità in attesa alla sua fine, 
e lo scrittore impara a riconoscerla quando finalmente ci 
arriva. A un certo livello questa verità è il ritmo della 
frase, il suo polso e il suo equilibrio, ma a livello più 
profondo è l’integrità dello scrittore mentre si confronta 
con la lingua. Io mi sono sempre riconosciuto nelle mie 
frasi. Incomincio a riconoscermi parola per parola, mentre 
lavoro alla stesura di una frase. Il linguaggio dei miei 
libri mi ha formato come uomo. C’è una forza morale in una 
frase quando ti riesce giusta. Esprime la volontà di vivere 
dello scrittore. Più mi coinvolgo nel processo di produrre 
una frase che sia giusta nelle sue sillabe e nei suoi ritmi, 
più cose imparo su me stesso.»

Perfetto. Come ciò vale per lo scrittore con la parola, così 
vale pari pari per qualsiasi artista con i suoi mezzi, dal 
pennello al codice. Dovrebbe valere per ogni uomo, a dire il 
vero... ma non esageriamo! Io conto sull'artista più che su 
altri. Da lui mi aspetto di più, e da me prima ancora. Non 
sono disposto a riconoscere l'opera di nessuno se non ci 
vedo dentro questo impegno all'integrità. Ma oggi questo 
impegno è infinitamente sfuggente e richiede uno sforzo 
sovrumano.

Il motivo sta nel fatto che siamo totalmente immersi in un 
brodo di linguaggi e di codici che intermediano praticamente 
tutti i rapporti tra le persone. Contratti, protocolli, 
password, sigle, brand, documenti, dati, statistiche, 
messaggi registrati, campionamenti, standard, procedure, 
certificazioni, e una quantità immensa di software visibile 
o embedded. Praticamente nulla si può più fare da noi senza 
passare per il filtro astratto di qualche codice. Come si 
sa, ogni codice, ogni linguaggio, è una strettoia che 
imbriglia e comprime il pensiero, alterandolo e 
omologandolo. E c’è di molto peggio: il linguaggio è ciò che 
può essere usato per mentire, come insegna il saggio 
semiologo. La conseguenza vien da sé: poiché la nostra 
cultura è basata sulla mediazione di linguaggi, la nostra 
cultura è preda sempre più facile della menzogna. La 
menzogna vi è onnipresente, costituzionale, consustanziale. 
È nella rete di codici che tutto avvolge e confeziona.

Capirete allora che la difesa dalla menzogna è per me 
l'ultimo, estremo e difficile antagonismo reale. L'appello 
alla morale dell'arte ne fa parte integrante.

Essendo così immanente, però, la menzogna è un malanno 
subdolo. Quante volte vediamo atti di contro-cultura, o 
presunte sovversioni e "provocazioni" artistiche, venire 
subito afferrate e inglobate nel mainstream del consumo? 
Succede in continuazione. Gli artisti innaffiano e concimano 
la pianta nemica mentre credono di tagliarla e inaridirla. 
Poi si incazzano; ma gli è che non son stati attenti davvero 
a quel che facevano. Fa ridere che certi credano ancora di 
poter sfidare il sistema con i suoi stessi schemi. Ma forse 
è tutta una finta, forse l'integrazione è fatta. Del resto 
oggi è ben più rischioso non essere integrati di quanto lo 
fosse 40-50 anni fa. Viceversa, quante volte il mainstream 
del consumo mima azioni sovversive o spontanee (guerrilla, 
astroturfing, ecc.), dissacra tutto e consacra tutto con 
forza ancora maggiore dell'arte, solo per catturare altro 
pubblico pagante per qualche futile prodotto in più?

Questa vasta nebbia di rappresentazioni e informazioni è il 
più grave problema che vedo oggi, il nocciolo di tutti i 
nostri problemi, dalla crisi finanziaria a quella della 
scuola, dall'acidificazioni degli oceani al governo di 
Berlusconi. Ci tiene a distanza dalle esigenze del corpo e 
dalla rerum natura. Non permette più di distinguere tra la 
resistenza e la complicità. Fa sembrare vie di uscita le 
strade che ti spingono ancora più dentro il labirinto.

