[aha] R: The Invisible Suns Project

xDxD.vs.xDxD xdxd.vs.xdxd a gmail.com
Dom 3 Ott 2010 14:55:47 CEST


Eccolo!

beh è molto interessante.

e secondo me bisogna prima di tutto fare un enorme distinzione tra
funzionalità e interpretazione.

ovvero: tante di queste pratiche hanno un uso. Vedi l'infoestetica,
che di queste cose qui è figlia/madre.

Tu prendi miliardi di dati, e non ci capisci nulla. Poi magari li
mostri su una mappa e capisci immediatamente delle cose, perchè sono
evidenti. Poi magari le rappresenti sotto forma di pallini e
interconnetti quelli con lo stesso valore, e ne capisci altre. e così
via.

L'esietica ed in visuale aiutano la comprensione. per molti motivi.

poi è ovvio che io posso scegliere di colorarli di rosso i pallini e
tu di verde, e se io li coloro così e tu li colori cosà si vedono due
cose differenti.

è soprattutto questo anzi il gioco.

come te lo saprà raccontare anche il più palloso degli statistici: non
esiste la realtà, esiste la storia che riesci a raccontare con i dati.

non c'è un reale solo. non c'è una verità unica da
mostrare/dimostrare. ci sono delle storie e delle interpretazioni.

e quindi:

2010/10/3 steeef <stef at lideolog.net>:
> La prima. Le oscillazioni di borsa (come l'orario dei treni ecc.) in sé non
> hanno alcun significato: è il contesto in cui vivono, in cui sono
> interpretate, in cui hanno effetti sulla vita delle persone, è quello che le
> rende significative e rilevanti. La pura trasformazione di dati in altri
> dati (da statistiche a note, da note a colori, da colori a forme, da forme a
> lettere, da segnali video a segnali audio, e così via), senza contesto, è
> un’operazione meccanica da cui il significato è assente.

nn lo so. non mi torna. secondo me è esattamente il contrario. ovvero
nei dati ci sono miliardi di significati differenti e infinite
interpretazioni possibili.
e applicare la propria interpretazione a delle informazioni/conoscenza
per far emergere una storia (una delle tante possibili) è sempre un
passaggio da un media ad un altro. per la precisine sono almeno due
passaggi (e magari qualcuno di più)

informazione-->capoccia-->realizzazione

ed è quello che fai quando componi una musica, quando fai un quadro,
quando racconti le barzellette e quando fai i progetti di visual
generativi.

oppure il presupposto è che quando fai un quadro (e simili) stai
creando qualcosa da zero?  Su questo ho io qualche problema.

E il contesto secondo me c'è eccome. Perchè tu vivi in un contesto,
studi un contesto, ti immergi in un contesto (valgono anche i
multipli, ovviamente) e da questo/questi vieni modificato e modifichi
a tua volta. E da lì emergono l'estetica, la tecnica, le scelte e,
vien voglia di dire, pure l'idea (e la possibilità) di generare suoni
ed elementi visivi a partire dalle oscillazioni della borsa.

> Se poi si prova a
> sovrimporre il contesto dei dati di partenza sui dati di arrivo, per
> restituire loro una rilevanza, il risultato è un significato di ordine
> intellettuale e astratto, un significato degradato che non ha più nemmeno
> lontanamente la forza dell’originale. Queste “traslazioni semantiche” in
> fondo commuovono e interessano poco. Sono un oceano di graceful noise.

sì, però questo è vero solo se stai facendo qualcosa di "funzionale".
Qualcosa per cui qualcuno ti dice "estraimi una verità da questi dati!
se somiglia il più possibile a questa cosa che penso io: meglio
ancora! Vai e torna presto con il risultato!"
Se il tuo obiettivo è la tua espressione personale, e per te, anche
solo per te, quella lì è una visualizzazione di come oscillano le
azioni in borsa, non vedo dove sia il "problema": "mi piace"/"non mi
piace"/"così così"

e su questo:

>> La seconda. C’è una domanda che mi faccio (ad esempio) a proposito di “29”:
> Qualcuno ha controllato che le note fatte corrispondano effettivamente alle
> transazioni dette?

e questo (e tutto quel che c'è in mezzo :)   ):

