[Redditolavoro] Fwd: Un 2 giugno di Pace camminando con Dino Frisullo
Alessio Di Florio
eskimoantimperialista at gmail.com
Tue May 31 16:52:05 CEST 2016
http://heval.altervista.org/un-2-giugno-di-pace-camminando-con-dino-frisullo/
Un 2 giugno di Pace camminando con Dino Frisullo
Scritto il maggio 30, 2016
<http://heval.altervista.org/un-2-giugno-di-pace-camminando-con-dino-frisullo/>
by
heval <http://heval.altervista.org/author/heval/>
*Portare al centro della politica gli ultimi, gli emarginati, gli
impoveriti, i lavoratori, chi lotta contro le ingiustizie, le mafie, la
disumanità e la barbarie delle guerre. Una “Repubblica democratica” non può
mai essere rappresentata da una parata militare*
L’Italia è una “Repubblica democratica” recita l’articolo 1 della
Costituzione Italiana. In democrazia (demos, popolo; kratos, potere) il
popolo dovrebbe essere sovrano, esercitando il suo “potere” con strade
civili e nonviolente, ripudiando decisamente la legge del più forte e della
sopraffazione violenta. La forza militare è l’esatto opposto, il contrario
più totale della democrazia. Essa è depositaria della violenza più bruta,
che cancella ogni ratio e dove prevale solo l’arroganza e il ferro.
L’esercito è sempre stato in ogni dittatura elemento preponderante e
decisivo per opprimere e imporre la tirannia. Una democrazia non può quindi
mai e poi mai esaltare la violenza delle armi, la potenza del proprio
apparato bellico. Essa dovrebbe invece addirittura averne vergogna, in
quanto la “necessità” delle armi è una sua sconfitta, una sua resa. Esse
sono la massima esaltazione della “legge” del più forte, dell’arroganza
bellica, della disumanità. Una parata militarista del 2 giugno non potrà
mai “festeggiare” una “Repubblica democratica”.
[image: DinoFrisulloISicilianiGiovaniGiugno2013]
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3 giorni dopo la “Festa della Repubblica” ci sarà una nuova tornata di
elezioni amministrative. Quello che dovrebbe essere uno dei momenti più
alti del vivere e agire democratico ma che, troppo spesso, in una
“politica” ostaggio di giochi di Potere, lobby, interessi più o meno
criminali, sovversivismo delle elite dominanti, è invece la
rappresentazione del peggio possibile. Ma il 5 giugno è anche il giorno
dell’anniversario della nascita e della morte di Dino Frisullo. Scrisse
Riccardo Orioles dopo la sua morte che Dino appartiene alla storia più
nobile e permanente della sinistra, di coloro che erano “raramente a
proprio agio nei palazzi” perché il loro “ambiente naturale era la vita dei
poveri, la strada”. Scrisse che “*per riprendere il filo della lettura del
mondo, c’è un solo modo: mettersi dalla parte delle vittime. Guardare il
mondo, anche il nostro, con i loro occhi. Con gli occhi dei profughi, dei
discriminati, degli incarcerati, degli affamati. Ma questo non è possibile
se, anche per un solo attimo, non si condivide una parte della loro vita*”.
Davanti a coloro che si definiscono “di sinistra e democratici” (o anche
semplicemente democratici), ma poi accettano di essere amici di
imprenditori senza scrupoli, chiudono gli occhi su speculazioni e
devastazioni del territorio, proclamano alti impegni ma poi balbettano o si
distraggono se chi gli garantisce poltrone e prebende così ordina, di
fronte a “democrazie” che esportano armi, finanziamenti, bombe verso
dittature feroci e contro altri popoli, che erige muri e lager, che semina
odio e guerre tra ultimi e penultimi, che cancella diritti e dignità delle
classi meno abbienti, il filo della lettura di Dino è l’unico da riprendere
in mano, è l’unica strada per chi non si arrende allo “stato di cose
presenti”, alle oligarchie dei Potenti e alla erosione costante della
democrazia.
Oltre vent’anni fa Dino già capì il carico di umanità che stava bussando
alle porte dell’Europa. Umanità di culture, popoli straordinari. Umanità
calpestata, incatenata, oppressa da guerre e non solo. Guerre realizzate
con armi prodotte in Occidente, in nome degli interessi di signori della
guerra che siedono nelle grandi assise mondiali e che in giacca e cravatta
si presentano lindi e puliti sulla ribalta mediatica occidentale. Puliti
perché altri si sporcano le mani di sangue per i loro interessi.
