[Redditolavoro] GHETTO DI RIGNANO, PARTE II: DOPO LE MORTI, LE MENZOGNE

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Sun Mar 5 17:04:38 CET 2017


*Ghetto di Rignano, parte II: dopo le morti, le menzogne
*
Lo sgombero del Ghetto di Rignano si è concluso. Ieri le ruspe hanno 
demolito le ultime baracche rimaste in piedi dopo gli incendi. Sono 
arrivati, immediati, i tweet di Michele Emiliano e di altri 
rappresentanti istituzionali: lo sgombero è un successo, tutto è andato 
secondo i piani. Evidentemente erano messi in conto anche i morti, e 
comunque se la sono cercata, avendo rifiutato di andarsene quando gli 
era stato ordinato…

Nel frattempo emergono le dichiarazioni ufficiali della Questura e della 
Regione rispetto a questioni che erano ancora poco chiare negli scorsi 
giorni. La stessa Regione infatti, sin dal 1 Marzo, sta dichiarando che 
le strutture individuate possono ospitare tutti gli abitanti del Ghetto, 
che giornali e cattivi informatori (tra cui noi) sovrastimavano le 
presenze. Ad oggi, i dati della Questura dichiarano ufficialmente che 
sono state spostate 340 persone nelle strutture dell’Agro di San Severo. 
A queste si aggiungono le 60 già spostate la scorsa settimana verso Casa 
Sankara e che ora si trovano all’Arena, e le circa 100/120 persone che 
ancora sostano nell’area del Ghetto. Chi è rimasto nelle campagne 
intorno al Ghetto, più di 100 persone, perché ha rifiutato il 
trasferimento nelle due strutture per le contraddizioni appena citate, 
dorme per ora o in furgone o in macchina, o ammassato nei casolari in 
pietra rimasti in piedi dopo lo sgombero. In totale, quindi, più di 500 
persone. Come prevedibile, nulla è stato fatto per le donne, di cui 
nessuna è stata trasferita nelle strutture della Regione e che nessuna 
possibilità avranno di mantenere le loro forme di sostentamento al di 
fuori del ghetto.

E’ evidente, anche agli occhi della stessa Regione Puglia, che la 
capienza delle strutture individuate non è in alcun modo sufficiente. 
Infatti, nella struttura sita sulla S.S. 16, ridenominata spudoratamente 
“Casa Sankara”, al momento alloggiano 180 persone. Per poterle ospitare 
tutte è stata allestita una piccola tendopoli da 12 tende (nonostante la 
stessa Regione negli scorsi mesi avesse sempre assolutamente escluso di 
poter ricorrere a questa soluzione). Chi in questo momento sta vivendo 
lì lamenta in maniera decisa il fatto di essere lontano da tutto e da 
tutti (infatti la struttura dista circa 10 km da San Severo, il più 
vicino centro abitato). I gestori di Casa Sankara inoltre non fanno 
entrare giornalisti, visitatori, sindacalisti, dichiarando di aver paura 
che si possa fomentare il malessere dei lavoratori lì presenti. Dicono, 
infatti, che già ci sono state delle piccole rivolte, con piccoli 
sabotaggi alle tende. Più che fomentare il malessere, la paura è forse 
quella di documentare il dissenso.

All’Arena, l’altra struttura nell’agro di San Severo adibita ad alloggio 
per gli sfollati, sono presenti più di 100 persone (in un edificio per 
cui il precedente progetto che lo utilizzava denunciava, arrivati a 30 
ospiti, il congestionamento della struttura). Al momento qui arrivano 
solo pasti freddi dalla protezione civile, manca l’acqua calda, e si 
dorme in più di 10 persone a stanza. Inoltre qui le persone non riescono 
ad andare a lavorare poiché prive di trasporto per le campagne. La loro 
volontà, ribadiscono, non è quella dell’ospitalità caritatevole: la loro 
presenza è dovuta a necessità economiche, e quindi all’esigenza di 
lavorare. A San Severo, inoltre, la preoccupazione forte è lo scoppio di 
conflitti sociali dovuti allo spostamento di centinaia di persone 
‘immigrate’ nel centro del paese, dopo i molteplici rifiuti avanzati 
negli anni dalle istituzioni sanseveresi contro la costruzione di una 
tendopoli in città.