> Significa ammettere che il legame
> tra l’opera e quella che dovrebbe essere la sua motivazione estetica, e
> perciò morale, in realtà non esiste. Ne resterebbe la sola “idea”. Ma di
> queste “idee” ne abbiamo a scatafascio, nei supermercati, non sappiamo più
> che farcene. Una volta consapevoli, come siamo, che tutto è collegato con
> tutto, che i linguaggi che filtrano lo sguardo sul mondo sono modellabili a
> volontà, che con l’analogia matematica puoi postulare isomorfismi a piacere
> tra qualsiasi coppia di fenomeni non appena ti permetti il grado voluto di
> deroga e di indulgenza… ebbene che valore ha in sé l’idea di una di tali
> infinite – e perciò banali – trasposizioni possibili? Assomigliano più ai
> trucchetti della pubblicità commerciale.

Io pure qui non ci vedo un gran problema. Perchè non è più tanto il
momento di guardare alla massa delle cose, quanto a vedere e studiare
le singole espressioni.
Non mi interessa tanto che ce ne siano ottomilioni, di cui una in
verdescuro, una in verdeunpo'menoscuro e così via.
L'interessante è il processo. E' il racconto. E' l'osservazione di
cosa si sceglie per esprimersi, come lo si fa, che strumenti si hanno
eccetera.
Se poco tempo fa era assai più difficile stabilire un flusso di
informazioni in tempo reale su una qualsiasi cosa, e da quello trarne
una espressione sensoriale, ecco che adesso invece è molto più
accessibile. E giù tutti ad esprimersi.
E' questa l'opera d'arte. E' lo studio del possibile, e il racconto e,
per chi è capace, la distribuzione di mezzi per renderlo possibile.

Ma nel "cassetto" di Marco, quante ce ne saranno di prove simili a
quella che ci ha comunicato? Una verde e una blu. Una coi quadrati.
Una con i pacman. Una con le farfalle. Chissenefrega sinceramente
quale ha scelto. Me la guardo e intanto penso a cosa significa. Mentre
la guardo dico anche "sì mi piace" o "no mi fa cacare", però la cosa
interessante è sulla possibilità di farlo.

E anche, ovviamente, sul fatto che queste possibilità contaminano
tutto il resto. Ed emergono anche le nuove pratiche, quelle che mi
permettono di riuscire a ragionare su moli enormi di dati, quelle che
mi permettono di studiare fenomeni fisici guardando delle belle curve
invece che milioni di numerelli da sguarciarsi eccetera.

> Cercando di essere preciso e sintetico più che posso, l'inganno è questo:
> l’opera dichiara il suo concetto come parte essenziale di sé; il concetto è
> rilevante perché ha al centro una sperimentazione tecnico-scientifica;
> l’opera poi tradisce la componente tecnico-scientifica – e così il concetto,
> e se stessa – marginalizzandola nella sua fattura concreta. Se non lo fa,
> del resto, diventa meccanica e irrilevante.

su questo posso anche essere daccordo. E vale qui come su un sacco di
altri casi. Per esempio: il blasonatissimo "We feel fine" di jonathan
harris e sep kamvar dichiara di raccontare il tempo reale le emozioni
di internet. Però in realtà non accennando minimamente che il tutto è
basato su un livello di cattura dei contenuti
moooooooooooooooooooooooooooooolto piccolo rispetto alla enormità che
viene prodotta anche solo sul web, e che la classificazione che usano
è quella quasi completamente arbitraria di plutchick (oltretutto
applicata in maniera quasi completamente arbitraria scegliendo forme,
lingue, colori, parole....)

noi a fakepress abbiamo fatto una cosa un po' estrema: se vai su
fakepress.it e poi scegli "experience" tra le varie cose che puoi
vedere c'è "il grafico delle emozioni di internet", in tempo reale.
Quel coso lì cattura una mole di dati che è dalle 10 alle 15 volte
maggiore rispetto a quello di "we feel fine", eppure lo usiamo come
scherzo nelle conferenze per raccontare come in realtà sia da prendere
con delle enormi pinze il concetto da peracottaro che stai
"raccontando l'emozione di internet"

ciononostante a me "we feel fine" piace moltissimo perchè presenta una
possibilità. E anche perchè è un po' da stronzetti visto che sbircia
ed espone un po' troppo in quello che scrivono le persone. un'altra
possibilità.

ciau!
xDxD



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