[aha] R: Re: R: Re: R: Re: Su AHAcktitude: Proposta di una nuova cartografia della partecipazione

gadda1944 a libero.it gadda1944 a libero.it
Lun 20 Dic 2010 17:31:43 CET


Per me, aha [cioè questa lista] è una "singolarità" (cioè un'eccedenza del 
significante sul significato che si manifesta nel continuum spazio-temporale ma 
tende a destrutturarlo), e un "comune" (cioè un insieme di relazioni che si 
riconoscono, si autoriconoscono e si autogestiscono). Naturalmente è una 
singolarità plurale, non individuale, e un agente comune, non un agito comune. 
Quindi non è una soggettività, e non è un collettivo. In essa aspetti 
soggettivi e oggettivi si confondono, e c'è sempre un'eccedenza delle 
componenti sul composto.

Può una singolarità plurale/agente comune produrre un testo condiviso che 
fissi provvisoriamente lo stato dei suoi rapporti col resto del mondo? Ci può 
provare. Dovremmo avere un ambiente in cui provarci. Decidiamo in fretta se 
mettere in piedi un wiki nuovo, o usare uno di quelli che già abbiamo. Se non 
vogliamo fare un manifesto, non abbiamo bisogno di un soggetto individuale che 
lo scriva (tutti i manifesti, anche quelli "collettivi", sono stati scritti da 
un'unica persona, compresa la nuova cartografia del 1994) - forse avremo 
bisogno di un numero limitato di persone che diano una passata di carta vetro 
alla fine. Ma l'ambiente in cui produrre il testo, o l'ipertesto, occorre. I 
coordinatori della lista potrebbero fare una proposta.

"Ciò che distingue le immagini dalle «essenze» della fenomenologia è il loro 
indice storico. Questo indice ci dice non solo che esse appartengono ad 
un'epoca determinata, ma soprattutto che esse giungono a leggibilità solo in un’
epoca determinata. E precisamente questo giungere a leggibilità è un 
determinato punto critico del loro intimo movimento. Ogni presente è 
determinato da quelle immagini che gli sono sincrone: ogni ora (Jetzt) è l'ora 
(Jetzt) di una determinata conoscibilità. In quest’ora la verità è carica di 
tempo fino a frantumarsi. Non è che il passato getti la sua luce sul presente o 
il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato 
si unisce fulmineamente con l'ora (Jetzt) in una costellazione. Solo le 
immagini dialettiche sono immagini autenticamente storiche, cioè non arcaiche. 
L’immagine letta, vale a dire l’immagine nell’ora della leggibilità, porta in 
sommo grado l’impronta di questo momento critico e pericoloso che sta alla base 
di ogni lettura." (W. Benjamin, Parigi capitale..., N 3, 1).

Se intendiamo col termine "immagini" gli indici dei concetti e delle azioni, 
direi che questa è più o meno la nostra situazione. Mettiamoci a cercare le 
immagini che ci sono sincrone.