La fotografia che possiamo restituire della situazione, immediatamente 
dopo lo sgombero, ci dice intanto dell’attivazione di un vero e proprio 
business dell’accoglienza. L’esperimento è quindi chiaro, esportare il 
sistema dell’accoglienza (enorme coacervo di contraddizioni e fonte di 
lauti profitti) dai richiedenti asilo anche a chi oramai è da anni sul 
territorio o comunque da quel sistema è stato espulso. Con lo stesso 
investimento economico in atto per accogliere gli sfollati del Ghetto, 
si sarebbe potuto far fronte immediatamente ai temi della casa e del 
trasporto che i lavoratori rivendicano da anni. Il sistema del 
caporalato, inoltre, utilizzato come giustificazione principale nello 
sgombero coatto e immediato del Ghetto, rimane intatto come forma di 
intermediazione attraverso la quale le persone continuano a lavorare. 
Anche gli ospiti di Casa Sankara continuano a servirsi dei furgoni dei 
caporali che li passano a prendere all’esterno della struttura per poter 
andare a lavorare. Va detto inoltre che, a circa un anno dalla 
maxi-operazione della DDA di Bari, che portò al sequestro con facoltà 
d’uso dell’area su cui sorgeva il ghetto (facoltà d’uso poi revocata 
alla vigilia dello sgombero), nessun elemento è emerso che possa far 
pensare a risultati concreti in termini di indagini anti-mafia. A quanto 
ci risulta, a nessuno dei lavoratori o delle lavoratrici è stato chiesto 
di fornire elementi utili a far emergere i responsabili del meccanismo 
di sfruttamento del lavoro (agricolo e sessuale) – dove sono le prove 
che ‘al ghetto c’è la mafia’? Chi sono i responsabili? Ad oggi, gli 
unici risultati dell’operazione anti-mafia, oltre allo sgombero, 
sembrano essere stati le decine di decreti di espulsione emessi da 
Questura e Prefettura contro quei lavoratori che subiscono lo 
sfruttamento. Si tratta, come spesso accade, di un discorso, quello 
sulla ‘mafia’, utile ad attivare la macchina dell’emergenza, una 
macchina che non solo permette di generare profitti (chi è la mafia, 
qui?!) ma anche di distribuire premi e medagliette ai politicanti di 
turno, come nel caso di Michele Emiliano.

Evidentemente, queste menzogne e queste verità manipolate sono utili a 
coprire gli avvenimenti di questi giorni. Lo sgombero del Ghetto è stato 
condotto calpestando la dignità delle persone che ospitava, 
esclusivamente a fini mediatici e senza una reale volontà di risolvere 
complessivamente i problemi che attanagliano chi lavora in agricoltura e 
nella cura dei lavoratori agricoli. La soluzione abitativa per tutti non 
è stata trovata, motivo per il quale vengono allestite in fretta e furia 
tendopoli e soluzioni tampone. Si combatte il cosiddetto sistema del 
caporalato senza minimamente intervenire sull’intera organizzazione 
della filiera produttiva, unico strumento reale per poter garantire 
casa, contratti e trasporti, e superare realmente qualunque forma di 
intermediazione tra produttore e lavoratore.

Vogliamo soluzioni reali e immediate. Nessuna speculazione sulla pelle 
dei lavoratori!
Non tollereremo altri sgomberi! Lotteremo ancora per combattere questa 
situazione!

Vogliamo casa, trasporti, documenti e contratti!

Comitato Lavoratori delle campagne
Rete Campagne in Lotta

http://campagneinlotta.org/ghetto-di-rignano-parte-ii-dopo-le-morti-le-menzogne/ 
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