[Redditolavoro] De Magistris, un “Masaniello” al servizio della Napoli bene

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Thu Sep 29 13:04:59 CEST 2016


De Magistris, un “Masaniello” al servizio della Napoli bene27 Settembre 2016

A distanza di qualche mese dalla competizione elettorale, le promesse fatte
da De Magistris trovano già una battuta d’arresto e s’infrangono sullo
scoglio insormontabile delle regole del gioco capitalistico e del "rispetto
della legge". Regole a cui sottostanno tutti i partiti del teatrino della
politica istituzionale: centrosinistra, centrodestra, M5S e sinistra
radicale.


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A distanza di qualche mese dalla competizione elettorale, le promesse fatte
da De Magistris trovano già una battuta d’arresto e s’infrangono sullo
scoglio insormontabile delle regole del gioco capitalistico e del rispetto
della legge. Regole a cui stanno tutti i partiti del teatrino della
politica istituzionale: centrosinistra, centrodestra, M5S e sinistra
radicale.
La giunta arancione al governo della città gode del sostegno della quasi
totalità della sinistra di lotta napoletana, che la presenta come
“un’anomalia” nel quadro politico nazionale. Pertanto il suo operato merita
un’analisi attenta ed accurata, al fine di smascherarne la natura di
classe.


LA PRIVATIZZAZIONE DELLE AZIENDE PUBBLICHE

Il Comune di Napoli, prima delle elezioni di giugno 2016, aveva verso le
banche un debito pubblico di 810 milioni di euro ed un deficit di circa 671
milioni. La situazione oggi è notevolmente cambiata in seguito alle
direttive della Corte dei Conti, su mandato delle banche e di
Confindustria, a cui l’amministrazione De Magistris ubbidisce senza batter
ciglio: dall’ultimo accertamento finanziario di settembre 2016, il
disavanzo è schizzato da 671.000.000 a 1.433.566.607,86 di euro. Questo
significa che i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, gli studenti, le
classi oppresse saranno costretti, per via del cosiddetto Patto di
Stabilità, a pagare un debito fino al 2044 a banche private. Soldi che
saranno ricavati sottraendo risorse ai servizi sociali ed ai trasporti;
tutte le partecipate del Comune sono di fatti in perdita ed indebitate
ciascuna mediamente per oltre 1 milione di euro: Napoli Sociale S.p.A. è
fallita ed è stata incorporata con tutti i suoi debiti, pari a 1.385.640,00
di euro, in Napoli Servizi S.p.A., la quale a sua volta appalta
esternamente lavori per i servizi di sanificazione, pulizia e manutenzione
degli uffici comunali. Spende, cioè, 3,3 milioni di euro per servizi che da
statuto dovrebbe garantire essa stessa, sprecando, così, milioni di euro
per mantenere per accontentare i privati a cui sono state fatte promesse
elettorali in cambio di voti.

Con delibera 148 del 14 marzo 2014, adeguandosi ai tagli imposti dal
Governo centrale (“patto di stabilità”, legge 27 dicembre 2013, n. 147), la
giunta, a firma Mossetti, Virtuoso e De Magistris, dispone tagli al
bilancio delle aziende del Comune, per gli anni successivi per almeno l’8%,
e per l’anno 2016 di almeno il 6%, che si aggiunge a quello precedente;
decreta un taglio del 30% relativo a nuovi accordi aziendali, sui contratti
integrativi dei lavoratori per l’anno precedente (2013). Inoltre,
l’articolo 243 bis, richiamato dalla legge Patto di Stabilità, stabilisce
tagli per almeno il 10% delle spese complessive e per prestazioni di
servizio. In più la delibera comunale stabilisce che la mancata attuazione
da parte dei dirigenti delle aziende partecipate dell’indicazioni del
Comune fa venir meno il “patto di fiducia” con l’ente controllante.
Per quanto riguarda la contrattazione aziendale, durante il primo governo
De Magistris, con deibera n. 748/2011, la giunta ha stabilito il blocco
delle progressioni di carriera, assegnazioni di premi, d’indennità e una
tantum per i lavoratori, e di limitare compensi “accessori” a soli casi di
emergenza.
Una lettera dell’Amministratore Unico di ANM Ramaglia, del 19 luglio 2016,
informava il Comune di Napoli che questi non aveva garantito gli impegni
nei confronti dell’azienda per il pagamento degli stipendi dei lavoratori
per ottobre e successivi. De Magistris annunciava l’arrivo di addirittura
48 nuovi autobus. Ad oggi, invece, gli autobus nuovi non solo non sono
arrivati, ma sono state anche tagliate numerose linee, procurando ulteriori
gravi disagi per un trasporto pubblico sempre più al collasso.

