[aha] R: Re: R: Re: Su AHAcktitude: Proposta di una nuova cartografia della partecipazione
xDxD.vs.xDxD
xdxd.vs.xdxd a gmail.com
Lun 20 Dic 2010 19:33:54 CET
meraviglia!
bella discussione e comincio a rispondere proprio dal fondo:
2010/12/20 T_Bazz <t_bazz at ecn.org>
> Quindi, la mia proposta e' di saltare il passaggio della mancanza di
> fiducia, o il riduzionismo a pratiche non dette, e dare per assunto che
> se stiamo qui in questa lista e' perche' condividiamo certe idee da
> diversi anni.
guarda che è proprio perchè penso di aver saltato questo passaggio che sto
qui a rompere le palle :)
> Che facciamo oggi pero' con queste idee?
> Scusate, ma le pratiche/azioni hanno bisogno anche di riflessioni,
le pratiche/azioni hanno bisogno soprattutto di riflessioni, è per questo
che suggerisco un approccio "meta", invece che la scrittura di un documento.
e, infatti:
A mio parere non dobbiamo fermarci agli immaginari apparenti che l'idea
> di scrittura collettiva di un documento puo' suscitare. Il punto e'
> riflettere sull'idea di prendere posizione, questo significa sforzarsi
> di mantenere la propria singolarita' anche e durante l'atto di
> condividere il nostro pensiero. Siamo ben lontani dall'idea di scrivere
> un manifesto (per fortuna), mentre dovremmo riflettere sul concetto di
> partecipazione che anche l'atto di scrivere puo' mettere in gioco, ed e'
> un concetto importante perche' ci permette pure di riflettere sulle
> dinamiche di rete. Cerchiamo semmai di confrontarci sul come scrivere, e
> se il concetto di scrittura, che e' poi anche lo specchio di una
> metodologia politica, puo' essere criticizzato e deturnato.
>
>
questa era più o meno quello che "criticavo" io con la mia prima risposta:
mi sembra riduttivo "scrivere un documento", e più interessante "ragionare
sulla piattaforma". Dove "piattaforma" (o framework) vuol dire molte cose, e
non necessariamente "software".
O meglio: vuol dire "software" come lo possiamo intendere "ora", in un
momento in cui è assai riduttivo pensare al software come qualcosa che sta
"dentro lo schermo" invece che sui nostri corpi, nelle nostre città, nelle
nostre relazioni, nelle cose che mangiamo, compriamo eccetera.
quindi (a rischio di essere buffo) dato questo paragrafo che scrivi sono
contento che siamo daccordo :)
> Ci sono tante modalita' di scrivere: la storia dell'etnografia ci
> ricorda che l'analisi sul campo e sulle pratiche di osservazione
> dell'alterita' puo' dare vita a metodologie di narrazione e di pensiero
> nuove.
e anche qui: questo era esattamente quello che io chiamavo framework,
suggerendo di concentrarci di più su quello piuttosto che sul "documento" o
sulla "mappa".
d'altra parte con FakePress è quello su cui stiamo investendo maggiori
energie: inventare nuove scritture sul/nel/per/con il/dal mondo, partendo
proprio dal punto di vista dell'etnografia.
e la partenza è sempre la piattaforma di scrittura/pubblicazione,
nell'ottica di una ridefinizione delle possibilità che offrono le parole
"scrivere" e "pubblicare" (ma anche distribuire, costruire, immaginare,
attraversare e tante altre)
era proprio questo quello a cui mi riferivo quandosuggerivo di ragionare sul
framework.
proprio come quando con Canevacci abbiamo prodotto Ubiquitous Anthropology,
che noi consideriamo un libro e però è soprattutto un framework, ideato
proprio per superare i limiti della scrittura etnografica, per superare la
dimensione in cui il racconto etnografico ha sempre la dimensione del
romanzo e in cui tutte le metodologie che vuoi coinvolgere in questo atto di
scrittura cedono sempre alla presenza di un punto di vista che, non ci puoi
fare proprio nulla, risulta essere autoritario e "mono", perchè non può far
altro che esprimere un solo punto di vista: il suo. Per quanto si sforzi (e
lo ringraziamo tutti con l'inchino) di esprimere anche quello degli altri.
Proprio non ci si riesce: è mono.
Noi in quell'occasione abbiamo deciso di ragionare sulla stratificazione:
dei punti di vista, delle geografie, dei significati, delle reti, degli
immaginari. In modo che siano *effettivamente* rappresentati più punti di
vista, più voci, che diano - intoccata ma al contempo integrata in quanto
stratificata - la propria interpretazione del mondo e, soprattutto, di sè
stessi e del loro posizionarsi in mezzo a questo stratificarsi di network.
> Chi l'ha detto poi che la scrittura non e' azione? [eccetera]
nessuno :)
> Siamo invece in grado di produrre un testo,
> una narrazione, che rimanga plurale pur essendo coerente nella sua
> unicita'? Non e' forse una vera sfida quella di trovare dei punti di
> accordo in un momento come questo?
>
ovvio che possiamo.
per il nostro posizionamento nel tempo e nello spazio (e nella storia e
nella politica e nella rete delle società e delle culture) questo testo non
può essere "lineare".
un testo "plurale" ha la forma di una rete e, più precisamente, della
sovrapposizione di più reti, che si incrociano e si distaccano e che,
sostanzialmente, sono caratterizzate dall'essere compresenti.
e il concetto di un testo "coerente nella sua unicità", sposato con l'idea
del rispetto per le tematiche dell'autorappresentazione e
dell'autodeterminazione, mi fa un po' rabbrividire.
'sto "testo" (continuiamo a chiamarlo così) non può essere nemmeno
"statico", "coerente" e tantomeno "unico", a meno di non mettere nel
cassetto Bateson, Deleuze e compagnia bella, e di buttare la chiave :)
ecco perchè continuo a insistere: sto "coso" non può essere un documento.
oh: liberi di scrivere tutti i documenti che volete, eh?
io mi concentrerò su altro.
e tra l'altro ve ne indico una possibilità ne prossimo messaggio.
ciau!
xDxD
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