[image: dinofrisullotelefoni]
<http://heval.altervista.org/wp-content/uploads/2016/05/dinofrisullotelefoni.jpg>
La storia di Dino è la storia più nobile dell’umanità, di chi in ogni epoca
e in ogni latitudine ha lottato nel nome degli ideali più nobili ed
autentici, indignati, quotidianamente, senza mai indietreggiare, senza mai
dire “non mi interessa”, senza mai lavarsi le mani ma anzi pronti a
sporcarsele se fosse possibile anche 25 ore al giorno. Le lotte di Dino
sono antiche e profonde. Sono le stesse lotte degli scioperi delle mondine
dell’Ottocento, dei senzatetto nei latifondi, di chi si è opposto alla
bestia nazifascista, degli operai nei primi decenni della rivoluzione del
capitalismo industriale. Sono le lotte di chi ha costruito e percorsi
strade degli ideali e dei valori democratici più alti, quelli che una
“Repubblica democratica” dovrebbe avere al centro e da cui farsi, con
totale esclusiva, animarsi.
E allora basta con cerimonie militariste e retoriche intrise di un
nazionalismo tutt’altro che democratico e aperto al mondo. Il 2 giugno
dedichiamolo a Dino, portiamo al centro della politica gli ultimi, gli
emarginati, gli impoveriti, i lavoratori, chi lotta contro le ingiustizie,
le mafie, la disumanità e la barbarie delle guerre.
In ogni volto di kurdo che continua a lottare per l’affermazione della
propria esistenza, in ogni migrante che giunge sulle nostre coste e viene
rinchiuso nei CIE, in ogni famiglia rimasta senza casa e prospettive nel
futuro, potremo scorgere gli occhi malinconici e appassionati di Dino
Frisullo, nei loro passi i suoi. Mille Alì sognano ancora l’Europa,
innumerevoli Leyla dagli occhi “più profondi del mare” vivono ancora nel
Kurdistan in attesa del giorno in cui avranno una patria e saranno liberi,
sotto il cielo di Zako, nei prigionieri assetati di vita nel deserto del
Neghev, nel senza casa che disperatamente vuol sperare nel futuro, nei
lavoratori e in tutti coloro che non si arrendono alla cancellazione dei
propri diritti e della propria dignità.
La democrazia la difendono coloro che, da Idomeni a Ventimiglia, non si
arrendono al respingimento e alla disumanità delle “politiche europee”
contro i migranti. Hanno dato un alto esempio democratico i bengalesi che a
Palermo si sono ribellati alle mafie. Quelle mafie che si arricchiscono
anche col caporalato, presente in tante regioni italiane e alimentato anche
da chi lucra sulla disperazione di chi cerca di fuggire da guerre, miseria,
dagli effetti più nefasti della globalizzazione capitalista. E anche qua
Dino ci ha preceduto e ha alzato forte la voce della denuncia prima di
moltissimi altri. Un esempio su tutti: Narcomafie del settembre 1997,
quando Dino denunciò, documentando e fornendo dettagli, la “holding degli
schiavisti”. Sono dinamiche e fatti che abbiamo poi rivisto negli anni
denunciati da “Schiavi” e “Mare Nostrum” di Stefano Mencherini, dai tanti
dossier sul caporalato che negli ultimi anni associazioni, movimenti e
giornalisti con la schiena dritta hanno realizzato. E’ di poco più di un
mese fa l’ultima denuncia di Stefano Mencherini su Cesare Lodeserto (
http://www.stefanomencherini.org/ita/index.php?option=com_content&task=view&id=164&Itemid=1
), è passato un anno (e 4 giorni) dallo sgombero con la forza a Milano di
una donna incinta di 7 mesi, costretta poi a dover ricorrere urgentemente
ad un ambulanza perché si era sentita male mentre la buttavano fuori di
casa, nel novembre scorso analoga sorte toccò anche ad un bambino
gravemente malato a Bologna, sono cronaca quotidiana gli omicidi di donne
che non hanno accettato il dominio e il possesso di un “maschio”, intriso
di quel barbaro e ripugnante maschilismo per il quale le donne devono solo
servire i loro desideri e valgono solo corpo. Finché accadranno ancora
questi fatti ci sarà solo da lottare e impegnarsi per riparare e migliorare
la democrazia e il mondo che ci circonda. Non c’è altra strada. Altro che
parate militare e cerimonie piene di retorica a buon mercato …
*Alessio Di Florio*
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