Ecco: allora posso dire che quello che temo è che le opere 
in oggetto, volenti o nolenti, continuino a produrre nebbia 
e ci spingano più giù nel labirinto. E se hanno lampanti 
meriti estetici lo faranno col massimo dell'efficacia, 
perché saranno più appetibili e assorbibili.

Certo ci sono conversioni e condensazioni di dati che 
aiutano a diradare e a capire meglio fenomeni complessi, 
come diceva xD. Ad esempio la capacità di Photosynth - 
fondere un gran mucchio di foto taggate sanmarco in un 
modello tridimensionale manipolabile ed esplorabile della 
basilica - per me ne è un meraviglioso esempio, in quanto sa 
estrarre un significato ben comprensibile (una architettura 
verosimile) da una massa di dati indipendenti ed eterogenei, 
non intenzionalmente strutturati. Nel far questo, per 
giunta, dà luogo a un singolare nuovo medium a metà tra 
fotografia e video, irriducibile a entrambi.
Ma, per l'appunto, qui stiamo parlando di opere che ai miei 
occhi non fanno simili conversioni e condensazioni 
esplicative. Sono opere che semplicemente esplorano «la 
possibilità di farlo», che xD ritiene importante di per sé. 
Comprendo bene che lo sia dal punto di vista dell'artista e 
dei suoi pari; ma quando l'opera arriva nel gran flipper a 
cui è destinata, come ogni opera, questo la strappa senza 
sforzo alle sue intenzioni originarie. E questo l'artista 
dovrebbe tenerlo in conto.

Che cos'è l'opera di Bertini? Non mi fa cogliere in sintesi 
qualche aspetto recondito del crack del '29, come invece 
fanno Scott Fitzgerald o Ellington con le loro trasduzioni. 
E' solo un pezzo di musica, relativamente interessante; ma 
il suo aspetto che noto di più è che cerca di costruire un 
mito di sé facendo appello a un concetto. Operazione 
riuscita, visto che viene citata proprio per la sua identità 
mitica di "messa in musica delle transazioni di borsa del 
giorno del crack del '29".
L'opera di Marco è esteticamente deliziosa, suggestiva, e 
vorrei avere una lunga parete in casa su cui proiettarla ad 
lib; però devo pure riconoscere che non mi aiuta a estrarre 
un significato intelligibile dalle transazioni di mercato, 
non mi aiuta a comprendere meglio le ricadute di quel 
processo sulla nostra vita. Il codice potrebbe essere 
alimentato con dati estratti da tutt'altro dominio, come la 
quota delle boe a largo della Florida, e l'effetto su di me 
sarebbe identico. In questo senso essa è, nel punto di 
fruizione, scollegata dalla sua ispirazione seminale; e in 
questo senso tradisce se stessa, anche se lo fa in modo 
diverso da Bertini. Sulle transazioni di borsa forse dice 
molto di più proprio quel «ledwall a wall street che mostra 
tutti i prezzi degli stock in tempo reale» di cui parla 
Marco, che in effetti, a ben pensarci, può essere visto 
anche come un'opera d'arte. Lì trovo un linguaggio noto e 
universale, quello degli stock, mentre il linguaggio di 
Marco non riesco ad abdurlo facilmente dall'opera, la quale 
quindi mi parla a un livello troppo astratto, quello di dati 
grezzi privi di dominio reale. Un isomorfismo tra grandezza 
e grandezza, e basta.