Il quadro economico finanziario del Comune ci fa capire che i soldi per
ANM, per le partecipate e per i lavoratori, per il momento non ci sono, al
netto di tutte le dichiarazioni rilasciate dal sindaco durante i sempre più
folkloristici comizi, e che la situazione dei servizi sociali in città per
pendolari, lavoratori e studenti potrà soltanto peggiorare, soprattutto a
scapito di coloro che vivono nelle periferie.

Anche il fiore all’occhiello elettorale di Gigino, l’ABC, per anni
presentato come esempio di gestione pubblica dell’acqua, è appassito ed è
diventato il suo tallone di Achille, dopo il suo più recente terremoto
politico. Persino le direzioni riformiste dei comitati per l’acqua hanno
pubblicamente rotto con De Magistris, che in delibera ha aperto alla
partecipazione a gare d’appalto per ABC. Esattamente ciò che fa De Luca sul
piano regionale e su mandato d’importanti multinazionali che speculano sui
servizi idrici.
ABC, seppur una conquista in termini di scontro sulla questione
privatizzazioni, non ha mai conosciuto realmente una gestione pubblica e
democratica, perché anch’essa sottomessa alle leggi padronali e ai metodi
clientelari della giunta. Nonostante Montalto sia sempre stato un uomo
dell’apparato, gli arancioni non hanno esitato a sostituirlo non appena
questi ha dovuto aprire il CdA ad alcuni comitati. Per non avere
contestatori sui processi di privatizzazione, lo stesso Montalto è stato
rimosso con metodi burocratici dalla giunta. Un dirigente a cui si erogava
un compenso di ben 400.000 euro e con cui i proletari delle occupazioni si
sono spesso scontrati. Senza contare le diverse mobilitazioni dei
lavoratori che ne denunciavano la gestione scellerata e incapace. Stesso
discorso vale per le prospettive occupazionali dei cento lavoratori del
Consorzio San Giovanni, presi in giro dal sindaco che ha promesso loro
l’assorbimento in ABC, senza chiarire come sarebbero state garantire le
coperture economiche, visto che l’azienda non possiede neppure i soldi per
rinnovare l’impianto nel quale sono impiegati questi lavoratori.

Una sfilza di tagli, dunque, sia alle aziende comunali sia agli stipendi
dei lavoratori. Oltre ai casi eclatanti di ANM e ABC, ricordiamo la
privatizzazione delle Terme di Agnano; il regalo di 1.000.000 € dati ai
privati per la gestione degli Asili Nido; tagli di milioni di euro per
fondi destinati a disabili, asili nido e lotta al disagio sociale. Più di
tre milioni di euro sono stati regalati ai privati per la gestione dei
cimiteri; vendita della quota di GESAC, società con bilancio in positivo
che gestisce l’aeroporto di Capodichino, che garantisce introiti per
milioni di euro per il Comune di Napoli e che fa gola ai privati.
Si dispongono sgomberi “per il mancato possesso da parte degli occupanti
dei requisiti essenziali”, si impediscono per “improcedibilità
amministrativa” assegnazioni di case a chi ne ha bisogno ed ha una famiglia
con figli e persone anziane da curare. Altri ancora vengono sfrattati
perché i locali occupati servono per adibirli ad uffici comunali, ma al
tempo stesso il Comune paga, sempre per avere locali ad uffici pubblici,
centinaia di migliaia di euro di affitto al mese a soggetti privati, alle
società immobiliari, alle banche ed alla Chiesa.
Alla faccia della difesa dell’economia pubblica tanto sbandierata dal
sindaco. Se le stesse politiche le avesse fatte Valente (PD) o Lettieri
(centrodestra), oggi la sinistra "radicale" napoletana sarebbe a contestare
la giunta. Tacciono, invece, sull’operato degli arancioni perché legati a
doppio filo con essi.


NAPOLI "CITTÀ RIBELLE": DIFFERENZA TRA REALTÀ E AUTORAPPRESENTAZIONE

La disoccupazione giovanile è al 70%. Ha prodotto suicidi, depressione
sociale ed emigrazione, e tutto ciò che l’amministrazione riesce a fare, in
perfetta sintonia con le "riforme" del governo Renzi, è incentivare il
lavoro occasionale e precario sottopagandolo attraverso l’erogazione di
voucher (ticket), organizzando eventi commerciali e ludici per allietare le
serate della Napoli bene (America’s Cup, Dolce & Gabbana, Capodanno sul
lungomare).
La raccolta differenziata che doveva creare nuovi posti di lavoro è rimasta
esattamente dov’era, cioè al 23%, smascherando l’ipocrisia della demagogia
populista del sindaco.
I quartieri proletari della città sono sempre più somiglianti ai barrios
dei paesi sudamericani, controllati dalla piccola borghesia
imprenditoriale-commerciale e dai cartelli mafiosi del narcotraffico.
Sempre meno sono i collegamenti tra la periferia e il centro della città;
aumenta l’abbandono scolastico; aumentano i poveri in coda per un pasto;
aumenta lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero e il mercato
della droga continua a distruggere la vita di migliaia di giovani.
Questa è la rivoluzione arancione dello “zapatismo partenopeo” di De
Magistris sostenuta dei centri sociali.


