[aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)

Redazione Digicult redazione a digicult.it
Gio 2 Dic 2010 10:34:56 CET


yep

Domenico sì, sono d'accordo con te: però ricorda che Bourriaud suggerisce 
anche come l'arte postmediale (in generale l'arte dagli anni Ottanta in poi) 
non sia più  necessariamente un'espressione creativa a partire da un 
materiale grezzo quanto una reinteripretazione (soggetta anche, ma non 
sempre, a logiche di  mercato) di materiali culturali già esistenti. In 
sostanza, noi saremmo testimoni di un lento decadimento dei concetti di 
originalità e creazione

mi pare abbastanza chiaro che anche su queste tesi, per quanto diffuse, si 
potrebbe discutere a lungo e con profitto: certo, per usare un eufemismo, 
non mi trovano completamente d'accordo e a loro modo le considero 
paradossalmente già "vecchie" e limitate: suonano quasi come propaganda, 
come monito, ma sembrano miopi per molti versi...

broeckmann come tutta la transmediale rimane un po' ibrido nel suo 
approccio: alla fine come dice Tatiana si parlava lì di questi temi già un 
po' di anni or sono. Certo, anche io ho sempre notato una leggera mancanza 
di coerenza, un atteggiamento un po' ibrido che si dimostra ancora oggi teso 
da un lato al riconoscimento istituzionale (e tu Domenico in questo senso mi 
pare ti stia muovendo professionalmente in modo ottimale), dall'altro a un 
dialogo ormai piuttosto sterile con nicchie culturali sempre più piccole e 
ristrette: piccole proprio perchè già vecchie come approccio dopo così pochi 
anni, arroccate a loro modo in un atteggiemento che non rispecchia più la 
frenesia creativa e la ricerca dei nostri giorni

il libro così come lo descrivi, potrebbe essere in questo senso sicuramente 
più "aperto" e quindi interessante: però, ripeto, prima di parlarne a fondo 
è giusto leggerlo :)

in altri termini, penso sia importante capire cosa si intende oggi per 
"arte", quali le sue accezioni in termini di impatto sulla società, di 
descrizione emotiva nonchè estetica di essa, quali le possibili indagini sui 
linguaggi e gli strumenti, quali le prospettive anche a lungo termine: e 
soprattutto penso sia interessante capire quali sono gli elementi che 
portano un artista oggi, che lavora sul crinale ibrido tra arte, tecnologia 
e scienza, a essere definito come tale: è un operazione molto interessante e 
non sono sicuro che i concetti di "mercato", "avanguardia" e "accademia" 
siano a loro modo termini sufficientemente elastici per spiegare il tutto

mk


p.s. stammatina alle 6.10 Steve Dietz si è disiscritto dalla lista Spectre: 
vorrà dire qualcosa? :)


----- Original Message ----- 
From: "Domenico Quaranta" <qrndnc at yahoo.it>
To: "List on artistic activism and net culture" <aha at lists.ecn.org>
Sent: Wednesday, December 01, 2010 10:57 AM
Subject: Re: [aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)


Ciao cari,

Tatiana - nessuno stress, anzi. Mi fa piacere che il libro susciti
interesse ancora prima di uscire :-)

> Hai un quote interessante proprio sul blog: "As digital and network
> media
> are rapidly became an omni-presence in our society, and as most
> artists came
> to routinely use it, new media field is facing a danger of becoming
> a ghetto
> whose participants would be united by their fetishism of latest
> computer
> technology, rather than by any deeper conceptual, ideological or
> aesthetic
> issues - a kind of local club for photo enthusiasts".

si, la citazione di Manovich mette a fuoco un'altra questione molto
importante: il fatto che non si tratta solo di una questione di
termini, e che non basta chiamarla solo "arte" per risolvere il
problema. Probabilmente è qui che anche Broeckmann sbaglia: facendo
una proposta che poi non segue nella pratica, continuando a occuparsi
di un numero ristretto di artefatti (quelli discussi nel mondo della
new media art) e continuando a farlo in quel contesto (ormai, "a kind
of local club for photo enthusiasts").

Il problema vero è che il termine si fa specchio di una idea dell'arte
che il mondo dell'arte, e con esso tutto il mondo della cultura,
ritiene obsoleto. è quello che intende Bourriaud quando dice che
l'impatto culturale delle nuove tecnologie si legge meglio nell'arte
che non ne fa uso, mentre l'arte che se ne serve è pura accademia. Io
non credo in questo, ma credo che il nostro modo di parlarne rinforzi
in lui quest'idea: perché, con il nostro approccio, teniamo insieme
avanguardia e accademia, le cose già vecchie sul nascere e le cose
che, messe su un altro palcoscenico e contestualizzate in modo
differente, avrebbero la capacità di rivoluzionare il mondo della
cultura. Molta "new media art" recente ha questo potenziale, ma il
modo in cui viene discussa e veicolata la confina sullo stesso piano
di un Jeffrey Shaw o di un Fabrizio Plessi: artisti arretrati di
almeno un trentennio rispetto al decennio in cui operano, a dispetto
della novità dei media. Il libro si occupa di questo.

> quello che forse sarebbe a questo punto interessante è sviluppare
> un'intervista collettiva con la lista AHA: o meglio, magari se uno
> di voi
> (Tatiana, Loretta, non so...) si preoccupa di collezionare in modo
> organico
> qualche domanda dalla lista (se il libro è online all'80% potrebbe
> essere
> abbastanza), la aggiungiamo/integriamo a quelle che farei io....se
> anche per
> Domenico è ok, of course

fate vobis. L'unico consiglio che mi sento di darvi è: non spaccatevi
gli occhi su Google Books, non ne vale la pena :-)

d
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