Perso di vista il dominio reale, è perso di vista il 
contesto, e senza il contesto non trovo il significato, vale 
a dire il coinvolgimento del mio corpo.
Affermare che «nei dati ci sono miliardi di significati 
differenti e infinite interpretazioni possibili», come fa 
xD, è come dire che in un filone aurifero nelle profondità 
di una miniera ci sono infiniti gioielli. Può darsi di sì, 
ma può darsi anche di no. E' troppo astratto per me, non mi 
smuove. Se ho gli occhi chiusi, resto con gli occhi chiusi. 
Quello che conta per me è chi come e perché porterà alla 
luce quell'oro grezzo, trasformandolo eventualmente in 
gioielli. Questa operazione crea il contesto, e decide la 
sorte dei gioielli. Quali gioielli è secondario, giacché 
esistono le condizioni per far apprezzare qualsiasi cosa con 
un sufficiente investimento. Sono queste condizioni a monte 
ciò a cui io mi oppongo con ogni mezzo. Se serve, anche il 
silenzio e l'invisibilità.

xD dice: «è soprattutto questo anzi il gioco».
Ma il gioco di chi?

Servus
 >s<



Marco Donnarumma ha scritto:
> Ciao steeef,
>
>
>     La prima. Le oscillazioni di borsa (come l'orario dei treni ecc.) in
>     sé non
>     hanno alcun significato: è il contesto in cui vivono, in cui sono
>     interpretate, in cui hanno effetti sulla vita delle persone, è
>     quello che le
>     rende significative e rilevanti. La pura trasformazione di dati in altri
>     dati (da statistiche a note, da note a colori, da colori a forme, da
>     forme a
>     lettere, da segnali video a segnali audio, e così via), senza
>     contesto, è
>     un’operazione meccanica da cui il significato è assente. Sono come
>     le serie
>     di acronimi ottenuti come permutazioni automatiche di lettere: ogni
>     tanto
>     magari se ne trova uno interessante, ma per caso. Se poi si prova a
>     sovrimporre il contesto dei dati di partenza sui dati di arrivo, per
>     restituire loro una rilevanza, il risultato è un significato di ordine
>     intellettuale e astratto, un significato degradato che non ha più
>     nemmeno
>     lontanamente la forza dell’originale. Queste “traslazioni semantiche” in
>     fondo commuovono e interessano poco. Sono un oceano di graceful noise.
>
>
> Credo che ogni tipo di dato abbia un significato a sè stante nel mondo
> in cui viviamo oggi ed è solamente la cultura (intesa come literacy)
> digitale di ognuno che permette di comprenderla o meno o di elaborarlo
> in maniere differenti.
> Inoltre la nostra società (beh forse non in Italia) sta diventando
> sempre più una babilonia di dati, aggiungerei "per forza di cose", non
> c'è altra via di scampo (vista l'inarrestabile mutazione dei media in
> media "digitali") e penso sia fondamentale per il futuro riuscire a
> demistificare proprio l'approccio che hai sottolineato: i dati sono
> numeri che "in sé non hanno alcun significato".
> Purtroppo tutti questi dati inutili sono anche uno dei fondamenti del
> capitalismo nell'era digitale (quanto non mi piace citare quella parola
> che comincia con la c).
> Cosa c'è di diverso rispetto a qualche anno fa?
> beh sono dell'opinione che se fino a un decennio fa l'ammontare di dati
> che poteva essere raccolto era limitato dallo stato tecnologico ora le
> possibilità sono infinite. Non solo milioni di dati sono disponibili ma
> possono provenire da contesti totalmente differenti (la borsa, il tuo
> smartphone, il tuo servizio di email, o l'account con """vodafone""" che
> ti permette di collegarti a internet e leggere questa lista), che se
> comparati in maniera analitica possono rivelare sfumature rilevanti e
> altrimenti relegate agli abissi dell'oceano di graceful noise.
> Questa definizione mi piace, ma piuttosto la attribuirei al concetto
> opposto. Graceful noise potrebbe essere rappresentato da una mole di
> dati priva di alcuna traslazione o critica analitica (ad es. il ledwall
> a wall street che mostra tutti i prezzi degli stock in tempo reale).
