[aha] Approfondimenti e spunti da San Francisco

Luisa Valeriani lvaleriani a fastwebnet.it
Mer 2 Dic 2009 21:42:39 CET


Approfitto di questo thread aperto da Tatiana (e a mio avviso  
"decisivo", cioè fatto per dividere e spaccare: dunque, eccellente!)  
per una riflessione che sia anche un mio modo per riconnettermi  
all'esperienza.
(Sono appena tornata a Roma, e come prima cosa voglio subito  
ringraziare tutti per l'incontro di Milano. E' stato bello,  
coinvolgente, volevo tanto conoscervi di persona e lavorare insieme;  
c'era un bellissimo clima, e questa è per me la cosa più importante.  
Spero di avere contatti sempre più frequenti e creativi. grazie.)
E sulla creatività, eccomi al discorso di Tatiana.
Da qualche anno a questa parte sempre più spesso compaiono nella  
bibliografia delle tesi dei miei studenti due libri che, messi  
insieme, servono forse a dare le coordinate teoriche alle impressioni  
che Tat ha avuto in California e che ha riproposto a noi come  
riflessione.
I libri sono The Rise of the Creative Class di Richard Florida, 2002,  
e Funky Business di Jonas Ridderstrale e Kjell Nordstrom, 1999.
Scusate se parlo subito di libri, ma ognuno interviene come meglio  
può, e io questo posso fare. oltre tutto, sono libri sicuramente ben  
noti a molti di voi. Ma ne riassumo brevemente le tesi, a supporto del  
discorso di Tat.
Secondo Florida saremmo già oltre il capitalismo cognitivo, perché  
ormai i vecchi modi di gestione dell'economia sono stati soppiantati  
dalla creatività di una nuova classe di Bobos (Bohemian + bourgeois)  
creativi, un po' scienziati e un po' umanisti, un po' artisti e un po'  
ingegneri, che introducono anche nella gestione economica la loro  
"fantasia" tecnologica, con risultati tanto più brillanti quanto più  
la loro azione venga favorita da 3 condizioni: Tecnologia, Talento,  
Tolleranza (le 3 T). Sostanzialmente, quanto più si è  "bene educati-  
acculturati" (Talento), si vive in aree tecnologicamente effervescenti  
(metropoli, silicon valley, ecc. : Tecnologia), orientati a stili di  
vita aperti (Tolleranza: lui parla di Gay Index e Bohemian Index),  
tanto più sale l'indice della classe creativa. Vorrei sottolineare due  
affermazioni: 1) "la creatività tecnologica, come ogni tipo di  
creatività, è un atto di ribellione"; 2) " la creatività viene da  
gruppi ridotti, come comunità di pratiche". Più si è aperti nella  
mentalità, stimolati da trasversalità e multiculturalismo, più si è in  
grado di produrre idee creative, rinnovabili, produttive secondo  
parametri aggiornati. Unica pecca del discorso di Florida: pare  
completamente ignorare le smart mobs, le comunità digitali, la rete.  
Ma forse lo ha già fatto nel libro successivo...
Secondo libro proposto, quello degli svedesi. A differenza di Florida  
loro non sono professori, ma manager d'economia, fondatori di centri  
studi sul business, guru riconosciuti delle innovazioni globali, degli  
internet studies, delle strategie organizzative. Secondo loro la  
competitività del mercato si vince se si è differenti. E' il talento  
che fa "ballare"il capitale. Per essere imprenditori di successo  
bisogna essere funky. In una società sempre più tribalizzata  
sopravvive solo chi sa essere originale, e le grandi corporations si  
adatteranno a mutare, se non vogliono soccombere alle organizzazioni  
emergenti. insomma, per vincere nella società del capitale globale  
bisogna competere  - udite udite! - in sentimenti e fantasia.
Allora, cosa intendo dire? che ciò che a noi può apparire come dubbio,  
sospetto, problematico, altrove è già stato non solo messo in pratica,  
ma teorizzato nelle università e insegnato ai manager (e pazienza se i  
peones non si adeguano e continuano a ragionare per grafici e  
tabelle). Ciò che qui viene visto sotto chiave utopica può essere  
frutto di un "talento" utopico, che ibridandosi diversamente con le  
altre due T produce risultati diversi.
Ma chiedo a xD, con sincera ignoranza, quali siano le pratiche  
"mediterranee" di cui parla, contrapponendole a quelle anglo-americane  
o scandinave.  lui cita:
  "mentre il marketing anglosassone risponde essenzialmente ad una  
richiesta di individualizzazione e personalizzazione  da parte dei  
consumatori, l'approccio mediterraneo vede soprattutto individui  
sempre più isolati che cercano di ristabilire un legame sociale  
arcaico e comunitario".
io in quest'approccio mediterraneo dell'individuo che ha un legame  
arcaico coi consumatori vedo essenzialmente berlusconi, il che mi dà  
forse una visione strabica... il legame del tiranno coi sudditi, è  
arcaico... però so anche che l'italia non è il mondo...
Davvero, xD, il green marketing mi sembra una cosa bellissima e da  
praticare, ma anche l'utopia deve rapportarsi ai contesti, per essere  
efficace.  Qui noi stiamo a chiederci se lavorare per Facebook è  
compatibile con un'etica hacker, e il mondo intanto già su quel  
connubio ha lavorato, creato, diversificato, ri-Kombinato, ri-ri-ri- 
creato... Il problema è come rubare le strategie al potere,  visto che  
ha imparato così bene da noi, per acquisire noi stessi potere...  tu  
lo hai posto benissimo, il problema,  dicendo che è la  
rappresentanza.  L'etica e la collaborazione, che sono nostre e  
anche ... della classe creativa, devono cimentarsi nella governance...  
Questo, in effetti, credo sia il problema.
Credo che al momento quella classe creativa che tenta l'assalto al  
cielo sia un amico, non un nemico. Che bisogna schierarsi ed  
eventualmente superarla con i suoi stessi mezzi, essere ancora più  
creativi ed egemonizzarla spostando le regole. Il nemico per me non è  
mai la postmetropoli, è l'arcaico. Non è la confusione dei confini tra  
business e creatività, ma la delimitazione rigida di ogni confine...
Ma la mia è un'opinione, certo.
ciao, ciao a tutt*!
lv (o rroseselavy, in ahacktitude)




