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Tue Jun 30 11:40:17 CEST 2009


'ngiorno!

2009/6/29 Massimo Menichinelli <info at openp2pdesign.org>

> Penso che il termine P2P Design sia ben specifico e andrebbe utilizzato
> per quei progetti che hanno l'obiettivo di facilitare e replicare
> dinamiche sociali P2P (avete presente il lavoro di Michel Bauwens e
> della P2P Foundation?).
>

[....]


>
> Il termine Open Design invece andrebbe utilizzato per quei progetti che
> vengono distribuiti con licenze "open", e che si avvalgono di sistemi
> distribuiti per la progettazione, condivisione e produzione (fabbing).
> L'esempio migliore è OpenMoko, uno smartphone che è al contempo open
> design, open source software, open hardware.
> http://www.openmoko.com/


[....]


>
>
> Bè, poi ci sarebbe l'Open P2P Design che è stata la mia proposta di tesi
> e su cui sto sviluppando il progetto openp2pdesign.org
> La proposta è quella di una metodologia che attraverso un
> processo e progetto aperto (Open) si facilitino delle comunità in un
> territorio nella auto-organizzazione con dinamiche Open e P2P.



sì, concordo con le distinzioni sui termini. e ci aggiungo un pezzetto.

che consiste nel rilevare come sia interessante, oltre alla
possibilità/opportunità tecnica di realizzare processi di P2P/Open Design
(sia per la disponibilità di tecnologie che per l'attenzione che riscuote in
questo periodo), è interessantssimo fare un ragionamento sul "ritorno dei
corpi" di cui a vario titolo stiamo discutendo da un po' di tempo.

una cosa molto bella di tutte queste tecnologie è anche la meno utilizzata,
a conti fatti: mettere al centro le persone attraverso la disponibilità di
spazi liberati, tra un codice e l'altro.

Questo, se ci guardiamo intorno, è proprio quello che *non* sta succedendo,
grazie agli accentratori come facebook & C. (ma anche e soprattutto ikea, i
nostri governi e le loro politiche culturali, i produttori di energia, di
automobili, di case..) , che propongono una versione di plastica, in
scatola, e con tanti fiocchetti e telecamere di quel che invece potrebbe
essere.

e tutte le strade che portano invece all'altro modello, passano per le
modalità p2p, per la emersione dei corpi (invece che dei profili e delle
lineette che li uniscono), per la creazione di modelli sostenibili per le
persone (economicamente, socialmente, cognitivamente, nel rispetto
all'ambiente).

un grosso "problema" di questo pezzo di realtà che descrivo (che altri
sapranno naturalmente spiegar con maggior rigore di me) c'è una enorme
distanza tra la creazione di strategie e la loro applicazione.

che si basa per una buona parte sia sul possesso delle infrastrutture (sia
di comunicazione che di produzione), sia sulla netta divisione tra gli
strati progettuali e quelli implementativi.

cosa che, fino ad oggi, il design rappresenta ampiamente. Con tutti i
tentativi ed esperimenti del caso, il design definisce la divisione tra
progettazione e produzione. che è un disastro.

quindi, se proprio si dovesse pensare a cambiare una parola, sarei quasi più
contento di cambiare la parola "Design" piuttosto che "P2P". :)

quantomeno per dare l'idea della creazione nettamente "nuova" di una cosa
che in qualche modo assomiglia al design, ma che in pratica è completamente
differente.

per come la posso vedere io la strada interessante è quella: rilevare come
gli strumenti disponibili posono permettere di creare spazi liberati in cui
i corpi possano interagire tra loro per progettare e produrre, in modi
sostenibili economicamente, socialmente, cognitivamente e ecologicamente.

Gli strumenti di questa "cosa" sono (per quel che si può vedere adesso e
immaginando un pezzetto di futuro) le reti (tendenzialmente p2p), le
piattaforme software opensource, la possibilità di distribuire conoscenze,
idee e contenuti senza copyright inteso in senso classico (ed anche il
creative commons non è poi così interessante), la disponibilità di strumenti
di produzione personale (il fabbing e soprattutto quel che ne deriverà), la
possibilità di intervenire in maniera autonoma su architetture e spazi
pubblici o pesantemente codificati (con realtà aumentata, rfid, tags,
tecnologie mobili, reti meshed...)

se diamo un nome abbastanza espressivo a questa cosa qui io son felice :)



> Per quanto riguarda i workshop, posso dare una mano anche io per
> organizzarli per quanto riguarda contenuti, spazi e contatti da invitare
> (oltre che per tenerne uno).
>
> I temi relativi all'Open Design potrebbero essere questi:
> _software (gli strumenti open source disponibili)
> _processi (lo sviluppo di un esempio di progetto di Open Design)
> _teoria (concetti, basi e dinamiche dell'Open Design)


buono, se lo aumentiamo un po'.
a me per esempio, fa un sacco piacere quando guardo il disegno bruttissimo
che faceva sterling parlando dello spime

http://www.flickr.com/photos/brucesterling/sets/72157594354415159/

perchè parla di un processo un po' più complesso.

perchè sennò si arriva ad un'idea che il prossimo step possa essere una cosa
del genere:

http://www.brepettis.com/

che, per quanto utile e didattica, è una roba da fighetti che non va tanto
oltre il proprio (grande) naso.



> Se siamo interessati a dei workshop facilitati (cioè con un ruolo attivo
> dei partecipanti), questi normalmente richiedono più tempo anche in base
> agli obiettivi da raggiungere (un 4-5 ore almeno?), altrimenti dei
> seminari (lezioni) potrebbero essere più concisi.


noi qui a roma stiamo cercando e ottenendo la possibilità di creare cose
anche più complesse.

tipo workshop di 1 settimana (un piccolo master, in pratica), con un budget,
in cui ci sia una parte teorica e una parte pratica, fatte DIY ma anche
invitando persone di rilievo e che sono già operative sulle varie tematiche,
così da semplificare anche la parte espositiva, che si potrebbe realizzare
come unione di cose già fatte e di cose prodotte all'interno dei workshop.

se si fa gruppo possiamo orgaizzarle assieme (che magari è anche più facile
sui costi, perchè i costi di far venire persone da varie parti del mondo si
potrebbe dividere tra più iniziative, e organizzare dei piccoli "tour" )


ciao!
xDxD
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