>
> Ora, estraendo l'elemento artistico, mi sembra palese che i dati della
> borsa in sè _abbiano_ un significato (anche quelli dei treni, ma forse
> in una maniera più astrusa che non vorrei discutere qui).
> Stiamo parlando dei cambiamenti di volume del capitale di una compagnia.
> Ora non vorrei sentenziare qualcosa di ovvio, ma mi sembra una banalità
> che i picchi e le cadute del capitale di una compagnia condizionino
> direttamente il prezzo ad es. della benzina, di conseguenza il prezzo
> del trasporto di prodotti primari da uno stato all'altro, quindi il
> prezzo del pane al supermercato quindi la nostra spesa mensile. Mi pare
> più di un significato, ma molti tutti insieme.
> Forse tu ti riferivi a questo come contesto?
>
> Forse quello che non è chiaro nei lavori di questo tipo è che nessuno
> pretende di "insegnare" la verità riguardo il significato contestuale di
> quei dati (anche xDxD ha menzionato questo aspetto), si tratta di una
> ricerca che tende forse a esemplificare, se vogliamo, una
> rappresentazione semantica.
>
>
>     La seconda. C’è una domanda che mi faccio (ad esempio) a proposito
>     di “29”:
>     Qualcuno ha controllato che le note fatte corrispondano
>     effettivamente alle
>     transazioni dette? Vediamo. Mi sento di escludere il “sì”: ci fosse uno
>     tanto follemente puntiglioso, a stento ritroverebbe le correlazioni: il
>     musicista dichiara, come è naturale, di essersi tenuto ampia
>     discrezionalità
>     di trasposizione e di invenzione, al punto da inserire
>     improvvisazioni che
>     rappresentano la cosiddetta “trade hysteria” (in questi punti la
>     traslazione
>     svanisce del tutto). Tralasciamo il vacuo “no”. Resta solo una risposta
>     possibile: È irrilevante, mio caro, quello che [snip...]
>
>
>
> Beh una piccola nota sul mio lavoro. Tutto cio che vedi e ciò che senti
> è una rappresentazione non mediata dei dati così come sono raccolti.
> Per non mediata intendo che, tecnicamente, i dati sono stati solamente
> normalizzati (conformati ad uno stesso range) e quindi utilizzati. Poi
> per la descrizione tecnica della generazione audio e spazializzazione
> rimanderei alla pagina del progetto.
>
> Su alcuni punti sono d'accordo con te, però è importante notare che ci
> avviciniamo ad un argomento ingannevole e discusso continuamente nel
> campo dell'AI per esempio. E' sempre più difficile stabilire dove
> finisce l'intermediazione umana e entra in gioco il puro (e sempre più
> spesso autonomo) computing.
> Nel caso di '29 l'autore ha preso decisioni forse più favorevoli ad una
> estetica musicale (ma non per questo morali, non riesco a vedere il
> nesso che hai sottolineato, l'interdipendenza di estetismo e moralità),
> che "possono far cagà" o ti possono far innamorare. Nel mio caso il
> suono è generato esclusivamente dai dati, non c'è nessun modificazione
> "umana", ed è proprio questo un aspetto su cui ho deciso di lavorare
> molto. Ma chi può dire in che maniera il mio intento sia ben riuscito o
> mal elaborato?
> Probabilmente l'unica maniera di dare una risposta approssimata sarebbe
> aprire la patch e gli script e leggerli.
> Il punto è nuovamente che a Bernini non era stato commissionato un
> concerto per orchestra che spiegasse la verità una volta per tutte
> rispetto al crack del '29.
>
>
>     l’opera dichiara il suo concetto come parte essenziale di sé; il
>     concetto è
>     rilevante perché ha al centro una sperimentazione tecnico-scientifica;
>
>
> non credo. Il concetto è rilevante perchè è il corpo di un contesto di
> cui tu stesso hai sottolineato l'importanza.
> La sperimentazione tecnico-scientifica è puramente un _metodo_ o una
> metodologia, se vista come insieme di metodi.
>
>     l’opera poi tradisce la componente tecnico-scientifica – e così il
>     concetto,
>     e se stessa
>
>
> come può un'opera tradire la metodologia con cui è stata pensata e
