[aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)

orgone a otolab.net orgone a otolab.net
Gio 2 Dic 2010 14:45:32 CET


Ciao
l'argomento mi interessa molto sia come sociologo che come artista.
Quello a ci si è assistito negli ultimi dieci anni è un processo di istituzionalizzazione
abbastanza tipico.
Una serie di fenomeni diversi tra loro, per origini, scopi e mezzi, sono
finiti all'interno di contenitori abbastanza simili in nome soprattutto dei
mezzi utilizzati. 
Una parte degli attori sono entrati in contatto con il mondo dell'arte istituzionale
(perché era il loro intento originale, perché lo è diventato lungo la strada,
o perché è semplicemente capitato loro) e da lì in poi si sono inseriti in
diversi tipi di percorsi. 
Di solito si parla di istituzionalizzazione, cooptazione, fagocitazione,
come se fossero un tutt'uno, ma sono fenomeni molto diversi. 
La mia personale posizione al riguardo (che poi è il prodotto di una ricerca
di dottorato proprio sull'argomento: co-optazione degli artisti elettronici
dall'underground al mainstream) è che l'unico giudizio valido che si possa
dare è quanto  chi è transitato verso i mondi mainstream (dei mercati, delle
istituzioni, etc) abbia effettivamente agito come gatekeeper positivo e non
a perdere. 
Vale a dire, quanto si sia posto come leva per arricchire le proprie comunità
di riferimento e non per impoverirle, ridistribuendo i capitali (non necessariamente
quelli economici, ma anche quelli simbolici e sociali) nel modo iù ampio
possibile.
Il resto (denominazioni, posizionamenti, etc) sono una conseguenza dell'organizzazione
complessa di molte variabili, che sono più o meno quelle di cui parla Becker
ne "I mondi dell'arte".
Per il resto, siamo tutti d'accordo sul problema della fossilizzazione dei
mondi dell'arte.
Mi chiedo però: da un lato, se i mondi dell'arte non siano costituzionalmente
obsoleti, e se quindi abbia senso condannarli per questo; dall'altro, se
non ci sia il problema della fossilizzazione anche dei mondi dell'arte non
ufficiale, intesa come rinuncia alla ricerca in nome di un posizionamento
saldo all'interno delle dinamiche di imprenditorialismo urbano. Guardo gli
innumerevoli festival che proliferano, i loro programmi e le loro motivazioni,
e mi rispondo di si.

Mi rendo conto che si tratta di una posizione estremamente sociologica; non
la vedo quindi come alternativa ai discorsi di cui sotto. Caso mai complementare.
Ciao
Bertram


>-- Original Message --
>From: Luigi Pagliarini <luigi a artificialia.com>
>Date: Thu, 2 Dec 2010 14:07:54 +0100
>To: List on artistic activism and net culture <aha a lists.ecn.org>
>Subject: Re: [aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)
>Reply-To: List on artistic activism and net culture <aha a lists.ecn.org>
>
>
>
>making a long story short...
>forse c'è un altra possibile ed ipotetica lettura dei fatti.
>potrebbe esser accaduto che negl'anni più recenti curatori, pubblicisti,
>direzioni artistiche e via discorrendo abbiamo spinto le teorie, e/o gli
>artisti, e/o soltanto le opere men significative del settore degradando
il
>(ex)movimento.
>insomma, nel lustro passato ho visto e sentito parecchie "cosacce", ho osservato
>diversi modaiolismi e subodorato una deriva intellettuale (tra l'altro intorno
>a personaggi *a mio avviso* dubbi).    
>ma soprattutto ho notato che spesso da una parte si predica bene e dall'altra
>si ricerca una forte commercializzazione delle proprie azioni.
>bhè, se quest'ipotesi è reale, a tutto ciò non poteva che conseguire lo
stato
>dell'arte da voi rappresentato.
>un salutone a voi tutti.
>
>> 
>> yep
>> 
>> Domenico sì, sono d'accordo con te: però ricorda che Bourriaud suggerisce
>
>> anche come l'arte postmediale (in generale l'arte dagli anni Ottanta in
>poi) 
>> non sia più  necessariamente un'espressione creativa a partire da un 
>> materiale grezzo quanto una reinteripretazione (soggetta anche, ma non
>
>> sempre, a logiche di  mercato) di materiali culturali già esistenti. In
>
>> sostanza, noi saremmo testimoni di un lento decadimento dei concetti di
>
>> originalità e creazione
>> 
>> mi pare abbastanza chiaro che anche su queste tesi, per quanto diffuse,
>si 
>> potrebbe discutere a lungo e con profitto: certo, per usare un eufemismo,
>
>> non mi trovano completamente d'accordo e a loro modo le considero 
>> paradossalmente già "vecchie" e limitate: suonano quasi come propaganda,
>
>> come monito, ma sembrano miopi per molti versi...
>> 
>> broeckmann come tutta la transmediale rimane un po' ibrido nel suo 
>> approccio: alla fine come dice Tatiana si parlava lì di questi temi già
>un 
>> po' di anni or sono. Certo, anche io ho sempre notato una leggera mancanza
>
>> di coerenza, un atteggiamento un po' ibrido che si dimostra ancora oggi
>teso 
>> da un lato al riconoscimento istituzionale (e tu Domenico in questo senso
>mi 
>> pare ti stia muovendo professionalmente in modo ottimale), dall'altro
a
>un 
>> dialogo ormai piuttosto sterile con nicchie culturali sempre più piccole
>e 
>> ristrette: piccole proprio perchè già vecchie come approccio dopo così
>pochi 
>> anni, arroccate a loro modo in un atteggiemento che non rispecchia più
>la 
>> frenesia creativa e la ricerca dei nostri giorni
>> 
>> il libro così come lo descrivi, potrebbe essere in questo senso sicuramente
>
>> più "aperto" e quindi interessante: però, ripeto, prima di parlarne a
fondo
>
>> è giusto leggerlo :)
>> 
>> in altri termini, penso sia importante capire cosa si intende oggi per
>
>> "arte", quali le sue accezioni in termini di impatto sulla società, di
>
>> descrizione emotiva nonchè estetica di essa, quali le possibili indagini
>sui 
>> linguaggi e gli strumenti, quali le prospettive anche a lungo termine:
>e 
>> soprattutto penso sia interessante capire quali sono gli elementi che