g



>----Messaggio originale----
>Da: t_bazz at ecn.org
>Data: 20/12/2010 14.38
>A: "List on artistic activism and net culture"<aha at lists.ecn.org>
>Ogg: Re: [aha] R: Re: R: Re: Su AHAcktitude: Proposta di una nuova 
cartografia della partecipazione
>
>Ciao,
>
>sulla proposta lanciata qualche giorno fa, rispondo direttamente a 
>gadda, ricollegandomi anche alle altre osservazioni.
>
>On 12/19/10 5:19 PM, gadda1944 at libero.it wrote:
>> Non l'unicità, ma la singolarità è debole. Per fortuna. Nella sua fragilità
>> unica e irripetibile risiede la sua forza. E non può essere "collettiva",
>> altrimenti sarebbe una figlia (legittima o illegittima) di 
quell'opportunista
>> hegeliano di Pierre Lévy - una variante acida e liquescente dei cori 
angelici
>> di al-Farabi. Proviamo a sperimentare la sua caratteristica di "comunità" - 
non
>> nel senso della Gemeinshaft tedesca e paranazista, ma nel senso dei 
"Commons"
>> inglesi (magari non in variante negriana/hardtiana).
>
>A mio parere non dobbiamo fermarci agli immaginari apparenti che l'idea 
>di scrittura collettiva di un documento puo' suscitare. Il punto e' 
>riflettere sull'idea di prendere posizione, questo significa sforzarsi 
>di mantenere la propria singolarita' anche e durante l'atto di 
>condividere il nostro pensiero. Siamo ben lontani dall'idea di scrivere 
>un manifesto (per fortuna), mentre dovremmo riflettere sul concetto di 
>partecipazione che anche l'atto di scrivere puo' mettere in gioco, ed e' 
>un concetto importante perche' ci permette pure di riflettere sulle 
>dinamiche di rete. Cerchiamo semmai di confrontarci sul come scrivere, e 
>se il concetto di scrittura, che e' poi anche lo specchio di una 
>metodologia politica, puo' essere criticizzato e deturnato.
>
>Ci sono tante modalita' di scrivere: la storia dell'etnografia ci 
>ricorda che l'analisi sul campo e sulle pratiche di osservazione 
>dell'alterita' puo' dare vita a metodologie di narrazione e di pensiero 
>nuove. Metodologie frammentate e plurali, come gli stessi James 
>Clifford, George Marcus e Clifford Geertz ci hanno insegnato negli anni 
>ottanta, rifacendosi anche a una tradizione di etnografia surrealista. 
>Il punto e' chiedersi se e' possibile oggi creare un atto concreto di 
>scrittura che non sia monolitico, come invece purtroppo molte pratiche 
>politiche, anche di movimento, continuano ad essere. E come sia 
>possibile superare anche l'accademismo di molti teorici (Clifford 
>incluso), che comunque non si sono confrontati con il presente che 
>stiamo vivendo.
>
>Chi l'ha detto poi che la scrittura non e' azione? Proprio oggi stavo 
>leggendo il bellissimo libro di Martin Jay, The Dialectical Imagination, 
>in cui si sottolinea proprio questo. Le attivita' della Scuola di 
>Francoforte sono state solo uno dei tanti esempi di una teoria critica 
>in cui l'azione pratica e la riflessione teorica sono riuscite a coesistere.
>Non per niente gli scritti di Adorno, Benjamin, e molti altri esponenti 
>dell'Institut fuer Sozialforschung, sono stati presi ad esempio da molti 
>studenti negli anni Sessanta.
>Del resto, era proprio Benjamin a scrivere, in Einbahnstrasse: "Chi non 
>puo' prendere posizione, resti in silenzio".
>
>La mia proposta e' di prendere posizione, non fermandosi all'apparente 
>facciata dell'idea di scrivere un manifesto, che non ha nulla a che 
>vedere con cosa ho proposto. Siamo invece in grado di produrre un testo, 
>una narrazione, che rimanga plurale pur essendo coerente nella sua 
>unicita'? Non e' forse una vera sfida quella di trovare dei punti di 
>accordo in un momento come questo? E di andare oltre le "dinamiche di 
>orticello" che spesso vivono anche in questa lista? (come e' normale che 
>sia, del resto fa parte della stessa pratica politica...)
>
>Non fermiamoci al punto che ci sentiamo di prendere posizione per 
>affermare la nostra pluralita', evitando pero' un confronto collettivo 
>che implichi soprattutto un atto di fiducia. A mio parere, il problema 
>di molti ambiti del movimento e' che non c'e' piu' fiducia, non solo nel 
>futuro perche' tutti i vari ideali sono straziati giorno dopo giorno, ma 
>anche fra i membri che ne fanno parte. Secondo me lo sforzo sta nel 
>creare un qualcosa che vada oltre le logiche di rappresentanza e le 
>dinamiche identitarie, ma che metta in crisi anche le nostre modalita' 
>(monolitiche? totalizzanti?) di pensiero e di azione. Oppure, che provi 
>a ricostruirle dopo la loro messa in crisi.
>
>Quindi, la mia proposta e' di saltare il passaggio della mancanza di 
>fiducia, o il riduzionismo a pratiche non dette, e dare per assunto che 
>se stiamo qui in questa lista e' perche' condividiamo certe idee da 
>diversi anni. Che facciamo oggi pero' con queste idee?
>Scusate, ma le pratiche/azioni hanno bisogno anche di riflessioni, 
>soprattutto quando abbiamo la possibilita' di vederci faccia a faccia. E 
>in questo senso forma e contenuto coincidono in un'immagine dialettica 
>(sempre parafrasando Benjamin, visto che siamo tutti in vena di citazioni).
>
>Saluti,
>
>T_Bazz
>_______________________________________________
>AHA mailing list
>AHA at lists.ecn.org
>http://lists.ecn.org/mailman/listinfo/aha
>





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