"ANOMALIA NAPOLETANA" E INTERESSI PRIVATI

I collettivi antagonisti, in cambio dell’assegnazione di locali di
proprietà pubblica – trasformati in veri e propri spazi privati - hanno
sostenuto elettoralmente e politicamente il sindaco. Emblematico è il caso
della produzione della delibera del 1 giugno (n°446), che riguarda tale
questione ed adottata il giorno antecedente alle elezioni col fine di
tenere al guinzaglio i centri sociali. In cambio, questi hanno rinunciato
alle proprie rivendicazioni “classiste”, seppur vaghe e senza basi
programmatiche, per cedere il passo a quelle interclassiste della “città” e
del “popolo”, divenendo, de facto, una cinghia di trasmissione del
centrosinistra in quel che rimane dei movimenti giovanili e nelle lotte
territoriali (vd. bonifica di Bagnoli).

Mentre da un lato il sindaco cavalca la protesta dei centri sociali,
dall’altro, contestando la nomina del commissario straordinario, propone la
collaborazione a De Luca e a Renzi nell’obiettivo di dare a privati la
sulla bonifica. De Magistris cerca, così, di rafforzare le relazioni tra la
sua giunta e la borghesia napoletana nella prospettiva di avere il suo
sostegno nel rappresentare una eventuale leadership in una potenziale
riorganizzazione nazionale di un centrosinistra senza il PD. Prova, cioè,
ad unire, in una commistione d’interessi, pubblico e privato a vantaggio
del proprio apparato politico e degli imprenditori. Un progetto che fu
molto caro al vecchio PCI.
Per spostare i rapporti di forza nei confronti di Renzi, utilizza come
manovalanza i militanti dei centri sociali e delle burocrazie sindacali.


DEMOCRAZIA PARTECIPATA O DEMOCRAZIA OPERAIA?

Gli slogan sulla “partecipazione democratica” alla gestione de Comune di
Napoli risultano, alla prova dei fatti, pura demagogia e propaganda. Il
modello politico delle “città ribelli”, stile Barcellona in Spagna, che fa
riferimento ad organizzazioni come Podemos e Syriza - le quali hanno
capitolato al FMI, alla BCE e alle politiche di austerità - e ripresa dai
Disobbedienti in Italia, riprende concezioni teorizzate da Toni Negri, che
rifiutando la prospettiva della rivoluzione come unico e solo strumento per
il cambiamento della società, e propongono un’alleanza 'di fronte popolare'
tra i settori del mondo del lavoro e l’imprenditoria “illuminata” per
costruire “contropotere” di soggettività senza caratteri di classe
definiti. Progetto fallito, tra l’altro, ovunque si sia tentato di
realizzare. La polemica su queste concezioni di collaborazione di classe,
dove “il popolo comanda e il governo obbedisce”, vide un acceso scontro nel
periodo 2000-2001 in Rifondazione Comunista tra i bertinottiani e le
opposizioni interne. La storia recente ha dimostrato che pensare di
spostare a sinistra i governi degli imprenditori è una pia illusione. Si è
verificato, invece, l’esatto contrario. Sono stati i governi degli
imprenditori a spostare a destra i movimenti politici ai quali chiedevano
collaborazione.
La storia recente, a quanto pare, non ha insegnato a nulla a movimentisti e
all’opportunismo nelle sue varie forme.

L’unica forma di governo capace di dare delle risposte ai bisogni dei
lavoratori e della popolazione povera è quella dei comitati di lavoratori,
operai, disoccupati, casalinghe, immigrati, studenti, e di tutti i settori
che oggi sono oppressi dai capitalisti e dalle classi possidenti. Un potere
che ha la sua collocazione non più nei luoghi delle istituzioni borghesi,
bensì nei luoghi di lavoro e sui territori, dove l’autogoverno dei
lavoratori è espresso su base democratica e con cariche revocabili in
qualsiasi momento.
Solo questa può essere la “città ribelle”, perché basata sulla
partecipazione di massa dei lavoratori alla vita politica e contrapposta a
ogni interesse privato.
Partito Comunista dei Lavoratori - Sezione di Napoli


​www.pclavoratori.it  - info a pclavoratori.it

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