[aha] Media, New Media, Postmedia (Postmediabooks 2010)

Domenico Quaranta qrndnc a yahoo.it
Mer 1 Dic 2010 10:57:43 CET


Ciao cari,

Tatiana - nessuno stress, anzi. Mi fa piacere che il libro susciti  
interesse ancora prima di uscire :-)

> Hai un quote interessante proprio sul blog: "As digital and network  
> media
> are rapidly became an omni-presence in our society, and as most  
> artists came
> to routinely use it, new media field is facing a danger of becoming  
> a ghetto
> whose participants would be united by their fetishism of latest  
> computer
> technology, rather than by any deeper conceptual, ideological or  
> aesthetic
> issues - a kind of local club for photo enthusiasts".

si, la citazione di Manovich mette a fuoco un'altra questione molto  
importante: il fatto che non si tratta solo di una questione di  
termini, e che non basta chiamarla solo "arte" per risolvere il  
problema. Probabilmente è qui che anche Broeckmann sbaglia: facendo  
una proposta che poi non segue nella pratica, continuando a occuparsi  
di un numero ristretto di artefatti (quelli discussi nel mondo della  
new media art) e continuando a farlo in quel contesto (ormai, "a kind  
of local club for photo enthusiasts").

Il problema vero è che il termine si fa specchio di una idea dell'arte  
che il mondo dell'arte, e con esso tutto il mondo della cultura,  
ritiene obsoleto. è quello che intende Bourriaud quando dice che  
l'impatto culturale delle nuove tecnologie si legge meglio nell'arte  
che non ne fa uso, mentre l'arte che se ne serve è pura accademia. Io  
non credo in questo, ma credo che il nostro modo di parlarne rinforzi  
in lui quest'idea: perché, con il nostro approccio, teniamo insieme  
avanguardia e accademia, le cose già vecchie sul nascere e le cose  
che, messe su un altro palcoscenico e contestualizzate in modo  
differente, avrebbero la capacità di rivoluzionare il mondo della  
cultura. Molta "new media art" recente ha questo potenziale, ma il  
modo in cui viene discussa e veicolata la confina sullo stesso piano  
di un Jeffrey Shaw o di un Fabrizio Plessi: artisti arretrati di  
almeno un trentennio rispetto al decennio in cui operano, a dispetto  
della novità dei media. Il libro si occupa di questo.

> quello che forse sarebbe a questo punto interessante è sviluppare
> un'intervista collettiva con la lista AHA: o meglio, magari se uno  
> di voi
> (Tatiana, Loretta, non so...) si preoccupa di collezionare in modo  
> organico
> qualche domanda dalla lista (se il libro è online all'80% potrebbe  
> essere
> abbastanza), la aggiungiamo/integriamo a quelle che farei io....se  
> anche per
> Domenico è ok, of course

fate vobis. L'unico consiglio che mi sento di darvi è: non spaccatevi  
gli occhi su Google Books, non ne vale la pena :-)

d


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