Il giorno 02/dic/0
9, alle ore 13:20, xDxD.vs.xDxD ha scritto:

>
>
> 2009/12/2 mariano equizzi <marianoe at hotmail.it>

> scrive TATIANA:
>
> Con questo sottolineo che qui non si usa la parola
> business per dire "ti fotto e mi tengo tutto", ma viene associata al
> concetto di "innovazione creativa"."
>
>
> [...]
>
> La tecnologia è potere non è solo liberazione e rivoluzione e spesso  
> in italia
>
> chi finge di detenere questo potere non sa manco tenere il mouse in  
> mano.
> e chi sa "tenere il mouse in mano" ha il cervello in blocco seguendo  
> dogmi
> che ridisegnati potrebbero invece aiutare anche la più utopica e  
> avanzata delle Cause.
>
>
>
> c'e' anche da dire che spessissimo "innovazione creativa" è un  
> qualcosa di assai paraculo.
>
> e che, per come la vuoi mettere e rigirare, business is business.
>
> è anche sostanzialmente una questione di linguaggi, e la fattibilità  
> di materializzare una speranza utopica. perchè è utopico sia il  
> "power to the people", sia l'immagine di questo businessman  
> fricchettone_con_storia_di_reti_e_BBS che qui si sta facendo passare  
> come "una soluzione".
>
> adesso: che le startup 2.0 & C. siano in molti casi animate da  
> attitudini positive e propositive è vero. Come è vero che i modelli  
> di business, superata la fase dell'executive summary, degenerano  
> rapidamente in tabelle e grafici che poco hanno a che fare con  
> l'applicazione delle attitudini stesse.
>
> la filosofia raramente si propaga al di là del management, per cui  
> al di sotto dei "capi" delle varie iniziative ci sono strutture che  
> non sono poi tanto diverse dai vari mcdonald.
>
> anche perchè pure i brand grandi hanno capito la lezione. L'andazzo  
> è quello dell'adozione: identifico una "cosa" e la "adotto", me la  
> porto dentro, cambiandone però subdolamente linguaggi, estetiche e  
> soprattutto applicandoci sopra la mia gerarchia e il mio controllo.
>
> Anche in questo fiorire di ecosistemi digitali e analogici, di  
> social network, di user-generated companies, di questo e quello, la  
> governance non la mollano. Ci son sempre almeno un paio di livelli.
>
> Il problema, quindi, è nel cercare rappresentanza invece che  
> comunità, o anche più semplicemente etica e collaborazione.
>
> ad esempio è molto più interessante quello che si chiama  
> mediterranean marketing, rispetto ai milioni di marketing non  
> convenzionali che oramai sono a totale uso e consumo delle  
> corporation.
>
> in più di un modo la silicon valley è "vecchia" e non produce  
> novità: reinventa modelli assodati, stratificandoci sopra attitudini  
> strumentali al profitto. Dietro il technofreak olistico di the well  
> o di burning man c'è un venture capitalist e una schiera di banche.
>
> la vera innovazione sta in altre pratiche, assai più "mediterranee".
>
> traggo pari pari da un piccolo saggio dei ninjamarketing in fondo al  
> libro di john grant "green marketing":
>
>
> questa è una cosa *nuova*.
>
> tecnologie, reti, comunicazione, marketing, soldi al servizio di un  
> bottom-up umano, invece che a un top-down utopistico.
>
> lo raccontava anche adam greenfield nel passaggio dal "wayfinding"  
> al "wayshowing"
>
> corpi, relazioni reali, possibilità ed opportunità senza necessità  
> di rappresentanza, di top manager, fricchettoni o meno che siano. p2p.
>
> è ovvio che questa cosa non sarà mai mainstream. non ci sarà mai un  
> Amazon o un Burning Man fatto così. quel che ci sarà, eventualmente,  
> sarà radicalmente diverso. e probabilmente sarà iperlocale,  
> piuttosto che globale o universale.
>
> è uno spazio pieno di opportunità e di possibilità.
>
> e sicuramente è meno residuale e vecchio della visione positive di  
> wired e compagnia bella.
>
> poi, naturalmente, a ognuno la scelta della propria strada/strategia.
>
> cia'!
> xDxD
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