> composta? la metodologia può essere criticabile, ma è intrinseca di un
> opera o progetto a mio parere.
>
>     – marginalizzandola nella sua fattura concreta.
>
>
> beh, potrei, forse, obiettare che qualsiasi opera marginalizza i suoi
> aspetti intangibili quando trasformata in una fattura concreta.
>
> Mi fa piacere che l'argomento abbia stimolato una bella discussione.
>
> M
>
>
>
>
>
>     -----Messaggio originale-----
>     Da: aha-bounces a lists.ecn.org <mailto:aha-bounces a lists.ecn.org>
>     [mailto:aha-bounces a lists.ecn.org
>     <mailto:aha-bounces a lists.ecn.org>] Per conto
>     di xDxD.vs.xDxD
>     Inviato: venerdì 1 ottobre 2010 21.13
>     A: List on artistic activism and net culture
>     Oggetto: Re: [aha] The Invisible Suns Project
>
>     bello
>
>     mi fa venir in mente un approccio diametralmente opposto, quello di
>     '29 di Luca Bertini. Il sito non lo trovo più online, purtroppo, qui
>     una intervista di Domenico Quaranta
>
>     http://www.domenicoquaranta.net/bertini.html
>
>     e qui un pezzo di playlist è dedicato alla sequenza delle fasi:
>
>     http://www.youtube.com/watch?v=00EKDKMcMDw&p=4A02C857F8AF1CE2&playnext=1&ind
>     ex=13
>     <http://www.youtube.com/watch?v=00EKDKMcMDw&p=4A02C857F8AF1CE2&playnext=1&ind%0Aex=13>
>
>     il pezzo interpretava in musica gli andamenti delle borse durante il
>     crack del 1929, in un tipo di generatività completmente differente.
>
>     è molto bello nel tuo e nel suo (e in tutti gli esperimenti in
>     materia, che osservino gli stock exchange, gli orari delle linee aeree
>     o altro) il passaggio da un dominio all'altro (info-->suono) perchè è
>     un tentativo di esprimere emozionalmente o altro_sensorialmente le
>     informazioni. Sempre con le limitazioni (e le possibilità) che
>     incorrono quando c'è, immancabilmente, l'essere umano che alla fine
>     determina le interpretazioni associando le variazioni
>     dell'informazione ai vari suoni o parametri o pezzi dello spartito,
>     nel caso di Luca, in una specie di generatività mediata.
>
>     e però è uno spazio affascinante che continua i processi di mutazione
>     delle estetiche: oltrepassata da eoni la figura, l'estetica è oramai
>     nel database, nell'informazione. mi incuriosisce anche nella
>     televisione e nel cinema, dove sempre più prendono piede i reality
>     (che cosa sono se non un flusso continuo di informazioni, remixate
>     live?) e i documentari (info-film).
>
>     cià!
>     xDxD
>
>     2010/10/1 Marco Donnarumma <devel a thesaddj.com
>     <mailto:devel a thesaddj.com>>:
>      > Ciao lista,
>      > Vi scrivo per condividere il un ultimo lavoro creato in Pd, bash
>     script e
>      > Linux OS.
>      >
>      > "E' possibile rappresentare percettualmente le transazioni
>     dell'economia
>      > globale?
>      > The Invisible Suns Project è costituito da un sistema autonomo che
>     performa
>      > un analisi permanente dei prezzi storici degli stock di una selezione
>      > variabile di multinazionali, comprime in pochi minuti più di 8
>     anni di
>      > transazioni e finalmente produce una datascape audiovisuale
>     generativa,
>      > 'self-organizing' ogni 24 ore.
>      > Il progetto non è focalizzato sulla tradizionale visualizzazione
>     di dati,
>     ma
>      > bensì cerca di analizzare in che modo questi dati - ed il loro
>     implicito
>      > significato - possono essere vissuti percettualmente, emotivamente."
>      >
>      > Informazioni dettagliate:
>      >
>      > http://marcodonnarumma.com/works/the-invisible-suns-project/
>      >
>      > Uno dei primi output audiovideo del sistema (può essere visionato in
>      > fullscreen HD):
>      >
>      > http://www.vimeo.com/15050311
>      >
>      > ~~~~~~~
>      >
>      > feedback, criticismi e suggerimenti sono benvenuti,
>      > grazie,
>      >
>
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