>> portano un artista oggi, che lavora sul crinale ibrido tra arte, tecnologia
>
>> e scienza, a essere definito come tale: è un operazione molto interessante
>e 
>> non sono sicuro che i concetti di "mercato", "avanguardia" e "accademia"
>
>> siano a loro modo termini sufficientemente elastici per spiegare il tutto
>> 
>> mk
>> 
>> 
>> p.s. stammatina alle 6.10 Steve Dietz si è disiscritto dalla lista Spectre:
>
>> vorrà dire qualcosa? :)
>> 
>> 
>> ----- Original Message ----- 
>> From: "Domenico Quaranta" <qrndnc a yahoo.it>
>> To: "List on artistic activism and net culture" <aha a lists.ecn.org>
>> Sent: Wednesday, December 01, 2010 10:57 AM
>> Subject: Re: [aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)
>> 
>> 
>> Ciao cari,
>> 
>> Tatiana - nessuno stress, anzi. Mi fa piacere che il libro susciti
>> interesse ancora prima di uscire :-)
>> 
>>> Hai un quote interessante proprio sul blog: "As digital and network
>>> media
>>> are rapidly became an omni-presence in our society, and as most
>>> artists came
>>> to routinely use it, new media field is facing a danger of becoming
>>> a ghetto
>>> whose participants would be united by their fetishism of latest
>>> computer
>>> technology, rather than by any deeper conceptual, ideological or
>>> aesthetic
>>> issues - a kind of local club for photo enthusiasts".
>> 
>> si, la citazione di Manovich mette a fuoco un'altra questione molto
>> importante: il fatto che non si tratta solo di una questione di
>> termini, e che non basta chiamarla solo "arte" per risolvere il
>> problema. Probabilmente è qui che anche Broeckmann sbaglia: facendo
>> una proposta che poi non segue nella pratica, continuando a occuparsi
>> di un numero ristretto di artefatti (quelli discussi nel mondo della
>> new media art) e continuando a farlo in quel contesto (ormai, "a kind
>> of local club for photo enthusiasts").
>> 
>> Il problema vero è che il termine si fa specchio di una idea dell'arte
>> che il mondo dell'arte, e con esso tutto il mondo della cultura,
>> ritiene obsoleto. è quello che intende Bourriaud quando dice che
>> l'impatto culturale delle nuove tecnologie si legge meglio nell'arte
>> che non ne fa uso, mentre l'arte che se ne serve è pura accademia. Io
>> non credo in questo, ma credo che il nostro modo di parlarne rinforzi
>> in lui quest'idea: perché, con il nostro approccio, teniamo insieme
>> avanguardia e accademia, le cose già vecchie sul nascere e le cose
>> che, messe su un altro palcoscenico e contestualizzate in modo
>> differente, avrebbero la capacità di rivoluzionare il mondo della
>> cultura. Molta "new media art" recente ha questo potenziale, ma il
>> modo in cui viene discussa e veicolata la confina sullo stesso piano
>> di un Jeffrey Shaw o di un Fabrizio Plessi: artisti arretrati di
>> almeno un trentennio rispetto al decennio in cui operano, a dispetto
>> della novità dei media. Il libro si occupa di questo.
>> 
>>> quello che forse sarebbe a questo punto interessante è sviluppare
>>> un'intervista collettiva con la lista AHA: o meglio, magari se uno
>>> di voi
>>> (Tatiana, Loretta, non so...) si preoccupa di collezionare in modo
>>> organico
>>> qualche domanda dalla lista (se il libro è online all'80% potrebbe
>>> essere
>>> abbastanza), la aggiungiamo/integriamo a quelle che farei io....se
>>> anche per
>>> Domenico è ok, of course
>> 
>> fate vobis. L'unico consiglio che mi sento di darvi è: non spaccatevi
>> gli occhi su Google Books, non ne vale la pena :-)
>> 
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